SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 1325 2025 – N. R.G. 00000286 2024 DEPOSITO MINUTA 31 10 2025 PUBBLICAZIONE 31 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dai seguenti Magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, Presidente;
dr. NOME COGNOME, Consigliere;
dr. NOME COGNOME, Consigliere rel.;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di secondo grado iscritta al n.NUMERO_DOCUMENTO del RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, promossa
DA
(c.f. ), rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale alle liti, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME; C.F.
appellante
CONTRO
(c.f. liti, dall’AVV_NOTAIO; C.F.
, rappresenta difesa, in virtù di procura speciale alle appellata
avente ad oggetto : azione di arricchimento senza causa;
conclusioni :
appellante
: ‘ Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita, riformare l’impugnata sentenza di primo grado del Tribunale di Pesaro in epigrafe indicata perché infondata in fatto e diritto e, conseguenzialmente accogliere l’appello proposto, e per l’effetto accogliere le conclusioni rassegnate in primo grado e, più specificatamente: accertare e dichiarare tenuta la sig.ra alla restituzione al sig. della somma complessiva pari ad €
38.946,28, di cui € 24.309,23 per la quota parte di mutuo, € 3.600,00 per l’acquisto dell’autovettura, € 1.453,05 per l’acquisto della lavatrice e della macchina fotografica, ed € 9.584,00 per l’acquisto dei mobili della casa; con vittoria di spese e competenze di lite, oltre ad oneri di legge, successive occorrende e diritti maturandi ‘;
appellata : ‘Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis rejectis, e per tutti i motivi, in fatto e diritto, di cui in narrativa (qui richiamati e da aversi per trascritti), previo mutamento del rito e fissazione dell’udienza ex. art. 183 c.p.c. (necessitando la domanda di istruttoria articolata, non compatibile con il rito sommario ex adverso azionato): rigettare integralmente tutte le avverse pretese, nessuna esclusa (sia principali che subordinate), così come avanzate verso la sig.ra , in quanto del tutto infondate in fatto ed in diritto per le ragioni esposte in narrativa, qui richiamate, e comunque, in denegato subordine, in quanto prescritte; in subordine, nella denegata residuale e non creduta ipotesi che il Giudice dovesse ritenere fondate (anche solo parzialmente) le domande così come formulate da controparte, fermo l’accertamento della intervenuta prescrizione come eccepita in narrativa, compensare le poste creditorie eventualmente accertate con il credito in capo alla sig.ra come risulterà accertato all’esito del presente giudizio e specificatamente: A- dalle spese documentate e allegate con il presente giudizio (doc. da 4 a 8) o quelle che risulterRAGIONE_SOCIALE da istruttoria;
B- con il valore del lavoro domestico svolto dalla stessa per tutta la convivenza (anni 2007-2018) quantificato in via equitativa (in misura mensile) in euro 500 euro al mese per un totale di € 66.000,00; condannare il ricorrente ex art. 96 cpc per lite temeraria nella misura che il Giudice riterrà equa e di giustizia. Il tutto con vittoria di spese, funzioni ed onorari di causa ‘;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Lo svolgimento del giudizio di primo grado è adeguatamente delineato nell’atto di appello, nella comparsa di risposta e nella sentenza impugnata, cui si rinvia e che ivi si abbiano per integralmente richiamati, dai quali, peraltro, emerge compiutamente il thema decidendum , così come appunto consolidatosi nel corso del giudizio.
Appare, pertanto, superfluo indugiare nella ricapitolazione RAGIONE_SOCIALE accadimenti processuali e delle correlate deduzioni difensive svolte dalle parti e, di contro, risulta più proficuo procedere
all’immediata delibazione dell’unico motivo di impugnazione, che compendia plurime questione correlate ed immune da profilli di inammissibilità, cui è affidato il tempestivo appello.
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I. Con l’unico motivo, articolato in più profili, la difesa appellante lamenta che il Tribunale di Pesaro è giunto al rigetto della domanda all’esito di errata interpretazione della norma di al terzo comma dell’art. 143 c.c. ed all’esito di errato scrutinio critico del materiale probatorio.
Il motivo è infondato.
ha agito nei confronti dell’ex convivente more uxorio con l’azione di arricchimento senza causa.
Tale convincimento è sostenuto dall’esame dell’atto introduttivo del giudizio ove, nella parte destinata all’esposizione RAGIONE_SOCIALE elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, si legge quanto segue: ‘ l’azione RAGIONE_SOCIALE di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a dRAGIONE_SOCIALE di un altro che sia avvenuta senza giusta causa. È possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento anche nel caso di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro, in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza . In particolare, costante giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che il convivente che ha effettuato la prestazione e vuole richiederne la restituzione può farlo benissimo, esperendo l’azione c.d. di arricchimento ingiustificato, ex art. 2041 c.c. … La Suprema Corte, con la sentenza n. 4659/2019, seguendo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, ha ribadito la configurabilità dell’ingiustificato arricchimento di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo, esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza e travalicanti i limiti di proporzionalità ed adeguatezza (Cass. n. 14732/2018; 1277/2014; 11330/2009). L’art. 2041 c.c. costituisce una norma di chiusura della disciplina delle obbligazioni, diretta a conferire uno strumento di tutela ogni qualvolta si verifichi uno spostamento patrimoniale tra due soggetti (utiliter versum), per cui uno subisca un dRAGIONE_SOCIALE e l’altro si arricchisca ‘senza giusta causa’. La mancanza di una giusta causa non consiste solo
nella assenza di una ragione atta a giustificare la locupletazione dell’arricchito, ma anche nella carenza di una ragione che legittimi quest’ultimo a trattenere quanto ricevuto. L’espressione ‘senza giusta causa’, di cui all’art. 2041 c.c., individua tutte le ipotesi di arricchimento/depauperamento prive di una giustificazione secundum ius, fondata su un titolo legale o negoziale idoneo a sorreggere tanto l’incremento patrimoniale dell’arricchito quanto il corrispettivo decremento patrimoniale del depauperato. L’arricchimento risulta, quindi ‘senza giusta causa’ se corrisponde ad un impoverimento non remunerato ovvero non conseguente ad un atto di liberalità, né ad una obbligazione naturale; e ciò perché l’ordinamento esige che ogni arricchimento dipenda dalla realizzazione di un interesse meritevole di tutela . Nel caso di specie, il mero riferimento ad esigenze di tipo morale o solidaristico (contribuzione alle esigenze della famiglia) non è sufficiente a prefigurare una giusta causa dello spostamento patrimoniale. Ai sensi dell’art. 2034, comma 1°, c.c., affinché sussista un’obbliga-zione naturale (e, pertanto, non ripetibile), occorre dimostrare non soltanto l’esistenza di un dovere morale e sociale, ma anche che il dovere suddetto sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione avente carattere di proporzionalità e adeguatezza in relazione a tutte le circostanze del caso (Cass., n. 1007/1980). Ciò detto, le prestazioni rese dai conviventi costituiscono obbligazioni naturali soltanto se trovano giustificazione nel rapporto di convivenza, ovvero se si tratti di prestazioni rese nell’adempimento di doveri di carattere morale e civile di solidarietà e di reciproca assistenza che, avuto riguardo alle condizioni sociali e patrimoniali delle parti, devono presiedere alla famiglia di fatto. Sotto un profilo logico-giuridico non può, quindi, sostenersi un’inconciliabilità a priori tra la convivenza more uxorio e l’azione di arricchimento senza giusta causa: quando le prestazioni rese da un convivente si convertono in un vantaggio (totale o parziale) dell’altro, esorbitando i limiti di proporzionalità ed adeguatezza, è possibile configurare un’operazione economico-patrimoniale, diversa dall’adempimento di un’obbligazione naturale, implicante un ingiustificato arricchimento di un convivente a scapito dell’altro … La configurabilità dell’ingiustificato arricchimento in materia di acquisto immobiliare da parte dei conviventi pagato esclusivamente con denaro di uno solo è ormai unanimemente affermata dalla giurisprudenza di legittimità che, nelle plurime occasioni in cui si è espressa sul punto, ha chiaramente affermato che tali esborsi non posso ricondursi alla
categoria delle obbligazioni naturali in quanto non possono ontologicamente configurare l’adempimento a quei doveri di solidarietà ed assistenza reciproca che discendono dall’instaurazione di una convivenza more uxorio (v. ex multis Cass. Civ. n. 11330/2009; Cass. Civ. n. 18632/2015). Quanto all’acquisto di beni mobili da parte di uno soltanto dei conviventi, è determinante la sentenza della Corte di Cassazione datata 30.11.2011, n. 25554, la quale, oltre a ribadire i concetti sopra delineati, riconosce la proponibilità, da parte del convivente che ha versato delle somme per l’acquisto di detti beni, dell’azione di arricchimento ingiustificato ‘. Altresì, nella prima memoria di cui al sesto comma dell’art. 183 c.p.c. si legge quanto segue: ‘ parliamo di indebito arricchimento della in dRAGIONE_SOCIALE all’ex compagno , determinato dall’acquisto della proprietà dell’immobile adibito ad abitazione familiare, in ragione del 50%, nonché RAGIONE_SOCIALE arredi della suddetta abitazione dall’acquisto in proprietà esclusiva di un’autovettura, e di beni personali, tutti nella piena ed esclusiva disponibilità della benché acquistati con denari propri del ricorrente. Ai sensi dell’art. 2041 c.c. chi, senza una giusta causa, si è arricchito a dRAGIONE_SOCIALE di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Tale norma, come noto, si applica in tutte le ipotesi in cui lo spostamento patrimoniale sia privo di giustificazione ab origine, per mancanza di qualsivoglia titolo legale o negoziale, così come allorquando si verifica la successiva carenza in capo all’arricchito di una qualsivoglia causa legittimante la trattenuta di quanto ricevuto. L’azione di ingiustificato arricchimento trova applicazione anche nell’ambito familiare, ed in particolare, nelle ipotesi di cessazione di una convivenza more uxorio, in relazione a tutte quelle contribuzioni economiche, sostenute solo da uno dei conviventi ma che avvantaggiano anche l’altro, se queste esulano e superano le ordinarie necessità di sostentamento della famiglia, e non risultano proporzionate al patrimonio del convivente che le ha sostenute ed al tenore di vita complessivo della famiglia, e quindi tali da escludere l’adempimento di un’obbligazione naturale ‘.
Anche il Tribunale di Pesaro, come emerge dall’esame della motivazione della sentenza impugnata, si è pronunciato su una azione di arricchimento senza causa (e la delimitazione della domanda così come compiuta dal primo giudice non è stata oggetto di gravame), rigettando poi la pretesa creditoria in ragione del convincimento che la norma di cui al terzo comma dell’art.
143 c.c. debba essere applicata anche alla convivenza more uxorio e che, nel caso di specie, abbia contribuito ai bisogni della famiglia con i propri redditi e con il lavoro casalingo, senza conseguire alcun arricchimento in dRAGIONE_SOCIALE dell’ex compagno.
Così delimitato il thema decidendum , occorre osservare che l’azione di arricchimento senza causa è connotata dal predicato della sussidiarietà, giusto l’univoco disposto normativo di cui all’art. 2042 c.c., sicchè essa non può essere utilmente esperita ogniqualvolta l’impoverito abbia a disposizione (sul piano astratto e senza che rilevino concrete ragioni preclusive, come la prescrizione, la decadenza, carenza probatorie) un rimedio tipico.
In altri e più compiuti termini, ‘ l’azione RAGIONE_SOCIALE di arricchimento ingiustificato ha natura complementare e sussidiaria, potendo essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito, talché si differenzia da ogni altra azione sia per presupposti che per limiti oggettivi ed integra un’azione autonoma per diversità di “petitum” e “causa petendi” rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale o di altro genere. La specificità del titolo di detta azione esclude che essa possa ritenersi proposta per implicito in una domanda fondata su altro titolo (così, Sentenza della Corte di Cassazione n. 4365 del 25/03/2003; in tal senso, anche Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 33954 del 05/12/2023)’.
Tanto chiarito, emerge l’infondatezza dell’azione di arricchimento senza causa formulata da (anche) per carenza del requisito della sussidiarietà.
In ordine alla somma di euro 24.309,23, pari all’ammontare della metà delle rate del mutuo asseritamente corrisposte dal solo sebbene il mutuo sia stato stipulato da entrambi i conviventi per l’acquisto dell’abitazione adibita a casa familiare, vi è che, in carenza di diversa pattuizione, i mutuatari, obbligati in solido nei confronti della banca mutuante, rispondo in parti uguali nel rapporto interno, giusto il disposto di cui al secondo comma dell’art. 1298 c.c.
Ne consegue che l’appellante, lungi dall’azionare il rimedio residuale di cui all’art. 2041 c.c., avrebbe dovuto agire in regresso ai sensi dell’art. 1299 c.c.
Per quanto concerne la somma di euro 3.600,00, vi è che nell’atto introduttivo del giudizio si legge quanto segue: ‘ il sig. ha inoltre concesso alla sig.ra un prestito per
l’acquisto dell’autovettura Combo a lei intestata, per la somma pari ad euro 3.600,00, e che a tutt’oggi detta somma non è stata restituita ‘.
, lungi dall’agire ai sensi dell’art. 2041 c.c., avrebbe dovuto proporre, pertanto, formulare azione di adempimento del contratto di mutuo.
Al di là del rilievo dirimente di quanto testè osservato, vi è, peraltro, che l’assunto circa l’avvenuta stipulazione del contratto di mutuo non riceve adeguato sostegno probatorio.
Dall’esame del documento n. 12, emerge che l’autovettura ‘Opel Combo’ fu originariamente acquistata da con scrittura privata del 29.9.2015 e che, in adempimento del contratto di vendita, l’appellante ebbe a corrispondere a tale (verosimilmente il venditore) la somma di euro 3.600,00 tramite assegno bancario.
In ordine all’importo complessivo di euro 11.037,05, di cui euro 9.584,00 per l’acquisto del mobilio della casa familiare ed euro 1.453,05 per l’acquisto di una lavatrice e di una macchina fotografica (dalla documentazione prodotta non emerge il prezzo della sola lavatrice ed il prezzo della sola macchina fotografica), vi è che nessun elemento probatorio supporta l’assunto, necessariamente sotteso implicitamente alla prospettazione difensiva sviluppata dall’appellante, secondo cui tali beni siano stati destinati ad integrare il patrimonio esclusivo di . Ciò è di per sé sufficiente ad escludere che quest’ultima abbia conseguito un arricchimento ingiustificato con correlato pregiudizio dell’ex compagno.
Peraltro, in ragione della natura dei beni e dell’epoca del loro acquisto, deve ritenersi che abbia comprato i mobili, la lavatrice e la macchina fotografica per dotare l’abitazione familiare, ove ha vissuto con la compagna ed i figli nati nel 2008 e nel 2011, del corredo necessario.
Vi è, pertanto, che tali acquisti sono stati compiuti in esecuzione dell’obbligo di mantenimento contemplato dal primo comma della norma di cui all’art. 316 bis c.c.
Nell’ipotesi in cui avesse provveduto in via esclusiva al mantenimento dei figli minori, surrogandosi così anche nel parallelo obbligo della madre inadempiente ed avente capacità reddituali (è inadempiente il coniuge che non partecipa nemmeno con il lavoro casalingo, circostanza che non ricorre nel caso di specie), del pari avrebbe dovuto agire in via di regresso
nei confronti di , ovviamente non per l’intero ma nei limiti della quota di mantenimento gravante su quest’ultima.
In altri e più compiuti termini, ‘ in tema di spese di mantenimento dei minori, la domanda di rimborso delle somme anticipate in via esclusiva da uno dei genitori ha natura di azione di regresso fra condebitori solidali ex art. 1299 c.c., sulla base delle regole dettate dagli artt. 148 e 261 c.c., oggi art. 316 bis c.c. (così, Ordinanza della Corte di Cassazione n. 15098 del 30/05/2023)’.
L’infondatezza dell’unico motivo conduce al rigetto dell’appello e alla conferma della sentenza impugnata.
Deve escludersi, tuttavia, che abbia agito con dolo o colpa grave, elementi ulteriori rispetto al dato della soccombenza e che non si ravvisano nel caso di specie.
Occorre rigettare, pertanto, la domanda di risarcimento del dRAGIONE_SOCIALE formulata da ai sensi del primo comma dell’art. 96 c.p.c.
III. La regolamentazione delle spese del grado deve avvenire alla luce della soccombenza (o, comunque, della maggior soccombenza) attesa la carenza di circostanze idonee a giustificare ipotesi di compensazione totale o parziale.
La difesa appellata ha svolto attività difensiva nelle fasi studio, introduttiva e decisionale.
In ragione dell’impegno profuso e resosi necessario, occorre attenersi ai valori medi per la fase studio e le fase introduttiva nonché ai valori minimi per la fase decisionale, esauritasi nella reiterazione RAGIONE_SOCIALE argomenti difensivi già prospettati nella comparsa di risposta.
L’esito dell’appello evidenzia di per sé la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Ancona, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda ed eccezione assorbita o rigettata, così decide:
rigetta l’appello e conferma integralmente la sentenza impugnata;
condanna all’immediato pagamento, in favore di , delle spese del grado, che si liquidano in euro 5.211,00 per compenso, oltre rimborso forfetario in misura massima, c.p.a. ed IVA;
dà atto della sussistenza, nei confronti di parte appellante, dei presupposti contemplati dall’art.13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002.
Ancona, 30.10.2025
Il Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME
Il Consigliere est.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME