Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16885 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16885 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3016/2020 R.G. proposto da :
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n.963/2019 depositata il 5.6.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 2017 il Condominio RAGIONE_SOCIALE, di Riva presso Chieri (TO), INDIRIZZO conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Torino gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per sentirli condannare al risarcimento del danno subito per negligenza professionale, dovuta alla mancata riassunzione nei termini di legge, e conseguente estinzione della procedura esecutiva immobiliare, azionata dal Condominio sulla base di un decreto ingiuntivo non opposto nei confronti di Muotri NOME condomina morosa nel pagamento delle spese comuni, procedura esecutiva che era stata sospesa per sei mesi dal giudice dell’esecuzione il 13.3.2013 su istanza congiunta delle parti del 18.2.2013, a seguito del riconoscimento di debito della Muotri e della pattuizione di un piano di rientro (22 rate mensili per complessivi € 15.491,23, dovuti per circa 2/3 a spese legali).
Costituendosi in giudizio, i convenuti resistevano alle avverse pretese e ne domandavano il rigetto.
Con sentenza n. 4607/2018, il Tribunale di Torino respingeva la domanda attorea, reputando insussistente il lamentato inadempimento professionale alla luce della delibera assembleare condominiale del 24.7.2014, successiva alla scadenza del termine per la riassunzione, con la quale gli avvocati erano stati incaricati di proseguire il procedimento esecutivo in precedenza sospeso.
Avverso tale pronuncia il Condominio RAGIONE_SOCIALE proponeva gravame ed i professionisti resistevano all’impugnazione.
Con la sentenza n. 963/2019 del 5.6.2019, la Corte d’Appello di Torino dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta, accogliendo l’eccezione ex art. 342 c.p.c. sollevata dagli appellati, in quanto il Condominio non aveva addotto argomentazioni volte ad incrinare la ratio decidendi della sentenza di primo grado. Inoltre,
la Corte territoriale riteneva che l’appellante avesse, per la prima volta in sede di gravame, introdotto la circostanza secondo la quale l’assemblea condominiale aveva avuto notizia dell’inadempimento della condomina morosa dagli stessi avvocati, nonché lamentato la mala gestio della vicenda transattiva e del piano di rientro del 20.2.2013 da parte dei legali.
Avverso tale sentenza il Condominio RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso a questa Corte, affidandosi ad un’unica censura, e NOME e NOME hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo di ricorso, il Condominio si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 342, comma 1° nn. 1) e 2) c.p.c.. Il Giudice di seconde cure avrebbe erroneamente ritenuto prive del requisito della specificità le censure formulate dall’appellante, omettendo di rilevarne l’idoneità a contrastare le argomentazioni della sentenza impugnata. Inoltre, tanto la circostanza ritenuta nuova dalla Corte territoriale, quanto l’addebito agli appellati della mala gestio della vicenda transattiva e del piano di rientro non sarebbero stati introdotti per la prima volta nell’atto di appello, ma avrebbero trovato riscontro negli atti processuali e, in specie, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado.
Il motivo é infondato, perché pur non richiedendo l’appello l’uso di formule sacramentali, né la predisposizione di un progetto alternativo di sentenza, é indispensabile, ai fini della specificità, che il motivo fatto valere sia idoneo a contrastare le ragioni giuridiche addotte in primo grado a sostegno della decisione adottata (vedi in tal senso Cass. 15.6.2016 n. 12280; Cass. 4.9.2014 n.18704; Cass. sez. un. 9.11.2011 n. 23299), per cui il Condominio avrebbe dovuto prospettare delle argomentazioni che fossero in grado di intaccare la ratio decidendi della sentenza di primo grado, che in relazione all’unico inadempimento contrattuale che era stato fatto valere dal Condominio davanti al Tribunale di Torino, ed alla
pacifica distinzione esistente tra l’incarico dato ai professionisti per il recupero in sede esecutiva della somma dovuta dalla Muotri e quello di riattivare la procedura esecutiva immobiliare sospesa, era quella che era stato lo stesso Condominio ad incaricare con delibera del 24.7.2014 i due professionisti di riassumere tale procedura, quando già il termine di riassunzione dell’art. 624 bis comma 2° c.p.c. era scaduto il 19.9.2013, mentre come accertato dalla Corte distrettuale, a pagina 2 della sentenza impugnata, e non smentito dal ricorso, nessuna argomentazione era stata spesa per contrastare quella ratio decidendi nell’atto di appello.
Sotto questo profilo la Corte distrettuale, ha opportunamente evidenziato, che non potevano supplire al difetto di contrasto della ratio decidendi, le circostanze nuove prospettate come inadempimenti per la prima volta dal Condominio in secondo grado (il fatto che il piano di rientro di 22 mesi non fosse stato portato a conoscenza del giudice dell’esecuzione, che aveva quindi disposto la sospensione della procedura esecutiva per soli sei mesi; la predisposizione della transazione conclusa con la Muotri pregiudizievole per il Condominio perché priva di garanzie; la mancata tempestiva informazione del Condominio sulla circostanza che la Muotri già durante il periodo della disposta sospensione della procedura esecutiva immobiliare si era mostrata parzialmente inadempiente al piano di rientro concordato, che prevedeva che i versamenti avvenissero mensilmente presso lo studio dei legali).
In effetti in primo grado i suddetti inadempimenti contrattuali, richiedenti anche accertamenti di fatto non compiuti, come emerge anche dall’esame degli atti processuali, nella specie consentito per la natura processuale del vizio lamentato, non erano stati contestati dal Condominio ai due professionisti, e l’individuazione di essi come causa petendi della domanda risarcitoria avanzata per colpa professionale solo nel giudizio di appello era inammissibile, in quanto domanda nuova, non trattandosi né di inadempimenti
ulteriori sopravvenuti alla mancata tempestiva riassunzione della procedura esecutiva immobiliare sospesa, bensì di inadempimenti contrattuali anteriori non allegati tempestivamente nel giudizio di primo grado, né di pretese risarcitorie meramente riduttive dell’originaria pretesa (vedi in tal senso in riferimento a domande di risarcimento danni per inadempimenti contrattuali prospettati per la prima volta in appello Cass. ord. 15.10.2018 n. 25631 e Cass. 15.11.1996 n.10045, che sottolineano trattarsi di diritti eterodeterminati per i quali vanno tempestivamente allegati i fatti materiali sui quali il diritto al risarcimento danni si fonda per consentire all’obbligato di provare il proprio adempimento, e vedi per la necessità di evitare il disorientamento della difesa del convenuto Cass. 12.12.2018 n. 32146; Cass. 28.1.2015 n.1585).
In base al principio di soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente ed in favore dei controricorrenti.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il Condominio RAGIONE_SOCIALE di Riva, presso Chieri, INDIRIZZO al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed €3.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10.6.2025
Il Presidente NOME COGNOME