Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7880 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7880 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11327-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE quale rappresentante della BANCA NAZIONALE DEL RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO COMMISSO NOME RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso il DECRETO al N. 1980/2021 DEL TRIBUNALE DI LOCRI, depositato il 29/3/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘adunanza in c amera di consiglio del 13/2/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Locri, con il decreto in epigrafe, ha, per quanto ancora rileva, rigettato l ‘ opposizione che la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. ha proposto avverso lo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE
1.2. RAGIONE_SOCIALE quale rappresentante della banca opponente, con ricorso notificato il 26/4/2021, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto.
1.3. Il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 52 l.fall. e dell ‘ art. 1944, comma 1°, c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda con la quale la banca opponente aveva chiesto l ‘ ammissione al passivo dell ‘ ipoteca iscritta sui beni compresi nel Fallimento a garanzia del credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, omettendo, tuttavia, di considerare che: – a seguito della riforma del 2006, i titolari di diritti d ‘ ipoteca su beni compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallimento devono avvalersi, a norma dell ‘ art. 52, comma 2°, l.fall., del giudizio di verificazione dello stato passivo; – la società fallita, del resto, si era costituita, oltre che come terzo datore d ‘ ipoteca, anche come fideiussore della RAGIONE_SOCIALE, sicché il debito garantito dall ‘ ipoteca non può ritenersi come un debito altrui.
2.2. Il motivo è inammissibile. Il titolare di un diritto d ‘ ipoteca su un bene compreso nel fallimento costituito in garanzia per un credito vantato verso un debitore diverso dal soggetto fallito, infatti, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5/2006 e dal d.lgs. n. 169/2007, non può (né ha l ‘ onere di) avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, potendo limitarsi ad intervenire nel procedimento fallimentare e richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione del bene compreso nella
procedura ipotecato in suo favore (cfr. Cass. SU n. 8557 del 2023).
2.3. Né rileva che la società fallita, oltre ad aver concesso ipoteca come terza datrice, aveva rilasciato, in favore della banca istante, anche una garanzia personale: il tribunale, infatti, ha rilevato, in fatto, che ‘ l ‘ipoteca … non è stata concessa a garanzia di un debito ‘ della società fallita ma ‘ a garanzia del pieno e puntuale adempimento di tutti gli obblighi derivanti alla debitrice ‘, e cioè la RAGIONE_SOCIALE, ed ha, quindi, correttamente ritenuto che il debito (da fideiussione) assunto dalla società fallita, non essendo assistito dal relativo ‘ privilegio ‘, doveva essere ammesso al passivo in collocazione chirografaria.
2.4. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1832 e 2697 c.c. e degli artt. 115, 116 e 167 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda con la quale la banca opponente aveva chiesto l ‘ ammissione al passivo del credito di €. 66.650,16, quale scoperto del conto corrente intestato alla società fallita, omettendo, tuttavia, di considerare che la banca, con la produzione integrale degli estratti conto, ha assolto all ‘ onere probatorio sulla stessa incombente e che, in mancanza di contestazione da parte del curatore sulle poste ivi annotate, il credito al saldo finale doveva essere ammesso al passivo.
2.5. Il motivo è inammissibile. La banca ricorrente, infatti, non si confronta con il decreto che ha impugnato, il quale, infatti, con statuizioni rimaste del tutto prive di censura, ha, in sostanza, ritenuto che: – in mancanza di prova del contratto scritto di conto corrente, il saldo doveva essere determinato senza alcuna capitalizzazione degli interessi o con capitalizzazione trimestrale a partire dall ‘ 1/7/2000; -il
consulente tecnico d ‘ ufficio designato nel corso del giudizio, con accertamenti rimasti sul punto incontestati, aveva accertato che, tanto senza alcuna capitalizzazione, quanto con la capitalizzazione nei termini prospettati, il saldo finale emerso esponeva un credito in favore della società correntista.
2.6. D ‘ altra parte, non v ‘ è dubbio che, in linea di principio, ai fini dell ‘ ammissione allo stato passivo del fallimento della pretesa creditoria derivante dal saldo negativo di conto corrente, la prova del credito non possa essere offerta attraverso gli estratti conto spediti al correntista in costanza di rapporto ma debba essere necessariamente resa mediante la produzione in giudizio della scrittura negoziale provvista di data certa ex art. 2704 c.c. e, come tale, opponibile.
2.7. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, il curatore, in sede di formazione dello stato passivo, deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l ‘ istanza di ammissione, con la conseguenza che, trovando applicazione la disposizione contenuta nell ‘ art. 2704, comma 1°, c.c., l ‘ onere probatorio incombente sul creditore istante in sede di ammissione al passivo può ritenersi soddisfatto soltanto nel caso in cui lo stesso produca in giudizio la documentazione idonea, perché dotata di data certa antecedente all ‘ apertura del concorso, e come tale opponibile ai creditori, a dimostrare la fondatezza della pretesa formulata (cfr. Cass. SU n. 4213 del 2013).
2.8. La scrittura privata che viene in rilievo ai fini della verifica in discorso, laddove la domanda di insinuazione riguardi un credito derivante dal saldo negativo di un conto corrente intestato al fallito, è il contratto con il quale banca e cliente si determinano all ‘ apertura del rapporto, l ‘ accertamento della cui
data certa ex art. 2704 c.c. consente di opporre alla massa dei creditori il suo contenuto negoziale.
2.9. L ‘ inopponibilità della scrittura negoziale avente ad oggetto un contratto di conto corrente equivale, in buona sostanza, a mancanza di prova dell ‘ esistenza del contratto con la conseguenza che, in difetto di tale prova, la banca non può avvalersi di altri mezzi istruttori, quali ad esempio gli estratti integrali del conto, al fine di veder accertato il credito di cui chiede l ‘ ammissione: la verifica dell ‘ andamento e delle modalità di svolgimento del rapporto per l ‘ intera sua durata, con il riscontro dell ‘ effettiva e corretta esecuzione delle operazioni da cui scaturisce il saldo a debito del correntista, attiene, infatti, a un tema di indagine successivo, che in tanto può essere affrontato in quanto sia accertata o non sia in contestazione la sussistenza della fonte contrattuale che a tale rapporto ha dato origine e che, in ragione delle clausole ivi contenute, ha determinato il credito azionato in giudizio.
2.10. Nel caso in esame, il tribunale ha, come detto, rilevato, in fatto, che la banca non aveva prodotto in giudizio il contratto di conto corrente: e già questo sarebbe stato (ed, in effetti, è) sufficiente per il rigetto della domanda proposta.
Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile e come tale dev’essere, quindi, dichiarato.
Nulla per le spese del giudizio in difetto di costituzione in giudizio del Fallimento.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima