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Assegno ad personam: calcolo e riassorbimento dinamico

Un dipendente, assunto per scorrimento di graduatoria, ha ottenuto il riconoscimento di un assegno ad personam per equiparare il suo stipendio a quello dei vincitori di un concorso. La Cassazione ha confermato la decisione d’appello, stabilendo che il calcolo del riassorbimento di tale assegno non è fisso al momento dell’assunzione, ma deve tenere conto degli sviluppi economici successivi delle posizioni di riferimento, garantendo un’equiparazione dinamica.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno ad personam: la Cassazione stabilisce il calcolo dinamico

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale per i dipendenti pubblici assunti tramite scorrimento di graduatoria: come deve essere calcolato l’assegno ad personam riconosciuto per colmare il divario retributivo con i vincitori del concorso originario? La Corte di Cassazione ha stabilito che il calcolo del suo riassorbimento non può basarsi su un parametro fisso e cristallizzato al momento dell’assunzione, ma deve evolvere dinamicamente, tenendo conto dei successivi miglioramenti economici della posizione di riferimento. Approfondiamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti: Assunzione Posticipata e Differenze Retributive

Un lavoratore, dopo aver partecipato a un concorso pubblico nel 2000 indetto da un ente provinciale, era risultato idoneo ma non vincitore. Anni dopo, nel 2004, veniva finalmente assunto grazie allo scorrimento della graduatoria. Tuttavia, nel frattempo, era entrato in vigore un nuovo contratto collettivo regionale (C.C.R.L.) che prevedeva un inquadramento economico (B1) inferiore rispetto a quello originario del bando (corrispondente alla posizione B6), applicato invece ai vincitori assunti immediatamente.

Per tutelare i lavoratori assunti in un secondo momento, una clausola di salvaguardia del nuovo contratto prevedeva il diritto a un assegno ad personam riassorbibile, pari alla differenza tra il trattamento economico previsto dal bando e quello effettivamente percepito. Il dipendente, non avendo mai ricevuto tale assegno, si rivolgeva al giudice per ottenerne il riconoscimento e il pagamento.

La Controversia Giudiziaria: Calcolo Fisso vs. Calcolo Dinamico

Il percorso giudiziario ha visto due interpretazioni opposte:

* Il Tribunale di primo grado: Pur riconoscendo il diritto del lavoratore all’assegno, aveva respinto la domanda, ritenendo che i miglioramenti economici intervenuti negli anni successivi all’assunzione avessero già completamente riassorbito l’assegno entro il 2006.
La Corte d’Appello: Riformando la prima sentenza, aveva invece accolto la domanda del lavoratore. Secondo i giudici d’appello, il parametro per calcolare l’assegno e il suo riassorbimento non doveva essere il livello economico B6 fisso al momento dell’assunzione, ma un parametro variabile* che tenesse conto di tutti gli sviluppi economici successivi delle posizioni superiori. In pratica, per mantenere una reale parità di trattamento, il confronto andava fatto con la retribuzione che i vincitori del concorso continuavano a percepire nel tempo.

Contro questa decisione, l’ente regionale (subentrato alla provincia) ha proposto ricorso in Cassazione.

L’analisi sull’assegno ad personam della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ente pubblico, confermando la decisione della Corte d’Appello. Analizziamo i tre motivi principali del rigetto.

Sulla Successione tra Enti e Legittimazione Processuale

L’ente regionale sosteneva che l’atto di appello fosse stato notificato a un soggetto sbagliato (la provincia originaria invece che la regione subentrante). La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che il trasferimento di funzioni tra i due enti configurava una “successione a titolo particolare” e non universale. Di conseguenza, secondo l’art. 111 c.p.c., il processo prosegue tra le parti originarie, e la notifica alla provincia era quindi corretta.

Sull’Interpretazione del Contratto Collettivo Regionale

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione della clausola contrattuale sull’assegno. L’ente sosteneva che l’interpretazione della Corte d’Appello fosse errata. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: l’interpretazione dei contratti collettivi di ambito territoriale (come quelli regionali) è riservata ai giudici di merito. La Corte di legittimità può intervenire solo se viene dimostrata una violazione dei criteri legali di interpretazione (art. 1362 c.c.) o un vizio di motivazione, cosa che l’ente ricorrente non aveva fatto, limitandosi a proporre una propria lettura alternativa della norma.

Sull’Onere di Contestazione: Interpretazione Legale vs. Fatto Estintivo

Infine, l’ente lamentava che il lavoratore non avesse tempestivamente contestato la sua affermazione secondo cui l’assegno era già stato riassorbito. La Corte ha chiarito che il principio di non contestazione si applica ai “fatti” allegati dalla controparte, non alle interpretazioni giuridiche. La difesa dell’ente non consisteva nell’affermare un fatto nuovo (come un avvenuto pagamento), ma nel proporre una diversa interpretazione di come funzionasse il meccanismo di riassorbimento. Non trattandosi di un fatto estintivo del diritto, sul lavoratore non incombeva alcun onere di specifica contestazione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha confermato l’impianto logico-giuridico della Corte d’Appello. La ratio della clausola di salvaguardia era quella di garantire una parità di trattamento sostanziale e non meramente formale e temporanea. Congelare il parametro di confronto al momento dell’assunzione avrebbe tradito questo scopo, poiché i vincitori del concorso avrebbero continuato a beneficiare di progressioni economiche, ricreando nel tempo quel divario che la norma voleva eliminare. Pertanto, l’unico modo per dare un senso compiuto alla clausola era interpretarla nel senso di un confronto dinamico, che tenesse conto dell’evoluzione retributiva della posizione di riferimento. I motivi di ricorso sono stati ritenuti in parte proceduralmente inammissibili e in parte infondati nel merito, poiché basati su un’errata concezione di istituti processuali come la successione nel processo e l’onere di contestazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza stabilisce un principio di grande importanza per la tutela dei lavoratori del pubblico impiego assunti tramite scorrimento di graduatoria. L’assegno ad personam non è un mero ammortizzatore iniziale, ma uno strumento dinamico che deve garantire una parità retributiva effettiva nel tempo. Il suo riassorbimento deve essere calcolato confrontando la retribuzione del lavoratore con quella attuale della qualifica di riferimento, comprensiva di tutti i miglioramenti economici maturati nel frattempo. I datori di lavoro pubblici non possono quindi limitarsi a un calcolo statico, ma devono adottare un approccio dinamico per rispettare pienamente i diritti dei propri dipendenti.

Come va calcolato il riassorbimento di un assegno ad personam per un dipendente assunto da graduatoria?
Il riassorbimento deve essere calcolato in modo dinamico. È necessario confrontare la retribuzione complessiva del lavoratore con la retribuzione, in continua evoluzione, della posizione di riferimento, includendo tutti gli aumenti e le progressioni economiche successive, e non limitandosi al livello retributivo esistente al momento dell’assunzione.

L’interpretazione di un contratto collettivo regionale può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione?
No, non direttamente. L’interpretazione dei contratti collettivi territoriali è di competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione può intervenire solo se viene denunciata la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (es. art. 1362 c.c.) o per vizi di motivazione, ma non per proporre una semplice interpretazione alternativa.

Se il datore di lavoro afferma che un diritto è stato assorbito, il lavoratore deve sempre contestare specificamente questa affermazione?
Dipende. Se il datore di lavoro introduce un nuovo “fatto estintivo” (ad esempio, “ti ho già pagato”), il lavoratore deve contestarlo. Tuttavia, se, come nel caso in esame, il datore di lavoro si limita a fornire una diversa interpretazione giuridica del funzionamento del meccanismo di assorbimento, senza allegare nuovi fatti, il lavoratore non ha l’onere di contestare specificamente tale interpretazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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