LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Assegno senza provvista: fallimento non è scusante

La Corte di Cassazione ha stabilito che la sanzione per l’emissione di un assegno senza provvista si applica al legale rappresentante anche se la società è fallita. Il divieto di pagamento previsto dalla legge fallimentare non costituisce una scusante, poiché la responsabilità amministrativa è personale e legata al dovere di diligenza dell’emittente, che non può emettere titoli di credito scoperti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Assegno senza provvista: il fallimento della società non salva dalla sanzione

L’emissione di un assegno senza provvista comporta sempre una sanzione amministrativa per chi lo firma, anche se agisce come legale rappresentante di una società successivamente dichiarata fallita. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito che lo stato di fallimento e il conseguente divieto di effettuare pagamenti non costituiscono una valida giustificazione per l’emissione di assegni scoperti. La responsabilità rimane personale e legata al dovere di diligenza.

I fatti del caso: assegno scoperto e opposizione alla sanzione

Il caso nasce dall’opposizione di una legale rappresentante di una società contro un’ordinanza ingiunzione emessa dalla Prefettura. La sanzione, pari a 2.080,00 euro, era stata comminata per la violazione della legge sull’assegno, a seguito dell’emissione di due assegni risultati privi di copertura.

Inizialmente, il Giudice di Pace aveva respinto l’opposizione. Tuttavia, il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, aveva ribaltato la decisione, annullando la sanzione. La motivazione del Tribunale si basava su un punto specifico: al momento dell’emissione degli assegni, la società rappresentata era già stata dichiarata fallita. Secondo il giudice, le norme della legge fallimentare, che vietano al fallito di effettuare pagamenti, impedivano di sanzionare il mancato pagamento degli assegni.

Contro questa decisione, la Prefettura ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la normativa sull’assegno senza provvista e quella fallimentare operano su piani diversi e che la responsabilità per l’emissione di un titolo scoperto è di natura personale.

La decisione della Cassazione sulla responsabilità per assegno senza provvista

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Prefettura, cassando la sentenza del Tribunale e rinviando la causa per un nuovo esame. Gli Ermellini hanno riaffermato principi consolidati in materia, evidenziando gli errori di diritto commessi dal giudice d’appello.

Le motivazioni della Corte Suprema

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri fondamentali: l’universalità della norma e il dovere di diligenza.

Irrilevanza dello stato di fallimento

La legge n. 386/1990 sanziona chiunque emetta un assegno bancario o postale senza autorizzazione o, comunque, senza la necessaria provvista. La norma, sottolinea la Corte, non fa distinzioni basate sulla titolarità del conto corrente o sullo stato giuridico dell’emittente (come lo stato di fallimento). Il divieto di emettere assegni scoperti è assoluto e non viene meno a causa del divieto di effettuare pagamenti imposto dalla legge fallimentare. Le due discipline tutelano interessi diversi: la prima la fede pubblica e la regolarità della circolazione dei titoli di credito, la seconda la par condicio creditorum nella procedura concorsuale.

Il dovere di diligenza dell’emittente

La responsabilità per l’emissione di un assegno senza provvista è personale e grava sulla persona fisica che materialmente compila e firma il titolo. A questa persona va rapportato l’elemento psicologico dell’illecito. Chi emette un assegno ha il dovere di diligenza media (ex art. 1176 c.c.) di controllare l’andamento del proprio conto per assicurarsi che, al momento della presentazione, vi siano i fondi necessari. Questo dovere è violato non solo quando si emette un assegno su un conto palesemente scoperto, ma anche quando ci si assume consapevolmente il rischio che la provvista venga a mancare, ad esempio attraverso la prassi degli assegni postdatati, che di per sé è indice di scarsa liquidità.

Il Tribunale aveva errato nel non considerare che la legale rappresentante, emettendo gli assegni (potenzialmente postdatati e quindi emessi prima della dichiarazione di fallimento), si era assunta il rischio della mancanza di copertura, violando il suo dovere di diligenza.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: la responsabilità per l’emissione di un assegno scoperto è personale e non può essere schermata dallo stato di fallimento dell’entità giuridica per cui si agisce. Il legale rappresentante di una società deve sempre agire con la massima diligenza e non può emettere titoli di credito se non ha la certezza della loro copertura. Le tutele previste dalla legge fallimentare per i creditori non possono essere invocate per giustificare una violazione che lede la fiducia nel sistema dei pagamenti. La decisione serve da monito per tutti gli amministratori: la gestione finanziaria deve essere prudente fino all’ultimo, poiché le conseguenze di un’azione illecita ricadono direttamente sulla persona fisica che la compie.

Il fallimento di una società giustifica l’emissione di un assegno senza provvista da parte del suo legale rappresentante?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sanzione amministrativa per l’emissione di un assegno senza provvista si applica a ‘chiunque’, indipendentemente dallo stato di fallimento della società. Il divieto di pagamenti previsto dalla legge fallimentare non annulla il divieto di emettere assegni scoperti.

Chi è responsabile per l’emissione di un assegno scoperto?
La responsabilità grava sulla persona fisica che materialmente emette l’assegno. L’illecito amministrativo è personale e si basa sulla condotta dell’emittente, a cui va rapportato l’elemento psicologico della colpa o del dolo.

Postdatare un assegno può avere conseguenze sulla responsabilità dell’emittente?
Sì. Secondo la Corte, la post-datazione di un assegno è di per sé indicativa di una scarsa liquidità e dimostra che l’emittente si assume consapevolmente il rischio che al momento della presentazione non ci siano fondi sufficienti, violando così il dovere di diligenza media.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati