Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 201 Anno 2025
COGNOME
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di TORINO n. 1156/2020 depositata il 24/11/2020.
Civile Ord. Sez. 3 Num. 201 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14880/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE domiciliazione telematica in atti
– ricorrente –
contro
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 8/11/2024, dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME agì in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino per ottenere la retrocessione di un immobile sito alla INDIRIZZO che era stato fittiziamente intestato alla di lui convivente, NOME COGNOME e, in subordine, ne chiese la condanna al pagamento di un indennizzo di oltre ottanta duemila euro ( € 82.627,88), a titolo di arricchimento senza causa.
Il Tribunale, nel contraddittorio con NOME COGNOME con sentenza n. 7197 del 17/09/2019, rigettò la domanda principale, per mancanza di prova dell’interposizione e accolse in parte, nella misura di poco più di duemila e ottocento euro, la domanda di ingiustificato arricchimento.
Il COGNOME propose appello limitatamente alla misura dell’indennizzo riconosciutogli e la Corte d’appello di Torino , nel ricostituito contraddittorio con NOME COGNOME ha, con la sentenza n. 1156 del 24/11/2020, accolto parzialmente l’impugnazione, riconoscendo all’appellante la ulteriore somma di euro 13.430,00 per le spese effettivamente da lui sostenute.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, NOME COGNOME.
NOME COGNOME è rimasta intimata.
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 8/11/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME propone i seguenti motivi di ricorso: violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo , n. 3 c.p.c., dell ‘ art. 2712 c.c. in relazione agli artt. 112, 115, 116, dell’art. 1 lett p), 1 bis , 23 quater del d.lgs. n. 82 del 7/03/2005.
Il ricorrente afferma che la Corte d’appello ha errato nel non ritenere che la documentazione, in particolare le mail e i messaggi WhatsApp della Sette, versata in atti insieme all’ atto di citazione in primo grado costituisse riconoscimento di debito in suo favore.
Secondo motivo: violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. degli artt. 113, comma primo, 115 e 116 c.p.c. e 2033 e 2041 c.c., il ricorrente chiede che la Corte proceda a qualificazione dell’azione proposta ai sensi dell’art. 2033 c.c. e quindi accolga la domanda di restituzione della somma di euro sessantamila.
Il primo motivo è inammissibile: la Corte d’appello ha attribuito valenza ai sensi dell’art. 2712 c.c. alla messaggistica e alle e -mail provenienti da NOME COGNOME e inviate al Castrignanò e alla sua avvocata, ritenendo, tuttavia, che si trattava di affermazioni volte a una transazione non perfezionata e quindi escludendo che si trattasse di un riconoscimento di debito. Il giudice dell’impugnazione di merito ha, pertanto, condotto un accertamento di fatto, all’esito del quale, sulla base della completa disamina della documentazione costituita dai messaggi di posta elettronica e dei messaggi mediante WhatsApp ha concluso, con motivazione coerente e logica, sulla quale non può essere esercitato alcun sindacato da questa Corte, nel senso della spettanza, in favore del COGNOME dell’ulteriore somma, rispetto a quella riconosciutagli in primo grado, di tredicimila e quattrocento trenta euro (€ 13.430,00).
Il motivo all’esame chiede un diverso apprezzamento, nel senso divisato dal ricorrente, delle risultanze di causa e, pertanto, il richiamo agli artt. 115 e 116 c.p.c. è erroneo, posto che in (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 (Rv. 645828 – 02) in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di
legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, e (Cass. n. 24434 del 30/11/2016 Rv. 642202 – 01) che la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, comma 1, numero 5), c.p.c., e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.
Questa Corte ha, inoltre, affermato che (Cass. n. 15276 del 01/06/2021 Rv. 661628 – 01) esula dal vizio di legittimità ex art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, ex art. 116, commi primo e secondo, c.p.c., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità..
Il secondo motivo è inammissibile, la Corte d’appello ha correttamente qualificato la domanda proposta dal ricorrente, che peraltro sin dal primo grado di giudizio l’aveva qualificata personalmente, a mezzo del suo difensore, come di ingiustificato arricchimento, senza che vi fosse alcun riferimento all’indebito oggettivo, né può farsi riferimento alla più recente giurisprudenza nomofilattica in tema di residualità dell’azione di ingiustificato
arricchimento, ai sensi dell’art. 2042 c.c. (Sez. u n. 33954 del 5/12/2023).
Il profilo dell’indebito oggettivo, peraltro, sarebbe precluso dall’intervenuto giudicato (Cass. n. 18427 del 01/08/2013 Rv. 627588 – 01), posto che l ‘originaria qualificazione dell’azione come di ingiustificato arricchimento, secondo la prospettazione del COGNOME, accolta dai giudici del merito, non è stata in alcun modo posta in dubbio dal COGNOME in corso di causa, che ha, anzi, reiterato la domanda proposta in via subordinata in primo grado, dinanzi alla Corte territoriale , abbandonando l’azione di retrocessione.
Pur a voler seguire l’impostazione del secondo motivo di ricorso deve tuttavia ribadirsi che l ‘ azione di arricchimento senza causa è, secondo la risalente giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 1769 del 20/05/1969 Rv. 340828 -01) un’azione del tutto complementare, che può essere esercitata solo quando manchi qualunque titolo specifico sul quale possa essere fondato il diritto preteso (e che deve quindi essere proposta in modo esplicito), mentre la ripetizione d’indebito riguarda altra e diversa ipotesi giuridica, basata su due necessari ma sufficienti requisiti l’esistenza di un pagamento, e il fatto che il pagamento stesso non doveva in realtà essere eseguito. Nella specie, quindi, sarebbe quantomeno carente l’originaria deduzione di un pagamento da parte del Castrignanò e in favore della Sette.
Il ricorso, in conclusione, è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Nulla deve essere disposto per le spese di lite in quanto NOME COGNOME è rimasta intimata.
Deve, infine, attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell ‘ impugnazione) di cui all ‘ art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il Così deciso in Roma nella camera di