Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3537 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3537 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 18751-2021 r.g. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, in persona del Commissario liquidatore p.t. , rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Palermo emesso in data 19/05/2021 e comunicato dalla cancelleria in data 31/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/9/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Il Tribunale di Palermo, con decreto del 19/5/2021, ha dichiarato inammissibile l’opposizione allo stato passivo della RAGIONE_SOCIALE in LCA proposta da NOME COGNOME detta NOME, già dipendente della compagnia a ssicurativa, per ottenere l’ammissione dei crediti, da indennità sostitutiva del preavviso e indennità complementare, correlati all ‘accertamento dell’illegittimità del suo licenziamento.
1.1.Il tribunale ha rilevato: i) che, nella pendenza dinanzi al giudice del lavoro del giudizio di impugnazione del licenziamento, nel cui ambito COGNOME aveva anche chiesto la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle indennità, i crediti in questione erano stati ammessi allo stato passivo con riserva; ii) che COGNOME aveva depositato un primo ricorso in opposizione contro il provvedimento di ammissione con riserva, ma vi aveva poi rinunciato, tanto che il processo era stato dichiarato estinto; iii) che l’esito negativo del giudizio lavoristico (definito col rigetto del ricorso proposto da COGNOME per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Palermo che aveva dichiarato improcedibili le domande dalla stessa avanzate, in quanto spettanti alla competenza funzionale del giudice concorsuale, e col conseguente passaggio in giudicato della pronuncia d’appello ) non rendeva ammissibile una seconda opposizione, oltre tutto proposta oltre il termine di cui all’art. 99 l. fall. ; iv) che il ricorso non poteva essere qualificato, come pure dedotto dalla creditrice, come procedimento di riassunzione a seguito del ricorso per cassazione, in quanto la riassunzione avrebbe richiesto la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa al tribunale fallimentare, mentre la corte di legittimità aveva respinto il ricorso.
2.Il decreto è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE in LCA ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, che denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 99, 96, 2° comma, e 113 bis l. fall., Ciotta deduce che non aveva alcun obbligo di proporre opposizione avverso il provvedimento di ammissione al passivo con riserva dei crediti controversi, condizionati all’esito del giudizio pendente dinanzi al giudice del lavoro e che, se non vi avesse rinunciato , l’ opposizione da lei proposta sarebbe stata sicuramente dichiarata inammissibile in ragione della stabilizzazione della riserva e del definitivo assoggettamento del credito agli incombenti previsti dall’art. 113 bis l. fall.: tanto, a suo avviso, era sufficiente a rendere ammissibile il suo successivo ricorso, avente ad oggetto la richiesta di scioglimento della riserva e/o, comunque, la richiesta di declaratoria dell’illegittimità del licenziamento, con ammissione definitiva del credito.
2.Con il secondo motivo, che prospetta violazione e/o falsa o mancata applicazione degli artt. 98, comma 2 e 113 bis l. fall., la ricorrente ribadisce che, dopo la riforma di cui al d. lgs. n. 5/06, la legge fallimentare non prevede la possibilità di proporre opposizione nel caso in cui il credito sia ammesso al passivo con riserva.
I motivi, da esaminare congiuntamente, devono essere respinti.
3.1 Essi, in primo luogo, si fondano su un argomento fallace, posto che anche nel vigore della disciplina fallimentare riformata dal d. lgs. n. 5/06 il creditore può certamente proporre opposizione contro il decreto di ammissione con riserva del credito insinuato in via piena, allorché lo ritenga errato: e nella specie, come spiegato dalla Corte d’appello di Palermo adita quale giudice del lavoro, nonché da questa Corte con la sentenza che ha respinto il ricorso di COGNOME contro la pronuncia
d’appello, il provvedimento di ammissione con riserva era, per l’appunto, errato, competendo al giudice fallimentare di accertare , incidenter tantum, l’eventuale illegittimità del licenziamento e di determinare in conseguenza l’ammontare dei crediti risarcitori spettanti all’odierna ricorrente.
È pur vero che, secondo la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11143 del 2012), l’opposizione allo stato passivo non è necessaria quando l’ammissione con riserva riguardi fattispecie diverse da quelle contemplate dall’art. 96, comma 2, l. fall. la cui indicazione, avente carattere tassativo, non lascia spazio ad interventi additivi per equipollenza, con la conseguenza che le riserve diverse da quelle espressamente previste si hanno per non apposte, e l’ammissione del credito deve considerarsi pura e semplice (cir. Cass., Sez. 1, 20 febbraio 2004. n. 3397; 19 novembre 2003. n. 17526; 2 giugno 2000, n. 7329). Ma atipica dev’essere considerata la riserva che risulti dichiaratamente estranea alle indicate fattispecie legali, non anche quella che, pur richiamandosi ad una delle predette fattispecie, sia considerata dal creditore priva dei presupposti di fatto che la giustifichino.
Va dunque escluso che nella specie la ricorrente non potesse proporre opposizione (salva l ‘ inammissibilità dell’impugnazione per il caso in cui ella stessa si fosse limitata a chiedere l’ammissione con riserva dei crediti) perché tenuta ad attendere l’esito del giudizio pendente, per poter poi sollecitare lo scioglimento della riserva.
Ciò premesso, i motivi vanno dichiarati inammissibili perché non investono la ratio decidendi sui cui si fonda il provvedimento impugnato: non spiegano, cioè, perché dopo aver proposto (quand’anche, in tesi, del tutto erroneamente) una prima opposizione, poi rinunciata, COGNOME avrebbe potuto proporne una seconda e al di fuori del termine di cui all’art. 99, 1° comma , l. fall..
La ricorrente, d’altro canto, non lamenta specificamente un’errata qualificazione della domanda, siccome in realtà integrante una semplice istanza di modifica dello stato passivo ex art. 113 bis cit. o un ricorso in riassunzione dalla cassazione.
Resta da aggiungere che l’ipotetica istanza sarebbe risultata inaccoglibile, stante l’esito del giudizio instaurato dinanzi al giudice del lavoro e il conseguente mancato verificarsi dell’evento che aveva determinato l’ammissione con riserva dei crediti in contestazione , e che COGNOME non ha minimamente censurato le (corrette) ragioni in base alle quali il tribunale ha escluso che vi fosse un giudizio da riassumere.
La peculiarità della vicenda in esame e la sussistenza, nella giurisprudenza di questa Corte, di orientamenti non univoci in ordine ai presupposti per l’ammissione con riserva d i crediti lavoristici che trovi no fondamento nell’illegittimità d i un licenziamento di cui si controverta dinanzi al giudice specializzato nella materia, giustificano, tuttavia, la declaratoria di integrale compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 25.9.2024