Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29693 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 29693 Anno 2025
Presidente: CONDELLO NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18416/2023 R.G. proposto da:
NOME, in proprio e quale liquidatore della RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale ex lege ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale ex lege ;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1023/2023, depositata il 28/06/2023 e notificata il 30/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante di ‘RAGIONE_SOCIALE‘, conveniva, dinanzi a Tribunale di Ascoli Piceno, RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenere, in via principale, previo accertamento della violazione dell’art. 8 della l. n. 129/2004 e dell’art. 1439 cod.civ., l’annullamento del contratto di affiliazione commerciale intercorso con la convenuta e la condanna di quest’ultima alla restituzione della somma complessivamente versatale di euro 17.635,75, e, in via subordinata, previo accertamento della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE ex artt. 1218, 1453 cod. civ. e art. 1 della l. n. 129/2004, la risoluzione del contratto di affiliazione commerciale e la condanna dell’inadempiente al pagamento della somma di euro 17.635,75, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione, o della somma accertata giudizialmente; in ogni caso con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali quantificati in euro 27.883,82.
A tal fine assumeva che, nel corso dell’anno 2012, allettata dai contenuti del sito internet www.teleserenità.com di RAGIONE_SOCIALE ove veniva prospettata agli aspiranti affiliati la possibilità di conseguire fatturati considerevoli (euro 350.000,00/400.000,00) a fronte di investimenti contenuti, a partire dai primi anni di attività, senza necessità di aver maturato esperienza imprenditoriale o aver lavorato nel RAGIONE_SOCIALE, ma semplicemente «avendo voglia di fare in un settore di forte crescita», avviava le trattative con la convenuta per la stipulazione di un contratto di affiliazione commerciale per lo svolgimento di servizi di assistenza ospedaliera e domiciliare ad anziani e ammalati, servizi di telesoccorso e di teleassistenza; dopo aver ricevuto un documento denominato Analisi del Territorio -Zona di
Chivasso, il cui scopo era quello di descrivere il reddito operativo conseguibile per i primi tre anni di attività, in ragione dei servizi erogabili per il distretto sanitario di Chivasso, indicato come zona di esclusiva, addiveniva alla stipulazione del contratto. In seguito, lamentava però la falsità dei dati contenuti nel business plan ricevuto che non solo non corrispondevano ai dati ISTAT della popolazione della zona di competenza, ma presentavano dati della popolazione pressoché identici ad analoghi documenti consegnati ad altri affiliati relativi a distretti sanitari diversi, oppure prospettavano l’erogabilità di analoghi servizi e quindi la possibilità dei medesimi guadagni, pure a fronte di dati della popolazione di partenza differenti. Alla convenuta veniva contestato anche di non avere fornito l’attività di formazione e di assistenza necessarie per consentire ad un soggetto privo di esperienza nel settore l’avvio e la conduzione del centro ai livelli di operatività promessi e di avere suggerito l’inquadramento delle badanti con contratti di lavoro a progetto, irrealizzabile, perché farlo avrebbe comportato la violazione degli obblighi previdenziali e assicurativi.
RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in giudizio, non solo respingeva ogni addebito, ma, in via riconvenzionale, chiedeva che fosse dichiarata la risoluzione ex art. 1456 cod. civ. del contratto per fatto e colpa dell’affiliata o accertata la risoluzione ex art. 1453 cod. civ. nonché che l’attrice fosse condannata al pagamento delle fee di ingresso e delle royalties concordate, per l’importo complessivo di euro 21.112,31, al netto di IVA, e alla restituzione integrale del materiale ricevuto, nonché al risarcimento dei danni all’immagine propria e del marchio.
Con sentenza n. 884/2019, il Tribunale di Ascoli Piceno dichiarava nullo il contratto stipulato tra le parti e pertanto condannava RAGIONE_SOCIALE a pagare a parte attrice complessivamente la somma di euro 17.635,75 (quale effetto restitutorio conseguente allo scioglimento del contratto) e la
somma di euro 30.918,36 (a titolo di risarcimento del danno subito), respingeva le domande riconvenzionali e compensava le spese di lite.
La Corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 1023/2023, depositata il 28/06/2023 e notificata il 30/06/2023, premesso che «il dolo quale vizio del consenso e causa di annullamento del contratto assume rilevanza quando incida sul processo formativo del consenso … e che l’effetto invalidante dell’errore frutto di dolo è subordinato alla circostanza che la volontà negoziale si sia manifestata in presenza ed in costanza di questa falsa rappresentazione», ha ritenuto non dimostrato, nemmeno in via presuntiva, il connotato menzognero ed ingannevole della prospettazione della realtà negoziale resa dall’affiliante nella fase precontrattuale e, quanto alla domanda reciproca di risoluzione del contratto per inadempimento avanzata dalle parti, ha considerato provato l’adempimento delle obbligazioni contrattuali poste a carico dell’affiliante e comunque non sussistenti inadempimenti solutoriamente rilevanti a lei imputabili; ha accolto parzialmente la domanda riconvenzionale formulata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e disposto la condanna di NOME COGNOME al pagamento della somma di euro 7.093,67, al netto degli interessi legali.
NOME COGNOME, in proprio e quale rappresentante legale di ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ , ricorre per la cassazione di detta sentenza, avvalendosi di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis. 1. cod. proc. civ.
Entrambe le parti, in vista dell’odierna Camera di Consiglio, depositano memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La tesi di parte ricorrente è che la Corte territoriale abbia ritenuto non dimostrato il connotato menzognero e ingannevole della realtà negoziale prospettatale, senza esaminare e valutare la corposa documentazione prodotta per fondare la sussistenza delle lamentate false informazioni veicolate in fase preliminare alla conclusione del contratto: in primo luogo, il business plan – nella parte denominata ‘analisi del territorio’ contenente dati statistici ISTAT sulla popolazione, divisa per fasce di età ed evidentemente riferita al bacino di utenza di Chivasso, con il calcolo dei servizi erogabili, divisi per natura (assistenza domiciliare, assistenza ospedaliera, badante convivente, telesoccorso) e in quella deputata ad illustrare la proiezione degli utili realizzabili – era risultato, a seguito del raffronto con i dati delle schede ISTAT dei Comuni ricompresi nel distretto sanitario di Chivasso, falso in relazione ai dati reali degli abitanti presenti nel bacino d’utenza di riferimento e identico a quello consegnato in fase di trattative ad altri affiliati di differenti distretti sanitari siccome identiche risultavano le proiezioni di utile realizzabili nei primi tre anni di attività, non solo con riferimento a bacini demografici simili, ma anche per bacini d’utenza differenti.
Né la Corte territoriale avrebbe tenuto conto del fatto che il business plan era stato aggiornato e che ciò era indice del fatto che in fase precontrattuale erano state offerte informazioni inveritiere e generiche, non rapportate all’effettivo bacino d’utenza, e che quelle presenti su sito www.teleserenità.it quanto al fatto che «non occorresse aver maturato già un’esperienza imprenditoriale ed aver lavorato nel RAGIONE_SOCIALE» bensì occorresse darsi da fare affidandosi all’esperienza e al know-how sperimentati da venti anni nei centri di assistenza privata per anziani e ammalati di RAGIONE_SOCIALE
S.r.L. e quanto alla promessa di affiancare l’affiliato nella delicata fase di avvio dell’attività nonché durante le successive fasi di gestione del centro, confermate nell’incontro con il rappresentante legale dell’affiliante, erano a atte a portare l’ignaro navigatore del sito a prendere contatto con l’affiliante.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame del fatto che era stato suggerita l’adozione del ‘contratto a progetto’ per l’inquadramento dei rapporti di lavoro tra badanti e RAGIONE_SOCIALE, non praticabile nel caso concreto, perché integrante condotta contraria alla legge ed elusiva degli obblighi contributivi e previdenziali altrimenti dovuti.
Il primo e il secondo motivo, esaminabili congiuntamente perché muovono al giudice a quo la stessa tipologia di censure, sono inammissibili.
In entrambi i casi, avvalendosi dello schermo formale della censura di omesso esame di fatti decisivi, parte ricorrente nella sostanza domanda un diverso accertamento dei fatti posti a fondamento della domanda, non evidenziando alcun vizio logico del lineare percorso argomentativo della sentenza impugnata, che, come si è già precisato in narrativa, ha confermato la reiezione della domanda in forza del decisivo ed essenziale rilievo che i testi addotti dalla qui ricorrente non erano stati in grado di fornire utili elementi di fatto a sostegno della tesi che RAGIONE_SOCIALE avesse tenuto un comportamento volto a viziare l’altrui proposito (tutti i testi escussi, affiliati della odierna controricorrente avevano riferito di un’esperienza negoziale tanto nella fase precontrattuale quanto in quella esecutiva del contratto fisiologica e connotata da sostanziale corrispondenza tra quanto proposto e la concreta realtà vissuta), né elementi utili in tal senso emergevano dai documenti esaminati.
In definitiva, parte ricorrente fornisce una propria lettura delle risultanze probatorie, surrogandosi, inammissibilmente, nell’esercizio di un potere spettante solo al giudice del merito, nella specie esercitato in assenza di errori giuridici e di intrinseci vizi logici della motivazione.
In aggiunta, la censura di violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. non è stata formulata correttamente. Essa riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053). Si evidenzia, altresì, che costituisce un “fatto”, agli effetti dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., sez. 6-1, 6/09/2019, n. 22397; Cass., sez. 1, 8/09/2016, n. 17761; Cass., Sez. Un., 23/03/2015, n. 5745; Cass., sez. 1, 4/04/2014, n. 7983; Cass., sez. 1, 5/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio di cui alla richiamata norma del codice di rito le argomentazioni, supposizioni o deduzioni difensive (Cass., sez. 1, 18/10/2018, n. 26305; Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802); gli elementi istruttori (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053); una
moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass., sez. lav., 21/10/2015, n. 21439; Cass., sez. 2, 29/10/2018, n. 27415), sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo oltre i limiti descritti (v. Cass., sez. 3, 25/07/2023, n. 22273).
4) Con il terzo motivo parte ricorrente si duole, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 L. 129/04, per mancato accoglimento della domanda di annullamento del contratto di affiliazione commerciale.
Oggetto di censura è il fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto insussistenti il dolo e gli altri presupposti per l’annullabilità del contratto, senza menzionare la violazione dell’art. 8 della l. n. 129/04.
Il motivo è inammissibile.
Non è stata, infatti, colta la ratio decidendi della impugnata sentenza, la quale ha escluso la sussistenza di un comportamento decettivo da parte dell’affiliante e quindi ha rigettato la domanda di annullamento per l’assenza di prova, da parte dell’affiliata, che l’odierna controricorrente avesse tenuto un comportamento tale da alterare la formazione della sua volontà negoziale. L’art. 8 della l. n. 129/2004, a mente del quale «Se una parte ha fornito false informazioni, l’altra parte può chiedere l’annullamento del contratto ai sensi dell’articolo 1439 del codice civile nonché il risarcimento del danno, se dovuto», rinvia all’art. 1439 cod. civ. per la disciplina dell’annullamento del contratto nell’ipotesi in cui il consenso di una parte contrattuale sia stato viziato da false informazioni; il che esclude che la Corte d’appello sia incorsa nella violazione di legge denunciata e ciò senza considerare che la censura è stata formulata in palese violazione del principio di specificità. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 28/10/2020, n. 23745) hanno chiarito che l’onere di specificità dei motivi, di cui all’art. 366,
primo comma, n. 4, cod. proc. civ., impone al ricorrente, a pena d’inammissibilità della censura, di indicare puntualmente le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente ad indicare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa officiosa che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa.
5) Con il quarto motivo parte ricorrente imputa al giudice a quo , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1453 -1455 cod. civ., per non avere accolto la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo gli inadempimenti denunciati non sussistenti o non solutoriamente rilevanti, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ.
A detta conclusione il giudice a quo sarebbe giunto valutando isolatamente le singole condotte anziché considerarle nel loro complesso e non considerando «aspetti non trascurabili riconducibili ad alcune ipotesi di inadempimento, in quanto frutto di evidente divaricazione tra il dovuto ed il realizzato»: l’aver suggerito l’adozione di un contratto a progetto per inquadrare i rapporti di lavoro, di seguito da certificarsi con l’intervento della RAGIONE_SOCIALE, l’avere solo promesso consulenze di pubbliche relazioni con gli opinion leader locali presso la sede dell’affiliato contestualmente alla prima selezione delle operatrici, il non avere offerto assistenza effettiva relativa alla strategia di marketing finalizzata alla ricerca di utenti per i servizi di assistenza domiciliare ed ospedaliera.
Il motivo è inammissibile.
Nonostante gli sforzi argomentativi di parte ricorrente, la censura resta confinata negli apprezzamenti di merito, non bastando, come più volte chiarito in questa sede, la enunciazione della pretesa violazione di legge in relazione al risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, occorrendo individuare, con puntualità, in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dalle risultanze probatorie. Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione di una difforme interpretazione degli accertamenti fattuali rispetto a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità.
6 ) All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della controricorrente che liquida in euro 7.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso nella Camera di Consiglio del 10 ottobre 2025 dalla Terza sezione civile della Corte di Cassazione.
Il Presidente
COGNOME NOME COGNOME CONDELLO