Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21816 Anno 2025
sul ricorso 7507/2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21816 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 76/2021 depositata il 15/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza che si riporta in epigrafe, ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso il rigetto in primo grado delle domande da lei proposte nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena -cui sarebbe succeduta in prosieguo di tempo, l’odierna intimata RAGIONE_SOCIALE -in relazione al mutuo contratto da RAGIONE_SOCIALE COGNOME Giacomo e RAGIONE_SOCIALE, di cui la COGNOME si era resa fideiussore garantendo il proprio adempimento mediante iscrizione ipotecaria su un immobile di sua proprietà.
In particolare, la Corte territoriale ha, nell’ordine, negato la nullità del negozio di debito -dedotta dall’appellante sul presupposto che il mutuo era stato contratto al fine di ripianare un debito preesistente e che l’ipoteca, essendo la banca a conoscenza dello stato di insolvenza della debitrice, era stata rilasciata al fine di privilegiare la creditrice in sede esecutiva -osservando, tra l’altro che l’argomento in tal senso valorizzato dal primo giudice, dell’avviso che il negozio lesivo dei diritti e delle aspettative dei creditori, ove non altrimenti vietato, non è di per sé illecito, non era stato fatto oggetto di specifica censura e, comunque, potendo porsi riparo alla pretesa violazione della par condicio creditorum con il mezzo della revocatoria; negato l’indeterminatezza dei tassi e delle rate di ammortamento, opponendo, come già il primo giudice, che il
contratto recava l’indicazione del tasso variabile e che dal piano di ammortamento era evincibile l’ammontare di ogni singola rata; negato l’effetto anatocistico insito nell’adozione del metodo di ammortamento alla “francese” escludendone la ricorrenza perché gli interessi vengono calcolati per ciascuna scadenza solo sul capitale residuo decurtato della quota di capitale rimborsata e, quindi, non anche sugli interessi pagati e rilevando, poi, l’inconferenza degli argomenti in tal senso addotti dall’appellante in quanto evidentemente riguardanti altra vicenda, tanto da risultare il relativo motivo di appello inammissibile.
La cassazione di detta sentenza è ora pretesa dalla soccombente con sei motivi, ai quali replica l’intimata con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2741, 1418, 1343, 1344, 2808, 1036 e 1939 cod. civ. perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso l’illiceità del negozio per essere esso stato stipulato in frode alla legge facendo appello agli argomenti richiamati in narrativa, quantunque essi potessero farsi valere in condizioni di normalità e non quando l’operazione fosse avvenuta, come nella specie, in una condizione di palese crisi della debitrice, ben nota alla banca che dispone degli strumenti per monitorare in maniera costante le condizioni economiche dei propri sovvenzionati -; il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 38 TUB e dell’art. 1414 cod. civ. perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che non fosse stata riproposta la domanda già azionata in primo grado intesa ad accertare la simulazione del contratto quantunque le circostanze di fatto provassero che il mutuo era stato concesso per ridurre l’esposizione verso la banca e per consentire alla stessa di consolidare il proprio
credito sino a quel momento non assistito da alcuna garanzia; ed il terzo motivo di ricorso -con cui si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ignorato che la banca aveva «camuffato» il negozio, atteso che esso era stato concluso con le finalità già allegate con il primo motivo di ricorso -esaminabili congiuntamente in quanto aventi ad oggetto il medesimo capo di impugnazione, si prestano ad un preliminare ed assorbente rilievo di inammissibilità.
2.2. Le argomentazioni sviluppate a corredo di ciascuno dei motivi in disamina si offrono singolarmente, infatti, ad una rapida confutazione nel senso preannunciato: per vero, del primo di essi la Corte territoriale si è data ben cura di sconfessarne la concludenza osservando, tra l’altro, che «tale argomentazione difensiva è addirittura controproducente per l’appellante, non essendo stato minimamente dimostrato che alla data del 28.4.06 RAGIONE_SOCIALE fosse già in stato di insolvenza (giacché il fallimento è stato dichiarato 20.12.11 oltre 5 anni dopo) non potendo tale condizione essere desunta, sic et simpliciter dalla circostanza che il conto corrente della società, acceso presso la banca mutuante riportasse alla data del 30.4.06 un saldo negativo di euro 43.882,97»; il secondo urta contro un vizio di autosufficienza, poiché a fronte del rilievo, nel senso censurato dal motivo, operato dal decidente, la ricorrente si limita ad opporre una mera petizione di principio, dato che non indica dove, come e quando la pretesa simulazione sarebbe stata eccepita avanti al giudice del gravame; il terzo esula, poi, manifestamente dal parametro normativo richiamato poiché siamo in presenza di una circostanza che, al di là della sconfessione operatane dal decidente, non costituirebbe in ogni caso un fatto nel senso preteso dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., secondo la nota lezione nomofilattica di SS.UU. 8053 e 8054 del 2014.
2.3. E’ vero, poi, più in generale, che le censure allegate sono estranee al percorso motivazionale disegnato dal giudice di appello, che ha fatto notare, come già si è detto in narrativa, che garantire un creditore meglio di un altro, ove ciò non sia vietato dalla legge, non genera alcun illecito e come la violazione della par condicio possa trovare rimedio nelle sedi deputate all’esercizio dei mezzi revocatori, argomenti questi del tutto negletti nella perorazione ricorrente; il che rimanda anche ad un ulteriore osservazione, sempre nella stessa direzione: le allegazioni ricorrenti concretano, infatti, la mera reiterazioni di argomenti già oggetto di confronto processuale senza che con riguardo alla valutazione effettuatane dal giudice di appello si registri alcuna voce critica, sicché è ragionevole credere, come già si è affermato altrove, che si sia in presenza di «un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. » ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 24/09/2018, n. 22478).
3. Il quarto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1284, 1346 e 1418 cod. civ. perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente negato la nullità del contratto per indeterminatezza dell’indicazione afferente ai tassi di interessi non chiarendosi nelle condizione contrattuali come il tasso di interesse «andrà a lavorare» sul capitale e dunque come gli interessi si distribuiranno sul capitale al fine di determinare la rata di rimborso, rendendo in tal modo impossibile determinare il costo effettivo del finanziamento e precludendo in particolare di capire se le rate fossero rimaste costanti oppure no, tanto più che era dubitabile che il piano di ammortamento alla francese consentisse l’adozione di un tasso variabile, di talché si sarebbe dovuto ritenere nulla la relativa pattuizione ed il mutuo totalmente gratuito -è infondato e va perciò disatteso.
La Corte di appello, riprendendo sul punto anche quanto osservato dal primo giudice -che aveva esplicitamente escluso riguardo agli interessi applicati al rapporto la ricorrenza di un vizio di indeterminatezza -ha del pari escluso che per mezzo delle indicazioni recate dal contratto non fosse evincibile il costo del finanziamento ed, in particolare, che non fosse stato osteso l’ammontare della singola rata, risultando essa dal piano di ammortamento riportante l’indicazione della quota di capitale di ciascuna rata, piano di ammortamento che essendo allegato al rogito costituiva parte integrante del contratto e doveva perciò ritenersi conosciuto dalla parte.
Questa affermazione trova conforto nella più recente giurisprudenza di questa Corte che, interrogandosi sull’applicabilità dei principi di diritto enunciati da SS.UU. 15130/2024 al campo dei mutui a tasso variabile, ha infatti chiarito che «se il piano di ammortamento riporta “la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi”, neppure sorge alcun vulnus in termini di trasparenza, giacché il mutuatario ha integrale cognizione, nei limiti di ciò che è possibile, degli elementi, giuridici ed economici, del contratto» ed ancora, replicando alla specifica obiezione di cui si fa interprete il motivo, che «né rileva, in senso contrario, che, per sua natura, il piano di ammortamento di un mutuo a tasso variabile non possa che essere indicativo, recando una mera ipotesi proiettiva dell’ammontare finale dell’importo da restituire, sulla base del tasso individuato al momento della conclusione del contratto: il mutuatario, entro detti limiti, può difatti rappresentarsi quale sarà la somma finale da restituire per interessi sulla base dell’unico parametro noto e
disponibile al momento della pattuizione, effettuando quella comparazione tra le possibili offerte sul mercato, che è la principale delle facoltà in funzione delle quali il presidio della trasparenza delle condizioni opera» (Cass., Sez. I, 19/03/2025, n. 7382).
La decisione qui impugnata anticipa queste posizioni e si sottrae perciò ad ogni censura.
4. Il quinto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., dell’art. 6 CEDU e dell’art. 6 TFUE perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente rilevato l’inammissibilità del motivo di gravame in punto all’effetto anatocistico insito nel sistema di ammortamento alla francese quantunque nel declinare il motivo si fossero individuate in modo preciso e dettagliato le parti della sentenza impugnata e le eccezioni che ad esse si intendevano muovere -è inammissibile per difetto di specificità in quanto non si accorda con la ratio enunciata sul punto.
E’ ben vero che scrutinando il motivo di gravame in parola la Corte di appello ha inteso rilevarne, tra l’altro, l’inammissibilità, ma non già perché le considerazioni in esso presenti non lumeggiassero la questione su cui si appuntavano le lagnanze appellanti -tanto è vero che in parte qua il motivo, per la parte che si è ritenuta scrutinabile, è stato rigettato nel merito -, ma perché, più semplicemente, la tesi che vi era abbozzata era «astrusa e completamente sganciata dalla ratio della sentenza appellata», tanto da far credere che essa fosse «addirittura estratta di sana pianta da un lavoro altrui», come pure portava a concludere il fatto che l’appellante avesse fatto «riferimento ad una CTU, mentre è pacifico che nel nostro giudizio non è mai stata esperita alcuna consulenza tecnica».
Se, queste, e non altre sono, dunque, le ragioni per cui la doglianza sul punto si è ritenuta inammissibile, il motivo non se ne occupa e si rende per questo inammissibile.
5. Il sesto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 120 TUB, degli artt. 820, 1194, 1283, 1419 cod. civ. e dell’art. 6 del CICR 9.2.2000 perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso che l’adozione del piano di ammortamento alla francese generasse un effetto anatocistico quanto all’obbligazione per interessi quantunque fosse matematicamente dimostrabile che in regime di capitalizzazione composta, quale è quello fatto proprio dall’ammortamento alla francese, la quota capitale contenuta in ogni singola rata si incrementa, capitalizzandola, in spregio a qualsiasi divieto di legge, di una quota corrispondente agli interessi secondo una legge di progressione geometrica -è infondato e può pertanto disattendersi. Già le SS.UU di questa Corte, occupandosi si è visto, della questione con riguardo ai mutui a tasso fisso, hanno espresso il convincimento che il fatto che per indicare le modalità di rimborso nell’ammortamento alla francese si affermi che la capitalizzazione avviene in regime “composto” non è foriero dell’effetto paventato dal ricorrente, ma è unicamente rappresentativo del fenomeno per cui la quota capitale è sì incrementata con gli interessi generati non, però, su altri interessi, ma sul capitale residuo, sicché nella dinamica fisiologica del rapporto, allorché cioè il rimborso avviene regolarmente in conformità al piano di ammortamento, gli interessi scaduti non sono destinati a generare a loro volta ulteriori interessi nel periodo successivo diventando parte della somma fruttifera, tanto da rendere del tutto condivisibile quanto già in precedenza si era affermato altrove, sottolineandosi che «la capitalizzazione composta è quindi, nel caso di specie, del tutto eterogenea rispetto all’anatocismo ed è solo un modo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto concluso tra loro; è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione o una
modalità di espressione del tasso di interesse applicabile a un capitale dato» (così in motivazione Cass., Sez. V, 2/10/2023, n. 27823). Nondimeno queste ragioni sono state ribadite anche dalla più recente Cass. 7382/2025 con riguardo alla specie dei mutui a tasso variabile essendosi nell’occasione ancora una volta chiarito che nel caso in cui il tasso convenuto nel piano di ammortamento standardizzato non sia fisso ma variabile, ancorato ovviamente ad un indice predeterminato, poiché la quota di interessi dovuta per ciascuna rata è calcolata applicando il tasso convenuto solo sul capitale residuo, è perciò stesso escluso l’anatocismo, e ciò che cambierà sarà solo la quantificazione degli interessi dovuti: e cioè, se il tasso previsto nel mutuo con piano di ammortamento standardizzato alla francese è variabile, l’importo complessivo della rata, con la cadenza temporale di volta in volta prevista, varierà, in positivo o in negativo, in base all’andamento del tasso di interesse di riferimento, comportando di conseguenza un aumento o una riduzione della quota di interessi della rata medesima. In breve «non si determina alcuna capitalizzazione degli interessi perché la quota di interessi di ogni rata viene egualmente calcolata, come nel tasso fisso, sul debito residuo del periodo precedente, costituito dalla quota capitale ancora dovuta, detratto l’importo già pagato in linea capitale con le rate precedenti».
In piena adesione a questi orientamenti la censura qui declinata si rivela quindi priva di pregio.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 8200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 11 giugno 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME