Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16430 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16430 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24782/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO COGNOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-intimata costituita-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di SALERNO n. 766/2021 depositata il 24/05/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal
Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. COGNOME NOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Salerno la compagnia RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE chiedendo la condanna delle convenute al pagamento dell’indennizzo dovuto in virtù del contratto di assicurazione per il furto dell’auto, oggetto di contratto di leasing finanziario, precisando che l’auto era stata successivamente ritrovata e sottoposta a sequestro senza che lei, quale utilizzatrice, ne rientrasse in possesso.
Nel contraddittorio delle parti, il giudice di primo grado, con sentenza n. 766/2021, rigettava la domanda attorea e condannava la COGNOME al pagamento delle spese di lite.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello la COGNOME, che, articolando tre motivi, chiedeva: in via preliminare, dichiararsi la sua legittimazione attiva ed ammettersi i mezzi di prova da lei richiesti e, nel merito, accogliersi la domanda, da lei proposta. In particolare, precisava che nessuna somma era dovuta alla RAGIONE_SOCIALE, in quanto questa aveva già percepito l’importo richiesto ed aveva pertanto trasferito tutti i danni in capo a lei, che era unica creditrice delle somme dovute dalla RAGIONE_SOCIALE.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE che nel merito contestava le avverse deduzioni chiedendo il rigetto dell’appello.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE, che eccepiva la inammissibilità dell’appello ex art 348 bis cpc e nel merito chiedeva il rigetto dell’appello.
La Corte d’appello di Salerno – respinta con ordinanza del 26.11.2018 l’istanza di sospensione – con sentenza n. 766/2021,
rigettando l’appello, confermava la sentenza del giudice di primo grado, condannando l’appellante alla rifusione delle spese di lite.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la COGNOME.
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, ma la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto di costituirsi a mezzo di Difensore e sono state depositate memorie da parte ricorrente e da parte della resistente società RAGIONE_SOCIALE.
Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La corte territoriale nell’impugnata sentenza ha integralmente confermato la sentenza con la quale il giudice di primo grado inquadrato il contratto, posto a base della domanda attorea, nell’ambito dell’art 1891 cc ed osservato che la polizza in discorso conteneva la c.d. ‘appendice di vincolo’ (cioè una clausola che, per il caso di furto del veicolo, attribuiva al finanziatore, proprietario del bene, il diritto di soddisfarsi sull’indennizzo, dovuto dall’assicuratore) aveva riconosciuto che il finanziatore, reso edotto del sinistro, aveva legittimamente preteso di soddisfarsi sull’indennizzo (in luogo dell’utilizzatore – contraente assicurato), in forza della suddetta ‘appendice di vincolo’ e che pertanto la compagnia assicurativa avrebbe dovuto corrispondere l’indennizzo al finanziatore (pur non avendo questi assunto la qualità di assicurato, giacché a suo favore non era stata stipulata l’intera polizza, ma solo la citata appendice di vincolo).
La corte di merito – dopo aver dato atto che la sentenza impugnata era adeguatamente motivata e conforme ai principi affermati da questa Corte (e, in particolare, da Cass. n. 18551/2019)
ha rilevato che detta motivazione non era stata attinta <> e, interpretando il contenuto della documentazione acquisita (in particolare, raccomandata 24 maggio 2010 diretta dalla RAGIONE_SOCIALE alla COGNOME e comparsa di costituzione depositata dalla società nel giudizio di primo grado), ad esito di un giudizio di fatto ha ritenuto non fondata la tesi della COGNOME (secondo la quale, avendola la RAGIONE_SOCIALE autorizzata a rendersi parte attiva per il risarcimento, avrebbe dovuto essere affermata la sua legittimazione attiva), con conseguente assorbimento di ogni altra censura.
2.NOME COGNOME articola in ricorso quattro motivi.
2.1. Con il primo la ricorrente denuncia: <<violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 99 e 100 c.p.c., art. 2907 c.c. ed art. 24 Cost. – (art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.) nella parte in cui la corte territoriale, nel confermare integralmente la sentenza del giudice di primo grado, ha fatto proprio il vizio che connotava quest'ultima là dove ha ribadito il difetto della sua legittimazione attiva.
Sottolinea che, quale utilizzatrice (e, quindi, locataria) dell'autovettura e quale assicurata per il furto della stessa presso RAGIONE_SOCIALE per la somma di 95 mila euro, aveva chiesto accertarsi che detta autovettura era stata oggetto di furto totale e nella disponibilità di quella, pur essendo stata successivamente rinvenuta in Germania, non era rientrata, per cui era sorto il suo diritto a percepire l'indennizzo da parte della compagnia.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale, incorrendo nel vizio denunciato con il motivo precedente, non ha valutato il merito della sua domanda, che concerneva: da un lato, l’accertamento della attivabilità della Polizza e la sussistenza dei
presupposti per l’erogazione dell’indennizzo, e, dall’altro, la condanna della compagnia al pagamento del suddetto indennizzo.
Evidenzia che il suo interesse ad agire, nell’inerzia mostrata dalla società concedente RAGIONE_SOCIALE, sussisteva fin dalla data di notificazione dell’atto di citazione, in quanto la società concedente, percepito l’indennizzo, sarebbe stata integralmente reintegrata nel suo patrimonio (e, quindi l’avrebbe sollevata dall’obbligo di versare i canoni ancora dovuti e di rientrare dei versamenti già effettuati); tanto più che detta società, in forza dell’art. 10 del contratto di leasing, con lettera del 24 maggio 2010 le aveva conferito incarico di trattare con la compagnia per addivenire alla liquidazione dell’indennizzo. In ogni caso, detto interesse non era venuto meno alla successiva data della decisione, in quanto la società concedente, recuperata nelle more l’autovettura, l’aveva venduta a terzi, incamerando la somma di euro 59 mila.
Sottolinea che: a) a seguito di detta ultima circostanza, lei aveva ridotto l’indennizzo richiesto ad euro 36 mila (pari alla differenza tra il valore dell’autovettura a nuovo, 95 mila euro, ed il corrispettivo della vendita, 59 mila euro); b) alla data di stipula del contratto di leasing aveva già versato la somma di euro 16.033,33, per cui, almeno per tale importo, le competeva l’indennizzo; c) il vincolo in favore della RAGIONE_SOCIALE era indicato in polizza come regolato dalla clausola VA, in base alla quale la compagnia si impegnava a corrispondere alla vincolataria RAGIONE_SOCIALE <> (con la conseguenza che il vincolo operava solo se sussisteva un residuo credito rateale, ipotesi questa non ricorrente nella specie).
2.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia: <> nella parte in cui anche la corte territoriale non ha esaminato ed interpretato né il contratto di leasing, da lei concluso con la RAGIONE_SOCIALE, né il contratto di assicurazione, da lei concluso con HDI, con previsione che, in caso di furto, l’indennizzo sarebbe stato vincolato a favore della RAGIONE_SOCIALE.
Sostiene che, alla luce della connessione esistente tra i due contratti, questi avrebbero dovuto essere interpretati nel senso che, nel momento in cui la società concedente non avesse più alcun credito verso la utilizzatrice in base al contratto di leasing, il vincolo sarebbe venuto a cessare ed in capo alla assicurata sarebbe residuato il diritto a percepire l’indennizzo per il furto.
Osserva che entrambe le convenute, nel costituirsi, si sono trincerate dietro una pretesa sua carenza di legittimazione attiva, senza contestare, la compagnia assicurativa, la sussistenza del fatto generativo del diritto all’indennizzo e, la società concedente, l’avvenuto integrale pagamento di quanto ad essa dovuto da parte della utilizzatrice.
2.4. Con il quarto motivo, articolato in via subordinata rispetto ai precedenti, la ricorrente denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale, pur non riconoscendo la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda (legittimazione attiva e interesse ad agire), comunque avrebbe dovuto riconoscere la sussistenza dell’interesse ad agire quanto meno ai sensi dell’art. 2900 c.c., anche se tale prospettazione non era stata da lei espressamente operata.
Sottolinea che nella specie sussistevano tutti i presupposti dell’azione di cui al citato articolo, in quanto: a) era risultato provato che lei aveva pagato tutto quanto dovuto alla società concedente, ragion per cui lei vantava, nei confronti di quest’ultima, un credito (condizionato solo alla percezione dell’indennizzo, dovuto dalla
compagnia assicuratrice); b) erano pacifici non solo l’inerzia ma anche il rifiuto della società concedente di agire nei confronti della compagnia assicurativa per la liquidazione dell’indennizzo.
In definitiva, secondo la ricorrente, la corte di merito avrebbe dovuto accogliere la sua domanda di liquidazione dell’indennizzo nella ridotta misura di euro 36 mila, disponendone il pagamento in favore della società RAGIONE_SOCIALE, chiamata in causa, dalla quale essa, che aveva integralmente pagato quanto dovuto, avrebbe potuto richiederne e conseguire il pagamento.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. In via generale, si rileva che il motivo con cui si denunzia il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di legge deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assertivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie; diversamente impedendosi alla Corte di cassazione di verificare essa il fondamento della lamentata violazione.
Sotto questo profilo, tutti i motivi, nei quali si articola il ricorso in esame, non sono ammissibili, in quanto la deduzione degli ‘errori di diritto’, in essi individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle norme asseritamente violate, non è corredata da una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia.
Il controllo affidato a questa Corte non equivale, infatti, alla revisione del ragionamento decisorio, ossia alla opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione
assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità (Cass. n. 25332/2014 e n. 20012/2014).
3.2. Al profilo di inammissibilità che precede, comune a tutti e quattro i motivi, si aggiunge quanto segue in relazione a ciascuno di essi.
Il primo motivo è inammissibile altresì in quanto non soltanto non contiene una specifica confutazione della ratio decidendi , sulla quale poggia la sentenza impugnata, ma neppure fa riferimento alla clausola della appendice di vincolo.
Il secondo motivo è pure inammissibile in quanto parte ricorrente, pur eccependo formalmente il vizio di cui all’art. 360 n. 4 c.p.c., sostanzialmente si duole inammissibilmente della valutazione che la corte territoriale ha dato alla raccomandata 24 maggio 2010 ed alla citata comparsa di costituzione e, sempre inammissibilmente, non censura adeguatamente la sentenza impugnata: né nella parte in cui, quanto alla raccomandata, ha indicato di <>il fatto che con la stessa era stata riconosciuta alla parte la possibilità di trattare il ristoro di eventuali danni al veicolo riscontrati a seguito e a causa del furto, ma non anche il pagamento dell’indennizzo; né nella parte in cui, quanto alla comparsa, ha spiegato che le ammissioni contenute negli scritti difensivi costituiscono elementi indiziari, liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento, alla luce del complesso delle risultanze acquisite.
Il terzo motivo è, a sua volta, ulteriormente inammissibile, in quanto la ricorrente, nella sua illustrazione, esordisce affermando che, come riportato nell’esposizione dei fatti di causa, la controversia presupponeva l’esame e l’interpretazione di due distinti contratti (quello di leasing e quello di assicurazione), aventi tra loro <>, ma inammissibilmente non precisa (neanche in sede di sommaria esposizione dei fatti) in quali termini abbia sottoposto la relativa questione alla corte territoriale e, sempre
inammissibilmente, contesta del tutto genericamente l’applicazione che la corte territoriale ha fatto dei criteri interpretativi dettati dagli artt. 1362 e sgg. c.c.
Il quarto motivo, infine, è inammissibile anche perché la ricorrente, nella sua illustrazione, esordisce affermando che <>, ma inammissibilmente non precisa (neanche in sede di sommaria esposizione dei fatti) in quali termini abbia sottoposto alla corte territoriale la questione della sussistenza del suo interesse ad agire al momento della proposizione della domanda, anche in relazione all’art. 2900 c.c., ovvero abbia chiaramente somministrato ai giudici del merito gli elementi costitutivi di una simile azione.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE, mentre nulla è dovuto alla RAGIONE_SOCIALE, che non ha svolto difese e la cui costituzione, non essendo preceduta da controricorso ritualmente notificato (secondo la disciplina applicabile ratione temporis ), è inammissibile. Consegue altresì la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 5500 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, al competente ufficio di merito,
dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2024, nella camera di consiglio