Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22226 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18590-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE STRAORDINARIA, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il DECRETO N. 5111/2023 del TRIBUNALE DI BARI, depositato il 18/7/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 25/6/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ha proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE
1.2. La società istante, a sostegno dell ‘ opposizione, ha dedotto che: – la RAGIONE_SOCIALE, con atto in data 21/11/2008, aveva ceduto alla RAGIONE_SOCIALE la propria azienda, costituita da ‘… attività, passività, contratti e diritti relativi all ‘ attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi svolta da RAGIONE_SOCIALE in forza degli Accordi con i Comuni …’ ; -la cessionaria, in conseguenza di tale atto, era subentrata, a norma dell ‘ art. 2558 c.c., nei contratti pendenti con Poste Italiane s.p.aRAGIONE_SOCIALE, ‘ presso cui erano stati accesi i conti correnti postali destinatari delle somme provenienti dai vari Comuni per i quali era svolta l ‘ attività di gestione oggetto della Cessione ‘; -il commissario straordinario della Tributi Italia s.p.a., nominato con decreto ministeriale del 18/6/2010, ha, quindi, richiesto a Poste Italiane, in data 15/7/2010, ‘ un elenco aggiornato di tutti i conti correnti intestati a RAGIONE_SOCIALE ‘, ‘ cui faceva riscontro Poste trasmettendo un tabulato contenente tutti i conti (sia attivi che estinti), compresi evidentemente quelli ‘ex Gestor’ ‘; -nonostante la richiesta di volturazione, ‘ tutti i conti ancora attivi di Tributi Italia presso Poste Italiane ed ex ‘Gestor’ erano stati ‘volturati’ dalle Poste Italiane a favore del RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE ed i relativi saldi al 710/03/2011 stornati su un ‘conto di servizio,’ per essere trasfer iti su conto corrente intestato al Fallimento’.
1.3. L ‘opponente, quindi, ‘ in ragione del subentro a RAGIONE_SOCIALE nei rapporti contrattuali inerenti l ‘ esercizio dell ‘ azienda, ivi compresi i contratti bancari di conto corrente ‘ e dell ” assenza di titolo in capo al Fallimento per poter reclamare l ‘ intestazione a suo nome dei conti correnti ‘, ha chiesto che, ‘ accertata anche
incidentalmente la illegittimità dell ‘intestazione dei … conti correnti in favore del RAGIONE_SOCIALE S.p.ARAGIONE_SOCIALE ‘, fosse disposta ‘ la immediata restituzione ‘ in suo favore ‘ dei … n. 223 conti correnti postali destinati alla riscossione di entrate di Comuni ‘, nonché ‘ la restituzione … della somma di €. 86.333,00, oltre agli interessi maturati, trasferite al fallimento RAGIONE_SOCIALE S.p.ARAGIONE_SOCIALE per effetto delle operazioni di ‘postagiro di servizio su conto 887000 trasferimento saldo su c/c bancario intestato al fallimento ‘.
1.4. Il Fallimento, dal suo canto, ha eccepito l ‘ inammissibilità della domanda di restituzione dei conti correnti e delle somme di denaro ed ha chiesto il rigetto dell ‘ opposizione, deducendo la persistente incertezza nell ‘ identificazione dei conti correnti, la carenza di prova del subentro nei rapporti con i Comuni e l ‘ inapplicabilità dell ‘ art. 2558, comma 1°, c.c. ai conti correnti.
1.5. Il tribunale, con decreto in data 9/2/2015, ha rigettato l ‘ opposizione.
1.6. L ‘ opponente ha, quindi, proposto ricorso per cassazione che la Corte, con ordinanza del 28/4/2022, ha accolto, cassando con rinvio il decreto con il quale il tribunale aveva rigettato l ‘ opposizione allo stato passivo proposta dalla RAGIONE_SOCIALE
1.7. Riassunto il giudizio di rinvio, la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE ha chiesto al tribunale di disporre ‘ la immediata restituzione di tutta la documentazione afferente i… n. 223 conti correnti postali ‘ nonché ‘ la restituzione di ogni somma incassata dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE a seguito della liquidazione di detti conti correnti operata da Poste Italiane S.p.A. anche in esecuzione della sentenza n. 4093/2021 emessa in data 01/11/2021 dal Tribunale di Bari ‘.
1.8. Il Fallimento si è costituito in giudizio, deducendo, tra l ‘ altro, l ‘ inammissibilità delle nuove domande.
1.9. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha, in parte, accolto l ‘ opposizione, ammettendo l ‘ istante allo stato passivo del Fallimento, per la somma di €. 61.503,47, in collocazione chirografaria.
1.10. Il tribunale, in particolare, ha, innanzitutto, rilevato che: – la Corte di cassazione, con l ‘ ordinanza del 28/4/2022, ha cassato il decreto con il quale il tribunale aveva rigettato l ‘ opposizione allo stato passivo proposta dalla RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ritenendo la fondatezza della censura con cui ‘ la ricorrente ha lamentato, per un verso, che il Tribunale abbia collocato la comunicazione di cui all ‘ art. 116 dell ‘ allora vigente codice degli appalti sul versante del fatto costitutivo della pretesa azionata, e, per altro verso, che, una volta sollevata la questione da parte del RAGIONE_SOCIALE soltanto nella fase di opposizione, il giudice avrebbe dovuto comunque consentire ad essa creditrice di replicare convenientemente, anche producendo la pertinente documentazione ‘; – tale censura è stata ritenuta fondata in relazione al primo profilo, con assorbimento delle ulteriori questioni; -il principio vincolante impone, pertanto, ‘ di qualificare la comunicazione prevista dal citato articolo 116, non già fatto costitutivo del credito, bensì circostanza rilevante ai fini dell ‘ opponibilità della cessione alla stazione appaltante ‘.
1.11. Il tribunale, inoltre, dopo aver evidenziato che: – la domanda di ammissione al passivo ai sensi dell ‘ art. 93 l.fall. è proponibile in relazione a crediti, restituzione o rivendicazione di beni mobili ed immobili; – l ‘ art. 103 l.fall. dispone, inoltre, l ‘ applicabilità delle disposizioni degli artt. da 93 a 102 alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose
mobili possedute dal fallito; – la titolarità del conto corrente, ove registri saldi positivi, implica una pretesa creditoria nei confronti dell ‘ istituto bancario o postale presso cui è acceso il conto corrente, sicché la ‘ domanda di restituzione dei conti correnti, specificamente indicati in ricorso, deve necessariamente interpretarsi quale riconoscimento della corrispondente pretesa creditoria ‘; ha ritenuto , per un verso, che, ‘ a fronte della domanda di restituzione dei conti correnti indicati in dettaglio nel ricorso del 27.2.2012, ossia di ammissione del credito relativo ai corrispondenti saldi attivi, la richiesta, contenuta nel ricorso in riassunzione del 5.8.2022, di restituzione della somma incassata dal Fallimento Gestor, a seguito della liquidazione di detti conti correnti, operata da Poste Italiane s.p.a., anche in esecuzione della sentenza n.4093, pronunciata in data 1.11.2021 dal Tribunale di Bari, lungi dal costituire domanda diversa, sia espressione della domanda, tempestivamente formulata, di ammissione al passivo del Fallimento Gestor del credito in questione ‘ , e, per altro verso, che tale domanda era, nel merito, solo in parte fondata.
1.12. Il tribunale, a quest ‘ ultimo riguardo, dopo aver rilevato che: – l ‘ art. 1 della scrittura del 21/11/2008 indica quale oggetto della cessione ‘ attività, passività, contratti e diritti relativi all ‘ attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi svolta da RAGIONE_SOCIALE in forza degli accordi con i Comuni, come meglio descritto in dettaglio nell ‘ Allegato A del presente contratto (l ‘ azienda) ‘; -nelle premesse della scrittura integrativa del 25/9/2009, inoltre, le parti hanno dato atto di controversia tra loro insorta circa l ‘ effettiva consistenza aziendale e la pertinenza di alcuni beni, riportando di comune accordo la situazione patrimoniale definitiva dell ‘ azienda nell ‘ allegato sub A, che indica nel perimetro di cessione
dell’attivo anche depositi postali per € 2.460.491; ha ritenuto: -innanzitutto, che la cessione del ramo aziendale, avente ad oggetto l ‘ accertamento, la liquidazione e la riscossione dei tributi dei comuni non oppostisi, ‘ non poteva dunque non comprendere i conti correnti della cedente ‘; – l ‘ indicazione nell ‘ allegato A della scrittura del 25.9.2009 dell ‘attivo di € 2.460.491 per ‘ depositi postali ‘ indurrebbe, del resto, a ritenere tale voce corrispondente al saldo positivo dei conti dedicati; – in secondo luogo, che la domanda di ammissione al passivo, relativamente al punto 1, è, tuttavia, riferita ai conti correnti postali destinati alla riscossione di entrate di Comuni oggetto della cessione aziendale; – la comunicazione prevista dall ‘ art. 116 del d.lgs. n.163/2006 non rileva quale requisito di validità della cessione, bensì ai soli fini della sua opponibilità all ‘ amministrazione, quale stazione appaltante; – l ‘ opponente ha sostenuto che i saldi dei conti correnti devono essere qualificati in termini di crediti della cessionaria dell ‘ azienda, subentrata in tutti i rapporti contrattuali, ivi compresi quelli di conto corrente; – l ‘ attività di accertamento e riscossione delle entrate di Comuni ha, tuttavia, natura di servizio pubblico e l ‘ obbligazione di versare all ‘ ente locale le somme a tale titolo incassate ha natura pubblicistica; il denaro versato dal contribuente al concessionario in adempimento di un ‘ obbligazione tributaria verso lo stato o altro ente pubblico diviene, del resto, pecunia pubblica non appena entra in possesso del pubblico ufficiale incaricato dell ‘ esazione, il quale commette peculato quando omette di versare ciò che ha ricevuto; – una diversa imputazione di un riversamento dà luogo, pertanto, a un ‘ appropriazione delle somme destinate ad altri scopi, sia pure pubblici, cioè alla copertura di tributi diversi da quelli per i quali sono stati incassati; – la cessione dell ‘ attivo non poteva, quindi, comprendere che i beni nella titolarità della
cedente, dal cui novero erano escluse le somme giacenti sui conti dedicati dei singoli Comuni ed ivi versate dai contribuenti obbligati, che il cedente era tenuto a versare ai singoli Comuni.
1.13. Il tribunale ha, peraltro, rilevato che dalla relazione del consulente tecnico d ‘ ufficio emerge, tuttavia, che dei 237 conti correnti esaminati, ve ne erano alcuni non riferiti a singoli Comuni, tra i quali, in particolare, il conto n. 20577706, con saldo di € . 61.503,47, che non risulta riferibile ad alcun Comune, né reca indicazioni in ordine alla provenienza dei saldi attivi, sicché, in difetto di riscontri, deve ritenersi che il saldo di € 61.503,47 costituisca credito della Gestor, verosimilmente riconducibile ad aggi od altre voci creditorie, ricompreso nel novero della cessione d ‘ azienda.
1.14. Quanto, invece, agli ulteriori conti correnti, il tribunale ha ritenuto che gli stessi, benché non dedicati specificamente ai singoli comuni, in quanto distinti da una più vasta area geografica, recano, tuttavia, la dicitura ‘ Entrate ‘, indicativa della provenienza da attività di riscossione della zona corrispondente, e che, di conseguenza, anche per tali saldi, fermo restando l ‘ onere della successiva identificazione del comune creditore, deve ritenersi operante l ‘ esclusione dal novero dei crediti ceduti.
1.15. Il tribunale, in definitiva, in parziale accoglimento dell ‘ opposizione, ha ritenuto che l ‘ opponente RAGIONE_SOCIALE doveva essere ammessa al passivo del RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE per l ‘importo di € . 61.503,47, in collocazione chirografaria.
1.16. La RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, con ricorso notificato il 15/9/2023, ha chiesto, per tre motivi la cassazione del decreto, affermandone la comunicazione in data 18/7/2023.
1.17. Il Fallimento ha resistito con controricorso depositato il 23/10/2023, con il quale ha proposto, per due motivi, ricorso incidentale.
1.18. Il Fallimento ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione dell ‘ art. 99, comma 11°, l.fall. nonché degli artt. 24 e 111, commi 1°, 2° e 7° comma, Cost., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, con motivazione solo apparente, ha ritenuto che la società opponente aveva proposto una domanda avente ad oggetto l ‘ ammissione al passivo del credito dalla stessa vantato quale cessionaria dell ‘ azienda ceduta ai saldi dei conti correnti e che tale domanda doveva essere accolta nei soli limiti in cui la cessione del ramo aziendale ha compreso i conti correnti postali della cedente e le somme ivi giacenti, con esclusione, dunque, delle somme giacenti sui conti dedicati dei singoli Comuni ed ivi versate dai contribuenti obbligati, che il cedente era tenuto a versare ai singoli Comuni, posto che ‘ una diversa imputazione di un riversamento dà luogo a un ‘ appropriazione delle somme destinate ad altri scopi, sia pure pubblici, cioè alla copertura di tributi diversi da quelli per i quali sono stati incassati ‘, senza, tuttavia, considerare che: – la RAGIONE_SOCIALE, né con l ‘ iniziale ricorso ex artt. 93 e 103 l.fall., né nella successiva opposizione allo stato passivo né nell ‘ atto di riassunzione del giudizio, non ha, in realtà, mai chiesto l ‘ accertamento di un credito nei confronti del Fallimento né ha mai sostenuto che le somme giacenti sui conti correnti postali ‘ dedicati ‘ fossero appartenenti al proprio patrimonio , essendo pacificamente fonte di incassi di denaro pubblico per
effetto di attività di concessionaria alla riscossione per conto di enti pubblici; – l ‘istante aveva, in effetti, rivendicato la ‘ titolarità ‘ dei rapporti bancari che qualsivoglia concessionario ha (al pari di qualsiasi mandatario cui il mandante ha affidato somme per lo svolgimento di incarico) ed anzi deve avere (posto che tutte le norme tributarie impongono l ‘ accensione di un conto corrente postale dedicato alla riscossione dei tributi dovuti dai contribuenti) per svolgere l ‘ attività di accertamento, liquidazione e riscossione di entrate comunali, e quindi di rapporto strettamente strumentale all ‘ incarico conferito dal terzo ente pubblico a cui, pacificamente, le somme sono, infine, destinate; – il tribunale, pertanto, ha erroneamente separato ‘ le somme dai relativi conti correnti e dalla loro specifica funzione (inscindibilmente connessa all ‘ attività della azienda oggetto di cessione), postulando una sorta di titolarità in capo alla Gestor di conti correnti separatamente dalle somme ivi depositate in relazione alla destinazione di quest ‘ ultime alle casse di Enti Pubblici ‘ .
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente principale, lamentando la falsa applicazione degli artt. 314 c.p. e degli artt. 1346 e 2558 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, pur ammettendo l ‘ applicabilità dell ‘ art. 2558 c.c. ai rapporti di conto corrente della cedente in capo alla cessionaria, ha, tuttavia, escluso che tale subingresso potesse operare relativamente ai conti correnti dedicati all ‘ attività di accertamento, liquidazione e riscossione delle entrate comunali sul rilievo che, in ragione della natura pubblica del denaro così raccolto, la sua trasmissione a terzi, ovvero al cessionario dell ‘ azienda, avrebbe integrato l ‘ ipotesi di peculato prevista dall ‘ art. 314 c.p., omettendo, tuttavia, di considerare che: – il trasferimento di azienda tra
concessionarie per l ‘ attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi non dà affatto luogo ad una indebita appropriazione delle somme giacenti sui conti correnti postali dedicati a tali entrate; – l ‘ attività svolta dalla concessionaria per la riscossione non è, infatti, limitata al mero incasso di somme per conto dei Comuni concedenti, da riversare poi a quest ‘ ultimi (attività che svolge normalmente il servizio di tesoreria di un ente pubblico e quindi una banca), ma, evidentemente, comporta: ( i ) una attività di ‘ accertamento ‘ (ovvero verificare chi, quanto e quando abbia pagato uno specifico tributo); ( ii ) una attività di verifica di chi non abbia pagato, e quindi di liquidazione del dovuto e formazione dei relativi atti per la riscossione; ( iii ) una attività di rendicontazione ai Comuni sulle somme incassate e da incassare; ( iv ) il riversamento al Comune delle somme; – nel momento in cui il concessionario cede con l’azienda tutti i rapporti al concessionario che l ‘ acquista, è quest ‘ ultimo, pertanto, che assume tutti i diritti ed obblighi (compresi tutti i debiti per riversamento del denaro pubblico) nei confronti dei Comuni concedenti, e quindi è il cessionario che deve acquistare la titolarità anche dei rapporti di conto corrente dedicati alle entrate dei Comuni per poter svolgere la propria attività di concessionario subentrante; -in un simile trasferimento di rapporti, è, dunque, impossibile ritenere che la cedente si appropri o distragga indebitamente denaro pubblico non appena trasferisce anche i conti correnti dedicati ad entrate comunali al cessionario (e conseguentemente delle somme ivi depositate), poiché il cessionario acquista contemporaneamente i diritti e gli obblighi connessi al rapporto concessorio con i Comuni, e quindi sarà, semmai, solo quest ‘ ultimo legittimato a proseguire l ‘ incasso, l ‘ accertamento, la liquidazione e rendicontazione, e infine il riversamento delle somme ai
Comuni; – non può, dunque, assumersi che la cessionaria, con il subentro nei rapporti di conto corrente postale già intestati alla cedente, si appropri delle somme.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente principale, lamentando la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., nonché degli artt. 93 e 103 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, dopo aver arbitrariamente qualificato la domanda proposta dall ‘opponente come ‘ espressione della domanda di ammissione al passivo di credito, ha disposto la sua ammissione al passivo per un credito concorsuale nei confronti del Fallimento, ed ha, in tal modo, omesso di pronunciarsi sulla domanda che l ‘ opponente aveva inizialmente proposto ed in seguito reiterato, e cioè la domanda di immediata ‘ restituzione ‘ dei conti c orrenti e delle somme liquidate al Fallimento a seguito della loro estinzione da parte di Poste Italiane, previo accertamento della titolarità dei conti correnti ove le stesse erano depositate a partire dall ‘ acquisto dell ‘ azienda e quindi dell ‘ illegittima appropriazione delle stesse da parte del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che, una volta accertata la titolarità in capo alla opponente dei conti correnti già intestati alla cedente RAGIONE_SOCIALE per effetto di cessione di azienda del 2008, il tribunale, oltre a pronunciarsi sulla domanda di restituzione della documentazione relativa ai conti correnti, avrebbe dovuto disporre nei confronti del fallimento la restituzione con cose dello stesso genere, qualità e quantità, ovvero, trattandosi di valut a, con la restituzione di € 61.503,47.
2.4. I motivi del ricorso principale, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.5. L ‘ interpretazione del contenuto della domanda giudiziale costituisce, infatti, un tipico accertamento in fatto,
riservato come tale al giudice di merito, sicché, ove quest ‘ ultimo abbia espressamente ritenuto che una domanda era stata proposta, tale statuizione, ancorché in ipotesi erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, e cioè per error in procedendo , senza aver prima accertato l ‘ erroneità di tale interpretazione (cfr. Cass. n. 30684 del 2017; Cass. n. 1545 del 2016; Cass. n. 21874 del 2015; Cass. n. 2630 del 2014; Cass. n. 7932 del 2012; Cass. n. 17451 del 2006; Cass. n. 15603 del 2006; Cass. n. 8953 del 2006), la quale, tuttavia, proprio perché costituisce un accertamento in fatto, è, come tale, sindacabile in cassazione solo per violazione delle norme che regolano l ‘ ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., la cui portata è generale, ovvero per vizio di omesso esame di un fatto a tal fine decisivo.
2.6. Il ricorrente che intenda utilmente censurare in sede di legittimità il significato attribuito dal giudice di merito ad un atto processuale, come il ricorso contenente la domanda di ammissione al passivo, ha, dunque, l ‘ onere (rimasto, nel caso in esame, inadempiuto) di invocare, in ricorso, con riguardo all ‘ interpretazione che il giudice di merito ha attribuito all ‘ atto, il vizio consistito o nell ‘ omesso esame di fatti (sul punto) decisivi, indicandone la loro specifica emergenza dagli atti del giudizio, ovvero nella violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 e s. c.c., illustrando, altresì, a pena d ‘ inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici, nonché, e prima ancora, il testo dell ‘ atto processuale oggetto dell ‘ interpretazione asseritamente erronea (cfr. Cass. n. 16057 del 2016; Cass. n. 6226 del 2014; Cass. n. 11343 del 2003; Cass. n. 12574 del 2019, in motiv.; più di recente, Cass. n. 2360 del 2025).
2.7. Nel caso di specie, tuttavia, tali oneri non sono stati adempiuti con la dovuta specificità. Il ricorrente (principale), infatti, pur dolendosi dell ‘ interpretazione che il tribunale ha fornito del ricorso proposto a norma degli artt. 93 e 98 l.fall., non ha, in realtà, indicato, con la dovuta specificità, n é quali criteri ermeneutici sarebbero stati violati, nell ‘ espletamento di tale accertamento, dal giudice di merito e in che modo lo stesso se ne sarebbe discostato, n é i fatti al riguardo decisivi che il tribunale, nonostante la loro emergenza dagli atti del processo, avrebbe del tutto omesso di esaminare.
2.8. D ‘ altra parte, l ‘ esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l ‘ ammissibilità del motivo di censura, per cui il ricorrente non è dispensato dall ‘ onere di specificare il contenuto della critica mossa alla pronuncia impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell ‘ errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d ‘ inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza dello stesso, con la conseguenza che, ove il ricorrente censuri, come nel caso in esame, l ‘ errata valutazione di un atto processuale, denunciando l ‘ omessa pronuncia sulla domanda (ivi contenuta) che (a suo dire) sarebbe stata effettivamente proposta, ha l ‘ onere (rimasto, tuttavia, inadempiuto) di specificare, ai fini del rispetto del principio esposto, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciate, trascrivendo, in ricorso, quelle parti dell ‘ atto introduttivo del giudizio necessarie a dimostrare la proposizione della domanda giudiziale di cui ha lamentato l ‘ omessa pronuncia.
2.9. Si sottrae, dunque, alle censure della ricorrente principale la statuizione con la quale il tribunale ha, in sostanza, ritenuto che la ‘ domanda di restituzione dei conti correnti, specificamente indicati in ricorso ‘ doveva essere interpretata ‘ quale riconoscimento della corrispondente pretesa creditoria ‘.
Il ricorso principale , per l’inammissibilità dei suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile : e come tale dev’essere, quindi, dichiarato.
Il ricorso incidentale, in quanto tardivo rispetto alla (incontestata) comunicazione del decreto impugnato in data 18/7/2023 (art. 99, ult. comma, l.fall.), è, di conseguenza, inefficace (art. 334 c.p.c.).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso principale e, per l’effetto, l’inefficacia del ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 10.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1,
comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima