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Assegno di garanzia: perché è un patto nullo

Un socio emette un assegno a garanzia dei debiti della sua società. Il creditore lo incassa e ottiene un decreto ingiuntivo. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, stabilisce che l’accordo sull’uso dell’assegno di garanzia è nullo per contrarietà a norme imperative. Tuttavia, l’assegno non perde validità ma si ‘degrada’ a promessa di pagamento, obbligando l’emittente a saldare il debito.

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L’Assegno di Garanzia: Un Patto Nullo che si Trasforma in Obbligo di Pagamento

L’utilizzo di un assegno di garanzia è una prassi commerciale comune ma giuridicamente insidiosa. Molti credono che consegnare un assegno postdatato o senza data come garanzia per un debito sia una pratica sicura. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25599/2024, ribadisce un principio consolidato: il patto di garanzia legato a un assegno è nullo. Questo però non libera l’emittente dall’obbligo di pagare. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Contenzioso

La vicenda nasce dall’opposizione a un decreto ingiuntivo emesso a favore di un creditore per circa 31.000 euro, sulla base di un assegno bancario. L’emittente dell’assegno sosteneva di non averlo firmato per un debito personale, ma come garanzia per i debiti che la sua società aveva nei confronti del creditore. In sua difesa, eccepiva l’estinzione della garanzia, la prescrizione del credito e persino la falsità della firma.

Il Tribunale di primo grado, tuttavia, confermava il decreto ingiuntivo, stabilendo che, anche in presenza di un accordo di garanzia, l’assegno mantiene la sua funzione di mezzo di pagamento e si qualifica come una promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 del Codice Civile. Pertanto, l’eventuale nullità del patto di garanzia non intacca la validità dell’assegno come titolo.

La Decisione della Corte d’Appello: Nullità dell’accordo sull’assegno di garanzia

La Corte di Appello di Venezia ha rigettato l’impugnazione, rafforzando la posizione del primo giudice. I giudici d’appello hanno richiamato un orientamento consolidato della Cassazione (sent. n. 10710/2016), secondo cui l’emissione di un assegno in bianco o postdatato a scopo di garanzia è contraria a norme imperative (in particolare, gli artt. 1 e 2 del R.D. n. 1736/1933, la cosiddetta “Legge Assegno”).

Secondo la Corte, tale patto è nullo perché snatura la funzione tipica dell’assegno, che è quella di strumento di pagamento a vista. Di conseguenza, l’accordo di garanzia viene dichiarato nullo, ma l’assegno, spogliato della sua efficacia di titolo esecutivo, “degrada” a una semplice promessa di pagamento.

Il Giudizio della Cassazione

L’emittente dell’assegno ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su cinque motivi, tra cui la violazione di legge e il vizio di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili e infondati tutti i motivi.

Inammissibilità dei Motivi di Ricorso

La Corte ha ritenuto che i motivi principali del ricorso mirassero a una nuova e non consentita valutazione dei fatti di causa, un’attività preclusa al giudice di legittimità. Il ricorrente, infatti, chiedeva alla Cassazione di riconsiderare le prove per dimostrare l’esistenza del rapporto di garanzia, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

La “Degradazione” dell’Assegno di Garanzia

Il punto centrale della decisione è la conferma del principio secondo cui il patto di garanzia è nullo, ma l’assegno sopravvive come promessa di pagamento. Questa “degradazione” del titolo ha una conseguenza fondamentale: il creditore che ha ricevuto l’assegno è dispensato dall’onere di provare il rapporto fondamentale, ovvero la causa del debito. Spetta al debitore (l’emittente) dimostrare l’inesistenza o l’estinzione del debito, una prova spesso molto difficile da fornire.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura imperativa delle norme che regolano l’assegno bancario. L’assegno è concepito dal legislatore come uno strumento di pagamento immediato, da presentare all’incasso “a vista”. Utilizzarlo come uno strumento di credito o di garanzia ne altera la funzione e viola principi di ordine pubblico economico. Per questo motivo, qualsiasi accordo tra le parti che deroghi a questa funzione (il cosiddetto “patto di garanzia”) è considerato nullo ai sensi dell’art. 1343 c.c. perché persegue interessi non meritevoli di tutela.

Tuttavia, la nullità del patto non travolge l’assegno in sé. Il documento, firmato dall’emittente, conserva il valore di una dichiarazione unilaterale con cui si riconosce un debito. Si applica quindi l’art. 1988 c.c. sulla promessa di pagamento, che inverte l’onere della prova: il creditore deve solo esibire l’assegno, mentre il debitore deve provare che il debito non è mai sorto o è stato già pagato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione conferma che l’emissione di un assegno di garanzia è una pratica estremamente rischiosa per chi lo emette.
1. Nullità del Patto: L’accordo che prevede l’uso dell’assegno come garanzia è nullo e non può essere fatto valere in giudizio. Il debitore non potrà, ad esempio, opporre al creditore le clausole specifiche di tale accordo (es. termini per l’incasso, condizioni, etc.).
2. Obbligo di Pagamento: Nonostante la nullità del patto, l’emittente rimane obbligato a pagare la somma indicata sull’assegno, che viene considerato una promessa di pagamento.
3. Onere della Prova a Carico del Debitore: È il debitore a dover fornire la prova, spesso complessa, dell’inesistenza del debito sottostante. L’assegno, anche se emesso per garanzia, diventa una prova a favore del creditore.

In conclusione, questa ordinanza serve da monito: l’assegno deve essere utilizzato esclusivamente per la sua funzione tipica di strumento di pagamento. Qualsiasi uso anomalo, come quello di garanzia, espone l’emittente a conseguenze sfavorevoli e difficilmente contestabili in sede legale.

Un assegno emesso a garanzia di un debito è valido?
L’assegno in sé non è invalido, ma non può funzionare come titolo esecutivo tipico. Esso si trasforma, o ‘degrada’, in una promessa di pagamento, che obbliga comunque l’emittente a pagare la somma indicata.

Cosa succede al patto di garanzia collegato all’assegno?
L’accordo tra le parti che destina l’assegno a una funzione di garanzia è considerato nullo. Questo perché è contrario alle norme imperative che definiscono l’assegno come uno strumento di pagamento a vista e non di credito o garanzia.

Se il patto di garanzia è nullo, chi ha emesso l’assegno deve comunque pagare?
Sì. La nullità del patto di garanzia non estingue l’obbligazione di pagamento. L’assegno, in quanto promessa di pagamento, dispensa il creditore dal dover provare l’esistenza del debito. Spetta all’emittente (debitore) dimostrare che il debito non esiste o è stato già estinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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