Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8896 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 8896  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20683/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso  la  cancelleria  della  Corte  di  Cassazione,  rappresentato  e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione Coatta Amministrativa,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME (CODICE_FISCALE)  che  lo  rappresenta  e  difende  unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), controricorrente-
avverso  la  sentenza  della  Corte  d’Appello  di  Milano  n.  976/2020 depositata il 23/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 La Corte d’Appello di  Milano  con  sentenza  del  23/4/2020 dichiarava inammissibile l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale di Milano del 25/6/2018  che  aveva  respinto  l’opposizione  allo  stato  passivo  ex art  87  d.lvo  285/1993  (di  seguito  definito  semplicemente  TUB) della liquidazione coatta amministrativa della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
1.1 In quella procedura NOME NOME si era insinuato per il credito di € 145.059 a titolo di risarcimento danni, ex art 31 d.lvo 58/1998, subiti per effetto della condotta inadempiente del promotore finanziario NOME COGNOME.
1.2 Rilevava la Corte territoriale che il rimedio dell’appello avverso la decisione del Tribunale sulle opposizioni allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa era precluso dall’art. 3, comma 5, d.lvo 181/2015 in forza del quale le sentenze del Tribunale pronunciate per le procedure di liquidazione coatta amministrativa in corso dopo l’entrata in vigore del decreto, come era quella del Tribunale di Milano che aveva deciso l’opposizione allo stato passivo proposta da NOME COGNOME, sono impugnabili solo con ricorso per Cassazione.
1.3 Soggiungeva la Corte distrettuale che non trovava applicazione il  principio  della translatio  iudicii previsto  dall’art  50  c.p.c.  che riguarda il diverso istituto della riassunzione conseguente a declaratoria di incompetenza  del giudice  adito .
NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due  motivi,  illustrati  con  memoria;  la  Procedura  ha  svolto  difese con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt.  24  e  111  Cost.,  2907  c.c.  99  e  112  c.p.c.  98  e  99  l.fall., 3,comma 6, d.lvo 181/2015, in relazione all’art. 360 comma 1 nr. 3 c.p.c..
1.2 Sostiene il ricorrente che l’interpretazione seguita dalla Corte distrettuale di ritenere non appellabili, ma solo ricorribili per cassazione le sentenze emesse nei procedimenti ex art 87 TUB relative a procedure in corso confliggerebbe con il principio di apparenza ed affidabilità avendo il Tribunale espressamente ritenuto, ai sensi della norma transitoria di cui all’art. 3, comma 6 del d.l.vo 181/2015, non applicabile la nuova disciplina in rito introdotta dal d.lvo citato con la conseguenza che la causa andava decisa con sentenza collegiale secondo le disposizioni del codice di procedura civile sui processi di cognizione.
2 Il secondo motivo è rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2 nr. 4 c.p.c. e dell’art. 3 comma 6 del d.lvo 181/2015 in relazione all’art. 360 comma 1 nr 5 – motivazione assente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria»: a dire del ricorrente la sentenza sarebbe incorsa nell’illogica conclusione di ritenere non applicabile l’attuale disciplina dell’art 87 TUB al procedimento di primo grado (che doveva essere deciso con sentenza) per poi affermare che la sentenza non era appellabile ma andava impugnata con ricorso in Cassazione proprio come prevede la nuova disciplina.
3 I  motivi  da  trattarsi  congiuntamente  stante  la  loro  connessione sono infondati.
3 Il d.lvo 181/2015 ha apportato modifiche alle norme del TUB che interessano il procedimento di opposizione allo stato passivo nelle procedure  di  liquidazione  coatta  amministrativa  per  adeguarlo  al nuovo regime introdotto a seguito della riforma della l. 5/2006.
3.1.Nel  corpo  dell’art.  87  TUB  è  stato  innestato,  mediante  un esplicito  rimando  normativo,  il  nuovo  procedimento  ex  art.  99
l.fall.,  disposizione  che,  all’ultimo  comma,  prevede  per  il  decreto del Tribunale che decide sull’opposizione allo stato passivo la sola ricorribilità per cassazione.
3.2 Coerente con il nuovo regime impugnatorio è la formulazione dell’art.  88  TUB  che  non  consente  più  la  proposizione  dell’appello avverso la decisione del Tribunale.
3.3 Il decreto legislativo contiene anche norme di carattere transitorio: in particolare l’art. 3, dopo aver fatto decorrere, al comma 1, l’entrata in vigore della nuova normativa, dalla data della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 16/11/2015) stabilisce al comma 4 che « Gli articoli 81, comma 1bis, 84, 89, 90, 91, comma 4, 92, 92-bis, 93, 94, 97 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché l’articolo 57, comma 6-bis, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificati dal presente decreto, si applicano anche alle procedure di liquidazione coatta amministrativa in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e per le quali non sia stato già autorizzato il deposito della documentazione finale » .
Il successivo comma 5 dispone che « per le procedure di cui al comma 4, le sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore del presente decreto ai sensi dell’articolo 87 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono impugnabili esclusivamente con il ricorso per cassazione di cui al comma 2 del medesimo articolo 87, come modificato dal presente decreto. Si applica l’articolo 88 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come modificato dal presente decreto. Per le medesime procedure, il termine per la proposizione delle domande tardive di cui all’articolo 89 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come modificato dal presente decreto, decorre dall’entrata in vigore di quest’ultimo ».
3.4 Ciò premesso, a mente dell’art. 12 disp. att. c.c. « nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che
quello  fatto  palese  dal  significato  proprio  delle  parole  secondo  la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore ».
3.5  La  predetta  disposizione  delle  preleggi  esprime,  dunque,  il fondamentale canone ermeneutico secondo cui la norma giuridica deve essere interpretata innanzi tutto e primariamente dal punto di vista letterale.
3.6 La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato il principio secondo il quale nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercé l’esame complessivo del testo, della mens legis , specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma sì come inequivocabilmente espressa dal legislatore.
3.6 Soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, si che il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocità del testo da interpretare, potendo, infine, assumere rilievo prevalente rispetto all’interpretazione letterale soltanto nel caso, eccezionale, in cui l’effetto giuridico risultante dalla formulazione della disposizione sia incompatibile con il sistema normativo, non essendo consentito all’interprete correggere la norma nel significato tecnico proprio delle espressioni che la compongono nell’ipotesi in cui ritenga che tale effetto sia solo inadatto rispetto alla finalità pratica cui la norma stessa è intesa (cfr. tra le tante Cass. n. 31470/2021, 27784/2021, 24165/2018, 5821/ 2001 e 2533 /1970).
3.7 Nel caso di specie le disposizioni transitorie passate in rassegna,  per  quanto  di  interesse  in  causa,  appaiono  chiare, univoche, e prive di ambiguità semantica nell’affermare che, per le procedure di liquidazione coatta amministrativa in corso, le sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo non sono appellabili  ma ricorribili per cassazione.
3.8 Una conferma di tale opzione ermeneutica è offerta da questa Corte con l’ordinanza nr 29052/2019 che, pur avendo cassato l’impugnato provvedimento per non aver ritenuto appellabile la sentenza del Tribunale pubblicata prima dell’entrata in vigore del d.lvo 181/2015, ha chiarito (in motivazione) che il d.lvo «non solo ha disposto la modifica del D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 87 e 88 ma ha anche stabilito – all’art. 3, comma 5 – che per le procedure di liquidazione coatta amministrativa previste dal D.Lgs. n. 58 del 1998 in corso le sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 87 T.U.B. dopo la sua entrata in vigore fossero impugnabili esclusivamente con ricorso per cassazione».
3.9 Il  Corte,  in  conformità  con  suesposti  rilievi,  ha  correttamente escluso l’appellabilità della sentenza del Tribunale di Milano che è stata pubblicata in data il 25/6/2018, in epoca successiva all’entrata in vigore del d.lvo 181/2015 (16/11/2015) e riguardava una  procedura  di  liquidazione  coatta  amministrativa  in  corso  al momento dell’entrata in vigore del decreto.
3.10 L’impugnata sentenza, inoltre, nell’affermare la correttezza della decisione del Tribunale resa con sentenza e non con decreto ex art 99 l.fall, non è affatto incorsa nel vizio di manifesta ed irriducibile contraddizione ma ha applicato l’art. 3 comma 6 del d.lvo citato a tenore del quale « Per gli aspetti non disciplinati negli articoli richiamati nei commi 4 e 5, alle procedure di liquidazione coatta amministrativa in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto si continuano ad applicare le disposizioni del titolo
IV  del  decreto  legislativo  1°  settembre  1993,  n.  385,  nel  testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto».
3.11 L’asserita violazione del principio di apparenza ed affidabilità non sussiste in quanto sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno applicato alla modalità di decisione del giudizio di primo grado  e al regime impugnatorio del giudizio di opposizione allo stato passivo le regole processuali espressamente previste delle norme transitorie del d.lvo 181/2015.
3.12 Sono irricevibili  le  argomentazioni  svolte  dal  ricorrente  nella memoria  ex  380  bis  secondo  le  quali il  rimedio  dell’appello  era ammissibile poiché ai sensi dell’art. 50 c.p.c. vige il principio della translatio iudicii il quale opera anche in grado di appello, così come è stato affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n.18121 del 14.09.2016.
3.13  Tale  questione ,  pur  affrontata  dal  giudice  d’appello, non  è stata oggetto di trattazione nel corpo dei due motivi di ricorso per cassazione ; vale quindi il principio secondo il quale la memoria di cui  all’art  380  bis  1  c.p.c.  non  può  contenere  nuove  censure  ma solo  illustrare  quelle  già  proposte  ( ex  multis Cass.  17893/2020, 24007/2017 e 26332/2016).
3.14  Ad  ogni  buon  conto  la  menzionata  pronuncia  delle  sezioni unite non è utilmente spendibile dal ricorrente in quanto la stessa consente  la translatio  iudicii anche  al  giudizio  di  secondo  grado nell’ipotesi  in  cui  viene  individuato  un  giudice  d’appello  diverso rispetto  a  quello  determinato  ex  art  341  c.p.c.  ma  non  quando, come nel caso di specie, viene interposto appello ad una sentenza non appellabile ma ricorribile per cassazione.
Il ricorso va quindi rigettato.
4 Va disposta l’integrale compensazione delle spese tra le parti non essendosi  ancora  formato  sulla  questione  trattata  un  consolidato orientamento di questa Corte.
La Corte rigetta il ricorso.
Dispone compensarsi tra le parti le spese del presente giudizio.
Dà  atto,  ai  sensi  dell’art.13,  comma  1  quater  del  d.P.R.  del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di  contributo  unificato  pari  a  quello  per  il  ricorso,  se  dovuto,  a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 25 febbraio