Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10235 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10235 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17168/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMEricorrente- contro
CORSI SIRIA, COGNOME -entrambe in proprio e quali eredi di NOME COGNOME– e COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 43/2019 depositata il 11/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva concluso con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME un contratto di appalto per la ristrutturazione di una villa; nel contratto, predisposto dalla committenza, si richiamava espressamente come applicabile, agli atrt.1 e 3, il regolamento generale in materia di appalto di opere pubbliche di cui al
DPR n.554/1999, oltre che il capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici di cui al DM 145/2000, indicati come derogabili solo con apposita pattuizione scritta.
La società appaltatrice non aveva sottoscritto il documento di contabilità finale dei lavori mentre aveva sottoscritto in data 5.2.2004, con plurime riserve, lo stato finale dei lavori redatto il 23.1.2004 -il collaudo era seguito, senza la partecipazione di RAGIONE_SOCIALE dopo l’introduzione del presente giudizio-.
L’appaltatrice aveva quindi agito nei confronti dei committenti avanti al Tribunale di L’Aquila, pretendendo il pagamento di oltre € 340.000,00 quale residuo corrispettivo dovutole. I committenti avevano contestato la pretesa di controparte chiedendone l’integrale rigetto. All’esito della fase istruttoria documentale il Tribunale di L’Aquila, ribadita l’inammissibilità e irrilevanza dei mezzi di prova richiesti dalla società e, in particolare, della disposizione di CTU, aveva parzialmente accolto la domanda dell’impresa, riconoscendole ancora dovuto il solo importo di € 21.861,96, oltre accessori, come espressamente riconosciuto dalla committenza nel collaudo del 2.7.2004.
RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado, al quale avevano resistito i committenti.
La Corte d’Appello di L’Aquila aveva respinto integralmente l’appello in base, per quanto qui ancora interessa, alle seguenti considerazioni: -tenuto conto del richiamo negoziale espresso al regolamento generale dei lavori pubblici ex DPR n.554/1996 e al Capitolato generale di appalto dei lavori pubblici, di cui al DM n.145/2000, si devono ritenere applicabili al rapporto le disposizioni in essi contenute relative alle riserve e alle domande dell’appaltatore per le eventuali opere aggiuntive o variazioni qualitative o quantitative delle stesse, ex art.164, 165 e 174 DPR n.554/99; l’art.174 DPR cit. prevede espressamente che le riserve e domande dell’appaltatore siano iscritte nel registro di contabilità e siano confermate nel conto finale, la cui mancata sottoscrizione, così come la mancata reiterazione in esso delle riserve precedentemente formulate, equivale ad accettazione; -nel caso di specie l’appaltatore ha sottoscritto con riserva lo stato finale dei lavori redatto il 23.1.2004 specificando le proprie riserve e domande nei 15 giorni successivi alla sottoscrizione, ma non aveva sollevato osservazioni di alcun tipo sul registro contenente la contabilità finale dei lavori inviatogli il 30/6-3/7-2003, che non aveva sottoscritto, accettando di conseguenza la contabilità finale predisposta dalla Direzione dei Lavori; ne consegue che le riserve apposte successivamente, il 5.2.2004, sono da considerare intempestive e sono maturate le decadenze conseguenti; -si conferma pertanto la totale irrilevanza dei mezzi di prova richiesti dall’impresa.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
Hanno resistito con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (la seconda e la terza anche quali eredi di NOME COGNOME), eccependo l’inammissibilità del ricorso sia per plurimi vizi riferiti alla procura speciale, sia per la formulazione non specifica e autosufficiente dei motivi, e chiedendone comunque il rigetto.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative e i resistenti hanno comunicato l’intervenuto decesso di NOME COGNOME -dopo l’instaurazione del giudizio di cassazione-.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il decesso di NOME COGNOME intervenuto nel corso del giudizio di legittimità, non comporta conseguenze sul suo svolgimento e non preclude la sua definizione all’esito dell’adunanza camerale -cfr., per tutte, Cass. n.1756/2016, espressione di un orientamento interpretativo consolidato: Nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, nè consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo’ -.
Quanto alla procura, specificamente rilasciata per il giudizio di cassazione dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, non si rilevano profili di irregolarità/invalidità: essa presenta un contenuto adeguato (essendo il rilascio del potere di rappresentanza processuale insito nel conferimento ad opera della parte dell’incarico difensivo al professionista nominato, ex art.83-84 c.p.c.) ed è stata notificata via PEC, con il ricorso rispetto al quale è contestuale (l’originarle cartaceo è unito con timbro di continuità al ricorso, pure cartaceo) e con attestazione di conformità all’originale.
Non vi possono essere dubbi, quindi, sulla posteriorità della procura rispetto alla sentenza d’appello impugnata e sulla sua contestualità rispetto al ricorso per cassazione, vi è asseverazione di conformità del documento inviato via PEC all’originale cartaceo e il contenuto della procura risponde a quanto richiesto dagli art.82 e s. c.p.c.: i rilievi dei controricorrenti riguardo a carenze contenutistiche, alla pretesa assenza di data del suo rilascio e al difetto di asseverazione appaiono pertanto destituiti di fondamento.
La prospettata inammissibilità del ricorso ex art.360 bis co 1 c.p.c. -cfr., al riguardo, Cass. a SSUU n.7155/2017, alla quale sono conformi le pronunce successive-, o, in evidente alternativa, ex art.348 ter co 5 c.p.c. deve essere valutata con riferimento ai singoli motivi.
Il primo motivo di ricorso è prospettato come ‘Errore di diritto ex art.360 n.3 c.p.c. in relazione agli art.2965 e 1341 c.c. per avere il Giudice ritenuto validamente
inserita nel contratto una decadenza convenzionale mediante il semplice generico richiamo alla normativa in materia di appalti pubblici, oltretutto senza alcuna sottoscrizione specifica, in un contratto che pure prevedeva numerose ipotesi di clausole vessatorie specificamente sottoscritte dall’appaltatore’.
Il motivo in esame pecca di autosufficienza perché in esso, in totale assenza di riferimenti alla questione nella sentenza d’appello -cfr., al riguardo, di recente, Cass. n.18018/2024: ‘In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio’ -, non è indicato in quale momento del processo e in quale atto l’impresa ricorrente abbia allegato e/o offerto di dimostrare l’esistenza dei presupposti di richiesta applicabilità dell’art.1341 c.c., primo tra tutti la predisposizione di condizioni generali di contratto destinate ad essere utilizzabili per una serie indefinita di rapporti. Senza quest’ultimo elemento, la predisposizione del testo negoziale da parte di uno dei contraenti non potrebbe infatti comportare l’applicazione del disposto dell’art.1341 c.c. perché essa costituirebbe solo il frutto dello svolgimento di attività preparatoria volta alla stipula di un contratto destinato alla regolamentazione di uno specifico affare che le parti intendano concludere a prescindere dal fatto che la parte che non abbia predisposto il testo possa liberamente valutarlo apportando o chiedendo di apportare tutte le modifiche ritenute necessarie e/o opportune, oppure semplicemente accettarlo o rifiutarlo nel testo predisposto. In sostanza, per configurare l’ipotesi prevista dalla norma richiamata non basta ‘ che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del contratto in modo che l’altra parte non possa che accettarlo o rifiutarlo nella sua interezza senza poter concorrere alla sua formazione, ma è necessario che lo schema sia predisposto, e le condizioni generali siano fissate, per servire ad una serie indefinita di rapporti’ -in tal senso, nell’articolata motivazione che, per il resto, si richiama, Cass. n.26333/2011; cfr. anche Cass. n.7403/2016-.
In assenza della predisposizione di condizioni generali di contratto per la regolamentazione di una serie di rapporti nemmeno potrebbe essere rilevante per applicare il disposto dell’art.1341 c.c. il fatto che le parti abbiano previsto nel testo negoziale la specifica sottoscrizione di determinate clausole, perché appunto mancherebbe il presupposto fondante richiesto dalla stessa norma: nella situazione descritta la doppia sottoscrizione comporterebbe solo che a quelle specifiche clausole
i contraenti hanno inteso riconoscere un rilievo particolare. Si potrebbe in tal caso valutare, per le ipotesi in cui i contraenti non abbiano la stessa posizione di forza negoziale, la necessità o l’opportunità che sia espressa chiaramente, anche senza fare riferimento al testo dell’art.1341 c.c., l’assunzione di un impegno contrattuale specifico, non soddisfatto dal semplice richiamo, quando si importino nel testo negoziale disposizioni normative implicanti decadenze: si tratta però di valutazione inaccessibile nel caso di specie, sia perché RAGIONE_SOCIALE, imprenditrice edile, non potrebbe essere considerata come contraente in posizione subordinata rispetto ai committenti privati, sia soprattutto perché le circostanze di fatto necessarie a fondare un approfondimento -del resto nemmeno prospettato nelle fasi di merito- nel senso indicato non risultano essere mai state nemmeno allegate tempestivamente in atti.
Dalle considerazioni svolte consegue che nel caso di specie, anche ove si intendesse superare la rilevata carenza di autosufficienza del motivo in esame, non sarebbe possibile mettere in dubbio che il richiamo esplicito alle disposizioni del DPR 554/99, comprensive di quelle prevedenti decadenze a carico dell’appaltatore, ne abbia comportato, secondo l’interpretazione della Corte di merito, l’inserimento legittimo nel regolamento negoziale concordato senza necessità di specifica sottoscrizione ex art.1341 c.c.
Il motivo deve pertanto essere respinto.
11. Con il secondo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art.360 c.p.c. n.5 in relazione alla mancata redazione di contabilità di cantiere’.
La società ricorrente vuole rimettere inammissibilmente in discussione, attraverso la doglianza in esame l’interpretazione e la valutazione del materiale istruttorio operata dai Giudici di merito, con lo stesso risultato finale pur se attraverso un percorso logico non sovrapponibile sull’identificazione delle questioni rilevanti in fatto -ciò determina l’insussistenza del presupposto di applicazione dell’art.360 co 1 n.5 c.p.c. in relazione all’art.348 ter c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, ma non permette certo rivalutazioni del merito della controversia precluse in sede di legittimità-.
La Corte d’Appello ha infatti ritenuto, sulla base di una valutazione, effettiva e priva di contraddizioni, della documentazione acquisita, che fosse stata predisposta una contabilità finale, inviata con raccomandata AR all’impresa, che aveva scelto di non fare osservazioni e di non apporre riserve; non rileva affermare, come vorrebbe la ricorrente, che la documentazione qualificata dal Giudice come contabilità tale non poteva essere considerata, perché in tal modo RAGIONE_SOCIALE contrappone alla valutazione del materiale istruttorio operata dal Giudice di merito la propria contrastante ricostruzione dello stesso chiedendo inammissibilmente che essa sia ritenuta preferibile in sede di legittimità.
Appare opportuno precisare che non è possibile enucleare dal motivo in esame una doglianza ricostruibile in termini di violazione di legge dal fatto che l’impresa assume non siano state seguite nello svolgimento del rapporto di appalto, in materia di contabilità, le disposizioni di cui al DPR 554/99: il rilievo di tali disposizioni nel caso concreto è di natura negoziale, non normativa, e riguarda quindi l’interpretazione del contratto, che spetta al Giudice di merito -salvo il mancato rispetto delle disposizioni degli art.1362 c.c., in relazione alle quali la società ricorrente non ha rilevato criticità alcuna-.
Anche il secondo motivo di doglianza è pertanto infondato.
12. Con il terzo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta l”Errore di diritto ex art.360 n.3 c.p.c. in relazione all’art.165 DPR n.554/’99 per avere applicato allo stato finale dei lavori le preclusioni previste per le riserva in tema di contabilità giornaliera’.
Anche questo motivo deve essere respinto, per ragioni analoghe a quelle illustrate al punto precedente. Da una parte, infatti, l’applicazione delle disposizioni del DPR n.554/99 al rapporto di appalto concluso tra le parti è di fonte negoziale e non normativa; dall’altra la valutazione dell’andamento del rapporto per la contabilità dei lavori, da effettuare alla luce della documentazione in atti e quindi attraverso l’interpretazione e la valorizzazione del materiale probatorio acquisito, è attività meritale che, se supportata, come nel caso di specie, da motivazione esistente e non insanabilmente contraddittoria, non può essere affrontata in sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso per cassazione proposto deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, si pongono a carico della ricorrente.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di Montedil s.r.l. di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità a favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e le liquida in complessivi € 10.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.