Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1282 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1282 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
CANALI NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima , in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il loro studio, in Rovigo, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 1638/2018, depositata il 12.6.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: Società di fatto rimborso finanziamenti
FATTI DI CAUSA
–COGNOME NOME conveniva in giudizio COGNOME NOME per far accertare la società di fatto, proprietaria di immobili essenziali all’esercizio dell’attività dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE , della quale risultava titolare la sola convenuta con la quale aveva convissuto per 27 anni e dalla quale aveva avuto tre figli. In via subordinata chiedeva la condanna di COGNOME NOME a pagare a suo favore la somma di € 570.684,87 (£ 1.105.000.000) a titolo di rimborso dei finanziamenti o, in subordine, la somma corrispondente all’incremento di valore dell’immobile per effetto delle opere di ristrutturazione e restauro da lui eseguiti, o, in ulteriore subordine, al reintegro a favore dell’attore delle perdite subite in misura corrispondente all’arricchimento ingiustificato.
-Il tribunale di Padova con sentenza parziale confermata in appello rigettava la domanda di riconoscimento di una società di fatto tra l’attore e la convenuta e, con sentenza definitiva, rigettava la domanda attorea, poiché riteneva che i presunti finanziamenti non erano stati adeguatamente provati, condannando COGNOME NOME a rifondere a COGNOME NOME le spese di lite.
–COGNOME NOME ha proposto gravame, dinanzi alla Corte di Appello di Venezia che, con la sentenza qui impugnata, ha respinto l’appello .
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
in relazione alla prima domanda di restituzione delle somme versate a titolo di finanziamento non può essere sufficiente la prova dell’effettivo versamento delle somme, essendo necessario l’accertamento del titolo contrattuale, in forza del quale tali somme erano versate, nonché dell’obbligazione assunta da parte della beneficiaria del finanziamento, di restituzione di tali somme, prova che non risulta essere stata fornita;
b) parimenti condivisibili appaiono le ragioni del Giudice di prime cure di rigetto della domanda di restituzione di quanto versato per
l’acquisto, e la ristrutturazione degli immobili e della domanda di reintegra delle perdite subite dall’appellante in misura corrispondente all’arricchimento ingiustificato.
A norma dell’art. 936 c.c. il terzo che, con suoi materiali, abbia costruito sul fondo altrui, ha diritto di ottenere dal proprietario del fondo il valore dei materiali, il prezzo della manodopera oppure l’aumento di valore recato al fondo. Gli elementi acquisiti nel corso del processo non consentono di stabilire nessun di tali valori, né l’appellante ha fornito gli elementi necessari per poter eventualmente espletare una CTU sul punto;
presupposti per la proposizione dell’azione generale di arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 c.c., sono: a) l’arricchimento senza causa di un soggetto; b) l’ingiustificato depauperamento di un altro; c) il rapporto di causalità diretta ed immediata tra le due situazioni, di modo che lo spostamento risulti determinato da un unico fatto costitutivo; d) la sussidiarietà dell’azione. Ne consegue che non sussiste la locupletazione senza giusta causa di un soggetto a danno dell’altro, quando questa sia invece la conseguenza di un contratto o comunque di un altro rapporto, almeno fino a quando il contratto o l’altro rapporto conservino la propria efficacia obbligatoria;
l’azione di arricchimento senza giusta causa può essere proposta in via subordinata rispetto all’azione contrattuale proposta in via principale, soltanto qualora l’azione tipica dia esito negativo per carenza ab origine dell’azione stessa, derivante da un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, e rigettata per carenza di prova;
nel caso in esame l’appellante ha proposto una domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale (finanziamento), senza offrire prova sufficiente al suo accoglimento e, pertanto, non poteva trovare ingresso la domanda subordinata di arricchimento.
─ COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi ed anche memoria.
COGNOME NOME ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Nullità della sentenza per error in procedendo (art. 360, comma 1, n.4, c.p.c.). Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. La sentenza contiene una motivazione meramente apparente, essendosi limitata a riprendere pedissequamente la ricostruzione e le argomentazioni svolte dal giudice di I cure senza svolgere analisi critica dei motivi di gravame, frustrando il diritto dell’appellante al doppio grado del giudizio di merito e, quindi, in ultima analisi il suo diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost.
5.1 -La sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (Cass., n.23997/2022). La motivazione, così, non presenta il vizio previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. che sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., n. 3819/2020, Cass., n. 6758/2022). E non è nemmeno apparente perché è tale la motivazione, carente del giudizio di fatto e basata su una affermazione generale e astratta (Cass., n. 4166/2024). Nel caso di specie La Corte riporta sinteticamente il
contenuto delle motivazioni della sentenza di I grado ed aggiunge, pur sinteticamente, per ogni singola domanda (restituzione delle somme versate a titolo di finanziamento, restituzione di quanto versato per l’acquisto e la ristrutturazione degli immobili e reintegra delle perdite subite in misura corrispondente all’arricchimento ingiustific ato) le sue osservazioni, che motivano l’adesione al dispositivo di prime cure , soffermandosi in particolare sulla domanda di ingiustificato arricchimento.
6. -Con il secondo motivo: Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.). La Corte non ha proceduto all’analisi dei complessi rapporti intercorsi tra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, così come emergono dalla sentenza di I grado nonchè dagli atti e dalle risultanze processuali. In particolare la CTU avrebbe rilevato l’esistenza di finanziamenti nell’arco temporale tra il 1989 e il 1999, pari almeno a € 100.450,87. La corte ha ignorato anche tutti i finanziamenti erogati dal ricorrente a partire dal 1974 che si sono susseguiti con continuità sino al 1999 impedendo il verificarsi della prescrizione. I fatti che avrebbero dovuto indurre la Corte ad accogliere la domanda relativa al diritto all’importo corrispondente all’incremento di valore per effetto delle opere eseguite dal ricorrente sono tutti ricavabili facilmente dalle allegazioni che contengono fatti oggettivi e decisivi sui quali espletare la richiesta e negata CTU.
6.1 -La censura lamenta la violazione dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c. perché la Corte non avrebbe esaminato una serie di evidenze presentate in entrambi i gradi di giudizio. La censura non considera che la sentenza della Corte qui impugnata è conforme alla sentenza di primo grado (pur dichiarandolo esplicitamente e facendone oggetto del primo motivo ), sicché trova applicazione l’art. 348 ter , ultimo comma, c.p.c. (qui applicabile ratione temporis -pur essendo stato abrogato dall’art. 3, comma 26, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149
-ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 4, d.lgs. cit., trattandosi di ricorso per cassazione proposto in data anteriore al 28 febbraio 2023), a mente del quale in caso di ‘doppia conforme’ non è ammesso il ricorso per cassazione per il motivo di cui al n. 5 de ll’art. 360 .c.p.c. Sarebbe stato, dunque, onere della ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014 e successive conformi). A tale onere dimostrativo, invece, la ricorrente si è completamente sottratta, lamentando la coincidenza di motivazione e decisum tra i due giudicati.
7. -Con il terzo motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2042 c.c. (art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.). L’interpretazione dell’art. 2042 c.c., fatta propria dalla Corte, non è condivisibile poichè il criterio della sussidiarietà, deve avere un contenuto elastico, con la conseguenza che l’esercizio dell’azione in parola non dovrebbe incontrare un ostacolo nelle particolari ipotesi in cui l’alternativo strumento azionabile in luogo del rimedio generale sia venuto meno per una qualsiasi causa giuridica o di fatto (compreso il rigetto per asserita carenza di prova).
7.1 -La censura è infondata. Questa Corte ha recentemente precisato che ai fini del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione – sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale – si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme
imperative o con l’ordine pubblico. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva dichiarato improponibile la domanda di ingiustificato arricchimento, proposta in via subordinata rispetto a quella di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, nonostante quest’ultima fosse stata rigettata nel merito per carenza di prova della violazione dell’obbligo di buona fede da parte del convenuto) (Cass., Sez. U., n. 33954/2023; Cass., n. 6735/2024).
8. -Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 9.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione