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Arricchimento senza causa: quando non è esperibile

La Corte d’Appello di Ancona ha respinto la richiesta di un ex convivente basata sull’azione di arricchimento senza causa. La Corte ha stabilito che tale azione non è ammissibile quando esistono altri rimedi legali specifici per recuperare le somme versate, come l’azione di regresso per le rate del mutuo cointestato o l’azione di adempimento per un prestito. La decisione sottolinea il carattere sussidiario dell’azione di arricchimento, che può essere utilizzata solo come ultima risorsa.

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Arricchimento Senza Causa: la Corte d’Appello chiarisce quando non si applica tra ex conviventi

La fine di una convivenza porta spesso con sé questioni patrimoniali complesse. Cosa succede quando uno dei due partner ritiene di aver contribuito economicamente in modo sproporzionato alla vita comune? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Ancona affronta proprio questo tema, offrendo chiarimenti cruciali sull’azione di arricchimento senza causa e sui suoi limiti. Questo strumento legale, previsto dall’art. 2041 del codice civile, non è sempre la via corretta da percorrere, come dimostra il caso in esame, dove la scelta dell’azione sbagliata si è rivelata fatale per le pretese del ricorrente.

I Fatti di Causa

Al centro della vicenda vi è la richiesta di un uomo nei confronti della sua ex compagna. Al termine della loro relazione, l’uomo aveva agito in giudizio per ottenere la restituzione di una somma considerevole, circa 39.000 euro. A suo dire, tale importo rappresentava un arricchimento senza causa per la donna, derivante da sue spese esclusive per:

* Il pagamento della quota di mutuo per la casa familiare, cointestata ad entrambi.
* L’acquisto di un’autovettura intestata alla compagna.
* L’acquisto di mobili, una lavatrice e una macchina fotografica per la casa comune.

Il Tribunale di primo grado aveva già respinto la domanda, e l’uomo ha quindi presentato appello, insistendo sulla sua tesi.

La Decisione della Corte d’Appello sull’arricchimento senza causa

La Corte d’Appello di Ancona ha confermato integralmente la decisione di primo grado, rigettando l’appello. La motivazione centrale della sentenza non riguarda il merito delle spese sostenute, ma una questione procedurale fondamentale: l’inammissibilità dell’azione di arricchimento senza causa a causa del suo carattere sussidiario.

Il principio di sussidiarietà, sancito dall’art. 2042 del codice civile, stabilisce che l’azione di arricchimento è un rimedio residuale, ovvero può essere esperita solo quando il danneggiato non abbia a disposizione altre azioni specifiche per farsi indennizzare del pregiudizio subito. Ed è proprio qui che la strategia legale dell’appellante è crollata.

Le Motivazioni: Esistevano Altri Rimedi Specifici

La Corte ha analizzato nel dettaglio ogni singola pretesa economica, evidenziando come per ciascuna di esse esistesse un’azione legale tipica e più appropriata rispetto a quella, generica, di arricchimento.

1. Rate del mutuo (€ 24.309,23): Poiché il mutuo era cointestato, entrambi i conviventi erano obbligati in solido verso la banca. La legge (art. 1298 c.c.) presume che, nei rapporti interni, il debito si divida in parti uguali. L’ex convivente che aveva pagato l’intero importo avrebbe dovuto agire con un’azione di regresso (art. 1299 c.c.) contro la coobbligata per farsi restituire la sua quota, e non con l’azione di arricchimento.

2. Acquisto dell’autovettura (€ 3.600,00): Nello stesso atto introduttivo, l’uomo aveva definito la somma come un “prestito”. Di conseguenza, l’azione corretta sarebbe stata quella di adempimento di un contratto di mutuo, volta a ottenere la restituzione della somma prestata.

3. Acquisto di mobili ed elettrodomestici (€ 11.037,05): Queste spese sono state ricondotte dalla Corte nell’ambito dei doveri di contribuzione ai bisogni della famiglia (art. 316 bis c.c.), che si applicano anche ai conviventi. Tali acquisti, effettuati per dotare l’abitazione familiare del necessario, rientrano nell’obbligo di mantenimento e assistenza reciproca. Se anche si fosse dimostrato che uno dei due partner avesse provveduto in via esclusiva, surrogandosi all’altro inadempiente, l’azione corretta sarebbe stata, ancora una volta, quella di regresso e non di arricchimento.

Le Conclusioni: Scegliere l’Azione Giusta è Fondamentale

La sentenza è un monito importante: la scelta dello strumento processuale corretto è cruciale per il successo di una causa. L’azione di arricchimento senza causa non è un rimedio universale per ogni spostamento patrimoniale ritenuto ingiusto, specialmente al termine di una relazione affettiva. Prima di invocarla, è indispensabile verificare che l’ordinamento non preveda altre azioni specifiche per tutelare quella determinata pretesa. In questo caso, la mancata individuazione dei rimedi tipici (regresso, adempimento contrattuale) ha portato al rigetto totale della domanda, confermando che un errore di impostazione legale può precludere la tutela di un diritto anche se, nel merito, potrebbe essere fondato.

Quando si può usare l’azione di arricchimento senza causa tra ex conviventi?
L’azione di arricchimento senza causa può essere utilizzata solo in via sussidiaria, cioè quando la persona che ha subito la diminuzione patrimoniale non ha a disposizione nessun altro rimedio legale specifico (come l’azione di regresso o di adempimento contrattuale) per ottenere un indennizzo.

Se un convivente paga da solo le rate del mutuo cointestato, quale azione deve intraprendere per recuperare le somme?
Deve intraprendere un’azione di regresso ai sensi dell’art. 1299 c.c. nei confronti dell’altro convivente coobbligato, per chiedere la restituzione della quota di debito che gravava su quest’ultimo.

Le spese per l’acquisto di mobili per la casa comune possono essere chieste indietro con l’azione di arricchimento?
No, secondo la sentenza tali spese rientrano nell’obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia. Se un convivente ha sostenuto tali costi in via esclusiva, surrogandosi all’altro, l’azione corretta per recuperare la quota parte sarebbe quella di regresso, non l’azione di arricchimento senza causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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