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Ammissione al passivo: no sospensione per causa pendente

La Corte di Cassazione ha stabilito che la procedura di ammissione al passivo fallimentare è esclusiva e non può essere sospesa in attesa dell’esito di un giudizio ordinario pendente sullo stesso credito. Un istituto di credito aveva richiesto l’ammissione di un credito derivante da un saldo di conto corrente, che era già oggetto di una causa separata. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che l’accertamento dei crediti verso un fallimento deve avvenire unicamente in sede concorsuale e che l’ammissione con riserva non è applicabile in questi casi.

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Ammissione al passivo: no alla sospensione per un giudizio pendente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale nelle procedure fallimentari: la domanda di ammissione al passivo non può essere sospesa in attesa della definizione di un altro giudizio ordinario avente ad oggetto lo stesso credito. Questa pronuncia ribadisce la specialità e l’esclusività del rito concorsuale, offrendo importanti indicazioni per i creditori, in particolare gli istituti bancari.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta di un istituto di credito di essere ammesso al passivo di una società fallita per un importo considerevole. Tale credito era composto da due voci: una derivante da facilitazioni creditizie e l’altra dal saldo debitore di un conto corrente.

Il giudice delegato ammetteva solo la prima parte del credito, escludendo quella relativa al conto corrente. La ragione di tale esclusione risiedeva nella pendenza di un giudizio ordinario, avviato dalla società (prima di fallire) contro la banca, proprio per l’accertamento dell’effettiva consistenza del saldo di quel conto. Il curatore fallimentare era intervenuto in tale giudizio.

L’istituto di credito, successore della banca originaria, proponeva opposizione, ma il Tribunale la rigettava. Secondo il Tribunale, non era possibile un’ammissione con riserva in questo caso e, inoltre, le risultanze di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) svolta nel giudizio ordinario dimostravano l’assenza di un saldo a debito per la società. Di qui il ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e l’Ammissione al Passivo

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società creditrice, ritenendo infondati tutti i motivi di doglianza. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto fallimentare: l’accertamento dei crediti nei confronti della massa dei creditori deve avvenire esclusivamente all’interno della procedura concorsuale, attraverso il rito speciale previsto dalla legge fallimentare.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha sviluppato il proprio ragionamento su tre pilastri fondamentali.

L’Esclusività del Rito Fallimentare

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che non è possibile sospendere il giudizio di opposizione allo stato passivo in attesa della definizione di un giudizio ordinario. La procedura di verifica del passivo è speciale ed esclusiva. Anzi, secondo la Corte, il giudizio ordinario pendente avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile per la parte relativa all’accertamento del credito della banca, proprio perché tale verifica è di competenza esclusiva del giudice fallimentare. La domanda di insinuazione al passivo non dipende da un accertamento esterno, ma va decisa nella sede concorsuale sulla base delle prove acquisite in quella sede.

L’Inapplicabilità dell’Ammissione al Passivo con Riserva

In secondo luogo, la Corte ha chiarito che l’istituto dell’ammissione con riserva è una misura eccezionale, applicabile solo nei casi tassativamente previsti dalla legge (es. crediti condizionali, crediti non ancora liquidi). La pendenza di un giudizio ordinario non rientra tra queste ipotesi. Assimilare la decisione di un diverso giudizio a una “condizione” sarebbe un’applicazione analogica non consentita dalla norma, che ha carattere eccezionale.

La Legittimità dell’Uso di una CTU Esterna

Infine, riguardo alla presunta motivazione apparente, la Cassazione ha ritenuto il motivo in parte inammissibile e in parte infondato. Il ricorrente non aveva specificato quali fatti storici il giudice di merito avrebbe omesso di considerare. Per la parte restante, la motivazione del Tribunale, che si basava sulle conclusioni della CTU svolta nel giudizio ordinario, è stata giudicata sufficiente e comprensibile. Il giudice aveva aderito alle conclusioni dell’esperto, che indicavano un saldo positivo a favore del correntista, e tale motivazione “per relationem” è stata ritenuta valida perché compiuta e non meramente apparente.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio cruciale: i creditori di un soggetto fallito devono far valere le proprie pretese attraverso gli strumenti specifici della procedura fallimentare, ovvero la domanda di ammissione al passivo. Confidare in un giudizio ordinario parallelo per l’accertamento del credito è una strategia errata, poiché tale giudizio è destinato a diventare improcedibile. La sede concorsuale è l’unica deputata a decidere sull’opponibilità del credito alla massa dei creditori, garantendo così la par condicio creditorum e la celerità della procedura.

È possibile chiedere l’ammissione al passivo fallimentare con riserva se è in corso un altro giudizio sullo stesso credito?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la pendenza di un giudizio ordinario non rientra tra i casi tassativamente previsti dalla legge per i quali è possibile disporre l’ammissione con riserva.

Il procedimento di accertamento del passivo può essere sospeso in attesa della decisione di un’altra causa?
No, la Corte ha stabilito che il giudizio di opposizione allo stato passivo non può essere sospeso in attesa dell’esito di un giudizio ordinario, data la specialità e l’esclusività del rito concorsuale per la verifica dei crediti.

In un giudizio di opposizione allo stato passivo, il giudice può basare la sua decisione su una CTU svolta in un altro processo?
Sì, il giudice può utilizzare le risultanze di una CTU espletata in un altro giudizio, a condizione che sia stata condotta tra le stesse parti (inter partes) e che la motivazione con cui ne adotta le conclusioni sia comprensibile e compiuta, superando il minimo costituzionale richiesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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