Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8415 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11610/2019 R.G. proposto da:
CONDOMINIO INDIRIZZO, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti- contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 87/2019, depositata il 22/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME.
PREMESSO CHE
Nel 2004 il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, sito in Castelfidardo, e l’RAGIONE_SOCIALE sottoscrivevano un contratto di appalto avente ad oggetto i lavori di manutenzione straordinaria dell’autorimessa a servizio del RAGIONE_SOCIALE. Su istanza del RAGIONE_SOCIALE veniva svolto un procedimento di accertamento tecnico preventivo. Il RAGIONE_SOCIALE citava quindi in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE e il progettista e direttore dei lavori, chiedendo al Tribunale di Ancona di accertare la sussistenza di carenze del progetto realizzato dall’ing. NOME COGNOME e la non conformità delle opere eseguite dall’RAGIONE_SOCIALE, e quindi di quantificare il minore valore delle opere eseguite e di condannare l’RAGIONE_SOCIALE e COGNOME in solido tra loro alla restituzione della maggior somma pagata e al pagamento delle opere necessarie per eliminare i vizi e i difetti nonché al risarcimento dei danni. Si costituiva COGNOME, che chiedeva di chiamare in causa la propria compagnia assicurativa RAGIONE_SOCIALE, che si costituiva in giudizio. Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1024/2012, ha rigettato le domande dell’attore.
La sentenza è stata impugnata dal RAGIONE_SOCIALE. Con la sentenza 22 gennaio 2019, n. 87, la Corte d’appello di Ancona ha respinto il gravame.
Avverso la sentenza ricorrono per cassazione il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO e i condomini citati in epigrafe.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Gli intimati NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE non hanno proposto difese.
Sia il ricorrente che il controricorrente hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c.: il giudice di merito ha ‘omesso di analizzare il contenuto del contratto con applicazione delle corrette norme di diritto’ perché se lo avesse fatto ‘sarebbe necessariamente giunto alla conclusione che sia l’appaltatore sia il progettista e direttore dei lavori avevano assunto l’obbligo di fornire al committente RAGIONE_SOCIALE entro il 5 luglio 2004 il certificato di prevenzione incendi’, certificato che non è mai stato consegnato al committente.
Il secondo motivo contesta violazione degli artt. 1655, 1659, 1665, 2222, 2230, 2232 c.c.: ‘l’opera non è mai stata consegnata al committente, il certificato di prevenzione incendi non risulta emesso dai vv.f., il committente non è stato posto in grado neppure di sapere che cosa dovesse fare per ottenere il certificato di prevenzione incendi’, così che è evidente che la sentenza è ‘palesemente contraria alle norme di diritto.
I due motivi, tra loro strettamente connessi, non possono essere accolti: è infatti assente un confronto effettivo con la sentenza impugnata, che ha considerato che la progettazione e la realizzazione dei lavori erano volti ‘all’adeguamento dell’autorimessa alla normativa di prevenzione incendi’ – come prevedeva il contratto stipulato tra le parti – e ha poi però stabilito, con accertamento in fatto motivato, come tale non sindacabile da parte di questa Corte di legittimità, che ‘non solo le opere progettate, ma anche quelle realizzate erano idonee ai fini del
rilascio del certificato di prevenzione incendi’, il cui mancato rilascio è da imputarsi alla mancata acquisizione della documentazione causata dall’interruzione dei rapporti con l’RAGIONE_SOCIALE appaltatrice da parte del RAGIONE_SOCIALE ricorrente.
Il terzo motivo fa valere falsa applicazione dell’art. 195 c.p.c., nullità della sentenza per omessa dichiarazione di nullità della perizia, palese contraddittorietà tra provvedimenti del giudice: la Corte d’appello ha errato nel dire che era applicabile la ‘vecchia’ disciplina dell’art. 195 c.p.c., nel ritenere non tempestiva l’eccezione di violazione del contraddittorio e comunque nel limitare tale eccezione alla sola nullità della consulenza tecnica d’ufficio quando i ricorrenti avevano chiesto di far chiarire al consulente perché il certificato di prevenzione incendi non era ancora stato rilasciato e quali opere fossero necessarie al riguardo, richiesta non considerata dal giudice di merito.
Il motivo non può essere accolto. Precisato che la disciplina applicabile non poteva che essere quella precedente alla riforma dell’art. 195 c.p.c. posta in essere dalla legge n. 69/2009, essendo il processo iniziato prima della entrata in vigore della medesima (il 25 maggio 2007, v. pag. 19 del ricorso), la Corte d’appello ha, a prescindere dalla tardività o meno della eccezione di nullità della consulenza per violazione del contraddittorio, evidenziato che ‘tutte le attività peritali che hanno portato alla stesura della relazione si sono svolte nel pieno contradditorio delle parti’ e che la valutazione finale dei rilievi critici rivolti all’operato del consulente d’ufficio spettano in ogni caso al giudice; quanto infine alla richiesta di determinare le opere necessarie per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, il giudice d’appello ha stabilito che le opere realizzate erano idonee ai fini del rilascio del certificato e che, quanto alle opere realizzate non a regola d’arte, esse, come osservato dal consulente d’ufficio, ‘non vanno a inficiare i requisiti richiesti per il rilascio del certificato’.
Il quarto motivo fa valere violazione degli artt. 112, 115 c.p.c., falsa applicazione degli artt. 1667 e 1668 c.c.: il giudice di merito doveva stabilire quali fossero le opere necessarie per ottenere il certificato di prevenzione incendi e doveva condannare l’RAGIONE_SOCIALE a porle in essere.
Il motivo non può essere accolto. Come si è appena detto, la Corte d’appello ha accertato che le opere realizzate erano idonee ai fini del rilascio del certificato e che non ne erano necessarie altre.
Il quinto motivo contesta la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e con esso il ricorrente pone il seguente quesito: ‘se mancavano le certificazioni necessarie per ottenere il certificato di prevenzione incendi per quale motivo gli attori sarebbero soccombenti e tenuti al pagamento delle spese, addirittura pure della terza chiamata?’.
Il motivo è privo di autonomia: si contesta la regolamentazione delle spese, fondata sulla soccombenza del ricorrente, appunto negando tale soccombenza sulla base degli argomenti avanzati con i precedenti motivi.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 3.300, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti,
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della seconda