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Assegno posdatato: quando è promessa di pagamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19186/2024, ha stabilito che un assegno posdatato, sebbene emesso nell’ambito di un patto di garanzia nullo, conserva la sua validità come promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 c.c. Questo comporta un’inversione dell’onere della prova: spetta al debitore che ha emesso il titolo dimostrare l’inesistenza del debito sottostante, e non al creditore provarne l’esistenza. Nel caso di specie, un socio di una società aveva emesso assegni personali per garantire un debito commerciale della società stessa. La Corte ha rigettato il ricorso del socio, confermando che, non avendo egli fornito prova contraria, gli assegni costituivano un valido titolo per la richiesta di pagamento.

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Assegno Posdatato in Garanzia: Nullo come Patto, Valido come Promessa di Pagamento

L’utilizzo di un assegno posdatato come strumento di garanzia è una pratica diffusa ma giuridicamente complessa. Con la recente ordinanza n. 19186 del 12 luglio 2024, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sulla questione, ribadendo un principio fondamentale: sebbene il patto di garanzia sottostante sia nullo, l’assegno mantiene la sua efficacia come promessa di pagamento, con importanti conseguenze sull’onere della prova.

I Fatti del Caso: Debiti Commerciali e Assegni in Garanzia

La vicenda trae origine da un rapporto commerciale tra due società. Una di queste aveva accumulato un ingente debito, pari a oltre 900.000 euro, derivante da contratti di vendita in esclusiva e di produzione. Per garantire parte di tale esposizione debitoria, un socio della società debitrice aveva emesso alcuni assegni bancari a titolo personale, per un importo complessivo di circa 316.000 euro.

Quando la società creditrice ha tentato di incassare i titoli, questi sono risultati insoluti. Di conseguenza, ha ottenuto un decreto ingiuntivo contro il socio garante. Quest’ultimo si è opposto, dando il via a un contenzioso che è arrivato fino alla Suprema Corte.

Il Percorso Giudiziario e la qualificazione dell’assegno posdatato

Il Tribunale di primo grado aveva inizialmente dato ragione al socio garante, accogliendo la sua opposizione. Tuttavia, la Corte di Appello ha ribaltato la decisione, stabilendo un punto cruciale. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto che un accordo per emettere un assegno posdatato a scopo di garanzia è contrario a norme imperative e, pertanto, nullo.

Nonostante la nullità del patto, la Corte d’Appello ha affermato che l’assegno non perde ogni valore. Al contrario, esso si converte in una promessa di pagamento, secondo quanto previsto dall’articolo 1988 del Codice Civile. Questa qualificazione giuridica comporta una conseguenza processuale di enorme rilievo: l’inversione dell’onere della prova. Non è più il creditore a dover dimostrare la causa del suo credito, ma è il debitore (chi ha emesso l’assegno) a dover provare che il debito sottostante non esiste, è invalido o si è estinto.

La Decisione della Cassazione

Il socio garante ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando otto motivi di ricorso, tutti di natura prevalentemente procedurale e di diritto. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione dei giudici d’appello.

La Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente, chiarendo che:
1. La qualificazione dell’assegno come promessa di pagamento non costituisce un mutamento della domanda, ma una corretta applicazione della legge a una fattispecie nota fin dall’inizio del giudizio.
2. Non si tratta di una ‘conversione’ di un negozio nullo (ex art. 1424 c.c.), ma della semplice applicazione della disciplina specifica della promessa di pagamento (art. 1988 c.c.).
3. L’inversione dell’onere della prova si applica a tutto il rapporto debitorio esistente tra le parti originarie, e non solo a specifiche fatture. Spettava al garante dimostrare che il debito complessivo, garantito dagli assegni, era inesistente.
4. La fattispecie non può essere ricondotta alla fideiussione, escludendo quindi l’applicazione delle relative norme, come l’art. 1957 c.c. sulla decadenza della garanzia.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella riaffermazione della duplice natura dell’assegno posdatato emesso in garanzia. Da un lato, il patto che ne sta alla base è nullo perché viola le norme imperative che regolano la funzione tipica dell’assegno come strumento di pagamento a vista. Dall’altro, il titolo cartaceo, in quanto documento che contiene una promessa incondizionata di pagare una somma di denaro, non può essere privato di ogni effetto.

La legge, attraverso l’art. 1988 c.c., offre una soluzione: il documento vale come riconoscimento di un debito. L’effetto è puramente processuale: dispensa il creditore dal provare il rapporto fondamentale (la ragione del debito). L’esistenza di tale rapporto si presume fino a prova contraria. Nel caso specifico, il debitore non solo non è riuscito a fornire tale prova contraria, ma esisteva agli atti un accordo transattivo che riconosceva una ‘consistente esposizione debitoria’, indebolendo ulteriormente la sua posizione.

Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Chi emette un assegno posdatato per garantire un debito non può fare affidamento sulla nullità del patto per sottrarsi ai propri obblighi. Sebbene l’accordo sia invalido, l’assegno si trasforma in una potente arma per il creditore, che viene sollevato dall’onere di provare il proprio diritto. Sarà l’emittente a dover intraprendere un difficile percorso probatorio per dimostrare l’inesistenza del debito. Questa decisione serve da monito: la funzione di garanzia atipica dell’assegno, sebbene irregolare, crea un vincolo giuridico forte e difficilmente superabile per il debitore.

Un assegno posdatato dato in garanzia è valido?
No, l’accordo (patto di garanzia) con cui ci si impegna a emettere un assegno posdatato è nullo perché contrario a norme imperative. Tuttavia, l’assegno stesso non perde ogni valore giuridico.

Cosa significa che un assegno posdatato vale come ‘promessa di pagamento’?
Significa che il documento viene considerato come un riconoscimento di debito. Questo ha un effetto processuale fondamentale: inverte l’onere della prova. Il creditore non deve dimostrare la ragione del suo credito; è il debitore che ha emesso l’assegno a dover provare che il debito non esiste o si è estinto.

Chi deve provare l’esistenza del debito se c’è un assegno posdatato di mezzo?
In base a questa sentenza, l’onere della prova ricade sul debitore, ovvero su chi ha firmato e consegnato l’assegno. Egli deve dimostrare l’inesistenza, l’invalidità o l’estinzione del rapporto fondamentale che ha dato origine al debito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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