SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 362 2025 – N. R.G. 00000733 2024 DEPOSITO MINUTA 14 07 2025 PUBBLICAZIONE 15 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
Sezione controversie del lavoro
La Corte d’Appello , in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
Presidente
Consigliere
Consigliere relatore
SENTENZA
nella causa civile di II grado iscritta al n. 733/2024 RGA n. 658/2020, non notificata;
avente ad oggetto: accertamento negativo obbligo contributivo; posta in discussio ne all’udienz promossa da:
avverso la sentenza n. 138/2024 R.S. del Tribunale di Parma, Sezione Lavoro, emessa il 16.02.2024 e pubblicata in data 9.5.2024 nel procedimento iscritto al RG a collegiale tenutasi in data 03/07/2025;
con sede legale a Colorno (PR) in INDIRIZZO, P. Iva , in persona del titolare sig. (C.F. ), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il relativo st udio professionale, sito in Fontanellato (PR), INDIRIZZO; P.
appellante
;
contro
(C.F.
, in persona del Presidente e legale rappresentante. p. t., rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con elezione di domicilio presso l’Avvocatura della sede provinciale P.
dell’Istituto di Bologna (BO);
appellato;
udita la relazione della causa fatta dal Consigliere NOME COGNOME udita la lettura delle conclusioni assunte dai procuratori delle parti costituite, come in atti trascritte;
esaminati gli atti e i documenti di causa;
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione La vicenda giudiziaria per cui è causa è adeguatamente sintetizzata nella gravata sentenza, ove si ha modo di leggere al riguardo che: ‘(…) 1.1 Con ricorso depositato in data 28.09.2020 e ritualmente notificato, il ricorrente di cui in epigrafe conveniva in giudizio l
, proponendo domanda di accertamento negativo dell’obbligo contributivo r isultante dal verbale unico di accertamento e notificazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Parma-Reggio Emilia n. 37429 del 07.11.2019 nonché dall’allegato provvedimento ‘diffida ad adempiere’, prot. inf. DPR 445/2000 5600.07/11/2019.023825, a mezzo del quale il Sig. , in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, veniva diff idato al pagamento di € 12.295,73, di cui € 7.682,08 a titolo di contributi previdenziali obbligatori ed € 4.613,65 a titolo di somme aggiuntive previste dalla legge vigente in materia, per il periodo 8/2017 – 11/2017.
Le pretese contributive rivendicate traevano titolo dall’asserita violazione, ad opera dell’odierno ricorrente, dell’art. 3, comma 3, D.L. 12/2002 conv. in L. 73/2002, sost. dall’art. 22, comma 1, D.Lgs. 151/2015 – per avere egli impiegato i lavoratori ed senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 3, co. 3, D.L. 12/2002 conv. in L. 73/2002, sost. dall’art. 22, comma 1, D.Lgs. 151/2015 -nonché dell’art. 4, comma 1, lettera a), D.Lgs. 276/2003 per la fittizia interposizione di somministrazione dei lavoratori e . l’impresa manutenzione ordinaria e straordinaria con il committente
A sostegno dell’impugnazione proposta, parte ricorrente deduceva: a) che , attiva nel settore delle costruzioni residenziali e non, in data 6.08.2017 aveva stipulato un contratto di appalto per lavori di sito in Parma (PR), INDIRIZZO in persona dell’amministratrice
condominiale, Sig.ra b) che, resasi conto di non poter garantire l’esecuzione dei lavori in breve tempo, l’impresa si avvaleva della collaborazione della società sottoscrivendo con quest’ultima, in data 11.09.2017, regolare contratto di sub-appalto e affidandole i lavori commissionati dal suddetto appaltante, con inizio lavori previsto per il 25.09.2017; c) che la sub appaltatrice eseguiva i lavori con propri mezzi ed operai, limitandosi esclusivamente il ricorrente ad ispezionare il cantiere, senza vantare alcun potere direttivo o gerarchico sui lavoratori dipendenti della società sub-appaltatrice impegnati nei lavori di manutenzione; d) che la regolarità del contratto di subappalto stipulato con la società era provata dall’ispezione in materia di igiene e sicurezza sul lavoro effettuata in data 28.09.2017 dal Dipartimento di Sanità Pubblica – Distretto di Parma, a seguito della quale non erano emerse irregolarità; e) che, in ogni caso, i lavoratori e , assunti alle dipendenze della avevano svolto la propria prestazione lavorativa dopo la data di inizio dei lavori contrattualmente convenuta e, cioè, il 25.09.2017 e che, soprattutto con riguardo ai primi due, il Sig. non aveva modo di impartire direttive o istruzioni, essendo questi ultimi stranieri e non a conoscenza della lingua italiana. (…)
1.2. L – si costituiva in giudizio con memoria del 7.01.2021, argomentando diffusamente in merito all’inconsistenza del ricorso e deducendo l’infondatezza delle avverse eccezioni nonché l’illegittimità dell’appalto per mancanza di autonoma organizzazione di mezzi e risorse, di potere direttivo e assenza di assunzione di rischio d’impresa da parte della società.
Concludeva, dunque, instando per il rigetto del ricorso e spiegando contestuale domanda riconvenzionale onde ottenere il pagamento dei contributi dovuti, con vittoria di spese e competenze.
1.3 La causa veniva, dunque, istruita documentalmente e con l’assunzione della prova testimoniale richiesta dalle parti. (…)’.
Il Tribunale di Parma, all’esito dell’udienza di discussione del 16.02.2024, ha definito la vertenza con la sentenza n. 138/2024, così statuendo: ‘(…) 1) Rigetta l’opposizione proposta avverso le risultanze del verbale di accertamento e notificazione impugnato, con condanna di , in
qualità dell’omonima impresa individuale, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dall’ al pagamento di una somma complessivamente pari ad euro 7.892,08 a titolo di contribuzione omessa in relazione al periodo 8/2017 -11/2017 ed euro 4.613,65 a titolo di sanzioni ed interessi.
2) Condanna parte opponente alla rifusione, a favore dell convenuto, delle spese di lite, spese che si liquidano in euro 5.400,00 per compensi professionali, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge . (…)’.
Il Giudice a quo , in estrema sintesi, nella predetta sentenza, riepilogati i fatti sottoposti alla sua valutazione e richiamati gli indici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per distinguere un appalto genuino di servizi da una somministrazione illecita di manodopera, esaminato il compendio probatorio in atti, ha ritenuto che le risultanze probatorie acquisite agli atti consentono di ritenere ampiamente provata la fattispecie della somministrazione irregolare di manodopera, schermata da un appalto di servizi, con cludendo, quindi, che ‘ i funzionari ispettivi hanno correttamente, proceduto alle conseguenti contestazioni, imputando le giornate lavorative dei prestatori d’opera direttamente all’utilizzatore effettivo e provvedendo al calcolo dell’imponibile previdenziale omesso sulla base del CCNL per i dipendenti dalle piccole imprese edili ed affini nonché al calcolo della corrispondente contribuzione previdenziale per le giornate di lavoro non registrato e denunciato ‘.
Con ricorso depositato in data 10/11/2024, il sig. , in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, ha proposto appello nei confronti della predetta sentenza, chiedendo che questa Corte, in totale riforma della pronuncia gravata, voglia accogliere le domande da lui già formulate nel giudizio di prime cure, il tutto con vittoria della spese di entrambi i gradi del giudizio.
Nello spiegato atto di gravame, l’odierno appellante ha censurato la sentenza gravata sulla scorta di sei motivi di impugnazione, rubricati rispettivamente: ‘ a. Violazione dell’art. 115 cpc in ordine alla depositata documentazione omessa valutazione e carenza di motivazione -non contestazione dei documenti ‘; ‘ b. Violazione degli artt. 115 e 116 cpc – Errata valutazione delle risultanze istruttorie – carenza e difetto di motivazione sul punto ‘; ‘ c. Violazione degli artt. 115 cpc -omessa valutazione di atti documentali -accertamento ; ‘ d. Errata
interpretazione delle norme giuridiche (art. 1655 c.c e art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003) -errata interpretazione di istituti giuridici (appalto e interposizione fittizia di manodopera) ‘; ‘ e. Contraddittoria e illogica motivazione Violazione dell’art. 2697 Codice Civile -onere della prova ‘; ‘f . Irragionevolezza e illogicità nella liquidazione delle spese di causa ‘;
Con i primi cinque motivi di gravame, l’odierno appellante ha veicolato in questa sede in guisa di censure alla sentenza appellata le prospettazioni da lui già svolte nel giudizio a quo . Con il sesto motivo di appello, infine, ha censurato la liquidazione delle spese di lite operata dal Tribunale di Parma, eccependone ‘l’irragionevolezza, l’illogicità e l’illegittimità ‘.
L’ , ritualmente costituitosi in giudizio, in via principale, ha diffusamente contestato la fondatezza dell’avverso gravame sulla scort a delle prospettazioni vittoriosamente svolte in prime cure, chiedendone il rigetto e, in via subordinata, ha insistito per la condanna dell’odierno appellante al ‘ pagamento della contribuzione dovuta e non versata dalla subappaltatrice in virtù della responsabilità solidale ex art. 29 D. Lgs. 276/2003 ed in accoglimento della domanda riconvenzionale presentata in via subordinata dall’istituto già in prime cure ‘.
Ricostituitosi il contraddittorio il procedimento è stato istruito sulla scorta del compendio probatorio già acquisito in prime cure.
Tanto premesso circa lo svolgimento del giudizio, si osserva che appare opportuno trattare congiuntamente i primi cinque motivi di impugnazione formulati dall’odierno appellante in ragione della loro reciproca interferenza, essendo tutti attinenti al merito delle valutazioni in punto di fatto e di diritto compiute dal Giudice a quo .
Ciò posto, si osserva, innanzitutto, che la sentenza gravata non risulta affetta da alcun vizio motivazionale.
Al riguardo, si rammenta che per costante giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione: ‘(…) il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (articolo 111, sesto comma, Cost.), ossia dell’articolo 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e (in materia di processo tributario) dell’articolo 36, comma 2, num. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, omette di illustrare l’iter logico seguito
per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione ‘. Pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da un punto di vista grafico o quelle che presentano un ‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e che presentano ‘ una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘ (Cassazione SS.UU. n. 8053/2014), ma anche quelle che ne contengono una meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la stessa non consente di ‘ comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato ‘, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un ‘ ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo ‘, logico e consequenziale, ‘ a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi’ (Cassazione SS.UU. n. 22232/2016), non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Nel caso di specie, il Tribunale di Parma, ad avviso di questa Corte, ha illustrato nella gravata sentenza in maniera dettagliata ed analitica il ragionamento logicogiuridico posto a fondamento della propria decisione. Ed invero, riassunto lo svolgimento del processo, il Giudice di prime cure: ha illustrato le norme di legge astrattamente applicabili alla res litigiosa , evidenziandone anche la più recente interpretazione giurisprudenziale; ha individuato le fonti di prova da lui ritenute maggiormente attendibili e poste a fondamento della propria decisione; ha dato atto delle risultanze istruttorie emergenti da tali fonti e sulla scorta delle stesse ha operato la sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito della cornice normativa di riferimento.
In punto di diritto, va poi premesso che secondo l’indirizzo ermeneutico consolidatosi presso la giurisprudenza di legittimità – i verbali ispettivi, non avendo il valore probatorio di un accertamento precostituito in relazione ai fatti non avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale, non possono esimere il Giudice dalla valutazione complessiva di tutte le risultanze probatorie, il cui contenuto può anche rivelarsi in contrasto con quanto indicato nell’accertamento ispettivo.
Ed infatti, ‘ i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi
attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato (ad esempio, per le dichiarazioni provenienti da terzi, quali i lavoratori, rese agli ispettori) il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti ‘ (Cass. civ., Sez. Lav., 9251/2010; Cass. civ., Sez. Lav., 15073/2008; Cass. civ., Sez. Lav., 2275/2000).
In tale contesto, va anche puntualizzato che il ricorso in opposizione a verbale ispettivo introduce un ordinario giudizio di cognizione sul rapporto giuridico posto a fondamento della pretesa azionata.
Quanto alla distribuzione dell’onere della prova, va, altresì, puntualizzato che ‘ secondo il più recente indirizzo di questa Corte, cui va prestata adesione (Cass. n. 22862/2010; Cass. n. 12108/2010 in conformità peraltro a Cass. n. 19762/2008) in tema di riparto dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo; ne consegue che, nel giudizio promosso da una società per l’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo contributivo preteso dall’ sulla base di verbale ispettivo, incombe sull’Istituto previdenziale la prova dei fatti costitutivi del credito preteso, rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria.
L’opposto indirizzo giurisprudenziale, per lungo tempo dominante, secondo cui l’onere della prova grava sul soggetto che agisce in giudizio (cfr. Cass. n. 11751/2004, n. 23229/2004, n. 2032/2006, n. 384/2007) non risulta, infatti, conforme alla regola fond amentale sulla distribuzione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c.; aggrava ingiustificatamente la posizione di soggetti indotti o praticamente costretti a promuovere un’azione di accertamento negativo dalle circostanze e specificamente da iniziative stragiudiziali o giudiziali mediante strumenti particolarmente efficaci della controparte; non è effettivamente necessitato dalla finalità di prevenire azioni di accertamento non aventi oggettiva giustificazione.
Quanto all’art. 2697 c.c., l’affermazione secondo cui la dizione, dallo stesso utilizzata – ‘chi vuoi far valere un diritto in giudizio’ -, implica che sia colui che
prende l’iniziativa di introdurre il giudizio ad essere gravato dell’onere di ‘provare i fatti che ne costituiscono il fondamento’, contrasta innanzitutto con la stessa lettera della disposizione, poiché l’attore in accertamento negativo non fa valere il d iritto oggetto dell’accertamento giudiziale, ma, al contrario, ne postula l’inesistenza, ed è, per contro, il convenuto che virtualmente o concretamente fa valere tale diritto, essendo la parte controinteressata rispetto all’azione di accertamento negativo.
Una considerazione complessiva delle regole di distribuzione dell’onere della prova di cui ai due commi dell’art. 2967 c.c., conferma, invero, che esse sono fondate, non già sulla posizione della parte nel processo, ma sul criterio di natura sostanziale relativo al tipo di efficacia, rispetto al diritto oggetto del giudizio e all’interesse delle parti, dei fatti incidenti sul medesimo. Dare rilievo all’iniziativa processuale vuol dire, quindi, alterare in radice i criteri previsti dalla legge per la distrib uzione dell’onere della prova, addossando al soggetto passivo del rapporto, in caso di accertamento negativo, l’onere della prova circa i fatti costitutivi del diritto e quindi imponendogli la prova di fatti negativi, astrattamente possibile ma spesso assai difficile (in termini, Cass. n. 22862/2010) ‘ (si veda Cass. civ., Sez. Lav., 14965/2012).
Va poi rammentato che: ‘ In tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E’, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice ‘ . (Cassazione civile, Sez. II, ordinanza n. 21187 del 8 agosto 2019) Tanto premesso, richiamando per quanto d’interesse la sentenza gravata : <>.
Queste esaustive e convincenti considerazioni, frutto di un attento e meditato esame delle risultanze istruttorie in atti ed immuni da vizi logico-giuridici, nella condivisione di questa Corte, sono qui ribadite e richiamate a confutazione delle censure articolate dall’odierno appellante con i primi cinque motivi di appello (con riguardo a questa tecnica motivazionale v., inter plures , Cass. S.U. sent. N. 642/2015).
La solidità e la coerenza del ragionamento logico-giuridico articolato dal Tribunale di Parma nella gravata sentenza, peraltro, non sono scalfite dalla censure articolate in questa sede dall’odierno appellante, che ci concretizzano in una ‘sterile’ riproposizione delle prospettazioni già svolte nel giudizio di prime cure e che risultano scrutinate funditus nella gravata sentenza.
In particolare, si condivide pienamente la scelta del Giudice a quo di porre a fondamento del proprio convincimento, in primis , le dichiarazioni acquisite dagli Ispettori verbalizzanti in sede amministrativa, ancorché non confermate in sede di escussione testimoniale. Tali dichiarazioni, infatti, puntualmente riportate dal Giudice a quo , appaiono spontanee, dettagliate, lineari e scevre da condizionamenti postumi, dettati da teoremi difensivi.
I testi escussi nel corso del giudizio di prime cure, peraltro, in particolare
e non hanno giustificato in alcun modo le marcate divergenze fra le loro deposizioni testimoniali e le dichiarazioni rilasciate in sede ispettiva e tanto depone ulteriormente per l’inattendibilità delle loro deposizioni (di cui, per di più, parte appellante offre comunque una ricostruzione assolutamente atomistica e ‘partigiana’ nel mal celato tentativo di dare pregnanza ai propri infondati assunti).
A ciò aggiungasi che le dichiarazioni acquisite in sede ispettiva e correttamente valorizzate nella gravata sentenza risultano altresì ampiamente suffragate dai documenti e/o dalle carenze documentali rimarcate dal Giudice a quo , innanzi richiamate.
Nessuna rilevanza in senso contrario alle suesposte conclusioni, poi, può essere attribuita al verbale accertativo redatto dagli ufficiali di Polizia Giudiziaria presso il Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro della di Parma, Pileggi e Colla, in data 28.9.2017, trattandosi di accertamento ispettivo svolto con finalità diverse da quello qui impugnato. In ogni caso, le valutazioni contenute in tale verbale non sono in alcun modo vincolanti in questa sede, posto che, come già ricordato, i verbali redatti dai funzionari ispettivi fanno piena prova solo dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti .
Alla luce delle suesposte considerazioni, i primi cinque motivi di impugnazione vanno disattesi in quanto infondati.
Parimenti infondato, poi, risulta essere il sesto motivo di gravame, volto a censurare la liquidazione delle spese di lite operata dal Tribunale di Parma con la gravata sentenza.
Ed invero, la liquidazione operata dal Giudice a quo ricalca pienamente i valori medi di cui al D.M. 55/2014 e successive modifiche ed integrazioni, venendo in
considerazione una causa previdenziale di media complessità, che si colloca nello scaglione € 5.201 -€ 26.000 e che si è articolata su quattro fasi di giudizio (fase di studio della controversia; fase introduttiva; fase istruttoria e di trattazione della vertenza e fase decisionale). La fase istruttoria della causa, poi, è risultata particolarmente lunga e complessa, tanto da dover essere adeguatamente valorizzata nella liquidazione delle spese del giudizio di prime cure. L’odierno appellante, del resto, non ha saputo indicare alcun concreto elemento che legittimi uno scostamento dai parametri medi individuati dal Legislatore, da applicarsi nella generalità dei casi salvo peculiarità della controversia da illustrare in maniera specifica.
A tanto consegue la reiezione anche del sesto motivo di impugnazione.
In conclusione , l’appello proposto dal sig. , in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale , va respinto, con conseguente integrale conferma della sentenza gravata.
Le spese del grado seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come da dispositivo, in applicazione dei parametri per attività, fase e valore di cui al D.M. 55/2014 e successive modifiche ed integrazioni, tenuto conto, in particolare, del valore della controversia, dell’assenza di attiv ità istruttoria in questo grado del giudizio e dei criteri di cui all’art. 4, 1° co. del Decreto cit. (fra cui la ripetitività delle difese svolte e l’esiguità degli incombenti difensivi posti in essere in favore dell’ ).
Da ultimo occorre dare atto dell’integrale rigetto dell’appello, ai fini del disposto dell’art. 13, co. 1 -quater , del DPR n. 115/ 2002, in tema di raddoppio del c.d. contributo unificato.
P.Q.M.
La Co rte d’Appello sezione lavoro, ogni diversa e contraria domanda o eccezione disattesa, assorbita o respinta, definitivamente decidendo:
-rigetta l’appello proposto dal sig. , in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, con conseguente integrale conferma della pronuncia gravata;
– condanna l’appellante a rifondere all’ le spese del grado che si liquidano in € 2.000,00 a titolo di compenso professionale, oltre accessori di legge;
-dà, infine, atto dell’integrale rigetto dell’appello, ai fini del disposto dell’art. 13, co. 1quater , del DPR n. 115/ 2002.
Così deciso a Bologna, nella camera di consiglio del giorno 03.07.2025 Il Consigliere est. dott. NOME COGNOME
Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME