Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28492 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28492 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4566/2021 R.G. proposto da :
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE LIMITATA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 6357/2020 depositata il 15/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 6375/2020, depositata in data 15.12.2020, la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Latina, con sentenza n. 1422/2013 del 12.7.2013, ha dichiarato inefficaci ex art. 67 comma 2° L.F. – nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione Coatta Amministrativa -le rimesse effettuate dalla società insolvente in favore del predetto istituto bancario nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per un importo complessivo di € 107.880,18, con conseguente condanna della banca alla corresponsione in favore della curatela della somma, oltre accessori di legge.
Il giudice di secondo grado, per quanto ancora di interesse, ha ritenuto che l’istituto di credito non avesse fornito la prova di un valido rapporto di apertura di credito avente data certa , ‘né tale prova poteva ritenersi surrogabile con la richiesta di fido presentata alla Banca (effettuata per iscritto ma priva di data) o con la delibera del c.d.a. (anch’essa priva di data certa) o anche con la copia delle delibere emesse dalla Banca, anch’esse carenti di specifici riferimenti temporali’.
Con riferimento alla scientia decoctionis , il giudice d’appello l’ha ritenuta sussistente alla luce dei bilanci della RAGIONE_SOCIALE, relativi agli esercizi 2001 e 2002, da cui risultavano perdite che evidenziavano un patrimonio netto negativo, con riduzione del capitale sociale al
di sotto del limite legale invocato dalla banca, e in relazione alla segnalazione della RAGIONE_SOCIALE della Banca d’Italia.
Ha proposto ricorso per cassazione la Banca Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE affidandolo a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione Coatta Amministrativa ha resistito in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 117 T.U.B., degli artt. 2704, 2727, 2729 c.c., 115 c.p.c., 67 L.F., per avere la Corte territoriale escluso che la Banca avesse dato prova dell’esistenza di un atto scritto avente ‘data certa’ riferibile al conto corrente dedotto in giudizio, ai fini dell’individuazione delle rimesse solutorie.
Espone la ricorrente che, come risulta dalla disamina del contratto di conto corrente 639.29 depositato nel giudizio di primo grado, la stessa aveva sottoscritto un contratto nel quale erano espressamente pattuite le condizioni applicabili al rapporto, ivi inclusa la misura degli interessi in caso di sconfinamento e, all’art. 6 delle ‘norme per i conti correnti di corrispondenza e servizi, poste a tergo del contratto di conto corrente, era espressamente disciplinata l’apertura di credito in conto corrente (1. Le aperture di credito che la Banca ritenesse eventualmente di concedere al correntista sono soggette alle seguenti statuizioni: a) il correntista può utilizzare una o più volte la somma messagli a disposizione ……; b) se l’apertura è a tempo determinato, il correntista è tenuto ad eseguire alla scadenza il pagamento di quanto da lui dovuto…; c) la banca ha facoltà di recedere in qualsiasi momento dall’apertura di credito….).
Evidenzia la ricorrente che il contratto di credito non richiede la forma scritta imposta dall’art. 117 T .U.B. nel caso in cui abbia una
connessione funzionale e operativa con il sottostante contratto di conto corrente concluso in forma scritta in cui l’affidamento è regolato in modo completo nei suoi elementi essenziali. Nel caso di specie, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere provata per facta concludentia l’esistenza di un’ apertura di credito in conto corrente in quanto la stessa risultava espressamente disciplinata sotto il profilo giuridico e ne erano disciplinate le condizioni economiche, essendo stato fissato il tasso a debito, la commissione di massimo scoperto e l’aliquota aggiuntiva su sconfinamento se autorizzato.
Inoltre, la circostanza che la ricorrente godesse di affidamenti risultava dalla visura della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (documento depositato dalla procedura attrice nel giudizio di primo grado sub. 3, allegato alla memoria ex art. 184 c.p.c. del 21.2.2008), da cui emergeva una intervenuta segnalazione a sofferenza della società poi dichiarata insolvente a far data dal dicembre 2002. Tuttavia, la Corte aveva omesso di utilizzare tale elemento.
Infine, il giudice d’appello aveva erroneamente negato valore probatorio, ai fini dell’esistenza dell’affidamento, alla delibera del C.d.A. della banca sulla richiesta di affidamento proveniente dal correntista, nonostante si trattasse di documento depositato in camera di commercio, vidimato dal AVV_NOTAIO, come si evinceva dal timbro a margine delle pagine della delibera, circostanza quest’ultima che dimostrava l’anteriorità dell’apertura di credito alla procedura e la sua opponibilità in quanto risultante da documenti aventi ‘data certa’.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 2704, 2727, 2729 c.c., 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale escluso che la Banca avesse dimostrato la sussistenza dell’apertura di credito mediante un atto scritto avente data certa.
Il giudice d’appello aveva erroneamente escluso il valore di elementi presuntivi quali le risultanze della RAGIONE_SOCIALE, la
richiesta di affidamento sottoscritta dalla cliente, le singole anticipazioni contro cessione di credito stipulate dalla Banca con il cliente e munite del timbro postale ai fini della ‘data certa’.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. per contraddittorietà ed illogicità della motivazione, violazione degli artt. 117 TUB, 2704,2727 e 2729 c.c., 67 L.F., per avere la Corte d’Appello utilizzato le risultanze della RAGIONE_SOCIALE della B anca d’Italia ai fini della valutazione della sussistenza della scientia decoctionis e per non averle, invece, utilizzate ai fini della prova dell’esistenza di un’apertura di credito opponibile alla procedura.
In particolare, il giudice d’appello aveva erroneamente negato valore probatorio, ai fini dell’esistenza dell’affidamento, alla delibera del C.d.A. della banca sulla richiesta di affidamento proveniente dal correntista, nonostante si trattasse di documento depositato in camera di commercio, vidimato dal AVV_NOTAIO, come si evinceva dal timbro a margine delle pagine della delibera, circostanza quest’ultima che dimostrava l’anteriorità dell’apertura di credito alla procedura e la sua opponibilità in quanto risultante da documenti aventi ‘data certa’.
Con il quarto motivo è stato dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma ° n. 5 c.p.c., per non avere la Corte territoriale considerato ai fini del decidere i contratti di conto corrente e ‘la data certa’ degli affidamenti sotto forma di anticipi di cui godeva RAGIONE_SOCIALE, ed aver ritenuto tutte le rimesse solutorie.
Espone la ricorrente che la Corte territoriale ha erroneamente riconosciuto inesistente un atto scritto avente data certa riferibile al conto corrente n. 636.29, opponibile alla procedura, idoneo a dimostrare che la società godesse di affidamenti, avendo omesso di prendere in considerazione i contratti di conto corrente bancario stipulati in data 5.10.2000 e 21.1.2003, recanti la disciplina
dell’apertura di credito e le condizioni economiche, le singole anticipazioni contro cessione di credito, le notifiche delle anticipazioni unitamente alle relative fatture eseguite a mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.
Tutti e quattro i motivi, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni strettamente connesse, presentano concomitanti profili di inammissibilità e infondatezza.
In primo luogo, va osservato che la ricorrente, nell’affermare che nel contratto di conto corrente bancario 639.29, sottoscritto dalla società insolvente, era espressamente contenuta la disciplina giuridica ed economica dell’apertura di credito in conto corrente (che sarebbe stata conclusa per facta concludentia ), sottopone a questa Corte una questione di cui non c’ è traccia nella sentenza impugnata.
Il giudice d’appello, come infatti già evidenziato in narrativa, nel ritenere che l’istituto di credito non avesse dimostrato l’esistenza di un valido rapporto di apertura di credito avente data certa , e che tale prova non poteva essere desunta dalla richiesta di fido presentata alla Banca o dalla copia delle delibere assunte dalla stessa, in quanto carenti di specifici riferimenti temporali, non ha affrontato la problematica in oggetto, né la ricorrente ha allegato di aver sottoposto tale questione all’esame dei giudici di merito e di averla fatta valere nei motivi d’appello a norma dell’art. 342 c.p.c.
Ne consegue che, sul punto, il ricorso è del tutto privo dei requisiti di specificità e autosufficienza.
Infatti, posto che è principio consolidato di questa Corte (Cass. n. 22886/2022; Cass. n. 32804/2019; Cass. n. 907/2018; Cass. n. 15430/2018; Cass. n. 28060/2018) quello secondo cui i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di
contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio e che non richiedono, comunque, accertamenti in fatto, ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate questioni non esaminate dal giudice di merito, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonché il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione.
Come detto, tale onere di allegazione non è stato in alcun modo assolto dalla ricorrente.
Va, in ogni caso, osservato che la ricorrente, nel dedurre che l’apertura di credito sarebbe stata stipulata per facta concludentia , come emergerebbe dalle anticipazioni di fatture contro cessioni di credito -altra circostanza di cui non ricorre traccia nella sentenza impugnata e di cui la ricorrente non ha parimenti allegato la relativa sottoposizione all’esame dei giudici di merito -fa chiaramente riferimento alla linea di credito per anticipazione su fatture (cd. castelletto di sconto) in ordine alla quale il montante del fido non rappresenta la somma di cui il cliente ha immediata facoltà di disporre fino a revoca (o a termine), ma semplicemente il limite entro cui la banca si impegna a scontare effetti e ricevute bancarie che il cliente le presenta.
In proposito, è orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 13510/2015; conf. Cass. n. 22597/2017; Cass. 926/2022; 17231/2023) quello secondo cui in tema di revocatoria fallimentare, in caso di “castelletto di sconto” o fido per smobilizzo crediti, non sussiste la cd. copertura di un conto corrente bancario in quanto essi, a differenza del contratto di apertura di credito, non
attribuiscono al cliente della banca la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono solo fonte, per l’istituto di credito, dell’obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare, dei titoli che l’affidato presenterà, sicché, ai fini dell’esercizio dell’azione predetta, le rimesse effettuate su tale conto dal cliente, poi fallito, hanno carattere solutorio.
Inammissibile risulta poi la censura secondo cui il giudice d’appello sarebbe incorso in una motivazione illogica e contraddittoria per aver utilizzato le risultanze della RAGIONE_SOCIALE della Banca d’Italia ai fini della valutazione della sussistenza della scientia decoctionis e non anche , invece, ai fini della prova dell’esistenza di un’apertura di credito opponibile alla procedura.
Sul punto, la ricorrente fa riferimento al documento depositato dalla procedura attrice nel giudizio di primo grado sub. 3, allegato alla memoria ex art. 184 c.p.c. del 21.2.2008, del quale, in violazione del principio di specificità ed autosufficienza (cfr. Cass. n. 28184/2020; Cass. n. 13629/2019), non ha avuto, tuttavia, cura di descrivere il contenuto e trascrivere il testo, limitandosi ad affermare, in modo generico, che si trattava di una segnalazione a sofferenza a far data dal dicembre 2002, ma neppure precisando l’esatto oggetto e la banca da cui proveniva (la procedura controricorrente ha, invece, provveduto a trascrivere il contenuto di tale segnalazione alle pagg. 5 e 6 del controricorso, da cui emerge che non riguardava un’apertura di credito concessa da Monte dei Paschi, ma dalla Banca di Roma).
Tali dirimenti rilievi rendono, altresì, manifestamente infondato il terzo motivo, in ordine al quale va, comunque, evidenziato che la ricorrente, con le risultanze della RAGIONE_SOCIALE intendeva dimostrare l’anteriorità dell’apertura di credito rispetto all’apertura della procedura, non cogliendo che il profilo temporale di cui avrebbe dovuto occuparsi era, invece, dimostrare l’anteriorità
dell’apertura di credito rispetto all’effettuazione delle rimesse di cui è causa.
In ogni caso, la prova dell’elemento soggettivo è diversa dalla prova della data certa dell’apertura di credito.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 7.800,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 15.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME