Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7878 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7878 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10799/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE PROCURA GENERALE REPUBBLICA PRESSO CORTE APPELLO NAPOLI, RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE SCPA,
elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 29/2019 depositata il 27/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha depositato davanti al Tribunale di Napoli Nord in data 15 marzo 2017, nel corso di un procedimento per la dichiarazione di fallimento, domanda e proposta di concordato preventivo (n. 5/2017) nelle forme del concordato con continuità, i cui flussi di cassa derivavano dall’incasso di canoni di affitto di alcuni rami di azienda. La domanda ha fatto seguito a una precedente domanda di concordato con riserva, depositata in data 17 giugno 2016 (n. 6/2016) e dichiarata inammissibile; a seguito di procedimento ex art. 173 l. fall., la domanda è stata modificata in data 5 luglio 2017 con « supplementi documentali » ed è stata fissata nuova adunanza dei creditori.
Depositate in successione due relazioni commissariali ex art. 172 l. fall. e aperto nuovo procedimento ex art. 173 l. fall., nel corso del quale veniva depositata in data 20 aprile 2018 « ulteriore» attestazione ex art. 161, terzo comma, l. fall., la domanda di concordato è stata revocata e la società è stata dichiarata fallita. In particolare, sono state evidenziate carenze informative della
attestazione, con particolare riguardo alla inesigibilità di alcuni crediti, all’entità dei canoni di affitto di due rami di azienda (in Gricignano di Aversa e Modugno), alle criticità di altri due rami di azienda (in Frosinone e Sora), nonché all’emersione di ulteriori debiti prededucibili verso lavoratori dipendenti.
La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il reclamo della società debitrice. La corte -per quanto qui ancora rileva -ha confermato il giudizio di incompletezza e inadeguatezza informativa dell’attestazione, sia in relazione alla attestazione di veridicità dei dati aziendali, sia in relazione al giudizio di fattibilità, tale da renderla una sorta di « parere favorevole privo di un vero e proprio apporto critico ».
Il secondo giudice ha giudicato con particolare rigore l’onere di diligenza del professionista in sede di redazione della attestazione di veridicità dei dati aziendali, risultata carente in punto indicazione di costi per retribuzioni e TFR verso dipendenti, errore dovuto a errato calcolo di 14a mensilità e di altre voci minori, ritenendo che l’ omissione fosse riscontrabile prima facie e, pertanto, sintomatica di mancate verifiche da parte dell’attestatore , nonché non emendabile da integrazione successiva.
In termini analoghi, la corte ha ritenuto carente di verifiche la valutazione dei crediti, valorizzando le conclusioni dei consulenti nominati dal tribunale in termini sia di entità del potenziale incasso dei crediti, sia in termini dei relativi tempi, in ragione dei contenziosi in essere (« sia in termini quantitativi rispetto alla stima dei crediti indicati nel piano sia in termini temporali »). Tra questi crediti, è stata evidenziata l’omessa informa tiva circa le criticità relative a un credito verso RAGIONE_SOCIALE di rilevante ammontare e che aveva formato oggetto di un piano di rientro, non adeguatamente coperto da garanzie e la cui formazione sarebbe stata potenziale fonte di responsabilità per
gli amministratori, osservando come la relazione integrativa del 20 aprile 2018 non avrebbe posto rimedio.
Ha ritenuto, inoltre, la corte lacunosa la relazione in relazione al giudizio di fattibilità, con riferimento ai flussi di cassa che alimentano la continuità, costituiti da canoni di affitto dei quattro rami di azienda, non essendo stato svolto « alcun accertamento» sui dati provenienti dal ramo di azienda concesso in affitto in Modugno (BA), richiamandosi per relationem la relazione dell’ advisor , che nell’attestazione non era stata fatta oggetto di considerazioni critiche. Quanto, poi, ad altri due rami di azienda, è stata rilevata (ramo Frosinone) l’omessa indicazione del mancato versamento dei canoni e (ramo Sora) la mancanza nella proposta di affitto di azienda irrevocabile di un termine di validità, in relazione al quale ramo di azienda vi erano mere manifestazioni di interesse.
Propone ricorso per cassazione la società debitrice, affidato a cinque motivi, cui resiste con controricorso il fallimento, che propone ricorso incidentale affidato a un unico motivo, relativo alla regolamentazione delle spese processuali. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 161, terzo comma, 162, 171, 173 l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile la domanda di concordato per avere l’attestatore rilevato una erronea quantificazione del debito nei confronti dei lavoratori dipendenti. Osserva parte ricorrente che l’ errore (circa € 240.000,00) è quantitativamente insignificante rispetto all’entità del passivo (circa € 120.000.000,00) e, pertanto, privo di efficacia decettiva sulla formazione del consenso dei creditori; né esso avrebbe rilievo ai fini
della attestazione di veridicità dei dati aziendali, essendo errore fisiologico in una procedura concordataria di grandi dimensioni.
Parte ricorrente osserva, sotto altro profilo, che la attestazione di veridicità non è equiparabile a una attività di revisione legale. Deduce che l’errore commesso non supera la soglia di significatività in relazione al complesso dei dati di bilancio e che lo stesso sarebbe stato rettificato in sede di relazione di attestazione del 20 aprile 2018, rettifica consentita in caso di errori marginali.
Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione del medesimo parametro normativo (artt. 161, terzo comma, 162, 171, 173 l. fall.), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto carente l’attestazione in ordine alla esigibilità di alcuni crediti e ai rischi di incasso. Il ricorrente deduce che nella attestazione non possono essere indicate tutte le variabili destinate a incidere sul giudizio di esigibilità, essendo il giudizio del professionista attinente alla mera ragionevolezza e attendibilità economica delle previsioni di piano. In ogni caso, non tutte le informazioni destinate ai creditori ai fini del giudizio di fattibilità economica debbono confluire nella relazione di attestazione, ma solo quelle idonee a incidere sul consenso informato dei creditori.
Sotto altro profilo, si deduce che le informazioni sarebbero state veicolate dall’operato dei Commissari Giudiziali, per cui una volta che i creditori avessero avuto questa informazione -non avrebbe rilievo chi le avesse fornite; diversamente, la censura dell’operato dell’attestatore si tradurrebbe in una «ottica sanzionatoria» , svincolata dalle finalità degli strumenti di risoluzione della crisi.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del medesimo parametro
normativo (artt. 161, terzo comma, 162, 171, 173 l. fall . ) nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché ancora violazione degli artt. 101 cod. proc. civ. e dell’art. 18 l. fall. (oltre che dell’art. 112 cod. proc. civ.), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto omesse le verifiche relative all’affitto del ramo di azienda in Modugno e ai relativi flussi di cassa. Sotto questo profilo, il ricorrente deduce omesso esame del motivo di reclamo con cui si censurava la marginalità della dedotta lacuna informativa, osservandosi nel merito che nel piano modificato era stata illustrata l’irrilevanza finanziaria del mancato afflusso dei canoni.
Sotto altro profilo, si deduce che la sentenza impugnata avrebbe valorizzato una questione nuova (mancata assunzione in locazione dell’immobile di RAGIONE_SOCIALE da parte dell’affittuaria del ramo di azienda di Modugno), non indicata in sede di revoca della proposta concordataria ma rilevata d ‘ ufficio dal giudice di secondo grado, in violazione della natura devolutiva del giudizio.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nuovamente violazione del medesimo parametro normativo dei precedenti (artt. 161, terzo comma, 162, 171, 173 l. fall.), nella parte in cui la sentenza impugnata ha rilevato « lacune minori » nell’attestazione, consistenti nelle valutazioni compiute dal secondo giudice in ordine ai flussi di cassa derivanti dai punti vendita di Frosinone e Sora. Osserva parte ricorrente che le censure espresse dalla corte non sarebbero decisive in ordine alla potenziale decettività, posto che le omissioni riguarderebbero l’esistenza di un pignoramento presso terzi, divenuto improcedibile per effetto della domanda di concordato, per cui si tratterebbe di una sospensione temporanea dei pagamenti. Osserva parte ricorrente
che, in ogni caso, le informazioni sarebbero state complete e rettificate nella attestazione integrativa.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nuovamente violazione degli artt. 161, terzo comma, 162, 171, 173 l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto incompleta la valutazione di fattibilità de ll’attestatore, deducendo che l’ipotetica esistenza di lacune dell’attestazione attinenti alla fattibilità economica non determinano inammissibilità della proposta.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente, attesi i parametri normativi invocati e i profili coinvolti. Il primo motivo è inammissibile nella parte in cui censura la non decettività dell’informazione relativa all’omesso rilievo dell’esistenza di maggiori debiti verso lavoratori dipendenti per circa € 240.000,00 a fronte di un passivo di circa € 120.000.000,00 . Così operando, il ricorrente non ha colto propriamente la ratio decidendi , incentrata sulla palese rilevabilità dell’errore (« i commissari non hanno dovuto compiere particolari verifiche per rilevare l’errore (…) sarebbe bastato infatti che lo stesso avesse operato le semplici verifiche compiute dai commissari per individuare l’errore ») quale elemento sintomatico dell’assenza di adeguati controlli da parte dell’attestatore (« tale circostanza conferma quanto osservato dal Tribunale in ordine alla mancanza di indicazione delle verifiche effettuate »), a fondamento della conclusione di un deficit metodologico dell’attestatore per avere questi omesso, nella specie, le più elementari valutazioni sulle voci contabili, ai fini del giudizio di veridicità dei dati aziendali.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo, nella parte in cui contrasta il giudizio sulla attestazione dei crediti concorsuali, traducendosi in un apprezzamento di merito sulla valutazione di parziale inesigibilità operata dal secondo giudice. La sentenza
impugnata ha ampiamente indicato la natura decettiva della carenza di informazioni relative alla inesigibilità dei crediti sia in relazione all’entità delle svalutazioni, sia in relazione ai tempi di incasso, circostanze idonee a incidere sulle fonti disponibili per il concordato, nonché sui tempi di attuazione del piano, indicando inoltre la natura decettiva in relazione a uno dei crediti (mastrino RAGIONE_SOCIALE), le cui criticità avrebbero potuto gettare luce sulla responsabilità degli amministratori e incidere sulle valutazioni dei creditori.
Inammissibili sono anche il terzo e il quarto motivo quanto alle dedotte violazioni di legge, posto che le censure (attinenti alle valutazioni relative al ramo di azienda in Modugno e alle « lacune minori» ) veicolano richieste di rivalutazione delle prove al fine di giungere a un nuovo accertamento in fatto. Tale accertamento ha condotto il secondo giudice a un giudizio di mancanza di metodo, incompletezza e trasparente esposizione da parte dell’attestatore , se non anche di totale assenza di controlli in relazione ad alcuni dei flussi di cassa decisivi per la fattibilità del concordato.
Nel resto, tutti i motivi sono infondati. L’ attestazione di veridicità dei dati aziendali costituisce il perno attorno al quale ruota la consapevolezza del voto dei creditori, che su quei dati fanno affidamento ai fini del loro consenso informato e che costituisce condizione di ammissibilità del concordato anche ai sensi dell’art. 162, secondo comma, l. fall. Ove nel corso della procedura emerga che siffatta condizione mancava al momento del deposito della proposta, il tribunale può revocare ex art. 173, terzo comma, l. fall. l’ammissione al concordato, restando irrilevante una eventuale nuova attestazione di veridicità (Cass., n. 7975/2017); nel qual caso, il Tribunale esercita il sindacato sulla veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso sotto il profilo della loro effettiva consistenza materiale e giuridica, al fine
di consentire ai creditori di valutare poi la convenienza della proposta e la stessa fattibilità del piano (Cass., n. 2130/2014).
13. Questo pregnante controllo deriva dall’oggetto dell’analisi inerente ai « dati aziendali» e non ai soli « dati contabili» , atteso anche il venir meno del requisito di ammissibilità del concordato costituito dalla regolare tenuta della contabilità (Cass., n. 2130/2014, cit.). La verifica attiene a un perimetro più ampio della mera base dati contabile e si nutre infatti di accertamenti anche extracontabili, volti verificare la effettiva consistenza degli elementi patrimoniali; con la conseguenza che un diverso riscontro degli elementi patrimoniali da parte dell’organo commissariale fa venir meno il presupposto informativo che l’attestazione è tenuta a fornire , nonché la funzione dell’attestazione di veridicità dei dati aziendali, imposta per legge a corredo della proposta (Cass., n. 2130/2014, cit.).
14. Analogamente, « sul piano dell’ interpretazione funzionale e della ratio legis sottesa alla disposizione, deve ritenersi che l’attestazione del professionista in tanto può esprimere una valutazione di ragionevolezza del piano, in quanto si fonda su dati completi e veridici» , per cui la stessa « valutazione di ragionevolezza del piano presuppone evidentemente, a monte, la veridicità dei dati e la complessiva attendibilità della situazione aziendale» , che diviene, quindi , elemento costitutivo dell’attestazi one (Cass., n. 3018/2020). L’incompletezza dell’attività di attestazione di veridicità dei dati aziendali si traduce, allora, in un giudizio di irragionevolezza del piano e di incompletezza dei dati e di incomprensibilità dei criteri di giudizio (Cass., n. 5825/2018; Cass., n. 5653/2019), mancando a monte quella necessaria verifica della corrispondenza alla realtà aziendale dei dati contabili, giudizio che rientra nel potere-dovere del giudice e che si estende alla documentazione depositata dal
ricorrente a sostegno della domanda, allo scopo di assicurare ai creditori la puntuale conoscenza della effettiva consistenza dell’attivo destinato al soddisfacimento del debito concordatario e all’espressione di un consenso informato sulla proposta stessa (Cass., n. 12549/2014).
15. Il terzo motivo è, invece, infondato quanto ai censurati errores in procedendo. Circa la dedotta omessa pronuncia, si tratta di un rigetto quanto meno implicito della questione, nella misura in cui il giudice ha ritenuto rilevanti le carenze informative relative ai flussi di cassa in oggetto. Né può ritenersi violato il contraddittorio sul punto, non trattandosi di domanda nuova, bensì di deduzione frutto dell’es ame della documentazione da parte del giudice del merito, essendo l’ultrapetizione attinente all’introduzione di una nuova domanda, non anche alla valutazione dei mezzi di prova dedotti dalle parti (Cass., n. 19241/2024; Cass., n. 15734/2022).
16. Il quinto motivo è a sua volta infondato. Le criticità della relazione di attestazione, o comunque l’inidoneità o l’incompletezza della stessa, danno luogo sempre all’ inammissibilità del concordato. Il tribunale è, difatti, tenuto a una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, che nel caso della fattibilità giuridica non incontra particolari limiti, mentre in caso di fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, può essere svolto nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati; ciò ancor più laddove il piano preveda la continuità aziendale ex art. 186bis l. fall., laddove la rigorosa verifica della fattibilità in concreto presuppone un’analisi inscindibile dei presupposti giuridici ed economici, dovendo il piano con continuità essere idoneo a dimostrare -tra l’altro -la sostenibilità finanziaria della continuità stessa. In questo caso, il
favor per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale è accompagnato da una serie di cautele inerenti al piano e -soprattutto – dal l’attestazione, tese a scongiurare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attività non può che essere funzionale (Cass., n. 9061/2017). La sentenza ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
17 . Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 4, 5, 6, 19, 21, 22 d.m. n. 55/2014, nella parte in cui le spese processuali sono state liquidate in misura pari a € 3.000,00. Parte ricorrente incidentale deduce, sotto un primo profilo, che in caso di applicazione delle tabelle per il procedimento della dichiarazione di fallimento deve tenersi conto dell’entità del credito del creditore o dell’e ntità del passivo del debitore (sino ad € 128.000,000) , per cui il compenso sarebbe stato inferiore ai minimi tabellari. Ove, peraltro, si applicasse al giudizio di reclamo lo scaglione delle cause indeterminate, il compenso liquidato si collocherebbe ugualmente al di sotto dei minimi tabellari.
Il ricorso incidentale è fondato. Il procedimento di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce procedimento ordinario, al quale non possono applicarsi, ai fini delle spese legali, i parametri previsti per il procedimento della dichiarazione di fallimento, che costituisce procedimento speciale, tanto che la condanna alle spese consegue solo in caso di rigetto del ricorso. Al giudizio di reclamo devono, pertanto applicarsi i parametri previsti per i procedimenti ordinari, con lo scaglione delle cause indeterminabili. Il ricorso incidentale va, pertanto, accolto e la sentenza cassata solo in punto spese e, non essendovi ulteriori accertamenti in fatto, decidendosi la causa nel merito in punto spese
del reclamo come da dispositivo, ferme le altre statuizioni e parti. Le spese processuali del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente principale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in punto spese e, decidendo la causa nel merito, liquida in favore del reclamato Fallimento le spese processuali del giudizio di reclamo nella misura di € 8.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% rimborso spese generali e accessori di legge; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 12.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% rimborso spese generali e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente principale , ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/03/2025.