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Assegno divorzile, funzione equilibratrice del reddito

Assegno divorzile, funzione equilibratrice del reddito, contributo fornito dall’ex patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

Pubblicato il 24 March 2022 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Foggia – Prima Sezione Civile – riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei seguenti Magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 702/2022 pubblicata il 10/03/2022

nella causa civile iscritta al n. 3612 del Ruolo Generale degli Affari Civili

Contenziosi dell’anno 2019, avente ad oggetto: cessazione di effetti civili di matrimonio vertente

TRA

XXX (c.f.)

RICORRENTE

E

YYY (c.f.)

RESISTENTE

NONCHÉ

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Foggia.

INTERVENTORE EX LEGE CONCLUSIONI

All’udienza del 01/12/2021 i procuratori delle parti concludevano come da note scritte ritualmente versate nel fascicolo telematico.

Il Pubblico Ministero ha concluso, con nota del 03/12/2021, con “parere favorevole”.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso, ritualmente notificato, XXX ha chiesto a questo Tribunale che fosse pronunciata ex art. 3 co. n. 2 lett. B) e 4 co. 9 L 898/70 la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario da lei contratto con YYY in Manfredonia (FG) il 28/08/2002 (atto n., p.), con l’adozione dei provvedimenti consequenziali.

Ha in particolare richiesto la ricorrente il riconoscimento in suo favore di assegno divorzile nonché il riconoscimento di un assegno di mantenimento per i figli minori, *** (nt. il 22.08.2004) e *** (nt. il 18.01.2011), rispettivamente di anni 17 e 11.

All’udienza del 5.11.2019 il Presidente, dato atto dell’assenza del resistente, adottava i provvedimento urgenti di cui all’art. 4, comma 8, L. n. 898 del 1970, sicché rimetteva le parti innanzi il G.I., davanti al quale si costituiva, tardivamente, il resistente che, nell’opporsi decisamente al riconoscimento di un assegno divorzile in favore della XXX, ha chiesto una riduzione del mantenimento in favore dei minori, lamentando l’iniquità delle statuizioni assunte con l’ordinanza presidenziale del 5/11/2019, di cui ha pure chiesto la modifica.

Respinta tale ultima istanza, veniva accolta la domanda di divorzio con sentenza non definitiva n. 1329/20 del 14.10.2020, sicché concessi i termini ex art. 183 comma VI c.p.c. con ordinanza istruttoria del 13/04/2021, respinte le richieste istruttorie, la causa veniva immediatamente spedita per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 01/12/2021 le parti concludevano come in epigrafe riportato e così pure il P.M. in sede, con nota del 03/12/2021.

Ebbene, essendo già stata accolta la domanda di divorzio, non resta al Collegio che statuire sulle domande accessorie.

Sull’affido e sul mantenimento della prole (*** e ***).

Preliminarmente, va detto che se, da un lato, parte ricorrente non ha avanzato richieste istruttorie, dall’altro lato la prova per testi articolata dal resistente è inammissibile perché i relativi capitoli di prova sono articolati su fatti non oggetto di specifica e tempestiva contestazione ovvero perché vertenti su circostanze irrilevanti rispetto al thema decidendum ed ancora perché aventi ad oggetto fatti suscettibili di prova documentale.

Ciò posto, in ordine alla scelta della modalità di affido più conforme agli interessi dei minori, non avendo le parti dedotto fatti e/o circostanze tali da far ritenere contrario ad una crescita equilibrata degli stessi il coinvolgimento del padre nelle scelte educative relative alla prole, va disposto l’affido condiviso dei figli con residenza privilegiata presso la madre, così come peraltro già previsto con ordinanza presidenziale del 5.11.2019.

Quanto al diritto-dovere del padre di frequentare le minori, va detto che la figlia più grande *** è ormai prossima alla maggiore età, ragion per cui ritiene il Tribunale che le visite tra il padre e la stessa debbano avvenire liberamente. Quanto invece alla figlia più piccola, *** di anni 11, va confermato il calendario degli incontri adottato dal Presidente, perché idoneo a garantire un’equilibrata presenza del padre nella vita quotidiana della minore. Pertanto, il padre potrà vedere e tenere con sé la minore previa intesa con la madre; in mancanza di accordo tra le parti, i tempi e le modalità degli incontri padre-figlia vengono così regolamentati: il padre potrà vedere e tenere con sé *** il lunedì, il mercoledì e il venerdì di ogni settimana, dalle ore 18:00 alle 21:00; b) la prima e la terza settimana di ogni mese dalle ore 14:00 del sabato alle ore 21:00 della domenica; c) nel periodo delle vacanza natalizie, ad anni alterni, dal 24 al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio; durante le festività pasquali, ad anni alterni, il giorno di Pasqua o il Lunedì dell’Angelo; d) nel periodo estivo per venti giorni, anche non consecutivi, nei mesi di luglio e/o di agosto, da concordarsi entro e non oltre il mese di giugno di ciascun anno.

Si osserva, poi, che ai sensi dell’articolo 316 bis c.c. i genitori devono adempiere all’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Ciò posto, il padre deve certamente essere obbligato a concorrere al mantenimento delle minori.

Quanto alla misura del contributo paterno al mantenimento del figlio, soccorrono i criteri di cui all’art. 337 ter c.c., secondo cui ciascuno dei genitori è tenuto a provvedere al mantenimento della prole in misura proporzionale al proprio reddito, tenuto conto: 1) delle esigenze della prole; 2) del tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza; 3) dei tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) delle risorse economiche cui dispongono i genitori; 5) della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Ebbene, va detto che parte ricorrente, in sede di audizione innanzi il Presidente, dichiarava di essere disoccupata e di essersi sempre dedicata alla cura della prole e del menage familiare (per “scelta condivisa” con il marito, così come da lei dichiarato), circostanza questa non oggetto di contestazione alcuna; la XXX ha dichiarato di percepire per l’anno 2020 (cfr. mod. 730/21) il reddito complessivo di euro 1.356,00.

Il resistente, impiegato presso l’Eurospin, ha dichiarato di percepire la somma media mensile di € 900,00 a titolo di retribuzione, come da buste paga per i mesi di ott., nov. e dic. 2019 (la cui lettura non è peraltro agevole); ad ogni modo, egli ha dichiarato di aver percepito per l’anno 2019 (cfr. mod. 730/20) la somma di euro 1.267,08 al mese, al netto dell’imposta; la stessa somma veniva grossomodo dichiarata per l’anno precedente (cfr. C.U. 2019).

Va pure detto che l’YYY si è fatto carico di alcune spese, relative essenzialmente alla locazione di un altro immobile (per un canone di euro 300,00) ed alle spese di gestione del medesimo, mentre si è reso inadempiente al pagamento delle rate del mutuo.

Pertanto, tenuto conto dell’età e degli impegni di studio, di vita e di relazione dei figli, considerando come parametro di riferimento, la somma prevista dal Presidente del Tribunale e tenuto conto della capacità economica del resistente – che il medesimo Presidente non ha potuto considerare, essendosi costituito in giudizio, per sua scelta, in una fase successiva – va stabilito quale contributo paterno al mantenimento della prole l’importo mensile di € 300,00 (€ 150,00 cadauno). Detta somma andrà corrisposta ad XXX, entro e non oltre, il giorno 5 di ogni mese e rivalutata annualmente ed automaticamente secondo gli indici Istat.

Va, altresì, posto a carico del YYY l’obbligo di corrispondere, nella misura del 50%, ad XXX, le spese straordinarie da sostenere nell’interesse dei figli così come individuate nel protocollo del 18.3.2016 intercorso tra il Tribunale di Foggia ed il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Foggia.

Sulla domanda di assegno di divorzio.

Parte ricorrente ha domandato il riconoscimento di un assegno divorzile per sé. Il resistente si è sin dalla sua costituzione in giudizio fermamente opposto a tale richiesta, eccependo la piena capacità lavorativa della moglie, e dunque la sua potenzialità reddituale sebbene commisurata al titolo di studio posseduto.

Ritiene il Collegio che la domanda sia fondata.

Va premesso che in tema di scioglimento del matrimonio e nella disciplina dettata dall’art. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, come modificato dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il Tribunale, chiamato a decidere sull’attribuzione dell’assegno di divorzio, è tenuto a verificare l’esistenza del diritto in astratto, in relazione all’inadeguatezza – all’atto della decisione – dei mezzi o all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio; dunque, è la nozione di “adeguatezza” dei mezzi a postulare un esame comparativo della situazione reddituale e patrimoniale attuale del richiedente con quella della famiglia all’epoca della cessazione della convivenza, che tenga altresì conto dei miglioramenti della condizione finanziaria dell’onerato, anche se successivi alla cessazione della convivenza, i quali costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio (cfr., tra le altre, Cass., n. 20582/2010).

Ciò posto, in base al dettato normativo e secondo il tradizionale orientamento giurisprudenziale, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando, innanzitutto, l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, ovvero che poteva. L’assegno va poi quantificato nella misura necessaria, in relazione alla situazione economica di ciascuna parte, a rendere tendenzialmente possibile il mantenimento di detto tenore (cfr., tra le altre, Cass., n. 22501/2010; Cass., n. 10644/2011; Cass., n. 9976/2011).

Se ciò è assolutamente vero, è anche vero che, di recente, le Sezioni Unite della S.C. (Cass., Sez. Un., 11 luglio 2018, n. 18287), hanno offerto una nuova lettura della disciplina in oggetto, chiarendo come applicare i criteri previsti dal legislatore per il riconoscimento dell’assegno divorzile.

Nella citata sentenza si è avuto modo di affermare che “Ai sensi dell’art. 5 comma 6 della legge n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la legge n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.

In buona sostanza, affermano le Sezioni Unite che la sussistenza del diritto all’assegno di divorzio va valutata non solo con riguardo al criterio dell’indipendenza economica dell’ex coniuge (inaugurato dalla nota sentenza n. 11504/2017) ma anche, soprattutto, in relazione ad un criterio composito, in applicazione dei principii costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo.

Le Sezioni Unite, hanno dunque affermato il principio secondo il quale, l’assegno di divorzio ha natura assistenziale, compensativa ed allo stesso tempo perequativa.

Al giudizio di spettanza dell’assegno divorzile in favore del coniuge richiedente deve pervenirsi, in particolare, all’esito di una valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, che esalti il contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale della famiglia: il contributo fornito alla conduzione della vita familiare, costituisce, infatti, il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili che possono incidere sul profilo economico-patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale.

Devono poi considerarsi, quali parametri su cui fondare l’entità del mantenimento, la durata del matrimonio, le potenzialità reddituali future e l’età dell’avente diritto.

In definitiva, le Sezioni Unite adottano un criterio integrato che si fonda sulla concretezza e molteplicità dei modelli familiari attuali.

Da un lato, sotto il profilo assistenziale, il criterio dell’adeguatezza dei mezzi e della capacità (incapacità) di procurarseli deve essere calato nel “contesto sociale” della richiedente.

Dall’altro lato, sotto il profilo strettamente contributivo – compensativo, il giudizio circa l’adeguatezza dei mezzi deve essere compiuto non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare in funzione della vita familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per una sola parte.

Ne consegue un criterio “assistenziale – compensativo”, ove il profilo assistenziale deve, pertanto, essere contestualizzato con riferimento alla situazione effettiva nella quale s’inserisce la fase di vita post matrimoniale, in particolare in chiave perequativa-compensativa.

Per le Sezioni Unite, quindi, “la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente”.

La nuova lettura della norma di cui all’art. 5 della Legge su Divorzio, offerta dalle Sezioni Unite, fa sì che il diritto all’assegno di divorzio non dipenda più soltanto dalla mancanza di autosufficienza economica in chi lo richiede o dall’esigenza di consentire al coniuge privo di mezzi adeguati il ripristino del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, poiché il diritto sorge anche quando si tratta di porre rimedio allo squilibrio esistente nella situazione economico-patrimoniale delle parti.

Vi è, in altre parole, la valorizzazione della funzione compensativa dell’assegno, con un sostanziale discostamento sia dall’orientamento tradizionale sia da quello offerto dalla sentenza n.11504/2017, e con una applicazione dei criteri previsti dal legislatore per il riconoscimento dell’assegno divorzile che assicura una tutela alle situazioni caratterizzate da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare. In tal modo si realizza una funzione assistenziale ma soprattutto compensativa, e senza che il ripristino del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rappresenti l’obiettivo, unico ed esclusivo, perseguito con il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile.

Il giudizio di riconoscimento, in capo al richiedente, dell’assegno divorzile dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto, ciò in ragione della natura assistenziale e perequativo-compensativa dell’assegno divorzile, volto, come tale, a consentire al coniuge richiedente “non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate e senza che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, venga finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma piuttosto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (così Cass., n. 27771/2019).

Con la precisazione che “la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (così Cass., n. 6982/2020, nonché Cass., ord. n. 21926/2019).

Per la decisione sulla domanda di assegno divorzile si deve quindi assumere, come punto di partenza, l’analisi dell’attuale situazione economico reddituale delle parti (comprensiva delle potenzialità dell’ex coniuge richiedente assegno di avere adeguati mezzi propri o di essere capaci di procurarli), finalizzata alla comparazione tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti per verificare l’esistenza di un eventuale squilibrio.

Compiuto tale accertamento si dovrà poi accertare se la disparità economico reddituale, in termini di squilibrio rilevato, sia il frutto delle scelte condivise assunte in costanza di matrimonio alla luce del contributo dato da ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e all’evolversi della situazione reddituale e patrimoniale dell’altro, considerando la durata del vincolo coniugale, che assume quindi una rilevanza pregnante, poiché maggiore sarà stata la durata del matrimonio, più sarà stato rilevante l’apporto di ciascuno alla formazione delle sostanze comuni e allo sviluppo delle capacità reddituali dell’altro coniuge, in una valutazione che impone la piena equiordinazione tra il lavoro domestico, di cura e di accudimento dell’altro e della casa familiare, allo stato privo di concreto riconoscimento reddituale, e il lavoro prestato all’esterno del nucleo familiare.

Ritornando al caso in esame, osserva il Collegio come dalle emergenze processuali sono risultati utili elementi di valutazione per determinare sia l’an che il quantum dell’assegno richiesto.

Preliminarmente, occorre rimarcare che gli (ex) coniugi contraevano matrimonio il 18.08.2002, e che, in ragione della durata del matrimonio (18 anni), è indubbio il contributo fornito dalla richiedente al nucleo familiare, sia morale che materiale, nucleo familiare del quale hanno fatto parte e fanno parte anche due figlie, atteso oltretutto quanto dichiarato innanzi al Presidente dalla XXX, secondo cui la stessa si sarebbe dedicata in via esclusiva al menage familiare per scelta condivisa con il marito, circostanza non smentita nel corso del giudizio.

Sarà sufficiente, al riguardo, richiamarsi alle dichiarazioni rese dalla XXX innanzi al Presidente.

Quanto alla condizione economica degli (ex) coniugi, facendo richiamo a quanto osservato nel paragrafo che precede va osservato, in questa sede, che la ricorrente, dichiaratasi casalinga, ha dichiarato di percepire per l’anno 2020 (cfr. mod. 730/21) il reddito complessivo annuo di euro 1.356,00; il resistente, impiegato presso l’Eurospin, ha dichiarato di aver percepito per l’anno 2019 (cfr. mod. 730/20) la somma di euro 1267,08 al mese; la stessa somma veniva grossomodo dichiarata per l’anno precedente (cfr. C.U. 2019).

Orbene, in applicazione del criterio “misto”, compensativo, perequativo ed al contempo assistenziale, considerata la durata del matrimonio (di ben 18 anni) nonché l’insufficienza dei mezzi adeguati della richiedente, e comunque l’impossibilità per la stessa, attesa l’età (anni 47), di procurarseli per ragioni oggettive, considerato l’evidente disparità economica tra i coniugi e comunque il contributo da quest’ultima fornito al menàge familiare, considerato altresì l’assegno divorzile inizialmente liquidato con Ordinanza Presidenziale (in 200,00 euro), le spese gravanti sull’YYY ed in particolar modo il canone di locazione di euro 300,00 (cfr. contratto di locazione del 28.04.2020, in atti) e le ulteriori spese legate alla gestione ordinaria dell’immobile (essendo invece emerso che l’onere relativo al pagamento dell’importo residuo del contratto di mutuo sia stato assolto, in via esclusiva, dalla XXX, per volontario inadempimento dell’YYY, come dallo stesso confermato nella comparsa conclusionale) nonché, da ultimo, l’assegnazione della casa familiare alla XXX, ritiene il Collegio che vada posto a carico di YYY l’obbligo di corrispondere, in favore di XXX, entro il giorno 5 di ogni mese, un contributo a titolo di assegno divorzile, determinato equitativamente in euro 100,00 (cento/00), somma soggetta ad automatica ed annuale rivalutazione secondo gli indici Istat.

• Sulla domanda di pagamento diretto dell’assegno.

Sebbene l’istanza di pagamento diretto dell’assegno sia stata accolta in corso di causa, quest’ultima deve intendersi superata, in ragione del fatto che il presente provvedimento costituisce, di per sé, titolo esecutivo per il pagamento diretto nei confronti del terzo tenuto a corrispondere, periodicamente, somme in danaro in favore del coniuge obbligato (cfr. l’art. 8 comma 3° l. div.).

• Sulla casa coniugale.

La casa coniugale deve rimanere assegnata ad XXX affinché la abiti con la prole minore d’età presso la medesima collocata.

• Sulle altre domande.

Va infine dichiarata l’inammissibilità della domanda di parte ricorrente volta alla condanna del resistente “al pagamento dell’importo di €. 336,00 versato dalla XXX quale saldo del piano di rientro sottoscritto dallo stesso”, soggetta al rito ordinario, poiché, nel giudizio di divorzio contenzioso, soggetto al rito speciale, non è consentita la trattazione congiunta di cause con il rito ordinario, ammessa dall’art. 40, terzo comma, c.p.c. solo nelle ipotesi di connessione qualificata di cui agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36, e non anche nelle ipotesi – in cui rientra quella in esame – di cui agli artt. 33 e 104, in cui il cumulo delle domande dipende solo dalla volontà delle parti (cfr. tra le altre Cass. Sez. I n. 6660 del 15.05.2001; Cass. Sez. I n. 1084 del 19.01.2005; Cass. Sez. I n. 11828 del 21.05.2009; Cass. Sez. I n. 2155 del 29.01.2010). È noto infatti che, per giurisprudenza costante della Suprema Corte a cui il Collegio ritiene di aderire, “l’art. 40 c.p.c., consente nello stesso processo il cumulo di domande soggette a riti diversi, soltanto in presenza di ipotesi qualificate di connessione (art.31, 32, 34, 35 e 36), così escludendo la possibilità di proporre più domande connesse” (cfr. Cassazione, Sez. 1 sentenza n. 1084 del 19.01.2005 e sentenza n. 6660 del 15.05.2001).

Sulla regolamentazione delle spese processuali.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza del resistente e sono liquidate in dispositivo in applicazione del D.M. 55/2014 s.m.i..

Poiché la parte vittoriosa è stata ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, il pagamento dovrà essere corrisposto in favore dello Stato, in applicazione di quanto previsto dall’art. 133 d.P.R. n. 115/2002, in misura della metà per quanto indicato dall’art. 130 del medesimo decreto.

Alla liquidazione del compenso spettante al procuratore della parte vittoriosa si è provveduto con separato decreto di pagamento ex art. 83 d.P.R. n. 115/2002, sussistendone i presupposti di legge, su istanza dell’interessato.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella controversia civile come innanzi proposta tra le parti, così provvede:

• Affida i figli minori *** e *** in via congiunta ad entrambe i genitori, prevedendo che restino collocati stabilmente presso la madre e con diritto di visita del padre come indicato in motivazione;

• Autorizza ciascuno dei coniugi all’esercizio separato della responsabilità genitoriale limitatamente alle decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione

• Pone a carico di YYY l’obbligo di corrispondere a XXX, entro e non oltre il giorno 5 di ogni mese, la somma mensile di € 300,00 (trecento/00) a titolo di contributo al mantenimento della prole minore di età, di cui euro 150,00 cadauna. Detta somma andrà automaticamente ed annualmente adeguata secondo gli indici Istat a decorrere dal mese di marzo 2023;

• Pone a carico di YYY l’obbligo di corrispondere, nella misura del 50%, a XXX le spese straordinarie da sostenere nell’interesse dei figli così come individuate nel protocollo del 18.3.2016 intercorso tra il Tribunale di Foggia ed il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Foggia;

• Pone a carico di YYY l’obbligo di corrispondere a XXX, entro e non oltre il giorno 5 di ogni mese, a titolo di assegno di divorzio, la somma mensile di € 100,00 (cento/00). Detta somma andrà automaticamente ed annualmente adeguata secondo gli indici Istat con decorrenza dal mese di marzo 2023;

• Assegna la casa coniugale ad XXX affinché la continui ad abitare con i figli minori seco conviventi;

• Dichiara l’inammissibilità e comunque rigetta le altre domande;

• Condanna YYY al pagamento delle spese di lite in favore di XXX e per essa in favore dello Stato, ai sensi dell’art. 133 d.P.R. n. 115/2002, giusta ammissione delibera del COA n. 6 del 12 marzo 2019 di ammissione della parte vittoriosa al Gratuito Patrocinio, che qui si liquidano in € 1.617,50 per compenso professionale, oltre rimborso spese forfettarie (15% sui compensi), ed oltre IVA e CPA, se dovute, come per legge, ponendone il pagamento a carico dello Stato.

Così deciso in Foggia nella camera di consiglio del 08/03/2022

IL GIUDICE EST.

IL PRESIDENTE

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