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Associazione non riconosciuta: validità statuto

Due membri di un’associazione non riconosciuta hanno contestato una norma dello statuto che impediva loro di assumere cariche associative. Dopo aver vinto in primo e secondo grado, l’associazione ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, con un’ordinanza interlocutoria, ha rinviato la decisione per unire la causa ad altri ricorsi connessi, evidenziando la complessità della questione sulla validità delle regole interne e i diritti degli associati.

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Associazione non riconosciuta: quando le regole interne limitano i diritti degli associati

Il dibattito sulla legittimità delle norme interne di un’associazione non riconosciuta e il loro impatto sui diritti fondamentali dei membri è un tema centrale nel diritto civile. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare una complessa vicenda legale che vede contrapposti due associati e l’ente di cui fanno parte, a causa di una clausola statutaria che impediva loro di assumere cariche sociali.

I Fatti di Causa: una battaglia per l’eleggibilità

La vicenda ha origine quando due membri di un’importante associazione di categoria si vedono preclusa la possibilità di candidarsi e assumere cariche associative a causa di una specifica norma dello statuto. Ritenendo tale disposizione lesiva dei loro diritti, decidono di adire le vie legali.

Il loro primo passo è un’azione legale presso il Tribunale competente, chiedendo la declaratoria di nullità della norma statutaria (art. 33, comma 2) e l’annullamento dei provvedimenti che avevano invalidato la loro partecipazione alla vita associativa. In un secondo momento, impugnano anche una delibera del consiglio direttivo e una del collegio dei probiviri relative a candidature e alla validità delle decisioni interne.

Il Tribunale, in una prima fase, sospende l’efficacia del provvedimento di esclusione, permettendo ai due di partecipare alla competizione elettorale, dalla quale escono vincitori, ottenendo rispettivamente la carica di rappresentante mandamentale e di delegato comunale. Tuttavia, l’associazione si rifiuta di convalidare l’elezione.

Questo porta i due associati a rivolgersi nuovamente al Tribunale per far dichiarare la nullità della norma statutaria usata come pretesto per l’invalidazione. Il Tribunale accoglie la loro richiesta, annullando il provvedimento del Presidente dell’associazione che aveva impedito la convalida delle cariche.

L’Appello e la conferma in secondo grado

L’associazione, soccombente in primo grado, decide di appellare la sentenza. La Corte d’Appello, però, rigetta il gravame principale e, accogliendo parzialmente quello incidentale degli associati, condanna l’ente a rifondere tutte le spese legali sostenute dai due membri sia in primo che in secondo grado. La Corte territoriale, di fatto, conferma la tesi secondo cui le regole interne dell’associazione non possono comprimere illegittimamente i diritti degli associati.

Il Ricorso in Cassazione e la gestione del contenzioso seriale

L’associazione, non dandosi per vinta, presenta ricorso in Cassazione, articolando ben dieci motivi di impugnazione. Questi motivi spaziano dalla violazione di norme procedurali (come l’art. 112 c.p.c. sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato) a questioni di merito sulla falsa applicazione di norme sostanziali relative ai contratti e alle associazioni (art. 1418 c.c.), fino a denunciare vizi di motivazione e la violazione di principi costituzionali (art. 18 Cost.).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, non entra nel merito dei dieci motivi di ricorso. La sua decisione è puramente processuale. I giudici rilevano che, per la stessa data di udienza, sono fissati altri due ricorsi (nn. 10804/23 e 10850/23) che presentano la medesima causa petendi, ovvero si fondano sulle stesse questioni di fatto e di diritto.

In un’ottica di economia processuale e per evitare il rischio di giudicati contrastanti, la Suprema Corte ritiene indispensabile la trattazione congiunta di tutti i casi connessi. Pertanto, dispone il rinvio della causa a nuovo ruolo, affinché venga discussa insieme agli altri ricorsi pendenti. Si tratta di una decisione interlocutoria che prepara il terreno per una valutazione complessiva e coordinata della materia del contendere.

Le Conclusioni

L’ordinanza, pur non decidendo la controversia, offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma la complessità delle liti che nascono all’interno di un’associazione non riconosciuta, dove l’autonomia statutaria si scontra con i diritti individuali degli associati. In secondo luogo, evidenzia l’importanza della gestione processuale da parte della Corte di Cassazione, che agisce per garantire coerenza e uniformità di giudizio di fronte a contenziosi seriali.

La parola passa ora all’udienza congiunta, dalla quale si attende una pronuncia che possa fare chiarezza sui limiti del potere normativo interno delle associazioni e sulla tutela dei diritti di partecipazione dei loro membri.

Cosa succede quando un associato contesta una regola dello statuto di un’associazione non riconosciuta?
L’associato può rivolgersi all’autorità giudiziaria per chiedere che la norma statutaria o il provvedimento che la applica vengano dichiarati nulli o annullati, qualora li ritenga lesivi dei propri diritti, come il diritto di elettorato attivo e passivo.

Perché la Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza interlocutoria invece di una sentenza?
Perché non ha deciso nel merito la questione, ma ha adottato un provvedimento di natura processuale. Ha constatato la connessione di questo ricorso con altri due casi simili e, per garantire una trattazione unitaria ed evitare decisioni contrastanti, ha rinviato la causa per una discussione congiunta.

Cosa significa che altri ricorsi hanno la stessa ‘causa petendi’?
Significa che si basano sulle stesse fondamenta fattuali e giuridiche. In questo contesto, altre controversie legate alla medesima vicenda o a questioni legali identiche sono pendenti, rendendo opportuna una loro trattazione unitaria per assicurare coerenza nelle decisioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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