Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23635 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23635 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27959/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
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ricorrente – contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME, domiciliato ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME, domiciliato ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
contro
ricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1785/2021 depositata il 17/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
Con ricorso ex artt. 414 e 447bis cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE evocava RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Parma, in particolare chiedendo: (i) l’accertamento dell’intervenuta scadenza del contratto di affitto di ramo d’azienda, in relazione ad un locale sito all’interno del centro commerciale Fidenza Village; (ii) la condanna di COGNOME al rilascio immediato del ramo d’azienda de quo.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio, resistendo ed in particolare sostenendo la pretesa natura di locazione commerciale in luogo di quella di affitto di ramo d’azienda del contratto; chiedeva il rigetto del ricorso di RAGIONE_SOCIALE in ragione dell’asserita nullità/inefficacia del contratto stesso o, comunque, della pretesa sua inopponibilità alla società RAGIONE_SOCIALE; inoltre, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna di RAGIONE_SOCIALE sia al
risarcimento di pretesi danni da asserito inadempimento, sia al pagamento di asseriti indennizzi per pretese migliorie ed innovazioni dell’immobile ai sensi degli artt. 1592 e 1593 cod. civ.
Con sentenza parziale non definitiva n. 1115/16 del 16 settembre 2016, il Tribunale di Parma: accertava l’opponibilità a RAGIONE_SOCIALE del contratto (nella versione sottoscritta in data 21 giugno 2004 tra la dante causa di RAGIONE_SOCIALE, cioè Fidenza RAGIONE_SOCIALE, e la dante causa di RAGIONE_SOCIALE, cioè RAGIONE_SOCIALE); confermava la qualificazione giuridica del contratto come affitto di ramo d’azienda; accertava l’intervenuta scadenza del contratto stesso e condannava RAGIONE_SOCIALE al rilascio immediato del ramo d’azienda.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (quest’ultima in qualità di asserita nuova titolare del ramo d’azienda oggetto del contratto, per averlo acquistato da RAGIONE_SOCIALE con atto di cessione del ramo d’azienda) proponevano appello; si costituiva, resistendo al gravame, RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 2507/2017 del 27 ottobre 2017 la Corte di Appello di Bologna rigettava il gravame, integralmente confermando la sentenza, non definitiva, emessa in prime cure.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, che nelle more veniva dichiarata fallita, proponeva ricorso per cassazione, a cui resisteva RAGIONE_SOCIALE mentre RAGIONE_SOCIALE restava intimata.
Con sentenza n. 3888/2020 questa Suprema Corte, accogliendo il primo motivo di ricorso, riteneva che la Corte di Appello di Bologna, nel qualificare il contratto oggetto di causa in termini di contratto di affitto di ramo d’azienda, fosse ‘incorsa in violazione di legge, tale dovendosi ritenere l’errore di sussunzione che attenendo alla qualificazione giuridica dei fatti
materiali, rientra nell’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c.’. In particolare, questa Corte: a) osservava che ‘Questa operazione di sussunzione presuppone una corretta valutazione degli elementi costitutivi della fattispecie di riferimento, che, come abbiamo visto nel caso che ci occupa, sono costituiti soprattutto dalla assenza di una organizzazione impressa dal cedente, ed esistente al momento della cessione, e dalla valorizzazione data dalla corte di merito ad elementi insufficienti, per contro, a costituire un’azienda, in quanto tali, ossia quelli ceduti insieme al locale (massetto, registratore di cassa e gabinetto)’; b) e, quindi, perveniva a dettare il seguente principio di diritto, secondo cui ‘ Nella fattispecie, la valutazione che i giudici di merito devono effettuare deve tener conto della regola di diritto sopra esposta, secondo cui la differenza essenziale tra locazione e affitto di azienda (o di ramo di essa) è in primo luogo nella preesistenza di una organizzazione in forma di azienda dei beni oggetto di contratto, mancando la quale non si può dire che sia stato ceduto il godimento di un’azienda o di un suo ramo; in secondo luogo ove si accerti che i beni erano al momento del contratto organizzati per l’esercizio dell’impresa già dal dante causa, occorre verificare se le parti abbiano inteso trasferire o concedere il godimento del complesso organizzato, oppure semplicemente di un bene immobile, rispetto al quale gli altri beni e servizi risultano strumentali al godimento del bene, restando poi libero l’avente causa di organizzare ex novo un’azienda propria. E ciò tenendo conto che un complesso di beni organizzato costituisce azienda se i beni sono tali da poter costituire, attraverso l’organizzazione, di cui si è detto, una azienda vera e propria, ed occorrerà dunque tener conto del fatto che, nella fattispecie, i beni ceduti, insieme al locale erano costituiti da un massetto, un registratore ed un gabinetto, ossia da cespiti la cui cessione, di per sé, non integra un trasferimento di ramo aziendale ‘ (punto 7,
pp. 16 e 17).
Riassunto il giudizio sia da parte di RAGIONE_SOCIALE che dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’Appello di Bologna, in funzione di giudice del rinvio, riuniva i giudizi e con sentenza n. 1785/2021 del 18 agosto 2021, in accoglimento dell’appello a suo tempo proposto da COGNOME, riformava la pronunzia di primo grado e -sull’assunto per cui il contratto tra le parti doveva essere qualificato come contratto di locazione commerciale dato che prevedeva solo la messa a disposizione dell’affittuario di un massetto, di un registratore di cassa e di un bagno – rigettava la domanda di restituzione del ramo d’azienda, a suo tempo formulata da RAGIONE_SOCIALE e la condannava a rifondere alle controparti (sebbene RAGIONE_SOCIALE fosse rimasta intimata nel giudizio di cassazione con rinvio) le spese processuali.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
Resistono con distinti controricorsi il Fallimento RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, in qualità di Trustee del Fondo A del Trust Kilometro Lanciato e quale ex socio e liquidatore della estinta RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso era stata fissata già in una precedente adunanza camerale del 22 febbraio 2024, in vista della quale la società ricorrente e COGNOME NOME avevano depositato memoria, ma il ricorso venne tolto dal ruolo.
E’ stata successivamente fissata l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis. 1, cod. proc. civ., in vista della quale la odierna parte ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
Con un unico motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione o falsa applicazione artt. 2555 e 2562 c.c. -1362 e 1363 c.c. per avere la corte erroneamente applicato il principio di
diritto enunciato dalla cassazione, laddove non ha provveduto ad una attenta valutazione circa l’esistenza di beni ulteriori, rispetto a quelli valorizzati dalla decisione cassata, idonei ad integrare il requisito del preesistente complesso aziendale organizzato. In particolare, la succinta motivazione della sentenza non tiene in considerazione che vi era un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa e che oggetto del contratto erano anche i beni immateriali, come contratti, know-how e servizi gestionali’.
1.1. Rileva preliminarmente il Collegio che nella memoria depositata in vista della odierna adunanza camerale la società ricorrente invoca, facendo luogo alle relative produzioni, la sopravvenienza di un giudicato esterno circa la qualificazione del rapporto come affitto di azienda invece che di locazione.
Tuttavia, prima di esaminare la suddetta exceptio rei iudicatae occorre valutare se il ricorso è ammissibile.
1.2. Orbene, il ricorso, in relazione all’unico motivo che lo compone, ed in particolare in relazione alla prima parte dell’illustrazione del motivo, è ammissibile e fondato, quantomeno riguardo alla censura dell’impugnata sentenza per omessa osservanza, da parte del giudizio di rinvio, del principio di diritto circa la c.d. preesistenza dell’azienda.
1.3. Infatti, nella già più volte citata sentenza n. 3888/2020, questa Suprema Corte, nell’enunciare il principio di diritto, aveva evidenziato la necessità, ai fini della distinzione tra affitto di ramo di azienda e locazione di immobile ad uso commerciale, di prendere in considerazione e di valutare l’esistenza di tutti i beni idonei ad integrare il requisito di un preesistente complesso aziendale organizzato.
Così, infatti, questa Corte aveva statuito: ‘ Nella fattispecie, la valutazione che i giudici di merito devono effettuare deve tener conto della regola di diritto sopra esposta, secondo cui la differenza essenziale tra locazione e affitto di azienda (o di ramo
di essa) è in primo luogo nella preesistenza di una organizzazione in forma di azienda dei beni oggetto di contratto, mancando la quale non si può dire che sia stato ceduto il godimento di un’azienda o di un suo ramo; in secondo luogo ove si accerti che i beni erano al momento del contratto organizzati per l’esercizio dell’impresa già dal dante causa, occorre verificare se le parti abbiano inteso trasferire o concedere il godimento del complesso organizzato, oppure semplicemente di un bene immobile, rispetto al quale gli altri beni e servizi risultano strumentali al godimento del bene, restando poi libero l’avente causa di organizzare ex novo un’azienda propria. E ciò tenendo conto che un complesso di beni organizzato costituisce azienda se i beni sono tali da poter costituire, attraverso l’organizzazione, di cui si è detto, una azienda vera e propria, ed occorrerà dunque tener conto del fatto che, nella fattispecie, i beni ceduti, insieme al locale erano costituiti da un massetto, un registratore ed un gabinetto, ossia da cespiti la cui cessione, di per sé, non integra un trasferimento di ramo aziendale ‘ (punto 7, pp. 16 e 17).
Pertanto, sulla base di tale principio questa Suprema Corte ha -come correttamente e condivisibilmente rilevato la società odierna ricorrente – richiesto al giudice del rinvio di verificare nel caso di specie:
se vi fosse la preesistenza di una organizzazione in forma di azienda dei beni oggetto di contratto, mancando la quale non è possibile affermare che sia stato ceduto il godimento di un’azienda o di un suo ramo;
-se le parti avessero inteso trasferire o concedere il godimento di un complesso organizzato di beni, e dunque una azienda, ovvero, semplicemente, di un bene immobile (restando libero l’avente causa di potervi organizzare un’azienda ex novo ), tenendo conto anche del fatto che la cessione di un locale, un massetto un registratore di cassa e un gabinetto non era, di per
sé un trasferimento di ramo aziendale.
1.4. Dalla lettura della motivazione dell’impugnata sentenza, assai stringata e tale da non attingere al cd. ‘minimo costituzionale’ (v. Cass., Sez. Un., n. 8053 e n. 8054 del 2014), risulta che i dicta di questa Suprema Corte sono stati negletti: in particolare, infatti, l’impugnata sentenza nulla accerta, e di conseguenza nulla afferma né deduce, con riferimento alla preesistenza dell’azienda e dunque risulta aver proceduto al giudizio in iure senza considerarla, di talché incorre in manifesta violazione dei principi di diritto di cui al provvedimento di cassazione con rinvio.
Tanto premesso, occorre rilevare che nella sua memoria illustrativa la società odierna ricorrente riferisce che, nelle more dello svolgimento del presente giudizio di legittimità, si è formato un giudicato esterno, avente a oggetto proprio la qualificazione del rapporto contrattuale intercorso tra le parti, qualificazione affermata in termini di affitto di ramo d’azienda e non di locazione commerciale.
E produce documentazione dalla quale si evince: -) che RAGIONE_SOCIALE rivendicava in via monitoria spettanze ( id est penali per mancato rilascio del ramo d’azienda e mancata volturazione della licenza) previste nel relativo contratto stipulato inter partes e da lei qualificato in termini di contratto di affitto di ramo d’azienda; -) che RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione, in via riconvenzionale chiedendo che fosse accertato che il suddetto contratto fosse riconducibile al contratto di locazione commerciale di immobile; -) che con sentenza n. 1097/2016 del 7 novembre 2016 il Tribunale di Parma accertava e dichiarava che il rapporto inter partes ‘è affitto di ramo d’azienda e non locazione commerciale’ e rigettava pertanto la domanda riconvenzionale della opponente società RAGIONE_SOCIALE; -) che avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in
liquidazione, quale asserita successiva cessionaria del ramo d’azienda, proponevano appello; -) che a seguito dell’interruzione della causa d’appello per l’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nonché dopo l’intervenuto fallimento della RAGIONE_SOCIALE, la Curatela dello stesso fallimento riassumeva il procedimento d’appello; RAGIONE_SOCIALE si costituiva nel procedimento riassunto ed anche volontariamente interveniva NOME COGNOME nella qualità di Trustee del Fondo A del Trust RAGIONE_SOCIALE Lanciato e quale ex socio e liquidatore della estinta RAGIONE_SOCIALE; -) che con sentenza n. 1710/2023 dell’8 agosto 2023 la Corte d’Appello di Bologna dichiarava estinto il giudizio d’appello per tardiva riassunzione dello stesso a opera della Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE; -) che avverso tale sentenza d’appello il Fallimento RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione; resisteva con controricorso RAGIONE_SOCIALE mentre rimaneva intimato NOME COGNOME nella qualità di Trustee del Fondo A del Trust RAGIONE_SOCIALE Lanciato e quale ex socio e liquidatore della estinta RAGIONE_SOCIALE; -) che il Consigliere delegato formulava proposta di definizione anticipata ex art. 380 -bis cod. proc. civ., con pronuncia di rigetto del ricorso; -) che il ricorrente non richiedeva la decisione del giudizio, cosicché, in data 18 marzo 2025, veniva notificato Decreto del Presidente Delegato, che, a norma dell’art 380bis , secondo comma, cod. proc. civ., riteneva rinunciato il ricorso e dichiarava l’estinzione del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.; -) che, a seguito del provvedimento di estinzione del giudizio di cassazione per rinuncia, deve ritenersi avvenuto il passaggio in giudicato della impugnata sentenza d’appello n. 1710/2023 ed è quindi divenuto definitivo ed inoppugnabile anche l’accertamento, contenuto nella sentenza di primo grado del Tribunale di Parma n. 1097/2016 nella parte
in cui -rigettando la specifica domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE diretta a sostenere la pretesa natura di locazione commerciale del contratto inter partes svoltosi- ha invece espressamente qualificato lo stesso contratto -e dunque il relativo sottostante rapportoin termini di affitto di ramo d’azienda.
La allegazione e documentazione del sopravvenuto giudicato esterno è da ritenere ammissibile, in quanto fatto sopravvenuto rispetto alla proposizione del ricorso.
La oggettiva rilevanza sul presente giudizio del giudicato sopravvenuto giustificherebbe la cassazione della sentenza impugnata al di là di quanto la giustifica il rilevato profilo di fondatezza del motivo di ricorso. Il giudice di rinvio dovrà a sua volta dare rilievo al sopravvenuto giudicato esterno.
In conclusione, quindi, la qui impugnata sentenza va cassata in relazione all’accoglimento dell’unico motivo, e dunque dell’intero ricorso, proposto dalla odierna ricorrente RAGIONE_SOCIALE con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, in altra sezione e comunque in diversa composizione, per nuovo esame, in ottemperanza ai principi dettati dalla citata sentenza n. 3888/2020 di cassazione con rinvio, nonché per esaminare l’ exceptio rei iudicatae in relazione al prospettato passaggio in giudicato della sentenza n. 1710/2023 della Corte d’Appello di Bologna e, per l’effetto, al passaggio in giudicato dell’accertamento, contenuto nella sentenza del Tribunale di Parma n. 1097/2016, in forza del quale il contratto tra le parti -e dunque il relativo sottostante rapporto- è stato qualificato in termini di affitto di ramo d’azienda.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna, in altra sezione e comunque in diversa composizione, anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza