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Aliud pro alio: la prova del bene difettoso

Un’azienda agricola si opponeva al pagamento di una fornitura di mangime, sostenendo che fosse talmente difettoso da configurare una vendita ‘aliud pro alio’, avendo causato la morte del bestiame per avvelenamento da rame. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del fornitore, confermando la legittimità dell’uso di un Accertamento Tecnico Preventivo (ATP) svolto in un’altra sede come prova e la possibilità per l’acquirente di modificare la propria domanda in corso di causa.

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Aliud pro alio: Quando il bene fornito è totalmente diverso da quello pattuito

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di vendita aliud pro alio, chiarendo importanti principi sulla prova del vizio e sulla modifica della domanda in corso di causa. La vicenda, che contrappone un fornitore di mangimi a un’azienda agricola, offre spunti fondamentali sull’ammissibilità di prove tecniche raccolte in altri procedimenti e sui limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso: Fornitura Contaminata e Danno all’Allevamento

Tutto ha inizio con un decreto ingiuntivo emesso a favore di una società fornitrice di mangimi per un credito di oltre 64.000 euro nei confronti di un’azienda agricola. L’azienda agricola si oppone al pagamento, sostenendo che la fornitura non era semplicemente difettosa, ma talmente viziata da configurare una vendita di ‘cosa per un’altra’ (appunto, aliud pro alio).

Nello specifico, l’allevamento lamentava che il mangime contenesse una concentrazione di rame cinque volte superiore al limite massimo consentito. Questa contaminazione aveva causato una grave intossicazione cronica e la conseguente morte di numerosi capi di bestiame. A sostegno della propria tesi, l’azienda agricola produceva in giudizio una consulenza tecnica (ATP) svolta in un altro procedimento, che confermava la causa della morte degli animali.

La Decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

Se in primo grado l’opposizione era stata respinta, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, accogliendo le ragioni dell’azienda agricola. I giudici di secondo grado ritenevano l’elaborato peritale pienamente utilizzabile, in quanto prodotto ritualmente fin dal primo grado senza specifiche contestazioni procedurali. La perizia, insieme alle testimonianze, provava in modo inequivocabile sia la vendita aliud pro alio sia l’entità del danno subito dall’allevamento, quantificato in oltre 150.000 euro.

La società fornitrice, soccombente in appello, proponeva quindi ricorso per Cassazione, basandolo su diverse censure, tra cui la presunta inammissibilità della perizia e la tardività della domanda di aliud pro alio, che a suo dire era stata formulata solo in un secondo momento.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondati tutti i motivi di doglianza. L’ordinanza offre chiarimenti cruciali su diversi aspetti procedurali e sostanziali.

Ammissibilità dell’Accertamento Tecnico Preventivo (ATP)

La Corte ha stabilito che la relazione conclusiva di un ATP, anche se svolto in un altro giudizio e senza la partecipazione di una delle parti, può essere legittimamente acquisita e utilizzata come prova. Se prodotta ritualmente e non contestata nelle forme e nei tempi previsti dalla procedura, essa entra a far parte del materiale probatorio e il giudice può liberamente valutarla per formare il proprio convincimento. Eventuali nullità relative allo svolgimento della consulenza tecnica devono essere eccepire immediatamente, altrimenti si considerano sanate.

La Modifica della Domanda e il principio di aliud pro alio

Un altro punto centrale riguarda la modifica della domanda. La ricorrente sosteneva che l’azienda agricola avesse mutato la sua richiesta tardivamente, passando da una generica eccezione di inadempimento a una specifica domanda di accertamento di aliud pro alio. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che tale modifica è ammissibile ai sensi dell’art. 183 c.p.c. purché rimanga connessa alla vicenda sostanziale originaria. La domanda dell’acquirente, volta a far valere l’inadempimento del venditore, era rimasta sostanzialmente la stessa. Inoltre, la Corte ha ribadito che spetta al giudice qualificare giuridicamente l’azione proposta, potendo inquadrare i fatti come vendita di bene privo di qualità essenziali o come aliud pro alio, con la conseguenza fondamentale che in quest’ultimo caso l’azione non è soggetta ai brevi termini di decadenza e prescrizione previsti per i vizi della cosa venduta (art. 1495 c.c.).

I Limiti del Giudizio di Cassazione

Infine, la Corte ha ricordato che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della controversia. Le censure relative alla valutazione delle prove (come l’attendibilità della perizia o dei testimoni) sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Alla Suprema Corte spetta solo il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione, non di riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida principi di grande rilevanza pratica. In primo luogo, sottolinea l’importanza di sollevare tempestivamente le eccezioni procedurali: una prova tecnica non contestata al momento giusto diventa un elemento di prova a tutti gli effetti. In secondo luogo, conferma la flessibilità dell’azione legale, consentendo alle parti di precisare le proprie domande nel corso del processo, purché collegate alla vicenda originaria. Infine, ribadisce la netta differenza tra un prodotto semplicemente difettoso e un prodotto talmente diverso da quello pattuito da essere completamente inservibile, la cui consegna configura un grave inadempimento contrattuale, svincolato dai rigidi termini di decadenza della garanzia per vizi.

Una perizia (ATP) svolta in un altro procedimento può essere usata come prova in una causa diversa?
Sì. Secondo la Corte, se la relazione tecnica viene ritualmente acquisita agli atti del giudizio (ad esempio, prodotta da una parte fin dal primo grado) e non vi sono contestazioni procedurali tempestive, essa entra a far parte del materiale probatorio e può essere liberamente apprezzata e utilizzata dal giudice per fondare la sua decisione, anche se una delle parti non aveva partecipato al procedimento originario.

È possibile modificare la propria domanda in corso di causa da inadempimento generico a vendita di ‘aliud pro alio’?
Sì, la Corte ha ritenuto ammissibile questa modifica. Ha chiarito che rientra nel potere della parte, ai sensi dell’art. 183 c.p.c., precisare la propria domanda, passando da una contestazione generica di inadempimento a una più specifica di accertamento di vendita ‘aliud pro alio’, poiché la domanda del compratore volta a far valere l’inadempimento del venditore rimane comunque immutata nella sua sostanza.

Qual è la differenza tra un vizio della cosa venduta e una vendita di ‘aliud pro alio’?
La sentenza chiarisce che la vendita di ‘aliud pro alio’ si verifica quando il bene consegnato è radicalmente diverso da quello pattuito, al punto da essere privo delle qualità essenziali per l’uso a cui era destinato. Questa fattispecie configura un inadempimento contrattuale vero e proprio (art. 1453 c.c.) e non un semplice vizio. La conseguenza pratica è che l’azione legale non è soggetta ai brevi termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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