Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24845 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24845 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7888/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliazione telematica EMAIL, dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliazione telematica EMAIL, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di TRIBUNALE TORINO n. 257/2022 depositata il 25/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
l’architetto NOME COGNOME ricorre, sulla base di sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 257 del 2022 del Tribunale di Torino, esponendo, per quanto ancora qui di utilità, che:
-aveva concluso con NOME COGNOME un contratto preliminare di compravendita, in nome proprio o per persona da nominare, di terreni edificabili, con permuta a favore della futura venditrice di alloggi da realizzare;
-era stato incaricato per gli atti necessari il AVV_NOTAIO;
-individuato il terzo acquirente del terreno nella RAGIONE_SOCIALE, il deducente aveva revocato l’incarico al AVV_NOTAIO, il quale aveva preteso il compenso da COGNOME che, sino ad allora ovvero sino all’intervento nell’affare della nuova parte acquirente, si era avvalsa della sua opera;
-a fronte della richiesta di chiarimenti di COGNOME per il tramite del suo AVV_NOTAIO COGNOME, il deducente aveva risposto, per posta elettronica, nei seguenti termini: «ho confermato che non volevo più rogitare da lui e che se lo riteneva di mandarmi la parcella del lavoro svolto fino ad ora. Escludo ogni responsabilità della signora COGNOME per la sostituzione del AVV_NOTAIO, come ho comunicato verbalmente a AVV_NOTAIO, solitamente è la parte acquirente che sceglie il AVV_NOTAIO»;
–COGNOME aveva quindi ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del deducente per il pagamento sia del compenso infine
concordato transattivamente con COGNOME in misura minore rispetto a quanto richiesto inizialmente dal professionista, sia degli onorari dell’AVV_NOTAIO COGNOME;
-il deducente si era opposto controdeducendo che: l’ingiunzione era stata accordata illegittimamente a fronte di un preteso credito da ritenere risarcitorio e dunque illiquido, per esborsi non provati; non aveva assunto obbligazioni nei confronti del AVV_NOTAIO, revocato per scelta concorde delle parti; era rimasto estraneo agli accordi tra COGNOME e COGNOME che, se del caso, avrebbe dovuto opporre il decreto ingiuntivo notificatole dal AVV_NOTAIO chiamando in causa colui da cui voleva farsi rifondere, con conseguente giudicato preclusivo;
-il Giudice di Pace aveva accolto l’opposizione osservando che non vi era prova scritta idonea per l’ingiunzione; la revoca dell’incarico al AVV_NOTAIO non aveva comportato responsabilità dell’architetto che agiva in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE; il decreto ingiuntivo ottenuto dal AVV_NOTAIO non era stato opposto e aveva individuato la diversa parte debitrice del compenso al AVV_NOTAIO; non vi era comunque prova della riferibilità dell’esborso al compenso in discussione; non vi era prova dell’esborso per l’AVV_NOTAIO, essendo stata prodotta solo una notula pro forma; non poteva dirsi sussistente un riconoscimento del debito pur a fronte della e-mail dell’architetto perché questi agiva quale consulente e non vi era prova che i costi in ogni caso necessari fossero aumentati a séguito della revoca;
-il Tribunale aveva riformato la decisione osservando, in particolare, che la comunicazione per posta elettronica sebbene non potesse leggersi quale riconoscimento di debito era ciò nondimeno una distinta assunzione di responsabilità per la spesa, afferente al diverso rapporto con AVV_NOTAIO e dovuta in ripetizione quale danno così cagionato a COGNOME con il mutamento del professionista, avvenuto per ragioni cui la stessa era rimasta
estranea, sicché il giudice di prime cure avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto che vi era stato l’esborso in parola, la cui riferibilità non era stata contestata, e che, dunque, vi era stata sufficiente prova documentale dei debiti assunti sia con il AVV_NOTAIO che, di conseguenza, con l’AVV_NOTAIO;
resiste con controricorso NOME COGNOME;
le parti hanno depositato memorie;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 633 e seguenti, cod. proc. civ., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che il credito preteso era illiquido e dunque non suscettibile di essere posto a base del decreto ingiuntivo, con conseguente necessità di revocarlo almeno ai fini delle relative spese;
con il secondo motivo si prospetta l’omesso esame, da parte della sentenza impugnata, degli effetti del giudicato rappresentato dal decreto ingiuntivo non opposto con cui erano stati definitivamente individuati creditore e debitore del compenso notarile;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043, cod. civ., poiché il Tribunale, dopo aver qualificato l’azione di COGNOME in termini extracontrattuali, non aveva individuato la condotta antigiuridica, il danno ingiusto e il nesso causale, come invece necessario;
con il quarto motivo si prospetta l’errata valutazione delle prove, da parte del Tribunale, che non solo aveva obliterato l’avvenuta contestazione della riferibilità del pagamento allegato al AVV_NOTAIO per i fatti in discussione, ma aveva anche preso in considerazione la parcella dell’AVV_NOTAIO, prodotta tardivamente solo con l’atto di appello;
con il quinto motivo si prospetta l’assenza di una comprensibile motivazione nella sentenza impugnata in cui era stato obliterato che il AVV_NOTAIO non aveva mai considerato l’architetto come propria
parte debitrice, mentre COGNOME non aveva subìto alcun danno concludendo infine l’operazione negoziale voluta;
con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1967, cod. civ., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di constatare l’insussistenza della necessaria prova scritta dell’affermata transazione che sarebbe stata conclusa tra COGNOME e COGNOME in punto di compenso, a maggior ragione inopponibile al deducente;
considerato che
il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile, in parte infondato;
la giurisprudenza di questa Corte ha infatti affermato che «il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto di ingiunzione non costituisce un processo autonomo rispetto a quello aperto dall’opposizione, ma dà luogo a una fase di un unico giudizio, in rapporto al quale funge da atto introduttivo, in cui è contenuta la proposizione della domanda, il ricorso presentato per chiedere il decreto di ingiunzione (cfr. da ultimo Cass. S.U. n. 927/2022); perciò, il giudice che con la sentenza chiude il giudizio davanti a sé, deve pronunciare sul diritto al rimborso delle spese sopportate lungo tutto l’arco del procedimento e tenendo in considerazione l’esito finale della lite; nel liquidare tali spese, il giudice può bensì escludere dal rimborso quelle affrontate dalla parte vittoriosa per chiedere il decreto di ingiunzione, qualora mancassero le condizioni di ammissibilità di tale domanda (come affermato da esempio da Cass., 26/05/2022, n. 17137, menzionata in memoria da parte ricorrente), ma non viola affatto il disposto degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. qualora ritenga di non farlo, lasciandole a carico della parte opponente che, all’esito del giudizio, è rimasta soccombente sulla pretesa dedotta in lite» (Cass., 9/08/2022, n. 24482, pagg. 18-19);
nel caso, il Tribunale ha confermato l’ingiunzione dichiarandola in dispositivo «esecutiva», e liquidando in aggiunta le spese dei due gradi, e ciò ha fatto sottolineando che dei crediti, sin dal ricorso per ingiunzione, vi era «prova documentale» (pag. 8 della sentenza gravata), latamente intesa (cfr., ad esempio, Cass., 18/04/2000, n. 4974) e data, in particolare, dalla parcella e dalla notula rispettivamente del AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO, rappresentative dei debiti costituiti nei confronti dell’originaria ricorrente in ragione della condotta dell’architetto che, nella logica motivazionale del giudice di appello, si era assunto volontariamente la responsabilità di tenerla indenne da tali conseguenze in termini di obbligazioni passive;
né con la censura si specifica e discute se vi fossero altri specifici documenti a complementare supporto scritto della ricostruzione dei fatti, quali il contratto preliminare di compravendita immobiliare e lo scambio di e-mail sopra ricordato;
il secondo motivo è inammissibile;
la censura non si confronta con la ragione decisoria per cui l’oggetto del giudizio non era il rapporto obbligatorio oggetto del decreto ingiuntivo notificato a COGNOME -tra AVV_NOTAIO e parte contrattuale venditrice che si era avvalsa dell’opera del primo sino al mutamento dell’altra parte acquirente, bensì, come detto e come si sta per tornare a illustrare, la fondatezza della finale imputazione di responsabilità dei complessivi costi in discussione proprio perché rivelatisi necessari e tradotti in distinti rapporti obbligatori passivi e come tali vincolanti;
il terzo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato; al di là dell’affermazione del Tribunale per cui la domanda avrebbe dovuto qualificarsi come di «risarcimento dei danni» (pag. 7), la conclusiva ragione decisoria è stata quella per cui, come visto, i costi, del AVV_NOTAIO e di conseguenza anche dell’AVV_NOTAIO, erano stati riconosciuti dall’architetto, nella riportata e-mail, come tali da non
dover rimanere a carico di COGNOME, sicché vi era stata un’assunzione di responsabilità per essi (v. sempre a pag. 7), letteralmente in prima persona (non volevo più rogitare… e che se lo riteneva di mandarmi la parcella del lavoro svolto fino ad ora. Escludo ogni responsabilità della signora COGNOME per la sostituzione del AVV_NOTAIO… solitamente è la parte acquirente che sceglie il AVV_NOTAIO»): in altri termini, vi era stato un impegno, unilateralmente assunto, di manleva degli stessi costi quali sostenuti da COGNOME, in ragione della revoca del AVV_NOTAIO ex latere compratore, ovvero dapprima NOME stesso, in proprio o per persona da nominare, e poi la RAGIONE_SOCIALE nominata dal primo;
la dichiarazione di NOME -la cui interpretazione giudiziale non è stata specificatamente censurata evocando la violazione dei criteri di ermeneutica negoziale ex artt. 1362 e seguenti cod. civ. (applicabili, nei limiti di compatibilità, ai negozi unilaterali: Cass., 6/05/2015, n. 9127), e che comunque appartiene a un giudizio fattuale non più discutibile in sede di legittimità contrapponendo, in tesi, la propria interpretazione di quel contenuto, a quella accolta nella sentenza impugnata (cfr., ad esempio, Cass., 11/07/2023, n. 19626, pag. 11) -si è riferita al compenso per il AVV_NOTAIO, ma, evidentemente, il Tribunale l’ha letta, ancora in fatto e senza censura sullo specifico punto, come nel complesso riferita, si ripete, ai costi dovuti al(la definizione delle conseguenze del) cambio di professionista rogante;
il quarto motivo è in parte inammissibile, in parte infondato;
il Tribunale ha osservato che il Giudice di Pace, nella cornice ricostruttiva riassunta, avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto della prova documentale degli esborsi, la cui riferibilità non era stata contestata, dunque -intendeva il giudicante -in prime cure; e parte ricorrente non riporta, come fatto per l’atto di appello (pag. 12 del ricorso), le affermate contestazioni che nello specifico sarebbero state svolte pure in primo grado (pagg. 4-5 del ricorso),
con violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
il resto appartiene alla valutazione ancora una volta fattuale propria del giudice di merito, che ha ritenuto che dalla parcella e dalla stessa notula sia pure pro forma prodotte in sede monitoria, fermo che l’ulteriore parcella prodotta in appello e relativa alla notula è pacificamente documento sopravvenuto al primo grado (pag. 26 del ricorso), costituivano documentazione idonea ad attestare gli importi che erano maturati come dovuti a carico di COGNOME e che, perciò, rappresentavano verosimilmente i costi da rifondere da parte di NOME per l’impegno che lui stesso si era assunto, dichiarando esente da ‘responsabilità’ la parte venditrice; il quinto motivo è infondato;
da quanto sinora esposto emerge che la più volte esaminata motivazione del giudice di appello è pienamente decifrabile;
il sesto motivo è inammissibile;
la censura non si misura con la ragione decisoria per cui non era in discussione l’efficacia transattiva dell’accordo tra COGNOME e COGNOME, bensì il costo sostenuto dalla prima (al ribasso rispetto all’originaria pretesa) che COGNOME si era impegnato a rifonderle; spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in 2.000,00 euro, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte del
ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso. Così deciso in Roma, il 5/07/2024.