Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14437 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14437 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12371-2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/03/2024
CC
COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 376/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 07/01/2021 R.G.N. 1073/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Il giudice di primo grado, annullato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato in data 21 giugno 2012 a NOME COGNOME dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, imputato il rapporto di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, ha ordinato a quest’ultima società la reintegrazione del lavoratore e l’ha condannata al risarcimento del danno pari a trentasei mensilità di retribuzione, detratta la somma di € 39.000,00.
La Corte di appello di Venezia, pronunziando sull’appello principale di RAGIONE_SOCIALE e sull’ appello incidentale di NOME COGNOME, rigettato l’appello incidentale, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda del lavoratore. In particolare, la Corte di merito ha escluso il ricorrere della dedotta illegittima interposizione sul rilievo della genuinità dell’appalto di servizi conferito da RAGIONE_SOCIALE in epoca antecedente all’assunzione del COGNOME.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di dieci motivi; RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) hanno ciascuna depositato controricorso.
NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE hanno ciascuno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 29 d. lgs. n. 276/2003, censurando la sentenza impugnata per avere omesso di accertare la sussistenza del rischio di impresa, elemento strutturale del contratto di appalto, con particolare riferimento al <> relativo alla posta stipendiale del COGNOME sulla committente RAGIONE_SOCIALE .
Con il secondo motivo di ricorso, deduce, ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per apparenza di motivazione e per essere la motivazione gravemente omissiva nell’analisi delle risultanze istruttorie.
Con il terzo motivo di ricorso deduce ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti rappresentato dalla circostanza dello svolgimento da parte del COGNOME delle proprie mansioni esclusivamente in favore di RAGIONE_SOCIALE e della totale coincidenza delle sedi legali e dell’ubicazione in un’unica struttura produttiva ed organizzativa di entrambe le società.
Con il quarto motivo di ricorso deduce ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti rappresentato dalla qualificazione del COGNOME quale C.F.O. (Chief Financial Officer) della sola RAGIONE_SOCIALE.
Con il quinto motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in particolare in relazione alla valutazione della prova testimoniale.
Con il sesto motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2497 c.c. (in tema di attività di direzione e coordinamento di società in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale) e della legge n. 192/1998, in tema di abuso di dipendenza economica tra società.
Con il settimo motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 c.c. in punto di rigetto delle eccezioni di nullità formulate nel giudizio di appello in relazione all’asserita illecita pratica, connessa al rimborso a RAGIONE_SOCIALE del corrispettivo corrisposto al COGNOME, finalizzata a spostare, mediante un accordo simulatorio, una provvista di liquidità da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, società controllante la prima.
Con l’ottavo motivo di ricorso deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per non avere il giudice d’appello acquisito, come richiesto, la querela per falsa testimonianza proposta nei confronti di una teste escussa nel corso del giudizio di primo grado.
Con il nono motivo di ricorso deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 l. n. 604/1966 e degli artt. 2103, 1175 e 2697 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere il giudice di appello escluso la configurabilità nello specifico di un’ipotesi di codatorialità.
Con il decimo motivo di ricorso deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che il COGNOME fosse onerato della prova della non
genuinità dell’appalto laddove – sostiene – a fronte della configurazione della fattispecie in termini di somministrazione irregolare occorreva che la controparte dimostrasse innanzitutto la riconducibilità della concreta fattispecie all’ambito dell’appalto e non della somministrazione.
Il secondo motivo di ricorso che viene esaminato con priorità per il carattere dirimente collegato al suo eventuale accoglimento è infondato.
11.1. Si premette che la motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico destinato a sorreggere il decisum (Cass. n. 9105/2017, Cass. Sez. Un. n. 22232/2016, Cass. n. 20112/2009) rimettendo all’interprete, come non consentito (Cass. n. 22232/2016 cit.), il compito di integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture. Tale situazione non è ravvisabile nella fattispecie in esame in quanto le ragioni alla base del decisum di secondo grado risultano del tutto percepibili ed anzi chiaramente esplicitate nel loro presupposto fattuale e giuridico.
11.2. Tale presupposto è rappresentato, in estrema sintesi, dall’ esistenza di un contratto di servizi tra le due società avente ad oggetto l’apporto delle competenze della RAGIONE_SOCIALE <> alla controllata RAGIONE_SOCIALE Secondo la sentenza impugnata, tale
contratto ‘di esternalizzazione’, antecedente all’assunzione del COGNOME, in una al fatto che il COGNOME, sul quale ricadeva il relativo onere, non aveva dimostrato l’esercizio da parte della committente del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, a tal fine essendo insufficiente la esistenza di un collegamento societario fra le due società, escludeva la non genuinità dell’appalto che costituiva presupposto alla base della domanda di accertamento della illegittimità nullità del licenziamento, sia perché ingiustificato, anche in relazione all’obbligo di ricollocazione lavorativa, sia in quanto proveniente da soggetto non reale datore di RAGIONE_SOCIALE.
12. Il primo motivo di ricorso è infondato. La Corte di merito, ricordato che il contratto con il quale la committente RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto l’apporto delle competenze della RAGIONE_SOCIALE risaliva al dicembre 2010 ed era quindi preesistente all’assunzione del COGNOME, che in considerazione delle caratteristiche del servizio richiesto occorreva verificare se vi era effettivo coordinamento da parte dell’appaltatore dei dipendenti impiegati nell’esecuzione del servizio, non assumendo rilievo dirimente la disponibilità o meno dei mezzi di produzione in capo all’appaltatore, ha ritenuto la genuinità dell’appalto valorizzando: a) la esistenza, per come non contestato, in capo all’appaltatrice di una struttura che supportava lo svolgimento dei servizi esternalizzati; b) il difetto di indici significativi dell’inserimento dell’appaltatrice nel ciclo produttivo della committente; c) la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE era stata individuata come mera struttura produttiva, priva di proprie competenze per assolvere le funzioni descritte nel contratto di servizi: d) la carenza di puntuali allegazioni circa l’assenza di imprenditorialità e di
organizzazione dei mezzi di produzione da parte dell’originario ricorrente.
12.1. Tale accertamento è frutto di una valutazione ampiamente argomentata dal giudice di appello, fondata su un apprezzamento critico degli elementi istruttori in atti, coerente con i parametri individuati dalla giurisprudenza di legittimità al fine della verifica del ricorrere di un’ipotesi di illecita interposizione di manodopera, vale a dire la effettività della struttura imprenditoriale in capo all’appaltante, la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del RAGIONE_SOCIALE, l’ assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti da parte dell’appaltante in assenza di interventi dispositivi e di controllo da parte della committente sui dipendenti dell’appaltatore ( ex plurimis Cass. n. 18455/2023, Cass., n. 12251/2020, Cass. n. 1557/2019). Alla luce di tale complessivo accertamento, la circostanza relativa al ‘ribaltamento’ dei costi della prestazione del COGNOME sulla committente costituisce elemento già in astratto inidoneo ad escludere la sussistenza di un autonomo rischio di impresa in capo all’appaltatrice, rischio che deve avere riguardo al complessivo oggetto dell’appalto e non alla posizione di un solo dipendente.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono entrambi da respingere per difetto di decisività delle circostanze delle quali si assume l’ omesso esame, vale a dire lo svolgimento delle proprie mansioni da parte del RAGIONE_SOCIALE esclusivamente in favore di RAGIONE_SOCIALE e la totale coincidenza delle sedi legali ed ubicazione in un’ unica struttura produttiva ed organizzativa di entrambe le società ( terzo motivo) e la qualifica del RAGIONE_SOCIALE quale C.F.O. (Chief Financial Officer) della sola di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ( quarto
motivo). Ricordato che il vizio di motivazione alla luce dell’attuale configurazione del mezzo di cui all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. richiede che il fatto di cui si denunzia l’omesso esame sia decisivo nel senso che ove considerato dal giudice la decisione sarebbe stata diversa, in termini non di mera probabilità ma di assoluta certezza ( ex plurimis Cass. Sez. Un. n. 8053/2014), si rileva che tale connotato non è declinabile in relazione alle richiamate circostanze, che attengono a elementi utili, al più, in via indiziaria, a rivelare la esistenza di un collegamento societario tra committente e appaltatrice o ad aspetti meramente formali, intrinsecamente inidonei ad inficiare l’accertamento del giudice di merito in ordine alla concreta modalità di atteggiarsi del rapporto tra le due società.
14. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (v. ex aliis Cass. Sez. Un. n. 20867/2020, Cass. n. 4699/2018, Cass. n. 2434/2016 ) e la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile (Cass., Sez. Un., n. 11892/2016, Cass. n. 13960/2014, Cass. n. 26965/2007), situazioni queste non sussistenti nel caso in esame, dovendo altresì rilevarsi, quale concorrente profilo di inammissibilità del motivo, la genericità
della censura articolata sia in relazione alla prova orale che in relazione alla prova documentale che risultano comunque richiamate dalla Corte di merito (sentenza, pagg. 22 e sg.).
15. il sesto motivo di ricorso è inammissibile; è dirimente a tal fine la considerazione che non risulta validamente investita la affermazione del giudice di appello in ordine al concreto difetto dei presupposti per la configurabilità della ipotesi sanzionata dalle previsioni richiamate in rubrica; la Corte territoriale, ‘quanto all’aspetto oggettivo’, ha infatti ritenuto non ricorrere nello specifico un fenomeno di alterazione della formale parità contrattuale ed ha a tal fine escluso di poter valorizzare l’ ‘esosità del corrispettivo convenuto’, formulando in tal modo un apprezzamento di fatto, istituzionalmente ad essa riservato, rispetto al quale le censure dell’odierno ricorrente si configurano come espressione di un mero dissenso valutativo, intrinsecamente inidoneo a dare contezza dell’errore in tesi ascritto alla sentenza impugnata.
16. Il settimo motivo di ricorso è inammissibile in quanto le censure articolate, formalmente veicolate con la deduzione di violazione e falsa applicazione di norma di diritto, si sostanziano nella contestazione della valutazione del giudice di merito il quale ha escluso la configurabilità di un accordo simulatorio concernente l’appalto di servizi, destinato, nella prospettiva del COGNOME, a schermare la sua ‘irregolare somministrazione’ alla società committente. Parte ricorrente non incentra, infatti, le proprie ragioni di critica sul significato e sulla portata applicativa dell’art. 1414 c.c., come prescritto al fine della valida deduzione del vizio di cui all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. (Cass. Sez. Un. n. 23745/2020, Cass. n. 17570/2020, Cass. n. 16038/2013, Cass. n. 3010/2012, Cass. n. 24756/2007, Cass. n. 12984/2006), ma si limita a
denunziare l’inadeguata e /o omessa valutazione di alcune circostanze, che asserisce dimostrative della esistenza di un accordo simulatorio; in tal modo, la censura articolata, analogamente a quanto già osservato in relazione al sesto motivo di ricorso per cassazione, si sostanzia in un mero dissenso valutativo rispetto alle conclusioni attinte dal giudice merito, inidoneo in quanto tale ad incrinare l’accertamento fattuale alla base del decisum di secondo grado ;
17. L’ottavo motivo di ricorso è inammissibile per ragioni analoghe a quelle alla base della valutazione di inammissibilità dei motivi sesto e settimo, posto che, al di là della formale deduzione di violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., ciò che viene censurato è, in buona sostanza, il mancato rilievo della decisività di un documento del quale era stata chiesta la acquisizione in appello, vale a dire la querela presentata dal COGNOME nei confronti di una teste escussa in primo grado. Ciò posto si rileva in primo luogo che tale documento non viene trascritto, in violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. (Cass. n. 29093/2018, n. 195/2016, n. 16900/2015, n. 26174/ 2014, n. 22607/2014, Sez. Un, n. 7161/2010) ed in secondo luogo che parte ricorrente esprime un mero dissenso valutativo rispetto alle conclusioni del giudice di merito, ponendo una quaestio facti che è estranea al giudizio di cassazione ove non veicolata dalla corretta deduzione del vizio di motivazione, non prospettato, neppure formalmente dall’odierno ricorrente.
18. Il nono motivo di ricorso deve essere respinto; invero, la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che la ricognizione della concreta fattispecie in termini di liceità dell’appalto di servizio intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE escludeva il ricorrere di un’ipotesi codatorialità la quale, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, presuppone l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di RAGIONE_SOCIALE formale nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali, ( Cass. n. 267/2019), laddove con accertamento di fatto ad esso riservato ed incrinabile solo con la deduzione di vizio di motivazione, non esperita con esito positivo dall’odierno ricorrente, il giudice di appello, nell’affermare la genuinità dell’appalto, ha escluso l’esercizio dei tipici poteri datoriali da parte della società committente nei confronti dei dipendenti della appaltatrice e quindi del COGNOME, determinando in tal modo il venir meno di uno dei presupposti fondanti il fenomeno della codatorialità. Sotto altro profilo, come ritenuto dalla Corte di merito, la esistenza di un (valido) contratto di appalto tra le due società, avente ad oggetto la prestazione di servizi in favore di RAGIONE_SOCIALE, non consente in radice di configurare una situazione di codatorialità, posto che l’espletamento di attività in favore della società committente da parte del COGNOME risulta mediato dall’esistenza di un contratto di servizi.
19 Il decimo motivo di ricorso è infondato. Premesso che la sentenza impugnata, sulla base delle risultanze in atti, ha ritenuto la concreta fattispecie riconducibile all’ambito dell’appalto di prestazione di servizi intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE, risulta corretta l’affermazione del giudice di appello in ordine all’onere gravante sull’odierno ricorrente della dimostrazione della dedotta illecita interposizione. Ciò in base all’ordinario criterio di distribuzione dell’onere della prova secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla
differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (per un’applicazione del criterio ex art. 2697 c.c. in tema di illecita interposizione si veda: Cass. n. 670 del 2004, Cass. n. 13388 del 2000, Cass. n. 6860 del 1998).
20. Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in favore di ciascuna parte controricorrente in € 5.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 19 marzo