SENTENZA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI N. 397 2025 – N. R.G. 00000147 2024 DEPOSITO MINUTA 17 10 2025 PUBBLICAZIONE 17 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI
Sezione Civile
composta dai magistrati:
NOME COGNOME Presidente
NOME COGNOME Consigliere
NOME COGNOME Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Ai sensi degli artt. 350 bis e 281 sexies c.p.c.
nella causa iscritta al numero 147 del RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2024 promossa da
(C.F.
, elettivamente domiciliata in Cagliari nella
INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. Marco Monni del Foro di Cagliari, il quale la rappresenta e difende in virtù di procura in calce all’atto d’appello
APPELLANTE
contro
(C.F.
), elettivamente domiciliato in Cagliari, Via
INDIRIZZO, presso lo Studio dell’Avv. Andrea Flore, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale del 12.02.2024 in calce al ricorso introduttivo
C.F.
C.F.
APPELLATO
All’udienza del 10/10/2025, fatte precisare le conclusioni, la causa è stata tenuta a decisione, ai sensi del disposto degli artt. 350 bis e 281 sexies c.p.c. sulle seguenti
CONCLUSIONI
NELL’INTERESSE DELL’APPELLANTE:
‘ voglia la Corte d’appello di Cagliari:
in via pregiudiziale e cautelare
A)sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata per i motivi tutti meglio dedotti nel presente atto;
in via principale e nel merito
B)accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza pronunciata nel procedimento n. 6654/2020 dal Tribunale ordinario di Cagliari, sezione civile, n. 836 pubblicata il 19 marzo 2024 e notificata il 25 marzo 2024, accogliere tutte le conclusioni avanzate nel giudizio di primo grado e per l’effetto rigettare le domande dell’attore in primo grado ovvero disporre, previa dichiarazione di litispendenza, la cancellazione della causa dal ruolo;
C)in ogni caso con vittoria di spese ‘.
NELL’INTERESSE DELL’APPELLATO:
‘ Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, respinta ogni contraria istanza, in via preliminare e/o pregiudiziale dichiarare inammissibile e/o improponibile il ricorso proposto
per i motivi dedotti nonché dichiara inammissibile e/o improponibile per i motivi dedotti l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado.
In via principale e nel merito rigettare l’appello proposto per i motivi dedotti e confermare integralmente la sentenza di primo grado impugnata con condanna dell’appellante al risarcimento dei danni in favore del Sig. ex art. 96 cpc.
In ogni caso condannare l’appellante al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, confermate quelle del primo grado.
Si dichiara che il valore della causa è il medesimo dichiarato dall’appellante nell’atto di appello e da questa assolto’.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 26.10.2020 convenne in giudizio la figlia deducendo che:
–
con sentenza n. 2298/2013, pubblicata il 16/07/2013, il Tribunale di Cagliari aveva dichiarato la separazione giudiziale tra esso attore e la signora ed aveva assegnato a quest’ultima la casa coniugale di proprietà esclusiva del perché vi coabitasse con i due figli maggiorenni non autosufficienti e ;
-il 26.11.2017 era deceduta la quale a tale data conviveva nell’immobile predetto con la sola figlia in quanto il figlio si era trasferito in altra regione già da diversi anni;
-dopo la morte della moglie il ricorrente -che aveva dovuto abbandonare la propria abitazione in occasione dalla emissione dei provvedimenti provvisori di cui all’ordinanza Presidenziale del 28.07.2010 aveva quindi richiesto alla
figlia di poter fare rientro nell’appartamento, occupato dalla medesima in via esclusiva e senza alcun titolo, essendo egli impossibilitato economicamente a reperire altra abitazione (lo stesso, infatti, allo stato dimorava in Cagliari, INDIRIZZO, nella casa della defunta madre, ereditata insieme ai due fratelli e già oggetto di vendita preliminare, fatiscente e necessitante di opere di ristrutturazione per eseguire le quali i comproprietari gliene avevano sollecitato l’abbandono);
-la stessa resistente, inoltre, non aveva ottemperato in alcun modo al pagamento degli oneri condominiali di natura ordinaria, né alle imposizioni fiscali a carico dell’inquilino.
si costituì per resistere alle altrui pretese, eccependo:
-che era pendente davanti al Tribunale di Cagliari altro procedimento, iscritto al n.NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto il mantenimento a carico del in favore della figlia non autosufficiente nel cui ambito quest’ultima aveva chiesto anche la conferma del provvedimento di assegnazione della casa in esame, di cui il padre aveva chiesto, invece, la revoca; sussisteva pertanto, in sostanza, identità di petitum e causa petendi tra i due giudizi pendenti tra le stesse parti, con conseguente applicabilità dell’art.39 cpc;
–
che non sarebbe stato rispondente al vero che deteneva senza titolo l’immobile descritto in ricorso, trattandosi di affermazione quantomeno bizzarra, giacché la stessa ci viveva fin dalla nascita.
Secondo la convenuta sarebbe stato, poi, pacifico che il provvedimento di assegnazione della casa familiare non fosse venuto meno alla morte di uno dei coniugi, giacché tale provvedimento viene adottato ai sensi dell’art.337sexies cc ‘tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli’, cosicché, essendo l’esponente ancora non autosufficiente e ciò proprio a causa del comportamento del che si era rifiutato di pagarle le tasse universitarie costringendola a rallentare il suo
percorso di studi -, il suo interesse si sarebbe dovuto ritenere prevalente su quello del proprietario dell’immobile, in quanto sull’abitazione gravava un vero e proprio vincolo di destinazione.
Nel corso della suddetta causa, con ricorso ex art.700 cpc depositato il 22.4.2021 chiese che il Tribunale ordinasse alla figlia l’immediato rilascio dell’immobile di cui all’atto introduttivo, ovvero di consentirgli il libero accesso e godimento dello stesso, e, comunque che disponesse ogni altro provvedimento d’urgenza che apparisse, secondo le circostanze, più idoneo ad eliminare il pregiudizio subito e subendo.
A sostegno di tali domande, richiamato il contenuto del ricorso, dedusse ulteriormente:
-che il 4.3.2021 il sig. acquirente dell’immobile in cui era ospitato il ricorrente (in Cagliari, INDIRIZZO) ed in attesa di entrarne in possesso per iniziare le opere di ristrutturazione, lo aveva diffidato a lasciare libero tale immobile entro e non oltre il 30 aprile 2021;
-di non avere alcuna possibilità economica di reperire un alloggio diverso da quello di sua proprietà, illegittimamente occupato dalla resistente senza alcun valido titolo, col rischio di subire l’azione giudiziaria del , come confermato da missiva in data 20.04.2021 del suo legale;
-la resistente, inoltre, non consentiva da anni la verifica dello stato dell’immobile, impedendo a chiunque di accedervi, mentre l’amministratore condominiale aveva sollecitato più volte il ricorrente a fare tale verifica, posto che alcuni condomini avevano lamentato la presenza di crepe nei muri portanti.
costituitasi anche nel procedimento cautelare, chiese il rigetto del ricorso reiterando le eccezioni e difese formulate nella fase di merito e soggiungendo che le allegazioni e le produzioni di controparte sarebbero state inverosimili e inconferenti.
Pagina 5 Il subprocedimento venne definito con ordinanza del 15.9.2021, con la quale venne rigettato il ricorso ex art.700 cpc proposto da e la domanda di condanna ex art.96 c.p.c. proposta dalla resistente e rimessa la decisione sulle spese alla sentenza di merito.
La suddetta decisione (per quanto qui rileva) venne così motivata:
-le eccezioni di inammissibilità formulate dalla resistente vennero rigettate, atteso che: nessuna litispendenza si sarebbe potuta configurare tra il presente procedimento e quello indicato da (trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione incardinato presso questo stesso Tribunale); nessuna astratta incompatibilità si sarebbe potuta ritenere sussistente tra il procedimento ex art.702 bis cpc (che, peraltro, nel caso era stato già mutato in rito ordinario) e la richiesta di tutela d’urgenza ex art.700 cpc;
-il ricorso, astrattamente ammissibile, venne ritenuto infondato: a prescindere dal ‘fumus boni iuris’, infatti, mancava sicuramente nel caso di specie il requisito del ‘periculum in mora’, posto che il danno paventato dal ricorrente (che non aveva tra l’altro provato né la necessità di urgenti interventi di ristrutturazione del suo immobile, né l’allegata morosità della resistente) aveva natura meramente patrimoniale e sarebbe stato pertanto integralmente risarcibile con la definizione della causa di merito, nella quale aveva infatti chiesto anche il risarcimento dei danni patrimoniali (ciò avrebbe escluso la irreparabilità necessaria ad integrare il requisito in esame).
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La causa di merito, istruita con produzioni documentali, venne decisa dal Tribunale di Cagliari con sentenza n. 836/2024, pubblicata in data 20/03/2024, nei seguenti termini: ‘ accerta e dichiara che detiene senza titolo l’appartamento in INDIRIZZO INDIRIZZO, distinto al NCEU di Cagliari al Foglio 12, Part.231, sub.32 e, per l’effetto, la condanna: a) al rilascio del medesimo immobile in favore del ricorrente proprietario ; b) al
pagamento in favore dello stesso ricorrente della somma di € 19.500,00, oltre interessi al tasso legale sugli importi e dalle scadenze come indicati in motivazione, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali causati da tale occupazione;
compensa nella misura di ¼ le spese di lite e condanna alla rifusione dei restanti ¾, che si liquidano in € 5.200,00 per compensi professionali oltre spese generali, IVA e accessori di legge -e in € 286,00 per esborsi ‘.
Si riporta, in sintesi, l’iter logico giuridico posto a fondamento della decisione.
Confermato, preliminarmente, il rigetto dell’eccezione formulata dalla convenuta, atteso che tra il procedimento in oggetto e quello di volontaria giurisdizione non fosse nemmeno astrattamente configurabile un rapporto di litispendenza e/o continenza, il Tribunale ha ritenuto, nel merito, le domande attoree di accertamento dell’occupazione illegittima e di rilascio dell’immobile fondate ed integralmente accoglibili: rilevato, infatti, che a) la documentazione agli atti, non contestata dalla convenuta né nella sua autenticità né nella sua rilevanza probatoria, dimostrasse l’allegata proprietà esclusiva del ricorrente sull’immobile; b) l’attuale detenzione dell’immobile da parte della convenuta fosse pacifico; c) altrettanto provata dovesse ritenersi l’assenza di titoli astrattamente idonei a legittimare nel permanere in tale detenzione, nonostante la contraria volontà manifestata dal proprietario, il Giudice ha accertato che la convenuta dovesse essere condannata al rilascio dell’immobile in favore del ricorrente proprietario.
Quanto alla domanda formulata al fine di ottenere il risarcimento dei danni da occupazione illegittima, il Tribunale ha osservato che fosse incontestabile, anche in accordo con la giurisprudenza di legittimità più diffusa, che avesse diritto alla ristorazione del danno patrimoniale derivato dalla mancata possibilità di utilizzare l’immobile o cederlo a terzi a
titolo oneroso: tuttavia, in assenza di specifici elementi sullo stato manutentivo dell’immobile, sulla sua vetustà, ecc., il Giudice ha proceduto ad una valutazione equitativa del danno, liquidandolo sulla base di una cifra minima del valore locatizio mensile del bene, stabilita in € 300,00.
In ragione della pacifica occupazione da parte della figlia nel periodo dal 22.10.2018 (data della diffida a consentire il rientro del nell’immobile) sino alla data della decisione, è stato, quindi, riconosciuto al ricorrente il diritto di ottenere un risarcimento dei danni pari alla somma capitale di € 19.500,00 (comprensiva di 65 mensilità), oltre interessi al tasso legale dalla data delle singole scadenze mensili (1° di ogni mese) sino al saldo.
Le spese di lite sono state compensate nella misura di ¼ e la rimanente parte è stata posta a carico della convenuta soccombente.
Avverso la sentenza ha proposto appello al fine di ottenere, in sua riforma, quanto domandato nelle conclusioni trascritte in epigrafe.
Si è costituito in giudizio resistendo all’appello e domandandone il rigetto. All’udienza del 01/10/2024 l’avvocato di parte appellante ha fatto presente che l’immobile fosse stato rilasciato da e che, conseguentemente, intendesse rinunciare all’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado.
Pagina 8 Con primo motivo di gravame censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha rigettato l’eccezione di litispendenza ai sensi dell’art. 39 c.p.c., ‘ limitandosi a osservare che ‘i provvedimenti che definiscono i procedimenti di volontaria giurisdizione non possono mai acquistare alcuna efficacia di giudicato, né incidere sui diritti delle parti ‘: evidenzia, sul punto, parte appellante di non aver mai, nel giudizio a quo , contestato la proprietà dell’immobile in capo al padre, ma di essersi limitata a far presente di aver già investito il Tribunale sulla
questione dell’assegnazione della casa familiare e, quindi, sul suo diritto a vivere presso la stessa. A detta dell’appellante, il Giudice di primo grado sarebbe, quindi, incorso in una ‘ manifesta violazione dell’art. 39 c.p.c. che, se correttamente applicato, avrebbe comportato la cancellazione della causa dal ruolo ‘.
Il motivo è manifestamente infondato e deve essere rigettato per le ragioni che seguono.
È opportuno premettere che, com’è noto, la litispendenza presuppone la contemporanea pendenza di cause identiche per parti, petitum e causa petendi , avanti a Giudici diversi, ma di pari grado del medesimo plesso giurisdizionale, assumendo all’uopo rilievo la situazione processuale, anche sopravvenuta, rispetto all’introduzione dei giudizi per come sussistente al momento della decisione ( ex multis , Cass. Civ. n. 4818/2024). Lo scopo dell’istituto è, quindi, quello di far rispettare il ne bis in idem e impedire il contrasto pratico di giudicati, al fine di impedire che uno stesso rapporto giuridico riceva una difforme regolamentazione in sede giudiziale contenziosa.
Ebbene, nella fattispecie in esame ha agito in sede di volontaria giurisdizione (v.g. 4627/2018) al fine di vedersi riconosciuto l’aumento dell’assegno di mantenimento a carico del padre , il quale, in via riconvenzionale, ha domandato la revoca del provvedimento di assegnazione della casa familiare in ragione del decesso dell’ex coniuge; in questa sede (contenziosa), invece, ha agito in giudizio nei confronti della figlia al fine di ottenere il rilascio dell’immobile illegittimamente occupato e il conseguente risarcimento dei danni: appare di tutta evidenza che, in applicazione degli insegnamenti sopra richiamati, debba escludersi la possibilità di rinvenire, nel caso in oggetto, una contemporanea pendenza di cause identiche per petitum e causa petendi . A ciò deve aggiungersi che l’istituto della litispendenza appare del tutto incompatibile con i procedimenti di volontaria giurisdizione, i quali, per loro natura, sono destinati a concludersi con un provvedimento non contenzioso, preordinato all’esigenza prioritaria della tutela di interessi privati: come evidenziato dal Giudice di primo grado, infatti, i provvedimenti emanati in sede di volontaria giurisdizione, ancorché emanati a seguito di reclamo, sono sempre revocabili e modificabili, e, pertanto, inidonei ad assumere carattere di definitività ed efficacia di
giudicato, quand’anche relativi a materia che potrebbe formare oggetto di ordinario giudizio di cognizione.
Fermi tali principi e confermata, conseguentemente, la decisione assunta in primo grado, deve rilevarsi, per mera completezza, che con il provvedimento assunto in sede di volontaria giurisdizione (n. cronol. 1329/2023 del 06/09/2023, cfr. fascicolo di primo grado) il Tribunale non ha affatto disposto che avesse il diritto di continuare ad abitare presso la casa familiare precedentemente assegnata alla madre (non essendo, infatti, quella la sede preposta), ma ha solamente rigettato la domanda riconvenzionale avanzata da di revoca del provvedimento di assegnazione dell’abitazione ex coniugale, così motivando ‘ A seguito della morte dell’assegnataria non può ritenersi vigente l’assegnazione stessa in capo ad alcun soggetto, e, eventualmente, la ricorrente ha la facoltà di permanervi in accordo con il padre. Pertanto anche la domanda di revoca dell’assegnazione dell’abitazione coniugale, formulata dal resistente deve essere rigettata non potendosi ritenere sussistente allo stato e per i motivi esposti un assegnatario della stessa ‘. Nel caso in esame, conseguentemente, non sembra che nemmeno potesse sussistere un concreto interesse, da parte dell’appellante, ad ottenere in primo grado una pronuncia sulla litispendenza e ad ottenere, in questa sede, una riforma della decisione sul punto.
Con secondo motivo d’appello censura il provvedimento di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha accolto, nel merito, le domande attoree, omettendo totalmente la valutazione della principale eccezione sollevata e, in ogni caso, non considerando, ai fini del diritto della a occupare l’immobile, la circostanza che lo stesso fosse stato assegnato, quale casa familiare, alla madre affinché convivesse con i figli. Sostiene, infatti, l’appellante che il Giudice avrebbe dovuto valutare il perdurare dei presupposti per l’assegnazione della casa familiare e, eventualmente, disporre in senso diverso. Da ultimo, suggerisce che in ragione dell’auspicata infondatezza della domanda principale proposta da controparte e della conseguente legittimità ad aver abitato presso l’immobile (rilasciato il 5 luglio 2024), dovrebbe ritenersi
altrettanto errato l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno, quantificato equitativamente in € 300 mensili: l’appellante sostiene, infatti, di aver raggiunto solo da poco l’indipendenza economica e che, in ogni caso, tale circostanza non eliminerebbe retroattivamente la legittimità della sua permanenza nell’immobile fino al momento del rilascio forzato, permanenza fondata sul valido titolo costituito dal provvedimento di assegnazione.
Anche il secondo motivo appare infondato e deve essere rigettato.
Preliminarmente, appare doveroso precisare che è pacifico che in data 5 luglio 2024 abbia rilasciato l’immobile e, conseguentemente, non abbia più interesse ad abitarci e a ottenere una riforma della pronuncia di primo guardo sul punto.
Rimane, pertanto, da esaminare la sola censura relativa all’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da occupazione sine titulo formulata da in primo grado, censura fondata sul presupposto -suggerito da parte appellante -che la sua permanenza presso l’abitazione fosse giustificata dal valido titolo costituito dal provvedimento di assegnazione.
Sul punto, occorre premettere che l’assegnazione della casa, pur rispondendo ad esigenze personali dei figli, rappresenta uno speciale diritto di godimento attribuito al genitore; tale specialità è desumibile, per esempio, dalla stessa trascrivibilità dell’assegnazione e comunque dall’opponibilità a terzi acquirenti o aventi causa iure successionis , tanto è vero che essa perdura pure quando cessi l’obbligo di mantenimento dei figli, a seguito della morte del coniuge onerato non assegnatario (Cass. Civ. n. 772/2018). Da quanto sopra discende che non è ammissibile la cessione della titolarità del diritto in questione quando il soggetto assegnatario lo perda per uno degli eventi indicati dall’art. 337 sexies c.c. (tra i quali risulta, necessariamente, anche il decesso), cosicché il figlio, beneficiario di fatto dell’assegnazione, non ha alcun titolo per continuare ad abitare iure proprio , in caso di cessazione dell’assegnazione (sul punto, si veda Cass. Civ. n. 14727/2015 che, nel respingere la domanda di una figlia maggiorenne che chiedeva di poter continuare ad abitare nella casa del padre, dopo che la madre se ne era allontanata, aggiunge che, caso mai, la figlia avrebbe potuto richiedere un’integrazione del contributo al mantenimento al padre, per far fronte
alle sopravvenute necessità abitative). Conseguenza inevitabile di quanto evidenziato è che la permanenza del figlio nella casa familiare a seguito di cessazione dell’assegnazione e contro il volere del proprietario integra, a tutti gli effetti, gli estremi di un’occupazione senza titolo e del correlato diritto del proprietario di ottenere il risarcimento del danno.
In particolare, deve osservarsi che nella fattispecie di cui ci si occupa l’appellante si sia limitata a insistere sulla legittimità della sua permanenza (ora cessata e, come si è visto, infondata), senza, tuttavia, censurare dettagliatamente e in maniera approfondita la statuizione di accoglimento della domanda di risarcimento dei danni patrimoniali (ad esempio in punto di prova del pregiudizio): il solo assunto di aver raggiunto da poco l’indipendenza economica in alcun modo, difatti, può rilevare allo scopo di dimostrare l’insussistenza dei presupposti della domanda di risarcimento del danno avanzata da controparte. A tal proposito, in disparte il rilievo per cui il padre aveva inizialmente domandato di poter nuovamente entrare nel possesso dell’immobile senza escludere che la figlia continuasse ad abitarvi, la avrebbe potuto o potrebbe attivare differenti mezzi di tutela, ove ne ricorrano i presupposti.
Le argomentazioni che precedono consentono di ritenere, conseguentemente, infondato l’appello e di confermare interamente la sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate, secondo i parametri del D.M. 147/2022 e succ. mod., applicando i valori minimi, data la peculiarità della vicenda, per la fase introduttiva, di studio e decisionale (esclusa la fase istruttoria, non tenutasi) sullo scaglione di valore compreso tra € 5.201,00 ed € 26.000,00.
Sussistono, inoltre, i presupposti previsti dall’art. 13 DPR 115/2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, L. n 228/2012, per il pagamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
La Corte d’Appello, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, definitivamente decidendo:
1)
rigetta l’appello proposto da avverso la sentenza n. 836/2024 del Tribunale di Cagliari;
condanna al pagamento, in favore di delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in € 1.984,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfettarie e accessori di legge;
dichiara che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13 DPR 115/2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, L. n 228/2012 per il pagamento, da parte di dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Cagliari, il 14.10. 2025
Il Cons. estensore
Dott.ssa NOME COGNOMENOME COGNOME
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME