Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20772 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20772 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6899/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
–
contro
ricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME nella qualità di socio unico della RAGIONE_SOCIALE (cancellata dal registro delle imprese)
-intimata – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Lecce, sede distaccata di Taranto, n. 3/2024, pubblicata in data 2 gennaio 2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 luglio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Taranto, RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME al fine di far accertare e dichiarare ‘l’inesistenza delle coobbligazioni’ dai medesimi rilasciate in relazione alla polizza fideiussoria n. NUMERO_DOCUMENTO, emessa dalla compagnia assicuratrice, nell’interesse della debitrice principale RAGIONE_SOCIALE e in favore di RAGIONE_SOCIALE a gar anzia dell’obbligo di restituzione della prima quota del l’agevolazione concessa dal Ministero dello Sviluppo Economico in data 29 novembre 2012 per la realizzazione di un programma di investimenti nell’unità produtt iva situata nel Comune di Manduria.
RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, costituendosi in giudizio, replicava che la debitrice principale si era resa inadempiente ai propri obblighi, tanto che Invitalia s.p.aRAGIONE_SOCIALE aveva richiesto la restituzione dell’agevolazione ed escusso la garanzia fideiussoria, e spiegava domanda riconvenzionale, chiedendo il rimborso della somma versata a Invitalia s.p.a.,
espressamente dichiarando di voler esercitare l’azione di regresso nei confronti della debitrice principale e dei soggetti con questa solidalmente obbligati, di cui chiedeva la chiamata in causa.
Autorizzata la chiamata in causa, le parti attrici formalizzavano il disconoscimento delle sottoscrizioni risultanti in calce agli atti di coobbligazione, negando di averle apposte alla presenza dell’agente RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e del sub-agente, NOME COGNOME
All’esito del deposito degli originali cartacei della polizza e delle appendici di coobbligazione, il Tribunale disponeva c.t.u. grafologica ed escuteva i testi; all’esito dell’espletamento dell’accertamento tecnico , si costituivano in giudizio NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE che pure disconoscevano le sottoscrizioni contenute negli atti di coobbligazione prodotti.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 2508 del 2021, rigettava la domanda di accertamento negativo del credito ed accoglieva quella riconvenzionale, condannando i coobbligati a rimborsare alla Groupama Assicurazioni s.p.a. l’importo di euro 957.034,29, oltre agli interessi legali maturati.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME e, con appello incidentale, da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME dinanzi alla Corte d’appello di Lecce sezione distaccata di Taranto -che ha rigettato entrambi i gravami.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ha, anzitutto, disatteso l’eccezione di nullità degli atti di coobbligazione per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto e per mancata determinazione dell’importo massimo garantito, rilevando che gli atti indicavano l’oggetto dell’obbligo assunto e contenevano un rinvio alla polizza fideiussoria, della quale gli stessi coobbligati avevano anche dichiarato di conoscere le condizioni contrattuali; ha, poi, ritenuto che
il Tribunale avesse correttamente valutato le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che aveva concluso per l’autenticità delle sottoscrizioni apposte sugli atti di coobbligazione, accertamento che non poteva ritenersi scalfito né dalla falsità di alcune firme apposte dalla COGNOME su atti diversi da quelli di assunzione della obbligazione, né dalla dedotta inattendibilità dei testi escussi.
A tanto ha aggiunto che NOME COGNOME non aveva disconosciuto la sottoscrizione apposta sulla polizza fideiussoria e in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE, essendosi limitata, in comparsa di costituzione e risposta in primo grado, a disconoscere le firme apposte sui soli atti di coobbligazione.
RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di tre motivi, cui resiste Groupama s.p.a. con controricorso.
COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di socio unico della RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro delle imprese, non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. del seguente tenore: ‹‹Rilevato che tutti e tre i motivi di ricorso, sotto la formale violazione di legge, sollecitano un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità; P.Q.M. propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.››
Il difensore dei ricorrenti, munito di procura speciale, ha depositato istanza di decisione del ricorso.
È stata fissata la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 360 -bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
In prossimità dell’adunanza camerale i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc civ., violazione ed erronea applicazione degli artt. 1325, 1346 e 1418 cod. civ. e censurano la decisione gravata per avere ritenuto che negli atti di coobbligazione fosse chiaramente indicato l’oggetto della garanzia assunta; sostengono, al contrario, che l’oggetto del c ontratto era indeterminato, ‘ mancando la predeterminazione della somma di denaro che i garanti, in via autonoma, si erano obbligati a corrispondere ‘ .
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla SRAGIONE_SOCIALE di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., sez. 2, 02/08/2005, n. 16132; Cass., sez. 3, 29/11/2005, n. 26048; Cass., sez. 3, 18/10/2005, n. 20145; Cass., sez. 3, 20/01/2006, n. 1108; Cass., sez. 3, 29/04/2006, n. 10043; Cass., sez. 3, 18/09/2006, n. 20100; Cass., sez. 3, 29/09/2006, n. 21245; Cass., sez. 3, 26/06/2007, n. 14752; Cass., sez. 3, 28/02/2012, n. 3010; Cass., sez. 6 -3, 26/06/2013, n. 16038; Cass., sez. 3, 26/07/2024, n. 20870); in altri termini, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle.
Nella specie con la doglianza in disamina i ricorrenti si limitano a trascrivere in ricorso l’atto di coobbligazione (pagg. 8 9 -10 del ricorso) ed a rimarcare l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto, indicando le norme di legge di cui intendono lamentare la violazione, ma omettono di raffrontare il contenuto precettivo di tali disposizioni con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano con le disposizioni evocate, in tal modo demandando a questa Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -i punti della sentenza che si pongono in contrasto con esse (Cass., sez. U., 28/10/2020, n. 23745; Cass., sez. 3, 26/07/2024, n. 20870).
1.3. Peraltro, al di là del generico richiamo agli artt. 1325, 1346 e 1418 cod. civ., la censura è, nella sostanza, chiaramente volta a contestare una erronea interpretazione dell’atto di coobbligazione, ma trascura, tuttavia, di evidenziare quali criteri ermeneutici sarebbero stati in concreto violati dal giudice di appello nell’avere ravvisato un oggetto determinato o determinabile e nell’avere escluso l’eccepita nullità. Tanto in palese contrasto con il principio consolidato secondo cui, rientrando l’in terpretazione delle clausole contrattuali tra i compiti esclusivi del giudice di merito, il ricorrente per cassazione, in punto di censura dell’ermeneutica contrattuale, deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenute, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati, considerato che non è necessario che quella data
dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle plausibili interpretazioni (Cass., sez. L, 03/07/2024, n. 18214; Cass., sez. 3, 10/05/2018, n. 11254; Cass., sez. 1, 27/06/2018, n. 16987).
1.4. Nel negare l’eccepita nullità degli atti di coobbligazione per indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto e per mancata determinazione dell’importo massimo garantito, la Corte territoriale, rendendo una interpretazione che sfugge alle censure ad essa rivolte, ha sottolineato che ‹‹ negli atti di coobbligazione è chiaramente indicato l’oggetto nell’obbligo assunto in solido, quello di garantire alla compagnia il soddisfacimento del suo diritto di regresso verso la RAGIONE_SOCIALE nel caso di escussione da parte di RAGIONE_SOCIALE della garanzia prestata dalla compagnia per la restituzione ad opera della RAGIONE_SOCIALE dell’anticipazione del finanziamento nell’ipotesi (poi verificatasi) di revoca dello stesso ›› e che ‹‹a precisazione dell’oggetto della coobbligazione vi è negli atti sottoscritti dai coobbligati un chiaro rinvio alla polizza fideiussoria della quale i coobbligati hanno ivi anche dichiarato di conoscere le condizioni contrattuali. E nella polizza richiamat a vi è chiara l’indicazione dell’antici pazione del finanziamento, per la cui restituzione è stata stipulata la polizza fideiussoria, dell’importo di euro 858.880,00 e della debenza anche degli interessi pagati e delle spese eventualmente sostenute dalla compagnia ad Invitalia per l’escussione dell e garanzie ›› ; indicazioni tutte che portano ad escludere, come accertato dai giudici di appello, che l’oggetto del contratto fosse indeterminato.
Con il secondo motivo si prospetta ‹‹ violazione per falsa ed erronea applicazione dell’art. 2729 c.c.››.
I ricorren ti, riportando in ricorso i motivi dell’appello principale e di quello incidentale, addebitano alla Corte d’appello di avere violato la disposizione normativa richiamata per ‘avere ritenuto che i garanti
conoscessero la polizza fideiussoria avendo dichiarato di conoscere ‘…le condizioni contrattuali’, così trascurando di considerare che la dichiarazione dei garanti ‘di conoscere e di accettare tutte le condizioni generali e particolari della polizza, alla quale l’ atto di coobbligazione si riferiva, non dovesse essere intesa come effettiva conoscenza ‘degli elementi del contratto’.
La censura non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilità.
Il riferimento all’art. 2729 cod. civ. è del tutto inconferente, in quanto nella motivazione della sentenza impugnata la Corte non ha fatto ricorso ad elementi presuntivi e, in ogni caso, la doglianza è priva di specificità, perché l’ammissibilità della denuncia, in sede di legittimità, della violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 cod. civ. è consentita solo se il giudice abbia fondato la decisione su presunzioni non connotate da gravità, precisione e concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota (Cass., sez. U, n. 1785/2018, non massimata sul punto; Cass., sez. 2, 21/03/2022, n. 9054; Cass., sez. L., 27/08/2024, n. 23154); condizioni non ricorrenti nel caso di specie.
Con il terzo motivo i ricorrenti deducono, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e attingono il capo della sentenza che ha valutato le risultanze della consulenza tecnica d ‘ufficio e le deposizioni testimoniali rese in primo grado.
Sostengono che con la decisione impugnata, a fronte delle specifiche critiche esposte con il secondo motivo di appello, la Corte avrebbe dovuto ‘spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria decisione’.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Al riguardo, va rammentato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in
violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto, omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare ed illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. La motivazione è, quindi, solo apparente e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599).
È stato pure affermato che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento; con la ulteriore precisazione che il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva (Cass., sez. 3, 30/05/2019, n. 14762).
3.3. Ebbene, la motivazione della impugnata sentenza non è riconducibile ad una di quelle gravi anomalie motivazionali individuate dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, in quanto illustra in modo esaustivo ed adeguato l’iter logico -giuridico seguito per pervenire al rigetto degli appelli, dando atto delle risultanze istruttorie
e degli elementi di prova ritenuti a tal fine determinanti.
L’apprezzamento del corredo probatorio svolto dalla Corte territoriale non è minimamente scalfito dalle considerazioni critiche svolte con il mezzo in esame, in quanto il giudice di appello ha posto in rilievo che la consulenza tecnica d’ufficio ha preso in esame tutte le sottoscrizioni emergenti dagli atti di coobbligazione, procedendo alla comparazione delle firme in verifica con le firme di comparazione ed accertandone l’autenticità, ed ha negato che le risultanze dell’indagine grafologica potessero essere smentite o comunque superate ‹‹ dalla falsità di alcune firme apposte dalla COGNOME su atti diversi da quelli di assunzione della obbligazione, né dalla dubbia attendibilità dei testi di parte convenuta, in considerazione dei numerosi elementi di valutazione considerati dal consulente d’ufficio pe r ritenere autentiche le firme dei coobbligati e della mancata contestazione in questa sede di appello delle valutazioni operate dal consulente d’ufficio›› .
D’altro canto , non ci si può esimere dal rilevare che gli odierni ricorrenti abbiano inammissibilmente argomentato la violazione della norma di cui all’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. attraverso il confronto della congruità della motivazione censurata con elementi tratti aliunde rispetto al solo testo elaborato dalla Corte territoriale, non ponendosi in tal modo in linea con i criteri sul punto indicati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine ai limiti di rilevabilità del carattere illogico o apparente della motivazione (cfr. Cass., sez. U, n. 8053 e n. 8054 del 07/04/2014).
All’inammissibilità ed infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
La sostanziale conformità della decisione alla proposta di definizione accelerata impone l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore della controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché al pagamento, in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., dell’u lteriore importo di euro 5.000,00 ed al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, dell’importo di eu ro 1.000,00 , ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione