Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18939 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18939 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11956/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati INDIRIZZO (CODICE_FISCALE), INDIRIZZO (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 4453/2018, depositata il 12/10/2018. 8/03/2024
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto un decreto dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, che ha ingiunto al RAGIONE_SOCIALE RC6 il pagamento di euro 10.164,12. Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione al decreto e ha chiesto di chiamare in causa NOME COGNOME, amministratore del RAGIONE_SOCIALE. Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 10426/2016, ha accolto l’opposizione e ha revocato il decreto.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, chiedendo di confermare il decreto ingiuntivo, di respingere le domande proposte nei propri confronti da COGNOME, di condannare il medesimo al risarcimento del danno ad essa causato per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto; in via subordinata, RAGIONE_SOCIALE ha chiesto di accertare l’esecuzione delle prestazioni, condannando il RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma ingiunta e COGNOME al risarcimento del danno. COGNOME ha impugnato in via incidentale la sentenza, chiedendo di accertare l’ingiusto arricchimento del RAGIONE_SOCIALE e, comunque, di condannare il terzo chiamato RAGIONE_SOCIALE a tenerlo indenne da quanto eventualmente fosse stato condannato a pagare in accoglimento delle domande dell’opposta e/o dell’opponente. La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 4453/2018, ha rigettato l’appello principale e ha ritenuto che, ‘in difetto di autorizzazione dei lavori da parte dell’assemblea condominiale’ e di prova dell’effettiva esecuzione dei lavori, non
essendo risultato che i medesimi siano mai stati verificati e collaudati, non può configurarsi alcun indebito arricchimento del convenuto, così che doveva essere rigettata la relativa domanda come le ulteriori domande proposte nei confronti di COGNOME.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione MT RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO
Gli intimati NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE non hanno proposto difese.
Memoria è stata depositata dalla ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
I primi due motivi sono tra loro strettamente connessi.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1326 e 1362 c.c., in quanto dai documenti prodotti in causa (comunicazione di MT del 24 novembre 2008, offerta del 24 novembre 2008, relazione sulla situazione degli impianti del 3 febbraio 2009, preventivo c.d. offertissima del 23 marzo 2009) risulta la proposta del contratto, che non deve essere necessariamente contenuta in un unico documento come ha ritenuto la Corte d’appello, ma può risultare anche da una pluralità di documenti tutti concorrenti a definire il contenuto dell’accordo.
Il secondo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, avendo la Corte d’appello concentrato la propria attenzione unicamente sul documento NUMERO_DOCUMENTO, per affermare come questo non costituisse valida proposta contrattuale, omettendo di esaminare anche i fatti e le vicende intercorse tra MT e il RAGIONE_SOCIALE che hanno preceduto l’invio del documento offertissima di marzo.
I motivi non possono essere accolti. La valutazione dei documenti proposti in causa spettava alla Corte d’appello quale
giudice di merito; in ogni caso, indipendentemente dalla sussistenza di una valida proposta da parte della ricorrente, la Corte d’appello ha sottolineato come alla proposta dovesse fare seguito una delibera autorizzativa del RAGIONE_SOCIALE, così che l’eventuale omessa considerazione da parte della Corte d’appello di fatti relativi alla formulazione della proposta non si pone come decisiva rispetto alla ratio decidendi .
B. Il terzo motivo contesta invalidità della sentenza ai sensi degli artt. 132 e 156 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, avendo la Corte d’appello da un lato affermato che i lavori non erano stati eseguiti e dall’altro lato che i lavori erano stati eseguiti da terzi.
Il motivo non può essere accolto. A prescindere dal fatto che il vizio di motivazione oggi denunciabile di fronte a questa Corte è unicamente il difetto assoluto di motivazione e non la semplice contraddittorietà della stessa, va rilevato che non sussiste la contestata contraddittorietà tra le affermazioni della Corte, in quanto la Corte d’appello ha affermato che non risulta che i lavori ‘asseritamente compiuti’ siano mai stati verificati e collaudati, enunciato che non è contraddittorio rispetto al compimento dei medesimi ad opera di terzi.
C. Il quarto motivo contesta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2730 e 2733 c.c., in relazione all’art. 116 c.p.c., 2730, 2733, 2798 c.c.: la Corte d’appello ha violato le disposizioni richiamate in quanto non ha riconosciuto valore di prova legale alle dichiarazioni rilasciate da COGNOME nell’interrogatorio formale svoltosi nell’udienza del 25 giugno 2014.
Il motivo non può essere accolto. La ricorrente si limita a contestare alla Corte d’appello di non avere riconosciuto efficacia di prova legale alle dichiarazioni rese da COGNOME nel corso dell’interrogatorio formale. I fatti che risulterebbero provati da tali dichiarazioni sarebbero la circostanza delle anomalie in merito al
funzionamento degli scalda salviette dei bagni, il fatto che COGNOME aveva accettato la proposta anche in assenza di una preventiva delibera condominiale e quello del versamento di un acconto per tale lavoro. In realtà, non è che la Corte d’appello abbia considerato non raggiunta la prova di tali fatti, piuttosto – si pensi alla sottoscrizione della c.d. offertissima da parte di COGNOME – ha valutato tali fatti unicamente in relazione alla posizione del RAGIONE_SOCIALE e circa la posizione di COGNOME (l’unico soggetto nei cui confronti le dichiarazioni contra se hanno efficacia di prova legale) si è limitata a respingere le domande proposte nei suoi confronti. Il punto, pertanto, non è il mancato riconoscimento nei confronti di COGNOME delle dichiarazioni a sé sfavorevoli da lui rese, ma l’accoglimento o meno della domanda di risarcimento del danno proposta contro di lui. Su ciò il motivo tace, appunto limitandosi a denunciare un’insussistente violazione degli articoli in tema di valutazione delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 2.600, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione