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Ammissione al passivo: prova del credito bancario

Una banca si oppone al rigetto di due sue pretese creditorie nell’ambito di un fallimento: la prima relativa a un’ipoteca a garanzia di un debito di terzi, la seconda per il saldo di un conto corrente. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Ribadisce che l’ammissione al passivo non è la sede per far valere un’ipoteca a garanzia di un debito altrui e che la prova del credito da conto corrente richiede il contratto scritto con data certa, non essendo sufficienti i soli estratti conto.

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Ammissione al Passivo: Prova del Credito e Limiti dell’Ipoteca

L’ammissione al passivo è un momento cruciale nelle procedure fallimentari, dove i creditori devono dimostrare l’esistenza e l’ammontare dei loro crediti. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su due aspetti fondamentali per gli istituti di credito: i limiti per far valere un’ipoteca concessa a garanzia del debito di un terzo e i requisiti probatori per i crediti derivanti da un saldo di conto corrente. Analizziamo questa decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Una società di gestione crediti, in rappresentanza di un istituto bancario, si era vista rigettare dal Tribunale di merito l’opposizione allo stato passivo del fallimento di una società. Le richieste della banca erano due:

1. L’ammissione in via privilegiata di un credito garantito da ipoteca su un bene della società fallita. L’ipoteca, tuttavia, era stata concessa non a garanzia di un debito proprio della fallita, ma per assicurare l’adempimento di obbligazioni di un’altra società debitrice. La fallita era, inoltre, anche fideiussore di tale debito.
2. L’ammissione di un ulteriore credito di circa 66.000 euro, derivante dal saldo passivo di un conto corrente intestato alla società fallita.

Il Tribunale aveva respinto entrambe le domande, spingendo la banca a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, confermando la decisione del tribunale di merito. La decisione si fonda su principi consolidati sia in materia di garanzie reali per debiti altrui, sia per quanto riguarda l’onere della prova dei crediti bancari nelle procedure concorsuali.

Le Motivazioni: L’Ammissione al Passivo e i Requisiti di Prova

Le motivazioni della Corte offrono chiarimenti importanti su come i creditori, in particolare le banche, devono agire per tutelare le proprie ragioni in un fallimento.

L’Ipoteca a Garanzia del Debito di un Terzo

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il creditore che vanta un’ipoteca su un bene compreso nel fallimento, ma costituita a garanzia di un credito verso un debitore diverso dal fallito (il cosiddetto ‘terzo datore d’ipoteca’), non può utilizzare la procedura di ammissione al passivo per far valere il suo privilegio ipotecario.

Questo creditore, infatti, non è un creditore diretto della massa, ma può solo attendere la fase di liquidazione del bene e intervenire nella distribuzione del ricavato per soddisfare la propria pretesa. La circostanza che la società fallita fosse anche fideiussore del debitore principale non cambia la situazione: il debito da fideiussione è un’obbligazione personale e chirografaria, distinta dalla garanzia reale (l’ipoteca) che era stata concessa specificamente per il debito del terzo.

La Prova del Credito da Conto Corrente e l’Ammissione al Passivo

Sul secondo motivo, la Corte ha sottolineato la rigidità dell’onere probatorio a carico della banca. Per ottenere l’ammissione al passivo del saldo negativo di un conto corrente, non è sufficiente produrre gli estratti conto, neanche se integrali.

Il curatore fallimentare è considerato un ‘terzo’ rispetto al contratto di conto corrente stipulato tra banca e cliente. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 2704 del Codice Civile, qualsiasi documento prodotto dalla banca per provare il proprio credito deve avere ‘data certa’ anteriore alla dichiarazione di fallimento. Il documento fondamentale è il contratto scritto di conto corrente. Senza la prova dell’esistenza di tale contratto, con data opponibile alla massa dei creditori, la pretesa della banca è priva di fondamento. Gli estratti conto sono documenti unilaterali che non possono, da soli, dimostrare la fonte e la validità dell’obbligazione.

Nel caso specifico, la banca non aveva prodotto il contratto, e questo è stato ritenuto motivo sufficiente per il rigetto della domanda.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione riafferma due regole procedurali di estrema importanza per i creditori che intendono insinuarsi nel passivo di un fallimento:

1. Distinzione delle Garanzie: È essenziale distinguere la natura delle garanzie. Un’ipoteca per un debito altrui segue un percorso diverso rispetto a un credito diretto verso il fallito e non può essere fatta valere tramite l’insinuazione al passivo.
2. Rigore Probatorio: Per i crediti bancari da conto corrente, la prova non può prescindere dal contratto originario, munito di data certa. Affidarsi ai soli estratti conto è una strategia destinata al fallimento. I creditori devono assicurarsi di avere una documentazione contrattuale solida e opponibile a terzi per tutelare efficacemente i propri diritti.

Un creditore con un’ipoteca su un bene del fallito, a garanzia di un debito di un’altra società, può chiedere l’ammissione al passivo con privilegio?
No. Secondo la Corte, il titolare di tale diritto non può avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, ma deve limitarsi a intervenire nella successiva fase di distribuzione del ricavato dalla vendita del bene ipotecato.

Per chiedere l’ammissione al passivo del saldo di un conto corrente, sono sufficienti gli estratti conto?
No. La Corte ha ribadito che, in assenza del contratto scritto di conto corrente con data certa opponibile al fallimento (ai sensi dell’art. 2704 c.c.), gli estratti conto non costituiscono prova sufficiente del credito, in quanto la fonte contrattuale dell’obbligazione non è dimostrata.

Se la società fallita è anche fideiussore del debito principale, l’ipoteca concessa a garanzia di quel debito diventa un privilegio per il credito da fideiussione?
No. L’ordinanza chiarisce che il debito da fideiussione assunto dalla società fallita è un’obbligazione personale e distinta. L’ipoteca, se concessa specificamente a garanzia del debito principale di un terzo, non assiste con privilegio il credito derivante dalla fideiussione, il quale rimane chirografario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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