Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6797 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6797 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in Noto (INDIRIZZO), INDIRIZZO, presso lo studio del suo procuratore e difensore costituito AVV_NOTAIO;
-controricorrente –
Nonché
FALLIMENTO DELLA RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Catania, INDIRIZZO
Oggetto: risarcimento danni Appello tardivo ex art. 327, comma 2, c.p.c.
avverso la sentenza n. 1220/2021, della Corte di Appello di Brescia, pubblicata il 22.9.2021, notificata il 30.9.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 2347/2017 pubblicata il 18 settembre 2017 il Tribunale di Bergamo, nella contumacia della convenuta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, l’ha condannata al pagamento in favore del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME della somma di € 520.400, con rivalutazione monetaria ed interessi legali, a titolo di risarcimento dei danni subiti per la illegittima segnalazione come non autorizzata della apertura di credito in realtà concessa in relazione ad un contratto di conto corrente della società fallita, all’epoca in bonis, e per la conseguente impossibilità della stessa di mantenere l’accesso al credito bancario. Ha, altresì, condannato la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno non patrimoniale per lesione all’onore, alla reputazione ed alla immagine, subito dall’interveniente NOME COGNOME.
-Ha proposto appello tardivo la RAGIONE_SOCIALE, con atto di citazione notificato il 3 luglio 2018, lamentando la nullità dell’intero procedimento n. 5900/16 R.G. del Tribunale di Bergamo e della sentenza n. 2347/17 per inesistenza, o in subordine, per nullità della notificazione e dell’atto di citazione introduttivo del giudizio nonché per omessa notificazione della comparsa di intervento volontario principale di NOME COGNOME in quanto contenente una domanda nuova. Ha chiesto che venga dichia rata l’ammissibilità dell’appello tardivo ex art. 327 , comma 2, c.p.c. e la inammissibilità
delle domande proposte dalle controparti e, in subordine, che venga disposta la rimessione della causa al primo giudice
3. -La Corte di Appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’appello tardivo proposto dalla RAGIONE_SOCIALE
-Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
Il contumace ha l’onere di dimostrare l’esistenza di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o la presa di conoscenza del processo in una certa data e tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni, senza che, però, possa delinearsi, come effetto della presunzione semplice di mancata conoscenza del processo, l’inversione dell’onere della prova nei confronti di chi eccepisce la decadenza dall’impugnazione.
se la notificazione è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume iuris tantum, ed è onere dell’altra parte dimostrare che l’appellante ha avuto comunque conoscenza del processo; se, invece, la notificazione è nulla, si presume iuris tantum la conoscenza della pendenza del processo da parte dell’appellante che avrà l’onere di provare che la nullità gli ha impedito la materiale conoscenza dell’atto;
Nel caso di notifica di un atto a mezzo di posta elettronica certificata, qualora la parte non sia in grado di fornirne la prova ai sensi dell’art. 9 della l. n. 53 del 1994, la violazione delle forme digitali non integra l’inesistenza della notifica del medesimo bensì la sua nullità che pertanto può essere sanata dal raggiungimento dello scopo;
d) se la parte allega prova della notificazione mediante la produzione delle ricevute del 30 maggio 2016 di accettazione e consegna nella notifica a mezzo PEC in formato pdf nel fascicolo telematico senza depositare il file informatico in formato “eml” o “msg” non integra una causa di inesistenza della notifica;
era onere dell’appellante , quindi, tardivo fornire la prova che il procedimento notificatorio non si fosse perfezionato determinando la mancata conoscenza del processo, presupposto che in base all’art. 327 c.p.c. è indispensabile per pervenire alla declaratoria di ammissibilità dell’appello
ai fini dell’ammissibilità dell’appello tardivo devono sussistere, sia la condizione oggettiva della nullità degli atti di cui all’art. 327, comma 2, c.p.c., sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità, la relativa prova spettando al contumace.
Nel caso di specie, in relazione alla esistenza della condizione oggettiva, manca la prova.
l’appellato, invece oltre alla relata in pdf ha esibito nel gravame anche le ricevute di accettazione e consegna in data 30 maggio 2016 anche nel formato.eml
Il contumace non ha allegato alcun elemento obiettivo da cui possa ricavarsi, anche in via presuntiva, che essa non ha avuto conoscenza del processo stesso in tempo utile alla tempestiva proposizione dell’impugnazione, né che tale inerzia, protratta oltre il termine semestrale previsto dall’art. 327, comma 1, c.p.c., sia dipesa dal dedotto vizio della notificazione.
–RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi ed anche memoria.
Fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE NOME ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
-Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 327, comma 2, e 292, comma 1, c.p.c., nonché, derivativamente, dell’art. 101, comma 1, c.p.c. e degli artt. 111, comma 2, e 24, comma 2, Cost. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) -Omessa
pronuncia su specifico motivo di appello tardivo e conseguente nullità della sentenza impugnata (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c.) . La Corte avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di nullità del giudizio per l’omessa notificazione dell’intervento del sig. COGNOME che aveva proposto la domanda nuova circa il risarcimento dei danni subiti personalmente. Domanda accolta dalla sentenza di I grado.
6.1 -La censura è infondata.
Qualora vengano proposte, nei confronti del contumace, domande nuove o riconvenzionali ed il giudice di primo grado, ancorché gli atti che le contengono non siano stati notificati personalmente al contumace ai sensi dell’art. 292 c.p.c., le abbia accolte, il giudice dell’appello non può rimettere la causa in primo grado, non ricorrendo alcuna delle ipotesi tassativamente stabilite dagli artt. 353 e 354 c.p.c., ma deve annullare i relativi capi della sentenza e decidere nel merito, atteso che il giudizio di impugnazione ha carattere non meramente rescindente, ma integralmente sostitutivo del giudizio di primo grado e considerato altresì il principio generale della conversione delle ragioni di nullità in motivi di impugnazione, che comporta la necessità, per il giudice di appello che dichiari il vizio, di porvi egli stesso rimedio decidendo la causa nel merito, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione che non è di generale applicazione e che è privo di rilievo costituzionale (Cass. n. 7436/1996; Cass., n. 2918/2001), nè può essere utilmente invocato il principio del doppio grado di giurisdizione, giacché questo non è costituzionalmente garantito (Cass., n. 5907/2006; Cass., n. 27516/2016; Cass., n. 28452/2023). In questo contesto, è evidente che l’attuale ricorrente avrebbe potuto ottenere una decisione nel merito, anche se limitatamente alla domanda dell’interveniente, ma la presentazione non giustificata dell’appello tardivo con la conseguente sua inammissibilità rende la censura del tutto collegata alla inammissibilità dell’appello stesso
7. -Con il secondo motivo: V iolazione e falsa applicazione dell’art. 327, comma 2, c.p.c. in relazione agli artt. 3 bis, 9 e 11 L. 21 gennaio 1994, n. 53 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) La Corte ha escluso che la notificazione sia inesistente nonostante che vi fosse una totale mancanza dell’atto
7. -La censura è infondata.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito, anche se con riferimento al ricorso per cassazione e alla sentenza impugnata, che la parte interessata può sempre dimostrare, anche nel corso del giudizio, la conformità della copia analogica a quella informatica (v. ex multis Cass., S.U. n. 8312/2019). Circostanza che si è verificata nel corso del giudizio di appello dove il Fallimento ha esibito le ricevute di consegna ed accettazione in formato.eml e la loro corrispondenza ai documenti in pdf già esibiti.
-Con il terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla illegittima e ingiusta condanna dell’odierna ricorrente al pagamento delle spese processuali del secondo grado di giudizio (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)
8.1 -Il motivo è assorbito dal rigetto dei primi due.
-Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio per ciascun controricorrente, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente, a favore Fallimento della RAGIONE_SOCIALE, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 12.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori
di legge. Condanna, inoltre, il ricorrente, a favore COGNOME NOME, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 8.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione