Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6301 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6301 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 12113 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
Fallimento RAGIONE_SOCIALEC.F. P_IVA -procedura pendente innanzi al Tribunale di Napoli al n. 547/2004 – Dott. NOME COGNOME autorizzato al presente atto in forza del decreto del 1° marzo 2019 del Giudice Delegato Dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso – giusta procura rilasciata su foglio separato ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 83, terzo comma, c.p.c., da intendersi apposta in calce all’atto anche ai sensi dell’art. 18, comma 5, D.M. n. 44/2011, come sostituito dal D.M. 48/2013 dall’ Avv. NOME COGNOME (C.F. PRS CODICE_FISCALE, del Foro di Napoli, con il quale elettivamente domicilia in Roma, presso la Dott.ssa NOME COGNOME, al INDIRIZZO edif. B, int. 5, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL, ovvero, in subordine, al numero di fax NUMERO_TELEFONO
Ricorrente
Comune di Napoli , c.f. 8001489634, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME codice fiscale CODICE_FISCALE casella p.e.c. EMAILcomuneEMAIL. con domicilio eletto in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale associato Leone, come da procura rilasciata con foglio separato, ai sensi dell’art. 83 c.3 e 4 c.p.c.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n° 1155 depositata il 9 marzo 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con contratto del 29 luglio 1996, all’esito di una licitazione privata indetta tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996, il Comune di Napoli affidava il servizio di raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani alla RAGIONE_SOCIALE per il lotto 2.
Poiché l’aggiudicataria nel periodo di vigenza contrattuale (settembre 1996 -agosto 1999) aveva dovuto raccogliere un quantitativo maggiore di rifiuti, rispetto a quello previsto, la RAGIONE_SOCIALE avviò delle trattative col Comune onde ottenere un incremento del corrispettivo rapportato alla maggiore quantità di immondizia asportata.
Le trattative non sfociarono in alcun accordo e l’appaltatrice nel 2002 citò il Comune davanti al tribunale di Napoli onde vedere accolte le sue pretese.
Il giudizio venne abbandonato a seguito del fallimento della RAGIONE_SOCIALE
Nel 2007 analogo giudizio venne promosso dal Curatore fallimentare, il quale ottenne, dal tribunale predetto, il riconoscimento delle ragioni fatte valere.
Osservò in particolare il primo giudice che anche all’appalto pubblico era applicabile l’art. 1660 cod. civ., con la conseguenza che il Comune avrebbe dovuto riconoscere all’impresa un maggior corrispettivo, anche in base ai principi di correttezza e buona fede oggettiva.
2 .- Il Comune propose appello e la Corte partenopea con la sentenza menzionata in intestazione ha riformato la prima decisione, rigettando la pretesa creditoria della Curatela.
Per quanto qui ancora interessa, osservava la Corte, che il Comune aveva impugnato la prima decisione in base a quattro motivi, dei quali erano fondati il secondo ed il terzo.
L’appalto, stando alle clausole n° 1, 2, 11, 15 del contratto ed all’art. 7 del capitolato speciale, era a corpo e con un prezzo chiuso, donde l’immodificabilità del corrispettivo.
La ‘ relazione esplicativa ‘ allegata al capitolato speciale, pur contenendo una previsione sul quantitativo giornaliero di rifiuti da raccogliere pari a 4.641 quintali, era meramente ‘ indicativa della portata del servizio ‘ e non ‘ indissolubilmente l’oggetto del contratto al quantitativo giornaliero ‘ menzionato.
Ne derivava che la maggior quantità di rifiuti gestita da RAGIONE_SOCIALE non richiedeva una variazione progettuale, ma consisteva semmai in una ‘ possibile ed eventuale causa di maggiore gravosità ‘ dell’appalto, donde l’inapplicabilità dell’art. 1660 cod. civ., cui era invece ricorso il primo giudice.
3 .- Per la cassazione di tale sentenza ricorre il fallimento, affidando l’impugnazione a sei motivi.
Resiste il Comune che conclude per la reiezione del ricorso.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo -rubricato ‘ Nullità della sentenza o del procedimento per violazione del principio della domanda e del giudicato interno (artt. 112 c.p.c., 2909 c.c. e 329, II comma c.p.c.) nonché per violazione dell’art. 183 c.p.c. comma III (oggi Iv). nonché degli artt. 24 Costituzione e 101 c.p.c. nella formulazione di cui alla Legge n.69/2009, in relazione all’art. 360, I comma, n. 4 c.p.c.) ‘ -la Curatela deduce che il tribunale aveva predicato l’applicabilità dell’art. 1660 cod. civ. (‘ Variazioni necessarie al progetto ‘) non solo agli appalti a prezzo chiuso, ma anche a quelli a corpo.
Il Comune aveva contrastato in appello l’applicazione della citata norma, ma sul rilievo dell’esistenza di una normativa speciale (art. 6 della lege n° 537/1993, come modificato dall’art. 44 della legge n° 724/1994) e della anteriore cessazione dell’appalto: dunque, non censurando il passaggio motivazionale del primo giudice col quale era stata affermata la possibilità di introdurre variazioni al progetto (ed al corrispettivo) prevista dall’art. 1660 cod. civ. anche ai contratti a prezzo chiuso.
La Corte, per contro, era giunta ad escludere l’applicazione dell’art. 1660 cod. civ. sulla base di un rilievo in fatto del tutto diverso, ossia ritenendo che ai fini dell’esecuzione a regola d’arte dell’appalto non occorresse variare il progetto ( ex art. 1660) e che la relazione integrativa allegata al capitolato speciale (nella quale era indicata la quantità di rifiuti da raccogliere) avesse un valore meramente indicativo.
Da qui, in primo luogo, un vizio di extrapetizione e la violazione del giudicato interno.
In secondo luogo, ed a tutto concedere, la sentenza sarebbe viziata perché la Corte territoriale non avrebbe concesso un termine ex art. 101 cod. proc. civ. per la formulazione delle difese in ordine al contenuto integrale della relazione esplicativa.
5 .- Il mezzo non ha fondamento.
È infatti noto (per tutte si veda Cass., sez. III, 19 ottobre 2022, n° 30728, con menzione di altri precedenti) che, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale ” minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno ” individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico; ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull’intera statuizione.
Ora, il Comune ha appellato la prima decisione negando l’applicabilità dell’art. 1660 cod. civ. a causa dell’esistenza di una normativa speciale e in ragione della intervenuta cessazione del rapporto.
Si è così riaperta davanti al giudice d’appello la questione della applicabilità dell’art. 1660 cod. civ. con la conseguenza che la Corte poteva liberamente stabilire, senza far ricorso all’art. 101 cod. proc. civ., se tale disposizione si potesse applicare anche agli appalti a prezzo chiuso.
6 .- Col secondo motivo -sotto la rubrica ‘ L’ulteriore violazione degli artt. 2909 c.c., 329, II comma, c.p.c. e 100 c.p.c., nullità della sentenza o del procedimento (art.360, I Comma, n.4, c.p.c.) ‘ la Curatela deduce che il tribunale aveva riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE il diritto ad un adeguamento del corrispettivo non solo in base alle applicate norme sull’appalto, ma anche, e soprattutto, in base ai principi di correttezza e buona fede oggettiva in sede di
-esecuzione di ogni rapporto contrattuale.
Tale ulteriore ratio decidendi non era stata impugnata dal Comune, con la conseguenza della formazione di un giudicato sul punto, violato dalla Corte d’appello.
Col sesto motivo la Curatela lamenta ‘ La violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.) ‘ ribadisce che il tribunale le aveva riconosciuto il diritto al maggior corrispettivo anche in base ai canoni di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto e che tale ratio non era stata impugnata dal Comune.
7 .- I mezzi -esaminabili congiuntamente in ragione della identità della questione che pongono -sono infondati, sia per le ragioni esposte al precedente paragrafo 5, sia perché non colgono l’esatta ratio decidendi del passaggio della sentenza del tribunale riportato a pagina 20 del ricorso.
Come già detto, l’impugnazione del Comune con la quale è stata dedotta l’inapplicabilità dell’art. 1660 cod. civ. ha riaperto la discussione in secondo grado sugli elementi sopra indicati, costituiti dal fatto dedotto, dalla norma applicabile e dagli effetti che ne derivano.
La Curatela pretende di scindere tali effetti, affermando che il diritto dell’appaltatrice al maggior corrispettivo volta che si escluda l’applicazione dell’art. 1660 cod. civ. (come stabilito dalla Corte territoriale) -sarebbe comunque fondato sul principio di correttezza e buona fede contrattuale, senza considerare, tuttavia, che al giudice di secondo grado era rimessa l’intera questione dell’individuazione delle norme in base alle quali RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto rivendicare il maggior corrispettivo.
Tale essendo il perimetro del giudizio di appello, è chiaro che la Corte -disattendendo la tesi della applicazione dell’art. 1660 cod. civ. -ha implicitamente disatteso anche che tale diritto potesse essere fondato sul solo principio di correttezza e buona fede.
In ogni modo, il motivo interpreta capziosamente il passaggio motivazionale del primo giudice riportato a pagina 20 del ricorso (righe 22-29): il tribunale, infatti, non ha predicato un autonomo titolo giuridico a fondamento della pretesa dell’appaltatore (quasi che la correttezza e la buona fede siano, da sole, elementi costitutivi del diritto alla maggiorazione), ma ha più semplicemente inteso dire che il riconoscimento di un corrispettivo ulteriore sarebbe stato nel caso di specie conforme alla correttezza contrattuale.
8 .- Col terzo mezzo -intitolato ‘ Violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c. in tema di interpretazione del contratto (art. 360, I comma, n. 3, c.p.c.) ‘ -il fallimento lamenta che la Corte abbia fatto malgoverno delle predette regole di interpretazione del contratto.
Il secondo giudice, infatti, aveva ritenuto che la ‘ relazione esplicativa ‘ allegata al capitolato speciale e ricompresa negli atti di gara -nella quale si presumeva una produzione di rifiuti solidi urbani (RSU) giornaliera pari a 4.641 quintali -fosse meramente indicativa della portata del servizio e che, quindi, il maggior quantitativo di rifiuti non determinasse una variazione progettuale, ma semmai una possibile ed eventuale maggiore gravosità del servizio.
La Corte, invece, avrebbe dovuto interpretare il contratto secondo il senso letterale delle parole (art. 1362 cod. civ.), tenendo conto del contenuto complessivo di esso (art. 1363) e, comunque, attribuendo alle clausole un qualche effetto (art. 1367).
Col quarto motivo la curatela lamenta che la Corte abbia attribuito alla predetta relazione una valenza ipotetica e meramente indicativa della portata del servizio, mentre esso era limitato ai 4.641 quintali giornalieri di RSU.
9 .- Il terzo ed il quarto motivo -esaminabili congiuntamente in considerazione dell’identica questione che pongono -sono inammissibili.
È, infatti, noto (per tutte: Cass., sez. I, 12 ottobre 2018, n° 25554) che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, traducendosi nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, costituisce un’indagine riservata al giudice di merito, il cui risultato è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, configurabile quando la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.
Ai fini della censura di violazione di legge, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria, in ossequio al principio di specificità del ricorso, l’indicazione dei canoni rimasti in concreto inosservati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice di merito se ne è discostato.
La denuncia del vizio di interpretazione del contratto richiede, dunque, la precisa indicazione delle lacune argomentative del ragionamento seguito dal giudice di merito, ovvero delle incongruenze dello stesso, consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, o ancora dei punti inficiati da mancanza di coerenza, cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dalla sentenza.
In ogni caso, le predette censure devono essere accompagnate dalla trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, in modo da consentire a questa Corte di verificare la pertinenza delle critiche sollevate e d’individuare la diversa portata che il ricorrente pretende di
attribuire alla clausola in questione, ancor prima di valutare la sussistenza dei vizi lamentati.
Ora, pur enunciandosi nei motivi in esame la violazione dei canoni ermeneutici degli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ., si tende in realtà ad ottenere da questa Corte una interpretazione alternativa del contratto, che attribuisca alla menzionata ‘ relazione esplicativa ‘ un significato diverso da quello plausibilmente ritenuto dalla Corte territoriale, secondo la quale detta relazione sarebbe ‘ indicativa della portata del servizio, ma non àncora indissolubilmente l’oggetto del contratto al quantitativo giornaliero di 4641 quintali ‘.
10 .- Con la quinta doglianza -contenente due profili: ‘ V/A) Motivazione apparente, o obiettivamente incomprensibile; violazione degli artt. 112 e 132, comma I, numero 4, c.p.c., nonché dell’art. 111 comma VI, Cost.; nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma I, n. 4, c.p.c.). V/B) Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 1660 e.e. (art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.) ‘ -deduce che un passaggio motivazionale della sentenza (‘ Va comunque osservato che negli appalti pubblici, la necessità di preservare anche la certezza dello stanziamento finanziario, necessario al compimento dell’opera, ha portato ad una disciplina dettagliata delle varianti applicabili ‘) era da qualificare come ‘ mera considerazione ‘ svolta dalla Corte territoriale.
Nondimeno, qualora si dovesse ritenere che detto passaggio contenga anche un’autonoma ratio , la Curatela fa osservare che esso conterrebbe una motivazione incomprensibile, essendo priva di ogni coerenza con il percorso logico seguito dal giudice.
11 .- Il mezzo è inammissibile, in quanto ha ad oggetto un obiter della sentenza privo di decisività.
12 .- Il ricorso va, dunque, conclusivamente respinto.
-Spese alla soccombenza.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 18.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025, nella camera di