Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19892 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19892 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27177/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente,
ricorrente
incidentale-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5563/2018 depositata il 10/09/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni della Sostituta Procuratrice Generale, dott. NOME COGNOME dell’avv. NOME COGNOME per delega scritta dell’avv. COGNOME per la società ricorrente, e dell’avv. NOME COGNOME per RAGIONE_SOCIALE -tutti presenti-.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma pronunciata in sede di rinvio in data 10.9.2018, con la quale è stato reiterato il rigetto della domanda ex art.2932 c.c. proposta dalla società ricorrente nei confronti di Roma Capitale -già Comune di Roma- e di RAGIONE_SOCIALE che sono state altresì condannate al pagamento, a titolo di responsabilità precontrattuale, di € 102.305,00, oltre agli accessori e al 50% delle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.
Il quadro di riferimento nel cui contesto si iscrive la controversia, come ricostruito nella sentenza di cassazione con rinvio n.21701/2015, è in fatto il seguente: ‘ Nel 1999 la società RAGIONE_SOCIALE, aggiudicataria in via provvisoria di un Immobile sito in Roma, a seguito di asta pubblica indetta da RAGIONE_SOCIALE ‘ (nell’interesse della proprietà, in capo al Comune di Roma), ‘ aveva agito ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. per ottenere il trasferimento della proprietà, oltre al risarcimento dei danni, e in subordine aveva chiesto la condanna dei convenuti a titolo di responsabilità precontrattuale, oltre alla restituzione dell’importo versato, pari a lire 280 milioni. Il Comune di Roma aveva dedotto che l’aggiudicazione provvisoria non era vincolante per l’Amministrazione, e che l’importo versato dall’attrice a titolo di cauzione ammontava a lire 142 milioni. La società RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito il difetto di giurisdizione dell’AGO, e nel merito si era difesa con argomenti analoghi a quelli prospettati dal Comune. 1.2. – Il Tribunale aveva rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione sul rilievo che la gara era stata indetta da RAGIONE_SOCIALE, società di diritto privato costituita per la gestione di servizi pubblici, e nel merito aveva accolto la domanda principale, ritenendo ingiustificata la violazione dell’obbligo di contrarre a carico del Comune e della società RAGIONE_SOCIALE, previo rilievo della nullità – per violazione dell’art. 1341, secondo comma, cod. civ. – della clausola inserita nel disciplinare di gara che riservava a RAGIONE_SOCIALE la facoltà di recedere dalle operazioni di vendita senza indicarne i motivi. Il Tribunale aveva accolto anche la domanda risarcitoria dell’attrice, e, compensati i reciproci crediti, aveva condannato i convenuti al pagamento dell’importo di euro 37.142,32, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo. 1.3. – Con separati atti, la società RAGIONE_SOCIALE ed il Comune di Roma proponevano appello reiterando l’eccezione di difetto di giurisdizione e chiedendo, nel merito, la riforma della sentenza. Si costituiva in entrambi i procedimenti, successivamente riuniti, la società RAGIONE_SOCIALE che
insisteva per la conferma della decisione, con correzione dell’errore di calcolo in cui era incorso il Tribunale, e riproponeva le domande formulate nel giudizio di primo grado. 2. – La Corte d’appello accoglieva nel merito il gravame, osservando: a) che l’atto di aggiudicazione provvisoria non era equiparabile al contratto preliminare; b) che il disciplinare di gara valeva come proposta di contratto, alla quale non era applicabile l’art. 1341, secondo comma, cod. civ.; c) che il proponente venditore non era vincolato a stipulare il contratto definitivo, come da previsione contenuta nel disciplinare di gara. 2.1. – La Corte distrettuale rigettava anche la domanda subordinata di risarcimento danni da responsabilità precontrattuale, ritenendo che sussistesse un giustificato motivo di interruzione della trattativa. Era infatti accaduto che, in data successiva all’aggiudicazione, l’Amministrazione comunale e la società RAGIONE_SOCIALE avevano ricevuto comunicazione della pretesa dei sigg. NOMECOGNOME proprietari dell’unità retrostante l’immobile oggetto dell’aggiudicazione provvisoria, di esercitare una servitù di passaggio a carico del predetto Immobile, e dell’avvio di un’azione legale tendente al riconoscimento della servitù. La società RAGIONE_SOCIALE era stata resa edotta dell’esistenza di tale contenzioso con raccomandata del 19 novembre 1998, nonché della volontà dell’Amministrazione comunale di definire la fase dell’aggiudicazione e addivenire alla stipula del contratto definitivo, previo inserimento nel contratto di una clausola che rappresentasse l’assunzione da parte dell’acquirente RAGIONE_SOCIALE del rischio derivante dall’eventuale esito sfavorevole del giudizio relativo al riconoscimento della servitù di passaggio. L’instaurazione del predetto giudizio per un verso giustificava il ritardo dell’Amministrazione nella stipula del contratto, e, per altro verso, escludeva che la società RAGIONE_SOCIALE resa edotta della circostanza, potesse ragionevolmente confidare nella conclusione del contratto alle condizioni originarie, mentre non si era espressa riguardo alla richiesta di modifica del contratto ‘.
Proposto ricorso da parte di RAGIONE_SOCIALE, questa Corte aveva cassato con rinvio accogliendo i primi due motivi del ricorso principale, con assorbimento del terzo, e dichiarando inammissibili i motivi di ricorso incidentale.
La Corte aveva rilevato che: ‘ Risulta contraddittoria l’intera impostazione della decisione della Corte d’appello, che prima argomenta sulla natura privatistica dell’attività svolta dalla società che ha indetto l’asta pubblica, per rigettare l’eccezione di difetto di giurisdizione, e poi sostiene che tutto il procedimento di asta e aggiudicazione, fino alla stipula dell’atto notarile, ha natura amministrativa, donde l’inesistenza di un vincolo a stipulare e la conseguente inapplicabilità dell’art. 2932 cod. civ. La stessa Corte d’appello ha poi negato l’applicabilità dell’art. 1341 cod. civ. alla clausola di recesso prevista nel disciplinare di gara, a fronte del mancato esercizio del recesso da parte della società RAGIONE_SOCIALE (prima della instaurazione del giudizio), che aveva, al contrario, manifestato inequivocabilmente
l’interesse alla stipula dell’atto notarile di trasferimento dell’immobile. 8 3.1.2. Diversamente, la premessa secondo cui l’attività posta in essere da RAGIONE_SOCIALE è attività negoziale a tutti gli effetti imponeva di riconoscere all’aggiudicazione provvisoria dell’immobile, conseguita dalla società RAGIONE_SOCIALE il significato dell’accettazione della proposta contenuta nel bando di gara, e con essa il sorgere di un vincolo giuridico tra le parti. La consistenza del predetto vincolo, poi, doveva essere apprezzata tenendo conto, per un verso, che nella specie l’aggiudicazione definitiva era condizionata soltanto all’assenza di prelazione (circostanza peraltro incontestata), e, per altro verso, che l’applicabilità dell’art. 2932 cod. civ. non presuppone l’esistenza di un contratto preliminare (ex pluris, Cass., sez. 2^, sentenza n. 5160 del 2012). 3.1.3. – Era inoltre necessaria la verifica dell’idoneità delle ragioni addotte dalla venditrice – cioè l’esistenza del contenzioso con gli eredi NOME per il riconoscimento di una servitù di passaggio – come impedimento alla stipula dell’atto notarile. Il mancato esercizio del diritto di recesso – a prescindere dalla validità della clausola che lo prevedeva – imponeva infatti di vagliare le ragioni del rifiuto a stipulare l’atto notarile, anche ai fini della responsabilità precontrattuale della società venditrice, oggetto della domanda subordinata. … 5. – L’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale ‘, che assorbe il terzo motivo concernente il rigetto, assunto ingiustificato, della domanda di risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, logicamente subordinato, aveva comportato la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito.
Riassunto tempestivamente il giudizio di rinvio e costituitosi in modo rituale il contraddittorio, la Corte d’Appello di Roma aveva respinto la domanda ex art.2932 c.c. proposta da RAGIONE_SOCIALE e aveva parzialmente accolto la domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, così motivando: -appare decisiva la previsione contenuta nel disciplinare di gara per cui ‘ l’atto di aggiudicazione vincola l’aggiudicatario fin dal momento della compilazione del verbale, ma non impegna il venditore se non dopo la stipula del contratto ‘, da effettuare non oltre sessanta giorni dall’aggiudicazione definitiva previa comunicazione all’aggiudicatario mediante raccomandata AR; tale disposizione è espressione di autonomia negoziale e, trattandosi di disciplinare di gara, non può trovare applicazione il disposto dell’art.1341 c.c. che postula altresì la conclusione di un contratto tra le parti; le disposizioni del disciplinare di gara dovevano essere comunque prese in considerazione dal soggetto partecipante all’asta pubblica, favorevoli o sfavorevoli che fossero, senza possibilità di dolersene ex post; -avuto riguardo alla particolare natura del procedimento diretto all’individuazione dell’acquirente e all’espressa previsione di libertà negoziale fino al rogito, un contratto, ancorchè preliminare di compravendita, non si era perfezionato; -la
domanda subordinata ex art.1337 c.c. è invece fondata, dato che la parte pubblica si era rifiutata senza giustificato motivo di procedere all’alienazione; deve essere riconosciuto l’interesse negativo e quindi si restituisce il versato, rivalutato all’attualità, con gli interessi legali -che riequilibrano il lucro cessante; null’altro è dovuto non essendo possibile, in assenza di prova di danni ulteriori, nemmeno una valutazione equitativa degli stessi.
Il ricorso per cassazione nuovamente proposto da RAGIONE_SOCIALE è affidato a tre motivi.
Hanno depositato controricorso sia RAGIONE_SOCIALE sia Roma Capitale (già Comune di Roma): quest’ultima ha proposto pure ricorso incidentale, articolato anch’esso su tre motivi.
Il PG ha depositato conclusioni scritte per l’accoglimento del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale, rilevando che ‘ il giudice del rinvio, lungi dall’eliminare le contraddizioni e i difetti argomentativi riscontrati ‘ nella sentenza rescindente, ‘ha reiterato gli stessi argomenti della sentenza cassata, negando che l’aggiudicazione provvisoria, quale accettazione della proposta contenuta nel bando di gara, avesse creato un vincolo giuridico tra le parti ed omettendo di apprezzarne la consistenza tenendo conto delle specifiche circostanze indicate dalla Corte, non valorizzate nella sentenza, che si è basata esclusivamente sulla clausola del disciplinare di gara, a cui la Corte di Cassazione non aveva attribuito efficacia dirimente, a fronte della qualificazione giuridica della aggiudicazione provvisoria quale accettazione della proposta del partecipante alla gara e del mancato esercizio del diritto di recesso, ‘a prescindere dalla validità della clausola che lo prevedeva’ ‘. Alla pubblica udienza del 30.1.2025, dopo la relazione del Consigliere relatore, i difensori delle parti hanno reiterato le richieste già formulate, esponendo le rispettive difese, e il PG ha richiamato e argomentato le conclusioni depositate per iscritto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE lamenta la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art.384, secondo comma, c.p.c .’, perché la Corte di merito non avrebbe seguito le indicazioni della Corte di legittimità quanto all’esistenza del contratto preliminare e delle condizioni per dare esecuzione allo stesso ex art.2932 c.c.
Secondo la ricorrente la sentenza rescindente pronunciata all’esito del precedente ricorso per cassazione avrebbe qualificato come attività negoziale quella posta in essere da RAGIONE_SOCIALE e avrebbe considerato l’aggiudicazione provvisoria alla RAGIONE_SOCIALE come ‘accettazione delle proposte contenute nel bando di gara ‘, cui sarebbe conseguito il sorgere di un vincolo giuridico tra le parti; l’intensità del vincolo avrebbe trovato riscontro nel fatto che l’aggiudicazione definitiva sarebbe stata condizionata solo dall’assenza di prelazione e, comunque, per
l’applicabilità dell’art.2932 c.c. non sarebbe stata necessaria l’esistenza di un contratto preliminare. Al carattere definitivo da riconoscere conseguentemente all’aggiudicazione la Corte di merito avrebbe dovuto far conseguire l’accoglimento della domanda ex art.2932 c.c., e invece essa avrebbe escluso sia l’esistenza di un vincolo giuridico, sia l’applicabilità dell’at.1341 c.c., riproponendo la stessa motivazione della sentenza d’appello cassata, in palese violazione del disposto dell’art.384 c.p.c.
Occorre quindi determinare l’ambito del giudizio di rinvio conclusosi con la sentenza oggetto di impugnazione, alla luce della sentenza che ha cassato con rinvio la precedente pronuncia di appello e del disposto dell’art.384 c.p.c.
Non è in discussione che la Corte di Cassazione abbia operato il precedente rinvio sul presupposto di un vizio di motivazione della sentenza d’appello, come disciplinato dall’art.360 n.5 c.p.c. nel testo previgente alla riforma del 2012 (DL n.83/2012, conv. in L. n.134/2012) e non per violazione di legge: al punto 3.1. dell’ordinanza si legge infatti che ‘ I primi due motivi del ricorso principale ‘ proposto da RAGIONE_SOCIALE ‘sono fondati in riferimento al denunciato vizio motivazionale’ . Del resto, dal contenuto della sentenza non emerge l’enunciazione di principi di diritto vincolanti, in quanto tali, per il Giudice di rinvio. L’art. 384 co 2 c.p.c. precisa ancora che il Giudice di rinvio debba uniformarsi ‘ comunque a quanto statuito dalla Corte ‘.
Occorre di conseguenza individuare l’ambito di operatività della disposizione da ultimo richiamata nell’ipotesi in cui sia riscontrato un vizio motivazionale -identificato, nel caso di specie, con l’ampiezza dell’art.360 n.5 c.p.c. ante riforma 2012, che contemplava, accanto alla motivazione omessa o contraddittoria, anche la motivazione insufficiente ‘ circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio ‘ -.
I limiti dei poteri del Giudice di rinvio sono stati più volte valutati nelle pronunce di legittimità e questa Corte ha ripetutamente affermato che, mentre nell’ipotesi di pronuncia di annullamento che abbia accolto il ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, l’annullamento per vizio di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia permette in sede di rinvio non solo la valutazione libera dei fatti già accertati, ma anche l’indagine su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi -in tal senso, cfr. Cass. n.448/2020, n.28734/2022, n.17240/2023 e, prima, Cass. a SSUU n.17779/2013 in relazione ad un’ipotesi di illecito disciplinare dei Magistrati -. Le indicazioni esposte sono state
sostanzialmente ribadite, ancora di recente, nella pronuncia di questa Corte n.3150/2024 che, in un’ipotesi in cui la cassazione con rinvio della sentenza d’appello era stata disposta con enunciazione del principio di diritto, ma in relazione (anche) ‘ a circostanze meramente ipotizzate, in via narrativa, da detta enunciazione ‘ non aveva ritenuto maturata alcuna preclusione al riesame, che ‘ si verifica solo con riguardo ai fatti che quel principio presupponga come pacifici o già accertati in sede di merito (Cass. n. 2660 del 1989), e ciò in quanto il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato, ma, in relazione ai punti decisivi e non congruamente valutati della sentenza cassata, se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività, ha il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza della Corte di Cassazione, la cui portata vincolante è limitata all’enunciazione della corretta interpretazione della norma di legge, e non si estende alla sussunzione della norma stessa della fattispecie concreta, essendo tale fase del procedimento logico compresa nell’ambito del libero riesame affidato alla nuova autorità giurisdizionale (Cass. n. 9690 del 2003; Cass. n. 18087 del 2007) ‘ (con la pronuncia di legittimità richiamata la S.C. ha cassato la decisione che, in sede di giudizio di rinvio in tema di divisione ereditaria, non aveva verificato se per tutti gli eredi fosse stato provato l’effettivo possesso dei beni per i fini di cui all’art. 485 c.c. limitandosi a ritenere provata tale circostanza in forza della mera cassazione della precedente sentenza della Corte d’Appello, sebbene la decisione della S.C. avesse solamente emendato l’errore di diritto in cui era incorso il giudice di merito rimanendo impregiudicato l’accertamento dell’effettiva ricorrenza della condizione prevista dalla norma).
Nell’ipotesi di cassazione per vizio motivazionale la decisione all’esito del giudizio di rinvio, pur nel contesto di poteri del Giudice di rinvio che si estendono non solo alla libera valutazione dei fatti già accertati ma anche alla indagine su altri fatti, non si può fondare sugli elementi già censurati nel provvedimento impugnato, -cfr. ancora, al riguardo, Cass. n.13719/2006 secondo la quale nell’ipotesi in esame ‘ la sentenza rescindente – indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà della motivazione – non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento. In quest’ultima ipotesi, poi, il giudice di rinvio, nel rinnovare il giudizio, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente od implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato,
ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati ‘; Cass. n.12102/2014; Cass. n.22989/2018; Cass. n.8971/2019, che ha precisato ancora come ‘ Nell’ipotesi di cassazione della pronuncia impugnata per difetto di motivazione, ove in sede di rinvio sia richiesta l’indagine e l’esame dei fatti pretermessi nel provvedimento annullato, il giudice, pur godendo di ampia libertà di apprezzamento, non può dissentire sulla decisività dei fatti indicati dalla Corte di cassazione sia nel vecchio che del nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. ‘; Cass. SSUU n.18303/2020; Cass. n.23704/2024).
Alla luce delle indicazioni che precedono deve essere valutata la denunciata violazione del decisum della precedente pronuncia rescindente.
Le motivazioni della cassazione con rinvio disposta con l’ordinanza n.21701/2015 si possono sintetizzare come segue: -l’attività posta in essere da RAGIONE_SOCIALE è stata considerata attività negoziale a tutti gli effetti e, come tale, essa imponeva di riconoscere all’aggiudicazione provvisoria dell’immobile, conseguita dalla società RAGIONE_SOCIALE, il significato di accettazione della proposta contenuta nel bando di gara, e con essa di conseguente sorgere di un vincolo giuridico tra le parti; la consistenza del vincolo doveva essere apprezzata tenendo conto, per un verso, che nella specie l’aggiudicazione definitiva (non la stipula) era condizionata soltanto all’assenza di prelazione (circostanza indicata come incontestata), e, per altro verso, che l’applicabilità dell’art. 2932 cod. civ. non presuppone l’esistenza di un contratto preliminare (ex pluris, Cass., sez. 2^, sentenza n. 5160 del 2012: cfr. anche le massime riportate di seguito); era inoltre necessaria, nell’ambito della valutazione della responsabilità precontrattuale subordinatamente fatta valere, la verifica dell’idoneità delle ragioni addotte dalla venditrice (cioè l’esistenza del contenzioso con gli eredi NOME per il riconoscimento di una servitù di passaggio) come impedimento alla stipula dell’atto notarile; -il mancato esercizio del diritto di recesso, a prescindere dalla validità della clausola che lo prevedeva, imponeva infatti di vagliare le ragioni del rifiuto a stipulare l’atto notarile, anche ai fini della responsabilità precontrattuale della società venditrice, oggetto della domanda subordinata. In sede rescindente la Corte ha quindi ritenuto il sorgere di un vincolo giuridico tra le parti già con l’aggiudicazione provvisoria, ha ricordato il condizionamento dell’aggiudicazione definitiva all’assenza di prelazione, senza prendere alcuna posizione in ordine all’applicabilità o meno dell’art.1341 c.c. al disciplinare di gara (la Corte ha solo rilevato l’incongruenza tra l’esclusione di un vincolo a stipulare e la negata applicabilità dell’art.1341 c.c. a fronte del manifestato interesse della PA a stipulare), ma ha evidenziato la possibilità di applicazione dell’art.2932 c.c. anche ove non sia stato concluso un contratto preliminare, con ciò mantenendo in realtà aperta la qualificazione giuridica del vincolo sorto a seguito di aggiudicazione provvisoria; il mancato esercizio del diritto di recesso è stato
affermato come circostanza pacifica (uno dei profili di rilevata contraddittorietà della motivazione è stato individuato proprio nell’interesse inequivoco alla stipula manifestato dalla PA: cfr. la parte di motivazione della sentenza rescindente sopra riportata) ed è stato indicato come da valorizzare, così come le ragioni addotte per l’impedimento alla stipula, nell’ambito della valutazione della responsabilità precontrattuale della PA.
Nella motivazione della sentenza di rinvio oggetto di impugnazione, che è certamente molto sintetica, la Corte di merito richiama la previsione contenuta nel disciplinare di gara, nella parte in cui prevede la vincolatività dell’atto di aggiudicazione per l’aggiudicatario ma non per il venditore prima della stipula del contratto (che sarebbe dovuta intervenire entro 60 giorni dall’aggiudicazione definitiva), ritiene detta previsione, certamente nota a RAGIONE_SOCIALE in quanto partecipante all’asta pubblica, espressione di autonomia negoziale e, esclusa l’applicabilità del disposto dell’art.1341 c.c. al disciplinare di gara, ritiene non si sia formato alcun contratto, nemmeno preliminare, tra le parti. In sostanza, quindi, la Corte di merito ha dato conto dei rilievi della Corte di legittimità, considerando effettivamente sorto un vincolo giuridico, tra le parti, di natura negoziale e quindi di ambito privatistico, all’esito dell’aggiudicazione provvisoria, a carico del solo aggiudicatario ma ha ribadito la tesi, già precedentemente espressa nella sentenza d’appello cassata, che non si fosse concluso un contratto tra le parti, attribuendo all’aggiudicazione provvisoria natura di impegno negoziale da considerare conseguentemente unilaterale.
Ora, essendo stata cassata la sentenza d’appello espressamente per vizio motivazionale, le indicazioni in diritto contenute nella sentenza rescindente si debbono considerare non vincolanti di per sé, ma volte a sollecitare una rivalutazione da parte del Giudicante dei profili rispetto ai quali si erano rilevate incongruenze tali da incidere sulla adeguatezza e sufficienza delle ragioni della decisione esposte: del resto, che la sentenza rescindente non avesse considerato certamente concluso un contratto preliminare di compravendita tra le parti a seguito dell’aggiudicazione provvisoria deriva dai rilievi, nella stessa contenuti, sulla necessità di apprezzare la consistenza del vincolo giuridico sorto tra le parti e sulla necessità di vagliare la possibilità di applicazione dell’art.2932 c.c. anche in mancanza di un contratto preliminare.
Nel contesto delineato le ragioni della pronuncia di rinvio, pur molto sintetiche, non appaiono in contrasto con quanto indicato nella pronuncia rescindente e non possono essere considerate meramente reiterative della pronuncia d’appello cassata solo perché propongono una ricostruzione giuridica analoga a quella in essa contenuta, perché danno conto delle indicazioni contenute nella sentenza rescindente: la Corte d’Appello di Roma ha nella sostanza ritenuto corretto interpretare il vincolo giuridico
certamente sorto a seguito dell’aggiudicazione provvisoria come comportante, in base ad una scelta negoziale legittima degli interessati nei termini emergenti dal disciplinare di gara preso a riferimento per l’identificazione del contenuto del vincolo-, obbligazioni per la sola società aggiudicataria e non anche per la parte venditrice ed ha escluso che vi fosse un supporto negoziale adeguato per fondare la domanda ex art.2932 c.c.
Si tratta all’evidenza di valutazioni che non erano precluse dalla sentenza rescindente, la quale aveva richiesto sostanzialmente l’esplicitazione di una motivazione che desse conto appropriato dei profili giuridici ritenuti non sufficientemente vagliati nella sentenza d’appello.
Il motivo di ricorso in esame deve essere pertanto respinto.
Con il secondo motivo la società ricorrente evidenzia la ‘ violazione e falsa applicazione degli art.99, 112, 113, 115, 116, 132, 277 c.p.c. e degli art.1362, 1366, 1341, 2697, 2932 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; il tutto in relazione all’art.360 c.p.c. n.3, 4 e 5 ‘.
Uno dei punti decisivi della controversia sarebbe stabilire se l’aggiudicazione provvisoria abbia o meno determinato a carico delle controparti un obbligo a contrarre tutelabile ex art.2932 c.c. Dal disciplinare di gara emerge che ‘… L’atto di aggiudicazione vincola l’aggiudicatario fin dal momento della compilazione del verbale, ma non impegna il venditore se non dopo la stipula del contratto, che deve essere effettuato in Roma, presso uno studio notarile di fiducia dello stesso venditore, non oltre 60 giorni dalla data di aggiudicazione definitiva, previa comunicazione all’aggiudicatario mediante raccomandata AR Il pagamento integrale del prezzo di acquisto dovrà essere effettuato alla firma del contratto notarile di compravendita. L’aggiudicatario è, inoltre, tenuto a corrispondere al momento della stipula dell’atto, le competenze notarili e tutte le spese, le imposte e le tasse inerenti il trasferimento della proprietà. RAGIONE_SOCIALE, in qualunque momento e fino alla stipula del contratto si riserva la facoltà di recedere dalle operazioni di vendita senza obbligo di indicarne i motivi. Il recesso sarà comunicato all’aggiudicatario a mezzo lettera raccomandata e conseguentemente restituito il deposito cauzionale, escluso ogni altro indennizzo’. La Corte di merito avrebbe interpretato le disposizioni riportate con la stessa motivazione già cassata, violando altresì il disposto dell’art.1326 c.c., sulla conclusione del contratto nel momento in cui chi ha fatto la proposta viene a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, e dell’art.1336 c.c., che equipara alla proposta contrattuale l’offerta al pubblico che contenga gli elementi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta. Secondo la ricorrente, se la Corte di merito avesse in sede di rinvio qualificato correttamente il disciplinare di gara nei termini indicati, avrebbe riconosciuto l’esistenza di un accordo quantomeno formatosi al momento
dell’aggiudicazione e avrebbe verificato in relazione ad esso la vessatorietà delle clausole in oggetto, ex art.1341 c.c. che si applica anche nel caso in cui chi ha predisposto il modulo contenente le clausole negoziali rivolga alla controparte un invito a proporre la conclusione del contratto.
In proposito si osserva quanto segue.
Si esclude prima di tutto il fondamento delle critiche rivolte alla sentenza impugnata sotto il profilo del vizio motivazionale, che deve essere vagliato alla luce del testo dell’art.360 c.p.c. come modificato dal dl n.83/2012, conv. in l. n.147/2012 -la relativa riforma si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione, ex art.53 co 3 dl cit. -. Questa Corte ha ripetutamente ribadito che ‘ La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. ‘ -Così la sentenza delle Sezioni Unite n.8053/2014, che fonda un orientamento interpretativo ormai consolidato-: nel caso di specie si devono escludere sia la mancanza o apparenza della motivazione, sia la sua contraddittorietà insanabile, essendo esistente e ben chiaro l’iter logico seguito dalla Corte di merito per giungere alla decisione.
Appare altresì superabile il rischio di inammissibilità del motivo in esame, per violazione dell’art.366 c.p.c. sotto il profilo della carenza di specificità, per il richiamo operato dalla ricorrente a plurime ipotesi di violazione dell’art.360 c.p.c. -3, 4 e 5non conciliabili. E’ chiaro, infatti, dall’argomentazione del motivo, che la ricorrente si duole dell’interpretazione del Disciplinare di gara data dalla Corte d’Appello in sede di rinvio (sull’irrilevanza del fatto che la decisione sul punto sia prospettata come coincidente con quella già effettuata nella sentenza d’appello cassata, si richiama quanto esposto nell’esaminare il motivo precedente), insistendo per considerare l’asta, e in particolare il disciplinare di gara, come un’offerta al pubblico rispetto alla quale l’offerta del partecipante costituirebbe accettazione -pur suscettibile di decadere a fronte di un’offerta più alta – idonea alla conclusione del contratto: la ricorrente lamenta quindi la violazione, secondo la propria
interpretazione, del disposto degli art.1326 e 1336 c.c., nonché del disposto dell’art.2932 c.c., e correlativamente dell’art.1341 c.c. che avrebbe dovuto essere considerato nella valutazione delle clausole negoziali apposte al contratto teoricamente concluso, in tesi ostative dell’esecuzione dell’obbligo a contrarre azionato, per escluderne la validità.
La questione come prospettata dalla ricorrente, è mal posta, perché non è in discussione l’intervento di un vincolo negoziale sorto tra le parti in conseguenza della partecipazione alla procedura d’asta per vendita di immobile -indetta da RAGIONE_SOCIALE nell’interesse della proprietaria RAGIONE_SOCIALEdi RAGIONE_SOCIALE, seguita dall’aggiudicazione provvisoria, ma l’articolazione e il contenuto di detto vincolo. La Corte d’Appello di Roma, in sede di rinvio, ha riconosciuto infatti l’effetto vincolante dell’aggiudicazione provvisoria ma, tenendo conto del contenuto del disciplinare di gara, ben noto all’aggiudicataria fin dalla proposizione dell’offerta di partecipazione alla gara d’asta indetta da Risorse per Roma s.p.aRAGIONE_SOCIALE e quindi accettato dalla stessa nel legittimo esercizio della propria autonomia negoziale, come destinato a regolare i rapporti tra le parti fino alla stipula del contratto di compravendita, ha ritenuto che detta aggiudicazione impegnasse immediatamente alla stipula della compravendita la società aggiudicataria e non RAGIONE_SOCIALE-Roma Capitale. Conseguentemente, la Corte di merito ha escluso la possibilità di qualificare il vincolo negoziale derivante dall’aggiudicazione provvisoria, comunque riconosciuto, come contratto preliminare bilaterale e ne ha escluso l’idoneità ad impegnare alla stipula anche la parte venditrice -è questo, nella sostanza, il fondamento del rigetto della domanda ex art.2932 c.c.-.
Si deve peraltro osservare che non è dirimente la qualificazione del vincolo di cui si discute come impegno unilaterale invece che come contratto, perché anche il riconoscimento dell’intervenuta stipula di un contratto preliminare quantomeno in occasione dell’aggiudicazione provvisoria non comporterebbe automaticamente il sorgere di obblighi a contrarre in capo ad entrambe le parti contraenti, potendo configurarsi anche un contratto preliminare unilaterale comportante il sorgere di un’obbligazione a contrarre in capo ad una sola delle parti stipulanti -cfr., riguardo alla possibilità di stipula di contratti preliminari unilaterali, Cass. n.2692/1997; Cass. n.28762/2017, nella quale si evidenzia la differenza tra contratto preliminare unilaterale e opzione; Cass. 15801/2024, che ha esaminato il contratto preliminare unilaterale per differenziarlo dalla prelazione del conduttore di immobile locato-: sarebbe in ogni caso necessario, cioè, verificare il contenuto dell’accordo negoziale concluso, e quindi la significatività delle indicazioni presenti nel disciplinare di gara, accettate dalla società ricorrente al momento della partecipazione alla gara, che proprio nella prospettiva della ricostruzione negoziale seguita dalla ricorrente stessa
costituiscono il contenuto della proposta negoziale delle controparti, accettata da RAGIONE_SOCIALE
Come già sottinteso nella sentenza rescindente di questa Corte, il rimedio previsto dall’art. 2932 c. c. al fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto è applicabile, infatti, non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra ipotesi dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto (cfr., per spunti di riflessione al riguardo in diversi contesti giuridici di riferimento, Cass. n. a SSUU n.4683/2015; Cass n.36224/2023; Cass. n.10010/2024; Cass. n.15108/2024); nulla vieta altresì che la fonte dell’obbligo a contrarre possa essere un contratto preliminare unilaterale, in relazione al quale una sola delle parti contraenti si obblighi a prestare il consenso per la stipula del definitivo; l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto è applicabile, qualunque ne sia la fonte, purché da tale fonte (negoziale o legale) sorga l’obbligazione in capo alla controparte di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto.
Ora, a prescindere, per quanto sopra detto, dalla qualificazione giuridica della fonte dell’assetto degli obblighi assunti dalle parti con l’aggiudicazione provvisoria, emerge chiaramente dal testo del disciplinare che RAGIONE_SOCIALE -per Roma Capitale- non aveva assunto alcun obbligo di prestare il proprio consenso alla stipula del definitivo, poiché era chiaramente precisato -come evidenziato dalla Corte di meritoche ‘ l’aggiudicazione non impegna il venditore se non dopo la stipula del contratto ‘. La significatività di detta indicazione non è intaccata dal fatto che l’aggiudicazione definitiva fosse subordinata solo al mancato esercizio della prelazione ad opera degli aventi diritto, perché le due disposizioni non sono in conflitto: ferma cioè la subordinazione dell’aggiudicazione definitiva al solo mancato esercizio della prelazione, a fronte dell’obbligo a contrarre immediatamente sorto a carico della società aggiudicataria con l’aggiudicazione provvisoria RAGIONE_SOCIALE-Roma Capitale non erano vincolate da uno stesso obbligo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE fino alla stipula ‘.
E’ mal posta pure la questione relativa all’applicabilità o meno dell’art.1341 c.c. -esclusa dal Giudice del rinvio sia per la non equiparabilità del disciplinare di gara alle condizioni generali di contratto, sia per la mancata conclusione di un contratto tra le parti: l’esistenza o meno dell’impegno a contrarre, coercibile ex art.2932 c.c., in capo alle parti contraenti rappresenta l’oggetto del negozio giuridico posto a fondamento della domanda ex art.2932 c.c. e non l’articolazione di una clausola, con la conseguenza che esso non può essere valutabile secondo la disposizione normativa richiamata.
Non è rilevante, ancora, accertare, anche ai fini dell’art.1341 c.c., se la prevista ‘ facoltà di recedere dalle operazioni di vendita senza obbligo di indicarne i motivi ‘, in qualsiasi momento e fino alla stipula del contratto, riconosciuta dal disciplinare di gara a RAGIONE_SOCIALE, sia qualcosa di diverso rispetto al carattere non impegnativo dell’aggiudicazione per il venditore: è sulla base della non impegnatività dell’aggiudicazione che è stata esclusa l’esistenza di un vincolo giuridico idoneo a giustificare l’applicazione dell’art.2932 c.c. al caso di specie, con la conseguenza che, ove la facoltà di recesso fosse espressione della stessa ‘libertà’ delle controricorrenti fino alla stipula, varrebbero le stesse considerazioni svolte sopra, mentre se la facoltà richiamata dovesse essere considerata autonoma essa sarebbe superata dall’assenza di un impegno a contrarre fino alla stipula e non avrebbe alcuna utilità valutarne la qualificazione giuridica e la validità, perché irrilevante in relazione alla domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE
Anche il motivo di ricorso in esame deve pertanto essere respinto.
Con il terzo motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta la ‘ violazione e falsa applicazione degli art.99, 112, 113, 115, 116, 132, 277 c.p.c. e degli art. 2697, 2932 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; il tutto in relazione all’art.360 c.p.c. n.3, 4 e 5 ‘
In via subordinata al mancato accoglimento dei primi due motivi di ricorso proposti, la Corte d’Appello avrebbe comunque omesso la considerazione di un fatto decisivo, consistente nella circostanza che il venditore, dopo l’aggiudicazione provvisoria, aveva comunicato che avrebbe dato corso alle attività necessarie per la stipula del definitivo in data 4.9.1998 precisando, il 19.11.1998, che, per le problematiche insorte per la vicenda COGNOME, la compravendita era da considerare ‘prossima’ dovendone essere concordati tutti i dettagli; il 25.6.2002 era seguita l’aggiudicazione definitiva; da ciò conseguirebbe, sempre secondo la ricorrente, che il potere di non dare corso alla stipula e/o di recedere non era stato comunque esercitato ed era stato superato dalla manifestazione della volontà di contrarre.
I rilievi svolti dalla ricorrente in ordine al comportamento tenuto da RAGIONE_SOCIALERoma Capitale dopo l’aggiudicazione provvisoria -seguita nel tempo anche dall’aggiudicazione definitiva ma non dalla stipula del contratto di compravendita- possono solo indicare che le controricorrenti avevano interesse a concludere la compravendita immobiliare con la controparte: non si vede come questi comportamenti possano avere una qualche decisività ai fini della valutazione della domanda ex art.2932 c.c., che presuppone non una disponibilità ma un obbligo della destinataria dell’azione a prestare il consenso alla stipula del contratto che si chiede sia costituito ai sensi della norma richiamata. Quello che si può desumere dalle osservazioni della ricorrente svolte a sostegno del motivo di ricorso in esame è solo che l’impedimento alla stipula per RAGIONE_SOCIALE -Roma Capitale
derivò sostanzialmente non da un ripensamento della parte venditrice ma dalle problematiche sorte per la rivendicazione di diritti reali vantati da terzi su -partedell’immobile da cedere, circostanza priva di significatività ai fini dell’esecuzione dell’obbligo a contrarre.
In conclusione, i motivi del ricorso principale devono essere tutti respinti.
Debbono essere ora esaminati i motivi di ricorso incidentale proposti da Roma Capitale.
Con il primo motivo l’Ente territoriale lamenta ‘ violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli art.1337, 1175 e 2697 del c.c. e delle norme a queste connesse e/o correlate, rilevante ex art.360 co 1 n.3 c.p.c.’, perché la Corte di merito avrebbe riconosciuto in modo apodittico una responsabilità precontrattuale facente capo ad esso.
Secondo la ricorrente incidentale, l’Amministrazione non giunse alla stipula del contratto di compravendita ‘ per circostanze giudiziali insorte in ordine ad una azione di servitù di passaggio iniziata dai proprietari di un immobile attiguo e comunicante con quello oggetto del presente giudizio ‘; la pendenza della causa relativa fu portata a conoscenza della ricorrente principale fin dal mese di agosto 1998, ossia qualche giorno dopo l’espletamento della gara, e in seguito sia Roma Capitale sia Risorse RAGIONE_SOCIALE si erano attivate per trovare una soluzione, proponendo la sottoscrizione del contratto di compravendita nel quale si desse atto della pendenza della lite, con accollo del suo esito in capo alla società acquirente. Secondo la ricorrente incidentale, il comportamento tenuto per la parte venditrice fu quindi improntato a buona fede.
Il motivo è infondato.
La Corte di merito, dopo aver richiamato l’indicazione contenuta nella sentenza rescindente in ordine alla necessità di vagliare, sotto il profilo della responsabilità precontrattuale, ‘ le ragioni del rifiuto a stipulare l’atto notarile ‘, ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non avessero proceduto alla stipula del contratto di compravendita con l’aggiudicataria senza adeguato motivo: la motivazione della decisione sul punto è stata espressa, anche se in modo molto sintetico. La critica svolta dalla ricorrente incidentale appare totalmente generica e, da una parte, essa riconosce di aver comunicato alla controparte la pendenza di una controversia provocata da terzi che rivendicavano un diritto di servitù su parte dell’immobile da compravendere dopo l’espletamento della gara, dall’altra nulla dice su quando essa venne a conoscenza della pretesa dei terzi.
Con il secondo motivo di ricorso Roma Capitale lamenta la ‘ violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli art.1337, 1223, 2056 e 2697 del c.c. e delle norme a queste connesse e/o correlate, rilevante ex art.360 co 1 n.3 c.p.c. ‘.
La Corte di merito, dopo aver affermato che ‘…nessun altro danno commisurabile all’interesse negativo è stato dimostrato: ciò a prescindere d una notevole genericità delle allegazioni al riguardo ‘, e che ‘ non sarebbe stato possibile procedere a liquidazione equitativa del danno che postula comunque la prova dell’esistenza del danno e l’allegazione di tutti gli elementi parametrici per la liquidazione dello stesso ‘, ha comunque liquidato equitativamente, in modo contraddittorio, il danno da lucro cessante.
Con il terzo motivo di critica l’Ente territoriale evidenzia la ‘ violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli art.1224, 1282, 1284, 1223 e 2697 del c.c. e delle norme a queste connesse e/o correlate, rilevante ex art.360 co 1 n.3 c.p.c. ‘.
Nel disporre la restituzione di quanto versato da RAGIONE_SOCIALE a titolo di caparra o di acconto la Corte di merito avrebbe ingiustificatamente riconosciuto rivalutazione monetaria e interessi legali, nonostante si trattasse di debito di valuta e non di valore.
Il terzo e il quarto motivo di ricorso incidentale possono essere esaminati unitariamente, perché connessi.
La Corte di merito ha riconosciuto quale solo danno da interesse negativo dimostrato l’esborso sostenuto da RAGIONE_SOCIALE a seguito della partecipazione alla gara e all’aggiudicazione provvisoria, disponendone perciò non la semplice restituzione per il mancato perfezionamento del contratto cui esso ineriva, ma il rimborso come debito di valore, quindi prevedendone l’adeguamento di valore attraverso la rivalutazione monetaria.
Non è stato riconosciuto a favore della ricorrente principale alcun altro danno, se non il danno da lucro cessante -per la mancanza di disponibilità della somma di denaro versata per tutto il periodo intercorrente tra il pagamento e la sua restituzioneidentificato equitativamente nella misura degli interessi legali -da applicare sull’importo originario e non su quello rivalutato, secondo le modalità di calcolo indicate in sentenza, di per sé non contestate-.
Le critiche di Roma Capitale non colgono pertanto nel segno, perché, secondo la valutazione della Corte di rinvio, l’importo rimborsato non costituisce semplicemente la restituzione del versato ma il danno da interesse negativo subito da RAGIONE_SOCIALE -da qui la sua rivalutazione-, e perché il riconoscimento degli interessi legali nell’intero periodo di mancata disponibilità della somma versata, calcolati sull’importo originario, è stato considerato dovuto quale lucro cessante equitativamente quantificato, senza contraddizione rispetto al rigetto della domanda di risarcimento di danni ulteriori da interesse negativo -ritenuti non provati e non riconoscibili equitativamente-.
Entrambi i motivi in esame non colgono pertanto correttamente la ratio della decisione del Giudice di rinvio, limitandosi a contestazioni generiche che ne determinano l’inammissibilità.
Anche il ricorso incidentale deve essere integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità si compensano integralmente tra le parti, considerata l’infondatezza sia del ricorso principale che di quello incidentale e tenuto conto del fatto che la posizione processuale di RAGIONE_SOCIALE è analoga a quella di Roma Capitale e ha richiesto lo svolgimento delle stesse tesi difensive.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico della ricorrente principale e della ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione respinge sia il ricorso principale che il ricorso incidentale.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE e di Roma Capitale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 30