Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15105 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15105 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23337/2021 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, domicilio digitale EMAILordineavvocatitorinoEMAIL rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in
Oggetto: Titoli di credito Assegno bancario -Clausola di non trasferibilità – Pagamento a soggetto non legittimato -Responsabilità -Natura Contrattuale -Onere probatorio
R.G.N. 23337/2021
Ud. 29/05/2025 CC
NOLA ON.LE F. COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, n. 5360/2021, depositata in data 08/06/2025.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 5360/2021, pubblicata in data 8 giugno 2021, il Tribunale di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha accolto l’appello proposto da BANCA MONTE RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Giudice di Pace di Napoli n. 21370/2018 pubblicata in data 11 giugno 2018, per l’effetto respingendo la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima aveva adito il Giudice di Pace premettendo di intrattenere un rapporto di conto corrente bancario presso la banca UBI Banco di Brescia s.p.a., nell’ambito del quale le era riconosciuta la facoltà di emettere assegni di traenza.
Aveva ulteriormente riferito di avere emesso in data 28 marzo 2013, al fine di regolare un sinistro, l’assegno – recante clausola di non trasferibilità n. 2100493347 04 di importo pari ad € 2.300,00 intestato a tale NOME COGNOME ma di avere constatato che il suddetto assegno, contraffatto nel nome del beneficiario, era stato posto all’incasso presso una filiale di BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. da soggetto qualificatosi come NOME COGNOME e di
essere stata quindi costretta a rinnovare il pagamento dovuto all’effettiva titolare del credito da indennizzo.
Deducendo, quindi, la violazione dell’art. 43 l. ass. da parte della stessa BANCA MONTE RAGIONE_SOCIALE SIENA S.RAGIONE_SOCIALE.ARAGIONE_SOCIALE per aver pagato un assegno non trasferibile a soggetto non prenditore e per non aver identificato con diligenza colui che aveva presentato l’assegno e lo aveva incassato, aveva chiesto la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito, pari ad € 2.300,00.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE contestando la fondatezza della pretesa, il Giudice di Pace di Napoli aveva accolto la domanda.
Il Tribunale di Napoli, nell’accogliere il gravame di RAGIONE_SOCIALE ha osservato che, stabilita la natura contrattuale della responsabilità della banca negoziatrice per aver pagato a soggetto non legittimato, la banca medesima era da ritenersi gravata dall’onere di provare di aver adempiuto all’obbligo di diligenza qualificata dell’accorto banchiere, consistente sia nell’identificare il soggetto presentatosi come beneficiario del titolo sia nel verificare che l’assegno portato per l’incasso non presentasse segni di contraffazione.
Il Tribunale, tuttavia, ha osservato che tale onere probatorio postulava che l’appellata avesse dato prova positiva dei fatti costitutivi della propria pretesa, laddove nella specie -pur a fronte delle contestazioni della Banca convenuta circa l’avvenuta contraffazione del titolo di credito -l’appellata non aveva dato prova del fatto che il titolo in parola fosse stato originariamente emesso all’ordine di NOME COGNOME e successivamente alterato per far figurare, invece, il nominativo di tale NOME Improta, ‘non essendo sufficiente a tale scopo il deposito della solo dichiarazione, asseritamente rilasciata e
sottoscritta dalla COGNOME di non aver mai ricevuto né incassato l’assegno emesso a suo nome’ .
Tribunale ha quindi concluso che l’accertamento della contraffazione avrebbe richiesto la produzione in giudizio dell’originale del titolo illecitamente negoziato, non essendo concretamente possibile verificare eventuali alterazioni dell’assegno dal mero e same delle copie fotostatiche, e che quindi l’odierna ricorrente ‘ che ben avrebbe potuto adempiere all’onere probatorio ad esempio formulando al Giudice di Pace istanza di esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. o, prima dell’introduzione del giudizio, mediante la proposizione di un ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. (rimedi entrambi volti a ottenere il deposito in giudizio dell’originale del titolo in contestazione), non ha fornito la prova richiesta.’ .
Per la cassazione della sentenza del Tribunale di Napoli ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Il primo motivo è, testualmente, rubricato ‘mancata contestazione, in primo grado, della spettanza del titolo alla COGNOME e mancata contestazione dell’avvenuta contraffazione.’ ed è sintetizzato dalla stessa ricorrente nei seguenti termini ‘la decisione del Giudice che -invece -ha accolto l’appello, viola ad un tempo -gli artt. 112 cpc (perché viòla la corrispondenza tra chiesto e pronunciato in
quanto non era richiedibile in appello il pronunciamento sulla prova della contraffazione, con rilevanza ex art. 360 c. 1 n. 4 cpc), 115 cpc (perché i fatti non contestati non abbisognano di prova, con rilevanza ex art. 360 c. 1 n. 4 cpc), 116 cpc (che impone al Giudice di valutare le prove in base agli elementi acquisiti al processo, dove la contraffazione era acquisita come fatto provato e non contestato, sempre con rilevanza ex art. 360 c. 1 n. 4 cpc), 345 cpc (che fa divieto di proporre domande o eccezioni nuove e tale era quella volta a accertare la mancanza di prova in ordine alla contraffazione, con analoga rilevanza ex art. 360 c. 1 n. 4 cpc, e 132 4° comma cpc, con rilevanza ex art. 360 c. 1 n. 4 per quanto alla avvenuta violazione di norme regolatr ici del processo tra cui quella dell’art. 345 cpc. nonché l’art. 1218 cod. civ. in tema di onere di prova nella responsabilità contrattuale, incongruamente disapplicato, con rilevanza ex art. 360 c. 1 n. 3 cpc’
1.2. Il secondo motivo è, testualmente, rubricato ‘il secondo motivo. l’incongruenza dell’affermazione del tribunale circa la mancanza di prova della contraffazione, asseritamente dovuta da Cattolica. le prove dedotte per provare l’emissione originaria del titolo’ ed è sintetizzato dalla stessa ricorrente nei seguenti termini ‘(…) la decisione ricorsa viòla l’art. 132 n. 4 cpc, costituendo una palese nullità della sentenza, rilevante sotto l’aspetto di cui all’art. 360 c. 1 4° comma cpc, perché esclude che sia stata fornita la prova di una circostanza decisiva, ma non ha ammesso -invece -i mezzi istruttori a ciò finalizzati e tempestivamente introdotti in giudizio e sottoposti al Giudice dalla parte che vi era onerata. Esigendone altra (produzione originale del titolo) irrilevante. La decisione ricorsa viòla altresì gli artt. 210 cpc (per quanto alla stretta necessità di avvalersi di tale mezzo istruttorio senza sostanziali equipollenti) e 232 cpc (perché una volta
ammesso l’interrogatorio formale poteva discenderne la prova della circostanza della contraffazione del titolo) e dell’art. 116 cpc perché la corretta valutazione delle prove implica l’ammissione di quelle dedotte ed ammissibili, tutti sotto il profilo del l’art. 360 c. 1 n. 4 cpc.’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c.; 43, r.d. 1936/1933, nonché, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 132, n. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, il ricorso sia la violazione della regola di distribuzione degli oneri probatori, essendo l’odierna controricorrente tenuta a provare di aver correttamente adempiuto l’obbligazione su di essa gravante, sia la conseguente nullità della motivazione.
1.4. Il quarto motivo deduce, testualmente, ‘violazione rilevante ai fini dell’art. 360 nc. 1 n. 5 cpc motivazione contraddittoria, e incomprensibilità della ratio decidendi. nullità della sentenza ex art. 132 n. 4 cpc’.
Afferma la ricorrente che ‘il tribunale è (…) caduto in confusione, perdendo di vista e l’oggetto del giudizio (l’accertamento dell’inadempimento) ed i suoi presupposti (pagamento a soggetto non avente diritto) e le relative prove, cadendo in contraddizione.’ .
Il primo ed il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, risultando strettamente correlati, e devono essere accolti – nei termini che ci si appresta ad esporre – con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi.
Costituisce consolidato orientamento di questa Corte quello per cui la responsabilità dell’istituto negoziatore per il pagamento di un assegno non trasferibile a soggetto non legittimato, prevista dall’art. 43, secondo comma, r.d. n. 1736/1933 ha natura contrattuale, con la conseguenza che la banca è sempre ammessa a fornire la prova
liberatoria della non imputabilità a sé dell’erronea identificazione, trovando applicazione in questi casi lo standard di valutazione della diligenza professionale di cui all’art. 1176, secondo comma, c.c., (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 25888 del 29/09/2024; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13152 del 14/05/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 3649 del 12/02/2021; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 17737 del 02/07/2019; Cass. Sez. U – Sentenza n. 12477 del 21/05/2018).
A tali principi il Tribunale partenopeo si è inizialmente attenuto, nel momento in cui, affermata la natura contrattuale della responsabilità dell’istituto negoziatore ha premesso che quest’ultimo era, conseguentemente, gravato dall’onere di provare di aver adempiuto all’obbligo di diligenza qualificata dell’accorto banchiere.
Dopo tali corrette premesse, tuttavia, il ragionamento del Tribunale si è sviluppato invece in senso contrastante con i principi di questa Corte, nel momento in cui la decisione impugnata è giunta ad affermare che l’attivazione di tale onere probatorio presupponeva, preliminarmente , che l’odierna ricorrente fornisse prova positiva dei fatti costitutivi della propria pretesa – e cioè, nella specie , dell’originaria emissione del titolo all’ordine di persona diversa da quella che aveva presentato l’assegno aggiungendo, poi che ‘l’accertamento della contraffazione, dunque, avrebbe richiesto la produzione in giudizio dell’originale del titolo illecitamente negoziato non essendo concretamente possibile verificare eventuali alterazioni dell’assegno’ .
Si deve, a questo punto, richiamare il consolidato principio di questa Corte, a mente del quale il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore
convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001 e, tra le successive numerose, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13925 del 25/09/2002; Cass. Sez. L, Sentenza n. 2387 del 09/02/2004; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13674 del 13/06/2006; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15677 del 03/07/2009; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015).
Da tali principi conseguiva che, una volta affermata la natura contrattuale della responsabilità della banca negoziatrice, avrebbe dovuto operare la regola generale sulla distribuzione dell’onere dell a prova del corretto adempimento, essendo quindi sufficiente all ‘odierna ricorrente l’allegazione del la contraffazione del titolo ed il pagamento a soggetto non legittimato -e cioè l’allegazione dell’inadempimento della controricorrente – in quanto sarebbe onere di quest’ultima dare prova di avere operato secondo la diligenza richiesta, dimostrando o che non vi era stata contraffazione del titolo o che la contraffazione medesima non sarebbe stata rilevabile operando con diligenza di cui all’art. 1176, secondo comma, c.c.
Il Tribunale partenopeo, invece, ha assunto la propria decisione in un’ottica di vero e proprio rovesciamento degli oneri probatori, sostanzialmente addossando all’odierna ricorrente l’onere di provare integralmente la fondatezza della propria domanda e per di più gravando la stessa ricorrente del l’onere di produzione dell’originale dell’assegno quando quest’ultimo – in quanto pacificamente posto all’incasso – non poteva essere evidentemente nella disponibilità dell’emittente ma, semmai, dell’istituto di cr edito presso il quale era stato, appunto, posto all’ incasso.
Era, pertanto, l’odierna controricorrente a dover supportare la propria eccezione di aver diligentemente operato, eventualmente
anche tramite la produzione dell’originale dell’assegno, in modo da consentire di verificare la sussistenza – o meno – della contraffazione e la sua rilevabilità – o meno con la diligenza di cui all’art. 1176, secondo comma, c.c.
Con la propria decisione, quindi, il Tribunale partenopeo risulta aver fatto inadeguato governo della regola di cui agli artt. 1218 e 2697 c.c., come dedotto dalla ricorrente, e, per l’effetto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, il quale si conformerà ai principi qui richiamati e procederà a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima