Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2694 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2694 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5548-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 224/2023 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/09/2023 R.G.N. 114/2023;
Oggetto
Appalto illecito
Contributi
R.G.N. 5548/2024
COGNOME
Rep.
Ud.28/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La Corte d’appello di Brescia ha respinto il gravame dell’odierna società ricorrente e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Bergamo, che aveva dichiarato non genuino il contratto d’appalto con RAGIONE_SOCIALE con la conseguente legittimità dell’avviso di addebito emesso dall’INPS per i contributi non versati e per le trasferte, disattendendo, altresì, le eccezioni di prescrizione e di compensazione.
In particolare, la Corte di merito ha osservato come, trattandosi di appalto non genuino, non venivano in rilievo le eccezioni di decadenza e di esenzione di responsabilità del committente per sanzioni, postulando le stesse, ai sensi dell’art. 29 d.lgs. nr. 276 del 2003, un regolare contratto di appalto.
Nel merito, a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha posto la cospicua documentazione prodotta dall’Ente e le risultanze del verbale di accertamento ispettivo. Ha valutato, anche, elementi di segno contrario ma ha giudicato gli stessi dotati di minor forza persuasiva (cfr. da pag. 15 a pag. 27 della sentenza impugnata).
Quanto all’eccezione di prescrizione sollevata in relazione ad alcuni contributi e sanzioni, i giudici territoriali hanno considerato idonea a interrompere la prescrizione quinquennale la diffida inviata dall’INPS il 4 agosto 2020, anche alla stregua della sospensione disposta dalla normativa di emergenza Covid-19 (pag. 10 e pag.11 della sentenza impugnata).
La Corte territoriale, poi, ha respinto la domanda con cui era chiesto di detrarre, dalle somme richieste, quelle già versate dalle appaltatrici, asseritamente dimostrate mediante la
produzione dei Durc regolari e la richiesta di ordine di esibizione all’Inps della posizione contributiva delle appaltatrici. A tale riguardo, i giudici hanno osservato che l’odierna ricorrente non aveva ottemperato all’onere di «provare sia l’ an che il quantum dei versamenti effettuati dalle appaltatrici – oltre che la loro imputazione soggettiva -, non essendo desumibile dal Durc l’importo delle somme versate in relazione alla posizione dei lavoratori oggetto delle contestazioni degli ispettori». Aggiungeva, quanto alla società RAGIONE_SOCIALE, che «i Durc regolari prodotti in atti appa(rivano) superati da quanto accertato dai militari della Guardia di Finanza », mentre, con riferimento ad altra appaltatrice, rilevava che i Durc in atti non riguardavano l’intero periodo oggetto di contestazione (gennaio 2019- febbraio 2020)» (pag. 30 della pronuncia d’appello).
La Corte di appello ha, infine, escluso che sussistessero i presupposti per una riduzione contributiva in relazione a somme versate a titolo di trasferta, in difetto della prova che si trattasse di trasferte.
Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione la società in epigrafe, deducendo sei motivi di censura.
Ha resistito, con controricorso, l’Inps.
A seguito di richiesta di decisione presentata dalla Cassa nei confronti della proposta di definizione anticipata del presente giudizio, veniva fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. -è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, comma 2, d.lgs 276/2003, in ordine alla mancata
applicazione del regime di decadenza, a prescindere dalla affermata non genuinità dell’appalto.
Con il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. -è dedotta la violazione e/o falsa applicazione del disposto di cui all’articolo 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, ad opera dell’articolo 21, d.l. 5/2012, convertito nella L. 35/2012 in relazione all’addebito delle sanzioni.
Con il terzo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, comma 9 e 10, della legge n. 335 del 1995, per intervenuta prescrizione estintiva dei contributi pretesi nonché delle sanzioni per il periodo luglio 2015 / dicembre 2016.
Con il quarto motivo ai sensi dell’art. 360 n n. 3 e 5 cod.proc.civ. -è dedotta la violazione e/o falsa applicazione del d. lgs n. 276 del 2003, art. 29 , dell’ art. 1655 c.c., del d. l. n. 276 del 2003, art. 84, dell’ art. 2094 ( recte : dell’art. 2094 c.c.) , nonché degli artt. 115 e 116 ( recte : degli artt. 115 e 116 c.p.c.) sotto l’aspetto della erroneità della valutazione delle prove acquisite.
Come osservato nella proposta di definizione anticipata, i motivi primo, secondo e quarto, nel loro complesso, presentano analoghi profili di inammissibilità e possono perciò congiuntamente esaminarsi.
La Corte di appello ha statuito la fittizietà dei contratti appalto.
Coerentemente ha giudicato inapplicabili istituti giuridici che presuppongono, invece, la regolarità delle operazioni contrattuali.
A fronte di ciò, le censure si limitano a prospettare una critica generica dell’ iter argomentativo, senza sviluppare, in diritto, rilievi puntuali alle affermazioni in esso contenuto e
senza considerare, in fatto, che si è in presenza di una pronuncia cd. «doppia conforme».
È solo il caso di osservare che, ai fini della qualificazione della operazione negoziale, la Corte territoriale ha utilizzato parametri coerenti con quelli elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e, conformemente ad essi, con giudizio di merito, qui non più sindacabile, è pervenuta alla conclusione di un appalto illecito.
Analoghi limiti presentano le censure di cui al terzo motivo.
La Corte di appello, con giudizio di fatto, ha ritenuto che l’atto di messa in mora dell’INPS avesse valenza interruttiva. I giudici hanno esaminato il documento e ritenuto che, con esso, l’ente previdenziale avesse esercitato la pretesa in relazione a tutti i crediti, per contributi e sanzioni, derivanti da ll’appalto fittizio.
Il motivo di ricorso oppone una diversa, riduttiva, interpretazione del contenuto dell’atto di messa in mora e sconfina nell’ambito degli apprezzamenti di fatto, non consentiti in questa sede di legittimità.
Va disatteso anche il quinto motivo con cui – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 29 d.lgs. 276/2003 e dell’art. 1180 c.c. nonché dell’ art. 2697 c.c. per avere la sentenza impugnata escluso di poter defalcare, dalle somme richieste dall’INPS, quelle versate dalle appaltatrici.
Le censure, ancora una volta, sub specie di violazioni di legge, si limitano a sollecitare un diverso apprezzamento della documentazione acquisita, adeguatamente e ineccepibilmente valutata dalla sentenza d’appello nella sua portata probante .
Con il sesto motivo -ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 cod.proc.civ. -è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2687 c.c. nonché degli articoli 115 e 116 ( recte: degli artt. 115 e 116 c.p.c.) sotto l’aspetto della erro nea valutazione delle prove acquisite, quanto alla ritenuta carenza di prova delle trasferte.
Anche l’ultimo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità.
L a Corte d’appello di Brescia ha deciso la controversia in conformità all’orientamento di questa Corte che fa gravare su chi intenda fruire di un’esenzione dall’obbligo contributivo (nella specie, il più favorevole trattamento connesso alle trasferte) l’onere di dimostrare i presupposti della fattispecie invocata, dimostrazione, nella specie, ritenuta insussistente.
Il motivo di ricorso, senza adeguatamente confrontarsi con la ratio decidendi , si limita ad affermare, in modo assertivo, che si trattava, invece, di trasferte.
Per quanto innanzi, il ricorso va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, da porsi a carico di parte ricorrente, giusta il criterio della soccombenza.
Inoltre, poiché il presente giudizio è definito in conformità alla proposta, deve applicarsi l’art. 96, co. 3 e 4, c.p.c., come previsto dall’art. 380 -bis c.p.c. (Cass., Sez.Un., nn. 27195 e 27433 del 2023; v. anche Cass. nr. 27947 del 2023), non ravvisando il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass., Sez.Un., n. 36069 del 2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in Euro 5.000,00 in favore
di parte resistente, e di una ulteriore somma di Euro 5.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
31. In considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge. Condanna, inoltre, parte ricorrente a pagare a parte controricorrente l’ulteriore somma di Euro 5000,00 nonché a versare la somma di Euro 5000,00 alla Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-q uater , D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 28