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Aliud pro alio: immobile diverso da quello pattuito

Un acquirente cita in giudizio i venditori per la risoluzione di un contratto di compravendita immobiliare. L’immobile, venduto come edificabile sulla base di un permesso di costruire menzionato nell’atto, si rivela in realtà un terreno agricolo con una capacità edificatoria quasi nulla. La Corte d’Appello di Napoli, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, qualifica il caso come vendita di ‘aliud pro alio’ (una cosa per un’altra), data la radicale diversità del bene. Conferma la risoluzione del contratto e la condanna al risarcimento, riducendo l’importo per escludere le spese legali sostenute dall’acquirente dopo la scoperta dei vizi.

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Quando l’immobile non è come promesso: il caso di aliud pro alio

Nel mondo delle compravendite immobiliari, la fiducia e la chiarezza sono fondamentali. Ma cosa succede quando un bene si rivela completamente diverso da quello descritto nel contratto? Una recente sentenza della Corte di Appello di Napoli affronta un caso emblematico di vendita di aliud pro alio, fornendo chiarimenti cruciali sulla differenza tra un bene con vizi e un bene totalmente differente. La vicenda riguarda l’acquisto di un fondo rustico venduto con la promessa di poter realizzare un’unità immobiliare su due livelli, una promessa che si è scontrata con una realtà ben diversa.

I fatti di causa

Nel 2017, un acquirente stipulava un contratto di compravendita per un fondo rustico al prezzo di 180.000,00 euro. Elemento determinante per l’acquisto era la menzione, nell’atto notarile, di un permesso di costruire del 2015 che autorizzava la demolizione e ricostruzione di un comodo rurale, trasformandolo in un’unità immobiliare su due livelli.

Poco dopo l’acquisto, tuttavia, emergevano gravi problemi. A seguito di sopralluoghi e indagini, il cantiere veniva sottoposto a sequestro. Si scopriva che la documentazione alla base del permesso di costruire conteneva delle falsità relative allo stato originario dell’immobile, alterandone l’altezza e la volumetria realizzabile. Di fatto, la capacità edificatoria del terreno era quasi nulla (circa 40 mc) rispetto a quella promessa (circa 164 mc), rendendo impossibile la realizzazione del progetto.

L’acquirente, sentendosi tradito, avviava una causa presso il Tribunale di Napoli, chiedendo la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni.

La decisione del Tribunale e i motivi d’appello

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda dell’acquirente, dichiarando risolto il contratto per inadempimento della venditrice. Tuttavia, qualificava il vizio come “mancanza di qualità promesse” (art. 1497 c.c.), condannando gli eredi della venditrice (nel frattempo deceduta) a un cospicuo risarcimento.

Gli eredi proponevano appello, contestando la qualificazione giuridica data dal Tribunale e sostenendo che il permesso di costruire menzionato nel contratto fosse solo un dato storico, non una promessa di edificabilità. A sua volta, l’acquirente presentava un appello incidentale, insistendo sul fatto che non si trattasse di una semplice mancanza di qualità, ma di un caso ben più grave di aliud pro alio.

Le motivazioni della Corte: la corretta qualificazione come aliud pro alio

La Corte di Appello ha ribaltato la qualificazione giuridica del primo grado, accogliendo l’appello incidentale dell’acquirente. I giudici hanno stabilito che la fattispecie rientrava a pieno titolo nell’ipotesi di aliud pro alio.

La motivazione si fonda sulla radicale diversità tra il bene pattuito e quello effettivamente consegnato. L’acquirente non aveva comprato un terreno con un difetto, ma un bene economicamente e funzionalmente diverso: un terreno agricolo con minima capacità edificatoria invece di un suolo con il potenziale per una residenza su due livelli. Questa differenza sostanziale rende il bene del tutto inidoneo a soddisfare la funzione economico-sociale che aveva spinto l’acquirente alla stipula del contratto. Il prezzo stesso, sproporzionato per un semplice terreno agricolo di quella metratura, confermava che l’edificabilità era una qualità essenziale dell’accordo.

La Corte ha chiarito che la menzione esplicita del permesso di costruire non era un mero dettaglio descrittivo, ma un elemento che connotava funzionalmente il bene, generando nell’acquirente un legittimo affidamento sulla sua utilizzabilità a fini costruttivi. La qualificazione come aliud pro alio comporta una conseguenza procedurale fondamentale: l’azione non è soggetta ai brevi termini di decadenza e prescrizione previsti per la denuncia dei vizi (art. 1495 c.c.), ma segue le regole ordinarie della risoluzione per inadempimento (art. 1453 c.c.).

Le conclusioni: la riduzione del risarcimento e la conferma della risoluzione

Sulla base di queste premesse, la Corte di Appello ha confermato la risoluzione del contratto. Tuttavia, ha parzialmente accolto l’appello principale degli eredi per quanto riguarda l’ammontare del risarcimento. I giudici hanno ritenuto che alcune spese legali sostenute dall’acquirente per difendersi nei procedimenti amministrativi successivi al sequestro non fossero risarcibili. Questo perché, una volta emersi i profili di falsità documentale, l’acquirente avrebbe dovuto conoscere, usando l’ordinaria diligenza, l’effettivo stato dell’immobile e la sua condotta successiva ha interrotto il nesso causale con l’inadempimento originario della venditrice.

Di conseguenza, l’importo del risarcimento è stato ridotto da circa 251.000 euro a 247.150 euro. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la consegna di un bene radicalmente diverso da quello promesso costituisce un inadempimento grave che giustifica la risoluzione del contratto, tutelando l’acquirente da sorprese che ne vanificano completamente l’investimento.

Quando si verifica un’ipotesi di ‘aliud pro alio’ in una compravendita immobiliare?
Si verifica quando il bene consegnato è radicalmente diverso da quello pattuito, al punto da appartenere a un genere diverso o da essere del tutto inidoneo a svolgere la funzione economico-sociale per cui è stato acquistato. Nel caso di specie, un terreno con capacità edificatoria quasi nulla è stato considerato ‘aliud pro alio’ rispetto a un lotto venduto come edificabile per una residenza su due livelli.

Qual è la differenza tra ‘aliud pro alio’ e ‘mancanza di qualità promesse’?
La ‘mancanza di qualità promesse’ riguarda l’assenza di specifiche caratteristiche del bene, ma non ne altera la natura fondamentale. L”aliud pro alio’ configura un inadempimento totale, poiché viene consegnato un bene diverso. La conseguenza principale è che l’azione per ‘aliud pro alio’ non è soggetta ai brevi termini di decadenza (8 giorni dalla scoperta) e prescrizione (1 anno dalla consegna) previsti per i vizi, ma segue le regole ordinarie della risoluzione contrattuale.

Un permesso di costruire menzionato nel contratto di vendita è una garanzia di edificabilità?
Sì, secondo la Corte, in questo contesto la menzione esplicita del permesso di costruire non ha avuto una funzione meramente descrittiva, ma è servita a indicare una qualità essenziale del bene (l’edificabilità), generando un legittimo affidamento nell’acquirente e giustificando il prezzo pattuito. È stato considerato un elemento che ha connotato funzionalmente il bene venduto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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