Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13127 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
composta dai signori magistrati:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 22665 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da
NOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
INGLESE NOME NOMENOME.F.: CODICE_FISCALE)
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) o NOME (C.F: MPR
rappresentati e difesi dall’avvocat RSO CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Bari n. 1136/2020, pubblicata in data 23 giugno 2020; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio dell’8 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME ha agito in giudizio nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, per ottenere (tra l’altro e per quanto abbia ancora rilievo nella presente sede) il risarcimento dei danni a suo dire conseguenti alla mancata ottemperanza degli stessi ad una sentenza, passata in giudicato, che li
Oggetto:
RESPONSABILITÀ CIVILE GENERALE
Ad. 08/04/2024 C.C.
R.G. n. 22665/2021
Rep.
aveva condannati alla chiusura di un giunto tecnico esistente tra i fabbricati di rispettiva proprietà.
La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Foggia.
La Corte d’a ppello di Bari ha confermato, nel merito, la decisione di primo grado (riformando esclusivamente il capo relativo alla regolamentazione delle spese di lite).
Ricorre il COGNOME, sulla base di tre motivi.
Resistono con controricorso l’ COGNOME e la COGNOME.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Violazione o falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 345 c.p.c.; artt. 111, co. 6, Cost. e 132, co. 2, n. 4 c.p.c., in relazione all ‘ art.360 n. 4 c.p.c.; nonché degli artt. 2909, 1227, 1° comma c.c., e art. 41 c.p., in relazione all ‘ art.360 n.3 c.p.c. »; segnatamente: « 1.A -Violazione o falsa applicazione degli artt. 99, 112 c.p.c. e 2909 c.c., per erronea applicazione del giudicato e per mancata correlazione tra chiesto e pronunciato. 1.B -Violazione degli art. 111, 6° c. Cost. e 132, n. 4 cpc, per manifesta e irriducibile contraddittorietà della motivazione su alcuni profili, ed in quanto perplessa od incomprensibile su altri. 1.C – Violazione o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 1227, 1° comma c.c. e 41 c.p., per erronea applicazione del giudicato, e per non aver accertato autonomamente le cause successive. 1.D – Sulla ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 345 c.p.c. nonché dell ‘ art. 1227, 1° comma c.c. ».
Ric. n. 22665/2021 – Sez. 3 – Ad. 8 aprile 2024 – Ordinanza – Pagina 2 di 11 Il ricorrente deduce -in sintesi -che i giudici del merito non avrebbero interpretato correttamente la domanda da lui
proposta, anche in relazione alla precedente pronuncia, passata in giudicato, posta a fondamento della stessa; di conseguenza, non essendo stato correttamente individuato l’oggetto effettivo delle sue pretese, la decisione impugnata sarebbe viziata per violazione dei principi in tema di preclusioni derivanti dal giudicato, nonché per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; tale decisione sarebbe, inoltre, contraddittoria sul piano logico ed erronea in diritto, con riguardo all’ individuazione della conAVV_NOTAIOa illecita dei convenuti, della loro responsabilità e del nesso di causa tra la stessa ed i danni lamentati.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
1.1 Il ricorrente COGNOME, secondo quanto egli stesso riferisce nel ricorso, avrebbe chiesto, nel presente giudizio, il risarcimento dei danni che assume di avere subito, a partire dal mese di ottobre 2004, in conseguenza dell’omessa esecuzione, da parte dei convenuti COGNOME e COGNOME, dei lavori di eliminazione di un giunto tecnico, vale a dire di una intercapedine esistente tra i fabbricati di rispettiva proprietà, che era causa di infiltrazioni dannose nel suo immobile, sebbene i predetti lavori fossero stati oggetto di una condanna giudiziale pronunciata a carico dei convenuti stessi, in virtù di una sentenza emessa nel 2004 e passata in cosa giudicata.
La corte d’appello (conformemente a quanto già statuito dal tribunale in primo grado) ha rigettato la domanda, ritenendo: a) che, poiché con la precedente pronuncia, passata in giudicato, era stata accertata la concorrente responsabilità delle nico) esistente tra i due fabbricati, non fosse più possibile met-
parti in causa per le infiltrazioni di acque meteoriche nel fabbricato del COGNOME, provenienti dall’intercapedine (o giunto tectere in discussione tale concorrente responsabilità;
b) che i danni di cui il COGNOME aveva chiesto il risarcimento con l’atto introduttivo del presente giudizio, cioè quelli
asseritamente verificatisi dopo l’ottobre 2004, a causa della mancata attuazione della pronuncia di condanna alla eliminazione dell’intercapedine emessa all’epoca a carico dei convenuti, non solo non erano stati provati ma, in realtà, non erano stati neanche sufficientemente e specificamente allegati nella loro esatta consistenza materiale, essendo stata formulata la originaria domanda risarcitoria in termini talmente generici da non consentire una effettiva verifica della sussistenza dei pregiudizi deAVV_NOTAIOi;
c) che tali lacune assertive della domanda proposta non potevano essere sanate in sede di gravame, mediante nuove e più specifiche allegazioni in merito ai pretesi danni effettuate per la prima volta in quel grado del giudizio, essendo esse tali da alterare sostanzialmente il thema decidendum ;
d) che gli unici concreti fatti dannosi già allegati con la domanda originaria, cioè l’esistenza di un ordine sindacale di sgombero del fabbricato dell’attore ed il suo conseguente necessario trasferimento in altro immobile, insieme con la famiglia, facevano riferimento ad eventi risalenti in realtà a molti anni prima che fosse emessa la sentenza di condanna all’eliminazione del giunto tecnico posta a base della nuova domanda proposta nel presente giudizio (precisamente, si trattava di eventi risalenti all’ anno 1998, mentre la condanna era intervenuta solo nel 2004) e, dunque, non era possibile ricondurli con certezza, sul piano causale, a conAVV_NOTAIOe o fatti successivi alla predetta sentenza;
e) che, d’altra parte, la mancata eliminazione dell’intercapedine tra i fabbricati, da parte dei convenuti, era in effetti imputabile allo stesso attore, il quale non aveva loro consentito l’effettuazione delle opere necessarie, sostenendo di dover prima provvedere al consolidamento della muratura del proprio fabbricato, senza però mai provvedervi.
La corte d’appello, ha, in definitiva, escluso : a) sia la sussistenza di una colposa conAVV_NOTAIOa illecita o, comunque, di un inadempimento colposo dei convenuti alle obbligazioni sugli stessi gravanti, cioè di conAVV_NOTAIOe (idonee a dar luogo a danni risarcibili) distinte ed autonome rispetto a quanto già accertato nel precedente giudizio all’esito del quale si era formato il giudicato sulla corresponsabilità delle parti per le infiltrazioni che avevano danneggiato il fabbricato del COGNOME; b) sia la adeguata allegazione e la conseguente prova di specifici danni concreti subiti da quest’ultimo ed effettivamente riconducibili, sotto il profilo eziologico, ad eventi collocabili cronologicamente nel periodo temporale cui lo stesso aveva fatto espresso riferimento, nel presente giudizio, quale fondamento della sua domanda risarcitoria.
1.2 Tanto premesso, in primo luogo va escluso in radice il deAVV_NOTAIOo vizio di assenza di una effettiva e adeguata motivazione a sostegno della decisione impugnata.
La relativa censura, in particolare esposta nel profilo 1.B dell’articolato motivo di ricorso in esame, è, del resto, formulata in modo non sufficientemente specifico, risolvendosi, in sostanza, nella mera enunciazione di principi di astratto diritto e nel richiamo di vari precedenti, ma senza un riferimento concreto alla vicenda sostanziale e processuale.
In ogni caso, come si è già chiarito, la decisione impugnata deve ritenersi, a giudizio di questa Corte, sostenuta da motivazione del tutto adeguata, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, oltre che coerente con le domande proposte.
1.3 Neanche possono avere seguito le ulteriori censure relative alla pretesa violazione delle disposizioni di legge in tema di giudicato e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui ai profili 1.A, 1.C e 1.D del motivo di ricorso in esame.
1.3.1 La censura di violazione delle norme in tema di giudicato risulta inammissibile, ancor prima che infondata, in quanto enunciata in termini del tutto generici, senza un adeguato richiamo, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., allo specifico contenuto della precedente decisione su cui il giudicato stesso si è formato e, in particolare, delle statuizioni della stessa in relazione alle quali la corte d’appello, con la pronuncia impugnata nella presente sede, avrebbe, secondo il ricorrente, e rroneamente ritenuto sussistente la preclusione di cui all’art. 2909 c.c., nell’escludere che si potesse rimettere in discussione l’affermazione della concorrente responsabilità delle parti per le infiltrazioni di acque meteoriche nel fabbricato del COGNOME, provenienti dall’intercapedine esistente tra questo ed il contiguo fabbricato dei convenuti COGNOME e COGNOME.
1.3.2 La censura di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato è , invece, senz’altro infondata.
L a corte d’appello ha correttamente interpretato la domanda proposta dall’attore COGNOME e, altrettanto correttamente, ha individuato il suo oggetto nei pretesi danni derivanti dalla mancata attuazione, da parte dei convenuti COGNOME e COGNOME, della condanna (derivante da sentenza definitiva) ad eliminare l’intercapedine tra i rispettivi fabbricati, per il periodo successivo all’ottobre 2004.
L’ha, però, rigettata, come sopra più dettagliatamente esposto, avendo ritenuto insufficiente la prova di tali danni e, ancor prima, la specifica allegazione degli stessi, nonché la stessa sussistenza di una conAVV_NOTAIOa colposa o inadempiente imputabile ai convenuti.
Non è pertanto ravvisabile, nella decisione impugnata, alcun vizio, sotto il profilo della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
1.4 Per quanto attiene alle ulteriori censure, è sufficiente osservare che il difetto di una allegazione sufficientemente
specifica dei danni di cui era stato chiesto il risarcimento da parte dell’attore costituisce argomento di carattere assorbente, che porta ad escludere ogni rilievo, ai fini dell’esito del giudizio, alla deAVV_NOTAIOa violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1227 c.c. e 41 c.p. (formulate, in particolare, al punto 1.C del motivo di ricorso in esame), così come di quelle richiamate nel profilo 1.D (incluse quelle relative alla pretesa violazione dell’art. 345 c.p.c., in ordine alla quale si fa rinvio anche a quanto sarà osservato in relazione al successivo motivo di ricorso), peraltro di per sé inammissibili anche perché non supportate da un adeguato e specifico richiamo al contenuto degli atti su cui si fondano.
Con il secondo motivo si denunzia « Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99, 112, 163, e 183 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360 n. 4 cpc; nonché artt. 2043 e 2056 c.c. in relazione all ‘ art. 360 n. 3 »; segnatamente: « 2.A -Violazione degli artt. 99, 163 e 183 c.p.c., per aver ritenuto non specificata la domanda nonostante gli elementi in atti, e la preclusione in appello, ancorché trattasi semplice puntualizzazione. 2.B -Violazione degli art. 111, 6° c. Cost. e 132, n. 4 cpc, per motivazione perplessa od apparente sulla interpretazione della domanda. 2.C -Violazione degli artt. 112 c.p.c., 2043, 2059 e 2056 c.c., per omessa pronuncia e mancata sussunzione della fattispecie
sotto tali norme ».
Il ricorrente contesta ancora la pretesa erronea interpretazione della domanda da lui proposta, in particolare sotto il profilo della ritenuta genericità dell’allegazione dei danni di cui aveva chiesto il risarcimento, della insufficienza della prova degli stessi, nonché sotto il profilo della ritenuta inammissibilità delle specificazioni operate in sede di gravame.
Anche questo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Come già rilevato in relazione al primo motivo del ricorso, la domanda proposta in primo grado dall’attore è stata correttamente interpretata e ricostruita nel suo oggetto dalla corte d’appello, ma è stata ritenuta infondata in quanto non sostenuta da idonee allegazioni e da sufficienti elementi di prova in relazione ai danni di cui è stato chiesto il risarcimento.
In proposito, si è anche rilevato -e va ribadito -che la decisione impugnata risulta sostenuta da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico e, come tale, essa non è sindacabile nella presente sede.
Va, altresì, ribadito che altrettanto corretto risulta il rilievo, da parte della corte territoriale, dell’inammissibilità dell’allegazione, solo in sede di gravame, di specifici profili di danno non allegati in primo grado, né sopravvenuti rispetto al momento dell’in staurazione del giudizio, trattandosi di allegazioni evidentemente tali da alterare l’effettivo thema decidendum e pregiudicare il diritto di difesa della controparte, come tali da ritenersi vietate ai sensi dell’art. 345 c.p.c..
Ne consegue che va esclusa la deAVV_NOTAIOa violazione delle disposizioni normative richiamate dal ricorrente nel motivo di ricorso in esame, peraltro in buona parte consistenti nella reiterazione -sotto diverso profilo -di quelle formulate con il primo motivo, già esaminate e ritenute infondate.
Per ogni altro aspetto, il motivo di ricorso in esame si risolve nella contestazione di accertamenti di fatto riservati ai giudici del merito e nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito in sede di legittimità.
Con il terzo motivo si denunzia « Violazione degli artt. 1123, 1226 e 1227 c.c. richiamati dall ‘ art. 2056 c.c.; e degli artt. 2043, 2059, 2727 e 2729 c.c., e 24 Cost., in relazione all ‘ art. 360 n. 3; nonché degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c., e degli artt. 111, comma 6 Cost. e 132, 2° comma n. 4 c.p.c. in
relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c.; nonché omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c. »; segnatamente: « 3.A — Violazione degli artt. 111, 6° c. Cost. e 132 n.4 cpc, per motivazione contraddittoria su alcuni profili, perplessa od apparente su altri. 3.B -Violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia anche in termini concorsuali. 3.C -Violazione degli artt. 115 e 116, 167 c.p.c. per aver ignorato le prove offerte, e per violazione del principio di non contestazione. 3.D -Omesso esame di fatti decisivi, avendo stato omesso l ‘ esame di tutte le prove offerte sebbene decisive. 3.E -Violazione degli artt. 1123, 1126, 2043, 2059, 2056, 2727, 2729 c.c., per manca sussunzione della fattispecie sotto tali norme, e mancato utilizzo delle presunzioni e del criterio equitativo attesa la natura del danno. 3.F -Violazione degli artt. 113, 115 cpc e 24 Cost., avendo la Corte abdicato alla sua funzione giurisdizionale ».
Il ricorrente contesta, ancora una volta, il mancato riconoscimento del risarcimento dei danni oggetto della sua domanda, sostenendo che, quanto meno, avrebbe dovuto ammettersi una responsabilità concorrente dei convenuti in ordine agli stessi e avrebbe potuto procedersi alla loro liquidazione in via equitativa e/o sulla base di presunzioni.
Il motivo è, ancora una volta, in parte inammissibile ed in parte infondato.
Come già ampiamente chiarito in relazione ai precedenti motivi di ricorso, la corte d’appello, ancor prima del rilievo dell’insufficienza della relativa prova, ha ritenuto del tutto generica la stessa allegazione dei danni di cui il ricorrente ha chiesto il risarcimento, non essendo stata adeguatamente specificata neanche la loro esatta consistenza materiale, in relazione alle conAVV_NOTAIOe illecite imputate ai convenuti (e non potendo ammettersi nuove allegazioni in sede di gravame, sotto tale profilo).
Tale rilievo, come già visto fondato sulla corretta interpretazione della domanda avanzata in primo grado e sull’altrettanto corretta esclusione dell’ammissibilità di successive allegazioni effettuate solo in sede di gravame, è sostenuto da adeguata motivazione, non sindacabile nella presente sede.
Orbene, in difetto di una adeguata allegazione e di una sufficiente prova di danni risarcibili, da una parte non ha rilievo, ai fini dell’esito del giudizio , la questione relativa alla eventuale sussistenza di una responsabilità concorrente o esclusiva delle parti, mentre, dall’altra parte, è da ritenere correttamente esclusa anche la possibilità di una liquidazione del relativo importo in via equitativa ovvero sulla base di presunzioni.
Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi € 4.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei
limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-