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Appalto: certificato mancante, colpa del committente

Un condominio ha citato in giudizio l’impresa appaltatrice e il direttore dei lavori per il mancato rilascio del certificato di prevenzione incendi. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze precedenti. È stato stabilito che le opere erano idonee e che il certificato mancante era da imputare alla condotta dello stesso condominio, che aveva interrotto i rapporti con l’impresa, impedendo così la raccolta della documentazione necessaria.

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Appalto: quando la colpa del certificato mancante è del committente

In un contratto di appalto, la consegna di tutte le certificazioni necessarie, come quella di prevenzione incendi, è un obbligo fondamentale. Ma cosa succede se il certificato mancante non è colpa dell’impresa, ma del committente stesso? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, stabilendo che se il committente con il suo comportamento impedisce l’ottenimento dei documenti, non può poi rivalersi sull’appaltatore.

I Fatti del Caso: Lavori in Condominio e il Certificato Conteso

La vicenda ha origine nel 2004, quando un condominio affidava a un’impresa edile i lavori di manutenzione straordinaria della propria autorimessa, con l’obiettivo di adeguarla alle normative antincendio. Al termine dei lavori, sorgeva una controversia a causa del mancato rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI).

Il condominio citava in giudizio sia l’impresa esecutrice sia il progettista e direttore dei lavori, chiedendo al Tribunale di accertare le carenze del progetto e la non conformità delle opere. La richiesta includeva la restituzione di parte delle somme pagate e il risarcimento dei danni per i vizi e i difetti. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello, però, rigettavano le domande del condominio, ritenendo che la responsabilità non fosse da attribuire all’impresa o al professionista.

L’Analisi della Cassazione sul Certificato Mancante

Il condominio, non soddisfatto, portava il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su diversi motivi, tra cui la presunta violazione delle norme sull’interpretazione del contratto e sull’inadempimento dell’appaltatore. Il punto centrale della difesa del condominio era semplice: l’opera non poteva considerarsi completata e consegnata senza il relativo certificato di prevenzione incendi.

La Suprema Corte, tuttavia, ha respinto tutti i motivi del ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. L’elemento decisivo emerso dall’istruttoria era che le opere progettate e realizzate erano di per sé idonee a ottenere il certificato. Il problema non risiedeva quindi nella qualità del lavoro.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha evidenziato un fatto cruciale: il mancato rilascio del certificato era da imputarsi a una causa ben precisa, ovvero la “mancata acquisizione della documentazione causata dall’interruzione dei rapporti con l’impresa appaltatrice da parte del Condominio ricorrente”.

In altre parole, era stato lo stesso condominio a creare l’ostacolo. Interrompendo la comunicazione e la collaborazione con l’impresa, aveva reso impossibile per quest’ultima raccogliere e presentare tutti i documenti necessari per finalizzare la pratica del CPI. I giudici hanno quindi applicato un principio di causalità: se il danno (il mancato rilascio del certificato) è una conseguenza diretta del comportamento del creditore (il committente), quest’ultimo non può addossare la colpa al debitore (l’appaltatore).

La Corte ha inoltre rigettato le censure relative alla consulenza tecnica d’ufficio (CTU), specificando che le attività peritali si erano svolte nel pieno rispetto del contraddittorio tra le parti e che, in ogni caso, l’accertamento sulla idoneità delle opere è una valutazione di fatto che non può essere riesaminata in sede di legittimità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per Committenti e Appaltatori

Questa ordinanza offre un importante insegnamento per chiunque sia coinvolto in un contratto di appalto. La collaborazione e la buona fede sono essenziali non solo durante l’esecuzione dei lavori, ma anche nella fase successiva, dedicata al completamento delle pratiche burocratiche.

Un committente non può ostacolare attivamente o passivamente il processo di certificazione e poi lamentare l’inadempimento della controparte. La decisione sottolinea che la responsabilità per un certificato mancante deve essere attribuita a chi ha effettivamente causato l’impedimento. Per gli appaltatori, è fondamentale documentare ogni fase del processo e ogni tentativo di comunicazione con il committente, specialmente quando si avvicinano le scadenze per gli adempimenti burocratici. Per i committenti, è un monito a non interrompere i canali di comunicazione, poiché le conseguenze di tale azione potrebbero ritorcersi contro di loro.

L’appaltatore è sempre responsabile se manca un certificato di conformità alla fine dei lavori?
No. La Corte ha chiarito che se i lavori eseguiti sono idonei a ottenere il certificato, ma il suo mancato rilascio è dovuto a un’azione del committente (come l’interruzione dei rapporti che impedisce la raccolta della documentazione), la responsabilità non può essere attribuita all’appaltatore.

Cosa succede se il committente interrompe i rapporti con l’impresa prima della fine di tutte le pratiche burocratiche?
Secondo la sentenza, il committente si assume il rischio delle conseguenze. In questo caso, l’interruzione ha impedito l’acquisizione della documentazione necessaria per il certificato, e la colpa del mancato rilascio è stata quindi imputata al committente stesso.

Può un committente lamentare la mancanza di un certificato se le opere realizzate sono state giudicate conformi?
No. La Corte ha stabilito che se un accertamento tecnico ha confermato che le opere realizzate sono idonee ai fini del rilascio del certificato, il committente non può fondare la sua richiesta di risarcimento sulla mera assenza del documento cartaceo, specialmente se ha contribuito a causarne il mancato rilascio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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