Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20404 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20404 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 23010 – 2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE -elettivamente domiciliata, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE FRIULI – VENEZIA GIULIA -c.f. CODICE_FISCALE – in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in RAGIONE_SOCIALE, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato al controricorso.
CONTRORICORRENTE
RAGIONE_SOCIALE -c.f. 13756881002 – in persona del legale rappresentante pro tempore .
INTIMATA
avverso la sentenza n. 119/2020 della Corte d’A ppello di RAGIONE_SOCIALE; udita la relazione nella camera di consiglio del 12 aprile 2024 del AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con atto ritualmente notificato NOME COGNOME citava a comparire dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE la Provincia di RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) ed ‘RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) .
Premetteva che la Provincia di RAGIONE_SOCIALE con determinazione NUMERO_DOCUMENTO le aveva, in accoglimento della domanda all’uopo proposta, accordato ed erogato in due rate, la seconda nel febbraio del 2006, il contributo di euro 100.000,00 in relazione all’attività d’impresa, la ditta individuale ‘RAGIONE_SOCIALE‘, di cui era titolare.
Premetteva altresì che la Provincia di RAGIONE_SOCIALE le aveva, in data 12.10.2010, revocato il contributo concessole, giacché si era addotto, sulla scorta dei rilievi del RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, che, in violazione dell’art. 4, 4° co., del regolamento di disciplina del contributo, non avesse svolto in via esclusiva l’attività d’ impresa ammessa a contribuzione.
Indi esponeva che il provvedimento di revoca doveva reputarsi illegittimo, atteso che, peraltro, la disciplina normativa di riferimento era da intendere come atta a precludere unicamente lo svolgimento di concomitanti attività produttive di reddito (cfr. ricorso, pag. 6) .
Chiedeva farsi luogo all’annullamento del provvedimento di revoca.
1.2. Si costituiva la Provincia di RAGIONE_SOCIALE.
Deduceva che la prestazione di attività lavorativa da parte dell’attrice , seppur sino al 2008 a titolo gratuito, a favore dell ‘impresa facente capo al coniuge, quale risultante dalle dichiarazioni rese dalla medesima NOME COGNOME, ostava alla concessione del contributo.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
1.3. Si costituiva ‘RAGIONE_SOCIALE
Eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva.
Con sentenza n. 210/2018 il tribunale rigettava la domanda.
Proponeva appello NOME.
Resisteva la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Non si costituivano ‘RAGIONE_SOCIALE e la Provincia di RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 119/2020 la C orte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE accoglieva il gravame solo e limitatamente alla condanna di NOME al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese di prime cure in favore di ‘RAGIONE_SOCIALE‘; confermava in ogni altra parte la gravata statuizione.
Reputava la Corte di RAGIONE_SOCIALE che il chiaro dettato del 4° comma del l’art. 4 del regolamento Misura E1/impr. dell’Obiettivo 3 del FSE/Programmazione 2000/2006, approvato con D. Preg. n. 217 del 6.6.2001 -4° comma che l’appellante aveva assunto erroneamente interpretato, siccome , a suo dire, atto a condiziona re l’erogazione del contributo unicamente alla mancata percezione di altri redditi, sicché non aveva valenza ostativa lo svolgimento di attività non retribuita da parte sua nella carrozzeria del marito -subordinava la concessione
del contributo alla circostanza che coloro che ne avessero fatto istanza, avessero prestat o in maniera esclusiva e continuativa la propria attività nell’impresa di nuova costituzione quantomeno entro l’anno successivo all’ iscrizione nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) .
Reputava dunque che la circostanza normativamente prefigurata, ossia la duplice condizione della esclusività e della continuità, difettava nella specie, giacché NOME, come da sue stesse dichiarazioni, aveva continuato a prestare servizio nell’impresa facente capo al marito pur dopo il suo formale recesso finalizzato a consentirle la fruizione dei contributi regionali (così sentenza d’appello, pag. 4) .
Reputava inoltre che il difetto del requisito normativamente disposto rilevava ‘in dipendentemente dalla gratuità o meno dell’attività prestata a favore dell’impresa del marito’ (così sentenza d’appello, pag. 4) .
Avverso tale sentenza NOME ha proposto ricorso; ne ha chiesto la cassazione sulla base di due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi il primo motivo di ricorso e dichiararsi inammissibile il secondo motivo di ricorso con il favore RAGIONE_SOCIALE spese.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
La RAGIONE_SOCIALE controricorrente del pari ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione , pur con riferimento all’art. 12 RAGIONE_SOCIALE
preleggi, del combinato disposto degli artt. 11, 1° co., lett. a), e 4, 4° co., del decreto del Presidente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 217 del 6.6.2001, recante approvazione del regolamento Misura E1/impr. dell’Obiettivo 3 del FSE/Programmazione 2000-2006.
Deduce che la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha interpretato erroneamente, in maniera atomistica, la normativa in rubrica, volta ad incentivare l’inserimento RAGIONE_SOCIALE donne nel mondo dell’imprenditoria e dunque volta a favorire la produzione di reddito da parte di soggetti che ne risultano privi (cfr. ricorso, pag. 16) .
Deduce che l’art. 4, 4° co., cit. in nessun modo preclude lo svolgimento di un’attività materiale diversa da quella finanziata (cfr. ricorso, pag. 15) ; che, diversamente, ne scaturirebbe una incostituzionale limitazione della libertà individuale (cfr. ricorso, pag. 15) .
Deduce quindi che, in considerazione della dichiarazione -‘di non aver percepito altri redditi’ – che colei che insta per la concessione del contributo è tenuta a rendere, l’unico requisito al quale la norma subordina l’erogazione, si identifica esclusivamente con la mancata percezione di altri redditi (cfr. ricorso, pag. 17) , requisito, per giunta, prefigurato non già in maniera generalizzata bensì con riferimento all’attività di amministratore, consulente o componente del collegio sindacale di imprese o cooperative (cfr. ricorso, pag. 18) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
La normativa oggetto della denunciata violazione, segnatamente il 4° co. dell’art. 4, cit., così recita (cfr. ricorso, pag. 13) :
‘le donne aventi le caratteristiche di cui al comma 1 per il periodo di tempo indicato al comma 3 devono svolgere attività nell’impresa in modo esclusivo e
continuativo. A tale scopo tali soggetti dovranno dichiarare all’atto della richiesta di erogazione dei contributi e comunque alla fine dell’anno previsto per l’effettuazione RAGIONE_SOCIALE spese di non aver percepito altri redditi se non quelli inerenti l’attività da questi svolta nell’ambito dell’impresa e di non essere soci di altre cooperative o imprese o svolgere all’interno di tali enti alcun tipo di attività ancorché occasionale in qualità di amministratore, consulente o componente del collegio sindacale’ .
Ebbene, l’interpretazione che di siffatta disposizione la Corte triestina ha operato, è ineccepibile e da condividere.
Correttamente, cioè, la Corte giuliana ha assunto che imprescindibile requisito condicio sine qua non -ai fini dell’ammissione alla percezione del contributo è lo svolgimento di attività lavorativa in via esclusiva e continuativa nell’impresa per il periodo temporale di cui al 3° co. del medesimo art. 4.
Propriamente, la dichiarazione da rendere all’atto della richiesta di erogazione del contributo ‘di non aver percepito altri redditi se non quelli inerenti l’attività (…) svolta nell’ambito dell’impresa e di non essere soci o (…)’, non rileva nel senso che requisito imprescindibile sia, così come asserisce la ricorrente, la mancata percezione di redditi diversi.
La mancata percezione di redditi diversi, da attestare, appunto, con la prescritta dichiarazione, riveste valenza, piuttosto, quale indice idoneo (‘a tale scopo tali soggetti dovranno dichiarare (…)’) ad accreditare, ad avvalorare lo svolgimento di attività lavorativa in via esclusiva e continuativa nell’impresa che si ambisce sia ammessa a contribuzione. Siffatto presupposto viene, dunque, a mancare qualora, a prescindere dalla percezione di redditi diversi, la beneficiaria
dell’erogazione abbia svolto un qualsiasi tipo di attività, anche occasionale ed a titolo gratuito, sì da violare l’obbligo di prestazione del lavoro nell’impresa finanziata, in modo continuativo ed esclusivo.
Vanno dunque, nei suindicati termini, formulati i seguenti postulati.
Va, per un verso, ribadito il rilievo della corte d’appello secondo cui ‘la ratio della norma è quella di far sì che tutte le risorse della neo imprenditrice siano convogliate nella nuova attività di impresa’ (così sentenza d’appello, pag. 4) .
Va, per altro verso, disattesa la prospettazione della ricorrente secondo cui ‘ciò che rileva quale requisito soggettivo la produzione o meno di un reddito e non l’espletamento di eventuale altra attività’ (così ricorso, pag. 16) .
Va, per altro verso ancora, recepita la prospettazione della RAGIONE_SOCIALE secondo cui il divieto di svolgimento di al tre attività è ragionevole, giacché ‘è previsto solamente per il brevissimo periodo di un anno decorrente dall’iscrizione nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese’ (così memoria della controricorrente, pag. 2) .
In ogni caso, non può non darsi atto che, pur nel segno dell’interpretazione patrocinata dalla ricorrente , la pretesa azionata non sarebbe comunque destinata a buon esito.
La corte distrettuale ha posto in risalto, infatti, che l’appellante aveva dichiarato che le mansioni impiegatizie svolte per conto dell’impresa del marito, sebbene all’inizio rese a titolo gratuito , erano state successivamente remunerate (‘l’impresa del marito le liquidava un compenso per l a sua attività all’interno dell’impresa stessa’: così sentenza d’appello, pag. 4) .
E tanto rinviene riscontro nel tenore RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni della stessa ricorrente, quali riprodotte nel corpo del ricorso (cfr. pag. 12) .
Certo, la ricorrente ha riferito di aver prestato gratuito servizio nell’impresa del marito fino al 2008, allorché erano decorsi diversi mesi dal febbraio 2006, epoca dell ‘ erogazione della seconda tranche del contributo.
Tuttavia, si ha riscontro di una condotta della istante certamente strumentale all’ottenimento del finanziamento, , siccome la ricorrente dapprima partecipava in misura pari al 49% all’impresa del marito , indi ne fuoriusciva , ‘per ottenere il contributo della Provincia, visto che era necessario risultare disoccupata’, e poi, dal 2008, riprendeva a prestare servizio a titolo oneroso nell’impresa del coniuge, attendendo a mansioni impiegatizie (cfr. ricorso, pag. 12) .
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatto decisivo e controverso.
Deduce che la Corte di RAGIONE_SOCIALE ha omesso di accertare ‘se ricorrente avesse percepito o meno reddito dall’espletamento RAGIONE_SOCIALE mansioni svolte in favore del marito ritenendo la circostanza ininfluente’ (così ricorso, pag. 19) .
Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
Si ammetta pure -per completezza di motivazione – che nella specie non si è al cospetto di una ‘doppia conforme’ , sicché non è applicabile la previsione di cui all’art. 348 ter , 5° co., cod. proc. civ. (che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello ‘che conferma la decisione di primo grado’) .
Invero, la ricorrente ha in memoria addotto che ‘la Corte d’Appello ha valorizzato solo ed esclusivamente la mera circostanza di fatto dello svolgimento di altra attività da parte dell’esponente e ciò diversamente dal Giudice di primo
grado che, ritenendo rilevante ai fini del decidere la questione della percezione di reddito, unitamente alla prestazione di attività diversa, ne ha ritenuto la ricorrenza mediante l’affermazione della sussistenza di un reddito indiretto , come tale rilevante nella giustificazione della disposta revoca ‘ (così memoria della ricorrente, pag. 8) .
Nondimeno la corte territoriale non ha propriamente omesso la disamina del fatto oggetto della denuncia veicolata dal secondo motivo di ricorso e costituito, appunto, dalla mancata percezione di altri redditi.
La Corte di RAGIONE_SOCIALE, nel quadro della recepita e qui condivisa interpretazione della disciplina normativa di riferimento, ha ritenuto -correttamente -che la surriferita circostanza fosse irrilevante (‘indipendentemente dalla gratuità o meno dell’attività prestata a favore del marito’: così sentenza d’appello, pag. 4 ) a fronte del riscontro della protratta prestazione di attività lavorativa da parte di NOME nell’impresa del marito.
D’altr o canto, la ricorrente si duole con il secondo mezzo di impugnazione per l’omesso riscontro di una circostanza destinata in chiave -evidentemente probatoria ad esplicar valenza in rapporto al giudizio ‘di fatto’ già devoluto alla corte di seconde cure (‘la Corte non poteva obliterare l’argomento, ma avrebbe dovuto operarne l’accertamento alla luce degli elementi dis ponibili in atti ed integrati dalle dichiarazioni della ricorrente (…)’: così ricorso, pag. 23) .
E tuttavia al riguardo sovviene l’elaborazione di questa Corte.
Ovvero l’insegnamento secondo cui con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie
operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
Ovvero l’insegnamento secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e -è il caso di specie – di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. sez. un. 27.12.2019, n. 34476; Cass. (ord.) 4.4.2017, n. 8758; Cass. (ord.) 4.3.2021, n. 5987) .
18. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
L’RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. Pertanto, nonostante il rigetto del ricorso, nessuna statuizione in ordine alle spese va nei suoi confronti assunta.
19. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente, NOME COGNOME, a rimborsare alla controricorrente, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte