Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 706 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 706 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto: comunione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15847/2018 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio in Cecina, INDIRIZZO
-RICORRENTE –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio in Roma, alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME
-CONTRORICORRENTE- avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento n. 55/2018, pubblicata in data 8.3.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 10.10.2012 NOME COGNOME ha disposto con un primo testamento dei propri beni, lasciando al figlio NOME la casa di Guardistallo, al figlio NOME due appartamenti in Milano, ai nipoti, figli di NOME, la nuda proprietà degli appartamenti di Cannes ed infine un appartamento di Dovena alla convivente.
Successivamente, con testamento del 27.11.2013, ha revocato le precedenti volontà e, dopo aver dato atto di aver esaurito la disponibile con la donazione degli immobili di Milano al figlio NOME e dell ‘appartamento sito in Dovena alla convivente, ha lasciato ai suoi due figli, in comunione al 50%, la casa di Guardistallo e gli appartamenti ubicati in Cannes, con dispensa dalla collazione per tutte le precedenti donazioni.
NOME COGNOME ha notificato due distinti atti di citazione, chiedendo di accertare l’intervenuta revoca del testamento redatto nel 2012, di essere dichiarato erede o legatario dell’immobile in Guardistallo e di ottenere la consegna del bene.
NOME COGNOME ha resistito, spiegando riconvenzionale di annullamento del secondo testamento per dolo o violenza psicologica.
All’esito il Tribunale ha respinto la riconvenzionale e, in accoglimento della domanda principale, ha dichiarato le parti comproprietarie al 50% dell’immobile controverso.
Su appello di NOME COGNOME la Corte distrettuale ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo che nessuno dei fatti allegati dimostrasse che il testamento successivo era stato frutto di dolo o di violenza psicologica sul testatore; le deduzioni difensive dell’appellante costituivano -secondo la pronuncia -mere supposizioni prive di riscontro o riguardavano fatti del tutto irrilevanti, non essendovi prova né delle gravi condizioni di salute del testatore, né che questi fosse stato minacciato di abbandono dal figlio NOME ove non avesse revocato il testamento, avendogli già donato l’immobile sito in Milano, sostenendo infine che con la redazione del secondo testamento il de cuius aveva voluto disporre delle proprie residue sostanze mediante vere e proprie istituzioni ereditarie, avendo previsto la dispensa dalla
collazione delle donazioni già effettuate, con conseguente imputazione dei lasciti alla quota di legittima spettante ai figli.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME propone ricorso in tre motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., 624 c.c. e la contraddittorietà della sentenza, per aver la Corte di merito negato che NOME COGNOME avesse interesse a revocare il primo testamento, sebbene, oltre ad aver ottenuto in donazione la piena proprietà degli immobili di Milano, con il successivo testamento avesse ricevuto anche metà degli immobili in Cannes e in Guardistallo, mentre al ricorrente non erano stati destinati beni in proprietà esclusiva, ma solo quote immobiliari. L’evidente interesse alla revoca costituirebbe, secondo il ricorrente, un indiscutibile indizio che il secondo testamento era stato frutto di dolo, non potendo ritenersi, come sostenuto dalla Corte di merito, che il de cuius avesse voluto disporre con l’atto impugnato dei beni residuati dalle precedenti donazioni.
Il motivo è infondato.
La sentenza ha negato che la sussistenza di un mero interesse di NOME COGNOME ad ottenere la revoca del primo testamento potesse assumere il significato voluto dal ricorrente e, perciò, concorrere a dimostrare l’annullabilità del testamento per dolo, senza quindi escludere che un tale interesse potesse anche esservi stato, ma svalutandone la decisività, evidenziando correttamente che per l’annullamento del testamento per dolo occorreva la prova non di una generica influenza del figlio sulla volontà del testatore o di mere sollecitazioni o pressioni anche ripetute, ma l’impiego di mezzi fraudolenti, idonei a trarre in inganno ed orientare la volontà
del disponente in una direzione che, in mancanza, essa non avrebbe assunto (Cass. 6396/2003; Cass. 14011/2008; Cass. 824/2014; Cass. 4653/2018; Cass. 25521/2023).
La dimostrazione del dolo, pur potendo essere presuntiva, doveva fondarsi su fatti certi che consentissero di identificare e ricostruire la attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore (Cass. 14011/2008).
Appare logica anche la conclusione che con il testamento successivo NOME COGNOME avesse inteso disporre dei restanti beni imputandoli alla legittima, avendo già donato parte del patrimonio immobiliare con dispensa dalla collazione, avendo poi destinato ad NOME anche il 50% degli immobili ubicati in Cannes, inizialmente devoluti ai figli di NOME
Nessuna manifesta o insuperabile illogicità è, dunque, ravvisabile nella motivazione della sentenza, che sotto tale profilo, va esente da censure.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 624, 2727, e 2729 c.c.
Sostiene il ricorrente che la sussistenza del dolo emergeva da una pluralità di indizi indebitamente svalutati dalla Corte di merito, posto che: a) NOME COGNOME aveva ottenuto dal testamento successivo un rilevante vantaggio economico; b) il testatore era, nel 2013, totalmente infermo, completamente dipendente dal figlio e temeva di esser abbandonato a sé stesso, privo di assistenza; c) solo dopo il testamento si era trasferito a Trento presso la residenza di NOME, ribadendo di voler lasciare la casa di Guardistallo al figlio NOME e di non avere null’altro di cui disporre, essendo stato spogliato di ogni avere.
Il motivo è infondato.
Il ricorso, deducendo il mancato utilizzo della prova presuntiva, incorre nel l’errore di collocare a fondamento dell e deduzioni volte alla dimostrazione della causa di annullamento, fatti che la Corte di merito ha ritenuto indimostrati, avendo escluso che il testatore versasse in condizioni di infermità psichica o fisica o di fragilità tali da subire passivamente le pressioni del figlio e che abbia perciò disposto dei beni in modo non libero, né consapevole sotto minaccia di abbandono.
Difettano – nelle circostanze dedotte a sostengo della fondatezza della domanda – i caratteri del fatto noto da cui desumere il fatto ignoto della causa di annullamento.
Compete anzitutto al giudice di merito stabilire se risulti utile per la decisione l’utilizzo delle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, restando escluso che il mancato utilizzo del ragionamento presuntivo possa risolversi nella sola proposta di una diversa soluzione, senza far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio del giudice (Cass. 15737/2003; Cass. 5279/2020; Cass. 22366/2021).
Inoltre, pur potendo la parte dolersi che il giudice non abbia fatto ricorso al ragionamento presuntivo sulla base di fatti noti emersi in istruttoria, il vizio non è denunciabile come violazione dell’art. 2729 c.c. (secondo le istruzioni della sentenza delle S.U. n. 8053/2014), ma può integrare l’omesso esame di un fatto secondario, dovendo possedere tutti i requisiti che ne condizionano lo scrutinio ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5 c.p.c. (Cass. 17720/2018).
Come detto, le circostanze esposte in ricorso sono state ritenute indimostrate e -comunque – è preclusa in questa sede la
possibilità di censurare la violazione del l’art. 360 n. 5 c.p.c. , norma che contempla un vizio della sentenza la cui deducibilità non si sottrae ai limiti che discendono dalla preclusione imposta dall’art. 348 ter, comma IV e V, c.p.c. in caso di cd. doppia conforme, dovendo considerarsi che la sentenza di appello appare fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione di primo grado.
3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 588 e 533 c.c., addebitando alla Corte di merito di aver ritenuto che i lasciti contenuti nel testamento del 2013 integrassero istituzioni ex re certa e non disposizioni a titolo particolare sulla base di elementi non decisivi, non avendo attribuito il giusto rilievo al dato letterale e all’impiego del termine ‘lego’ da parte del testatore, mancando l’espressione di una specifica volontà del de cuius di attribuire i beni come quota ereditaria, posto inoltre che il testamento non esauriva l’intero asse residuo, essendo presenti anche somme di denaro menzionate nella dichiarazione di successione.
Il motivo è infondato.
L’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (“institutio ex re certa”) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni ; l’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato (Cass. 3016/2002; Cass. 24163/2013; Cass. 6125/2018; Cass. 42121/2021).
Tale indagine va compiuta mediante l’utilizzo dei criteri ermeneutici in materia negoziale, secondo un’applicazione rigorosa della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 588 c.c.
Il giudice di merito deve, in conformità al principio enunciato dall’art. 1362 c.c., stabilire quale sia stata l’effettiva volontà del testatore, valutando congiuntamente l’elemento letterale e quello logico, in omaggio al canone di conservazione del testamento (Cass. 13393/2017).
Il criterio letterale, sebbene imprescindibile, va perciò posto in relazione agli altri criteri e non va considerato isolatamente, né è destinato necessariamente a prevalere.
Le conclusioni cui è pervenuta la sentenza non appaiono allora censurabili, posto che, pur dando atto del dato letterale, la Corte di merito l’ha opportunamente valutato in correlazione con la prevista devoluzione dell’intero patrimonio residuo ai soli due figli -chiamati, in mancanza, alla successione legittima – ponendo soprattutto in rilievo che la scheda menzionava le precedenti donazioni a favore degli altri successibili prevedendo la dispensa dalla collazione, e perciò ritenendo che, una volta esaurita la disponibile, il de cuius avesse voluto imputare i restanti lasciti alla quota di riserva spettante ai legittimari mediante, quindi, un’istituzione ereditaria ex re certa .
La decisione appare, in conclusione, conforme al criterio dell’interpretazione del testamento e della valorizzazione dei criteri intrinseci, rapportati al dato letterale, posto a confronto con il contenuto complessivo della disposizione.
Il ricorso è respinto, con addebito di spese.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 6700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda