Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11821 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11821 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
AFFITTO DI AZIENDA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5441/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza n. 5508/2021 della CORTE DI APPELLO DI ROMA, depositata il giorno 26 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 30 aprile 2009, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE stipulò con l’Azienda Complesso Ospedaliero San Filippo Neri (cui, nelle more del giudizio, è succeduta l’Azienda Sanitaria Locale Roma 1) un protocollo d’intesa avente ad oggetto l’utilizzazione della struttura della Casa di Cura sita in Roma quale sede delle Unità operative, semplici e complesse, dell’Azienda Ospedaliera, verso un corrispettivo mensile fissato in euro 25.775,84 per l’utilizzo di locali ed attrezzature.
Assumendo l’inadempimento dell’Azienda Ospedaliera al protocollo (più specificamente, lamentando la mancata fruizione di posti letto e l’omesso pagamento del corrispettivo mensile), la Casa di Cura, nel settembre 2011, notificò diffida ad adempiere ex art. 1454 cod. civ., in tal guisa determinando la risoluzione anticipata del contratto a far data dal 15 novembre 2011.
A seguito di ciò, la RAGIONE_SOCIALE domandò giudizialmente la condanna dell’Azienda Ospedaliera al risarcimento dei danni patiti per la anticipata risoluzione del protocollo d’intesa, pregiudizi quantificati in euro 11.680.907,72, oltre accessori.
All’esito del giudizio di prime cure, svolto nell’attiva resistenza dell’ente convenuto, l’adito Tribunale di Roma rigettò la domanda, sul rilievo della nullità del protocollo d’intesa per difetto di forma e per violazione dei criteri di economicità nella gestione di danaro pubblico.
La decisione in epigrafe indicata ha rigettato l’appello interposto dalla RAGIONE_SOCIALE, pur sulla base di una diversa motivazione.
Per quanto ancora d’interesse, la Corte d’appello capitolina :
) ha ritenuto non configurabile nella convenzione intercorsa tra le parti un affitto di azienda « venendo in rilievo non già la concessione in godimento di un complesso di beni ma lo svolgimento di una prestazione complessa da parte della Casa di Cura la quale è remunerata in base alla sua stessa produttività »;
-) ha definito il protocollo d’intesa come uno « strumento negoziale per svolgere, dietro remunerazione, attività di assistenza sanitaria, mettendo la Casa di Cura a disposizione personale infermieristico e tecnico ausiliario dipendente della stessa Casa di Cura, e di effettuazione di attività diagnostica », con il quale la Casa di Cura « si inseriva nell’organizzazione dell’Azienda Ospedaliera, contribuendone al raggiungimento degli obiettivi istituzionali e dunque eseguendo in via congiunta lo svolgimento del servizio sanitario »;
-) sulla base di queste premesse, ha ritenuto il protocollo d’intesa inficiato da nullità per violazione dell’art. 8 -quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, per difetto dell’accreditamento in capo alla Casa di Cura, requisito necessario in quanto soggetto esercente prestazioni sanitarie per conto dell’Azienda Ospedaliera .
Ricorre per cassazione la casa di Cura, affidandosi a tre motivi.
Resiste, con controricorso, l’Azienda Sanitaria Locale Roma 1. Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo lamenta violazione degli artt. 112, 346 e 167 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’appello rilevato la decadenza dell’appellata, per tardivo deposito della « comparsa di costituzione con appello incidentale » nel relativo giudizio, dalle eccezioni riproposte.
1.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
1.1.1. Inammissibile poiché inosservante del requisito prescritto dall’art. 366, primo comma, numm. 3 e 6, cod. proc. civ..
Questa disposizione, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza sovranazionale (in specie, della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 resa nella causa COGNOME RAGIONE_SOCIALE c/Italia), impone alla parte ricorrente la trascrizione – essenziale e per le parti d’interesse – degli atti e dei documenti richiamati (dei quali deve invece escludersi la necessità di una integrale riproduzione), in guisa da contemperare il fine legittimo
r.g. n. 5441/2022 Cons. est. NOME COGNOME
di semplificare (e non già pregiudicare) lo scrutinio del giudice di legittimità e, allo stesso tempo, garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ( ex multis, Cass. 03/03/2023, n. 6524; Cass. 14/03/2022, n. 8117; Cass. 04/02/2022, n. 3612).
L’applicazione di detti princìpi nel caso in esame esigeva, per la parte ricorrente, l’adeguata illustrazione, nell’atto di adizione di questa Corte, del contenuto della « comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale » depositata dalla controparte nel giudizio di appello, onde dar conto della asserita tardiva riproposizione di eccezioni, il cui contenuto, peraltro, non è nemmeno specificato.
Inadempiuto il descritto onere allegativo resta preclusa a questa Corte una adeguata conoscenza del fatto processuale e, per l’effetto, la disamina sulla sussistenza del lamentato vizio processuale.
1.1.2. Se pure si volesse superare la predetta notazione, la doglianza di parte ricorrente sarebbe destituita di fondamento: la Corte d’appello ha, infatti, proceduto ex officio ad una qualificazione giuridica del protocollo d’intesa differente da quella offerta dal giudice di prime cure e rilevato, ancora una volta nell’estrinsecazione di poteri officiosi e non già in adesione ad eccezione di parte, la nullità di detto protocollo per difetto del requisito dell’accreditamento in capo alla Casa di Cura.
Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 8bis e 8quinquies del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e del d.P.R. 14 gennaio 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..
Assume, in estrema sintesi, l’inapplicabilità delle disposizioni testé menzionate regolanti l’istituto dell’accreditamento, dacché applicabile unicamente a soggetti esercenti attività sanitaria.
Qualifica , quest’ultima, non riferibile invece alla RAGIONE_SOCIALE la quale, secondo le previsioni del protocollo d’intesa, « non erogava servizi sanitari per conto del Servizio sanitario pubblico ma si limitava
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a mettere a disposizione la propria struttura munita di personale infermieristico affinché ivi l’Ospedale INDIRIZZO con propri medici potesse curare parte dei propri pazienti che, per motivi di mancanza di spazio, non poteva ricoverare all’interno dell’ospedale stesso ».
2.1. Il motivo è fondato.
In ordine alla sussunzione sub specie iuris del rapporto scaturente dal protocollo d’intesa del 30 aprile 2009 stipulato dalle parti ed alla irrilevanza, ai fini della validità di esso, del difetto di accreditamento della Casa di Cura, questa Corte ha già avuto modo di esprimersi, con due recenti, coeve, pronunce (Cass. 15/01/2024, nn. 1398 e 1408).
Vale la pena di riportare i passaggi argomentativi essenziali di siffatti arresti, individuati come di seguito:
« L ‘ accreditamento è il provvedimento con il quale una struttura sanitaria viene inserita in modo continuativo e sistematico nell ‘ organizzazione della P.A. ed assume la qualifica di soggetto erogatore di un servizio pubblico (Sez. U, n. 16336 del 18.6.2019), Con il riconoscimento dell ‘ accreditamento, il legislatore ha inteso assicurare e garantire la serietà delle strutture private che agiscono autonomamente in concorrenza con quelle pubbliche per conto del Servizio Sanitario Nazionale. La Casa di cura Valle Fiorita, in base al Protocollo del 30.4.2009, non aveva alle proprie dipendenze medici e di conseguenza non avrebbe mai potuto erogare alcun servizio (cfr. art. 6 del Protocollo secondo cui ‘ L ‘ azienda per il funzionamento della Casa di cura Valle Fiorita si avvarrà di persona medico e sanitario che l ‘ Azienda stessa si riserva di assegnare formalmente ‘ ).
Il Protocollo invece prevedeva che la Valle Fiorita sarebbe stata utilizzata dall ‘ A.C.O. San Filippo Neri per rendere servizi sanitari: l ‘ art. 3 stabiliva infatti ‘ L ‘ azienda individua la Casa di cura quale sede di Unità Operative Complesse e Semplici facenti parte dell ‘ Azienda, con la conseguente denominazione Azienda Complesso Ospedaliero San
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NOME COGNOME -Casa di cura Valle Fiorita. A tal fine l ‘ Azienda si avvale della Casa di cura Valle Fiorita per erogare l ‘ assistenza ospedaliera, a pazienti, che una volta accettati presso il P.S. dell ‘ Azienda, possano appropriatamente essere trattati in regime di ricovero ordinario, day hospital, day-surgery, ambulatoriale ed intra-moenia.
Tali elementi hanno indotto la Corte di Cassazione a Sezioni Unite in sede di regolamento di giurisdizione in varie controversie fra le stesse parti e relative al medesimo rapporto negoziale (sia pur riferibili alla Convenzione precedente del 2005), a qualificare il rapporto negoziale intercorso come un contratto riconducibile allo schema dell’affitto di azienda .
Ai fini della validità ed efficacia della Convenzione non rilevava quindi la mancanza dell’accreditamento della Casa di cura Valle Fiorita, poiché il contratto andava ricondotto allo schema negoziale dell’affitto di azienda e non si trattava di prestazioni rese nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale, in cui operava l’ACO San Filippo Neri avvalendosi della struttura affittata.
E ciò perché la Valle Fiorita non ha mai avuto in affidamento la cura dei pazienti ma si è limitata, in attuazione degli accordi contrattuali succedutisi nel tempo, a mettere a disposizione dell’ACO San Filippo Neri la propria struttura, che senza medici non avrebbe potuto essere accreditata.
La Casa di cura Valle Fiorita non erogava quindi servizi sanitari per conto del Servizio Sanitario pubblico ma si limitava a mettere a disposizione la propria struttura munita di personale infermieristico, perché in quel luogo l’ACO San Filippo Neri con pr opri medici potesse curare parte dei propri pazienti che, per motivi di mancanza di spazio, non poteva ricoverare all ‘ interno dell ‘ ospedale .
Dagli atti di causa si evince che il rapporto intercorrente tra l’istante Casa di cura e l ‘ Azienda ospedaliera non può essere ricondotto alla
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fattispecie del convenzionamento, ovvero del rapporto concessorio, che -di regola -riguarda non solo l ‘ utilizzo di locali ma anche le prestazioni mediche del personale sanitario dipendente dalle case di cura interessate ed è caratterizzato dalla natura pubblicistica dell ‘ obbligazione del gestore, tenuto ad assicurare la continuità e la regolarità del servizio, pur dopo la scadenza contrattuale. Al contrario, nella fattispecie di interesse, rileva il fatto che le convenzioni stipulate sono state determinate dalla necessità di trovare ospitalità nei locali della ricorrente, situati in zona adiacente alla Azienda Ospedaliera (…), rimanendo -come specificato in convenzione – a carico del personale sanitario dell ‘ Azienda stessa la prestazione delle cure mediche.
Ben può condividersi quindi l’assunto della ricorrente incidentale, secondo il quale, per essere accreditata e fornire pertanto ai cittadini un servizio sanitario in convenzione con il SSN, un ‘ impresa non può limitarsi ad offrire una mera struttura, un immobile, con attrezzature mediche e il personale ausiliario tecnico-amministrativo (uffici ma anche servizio pulizie) o infermieristico, ma è fondamentale e necessario che oltre a quanto sopra venga fornito il personale medico; questo, invece, era invece all e sole dipendenze dell’ACO San Filippo Neri e per svolgere il proprio lavoro, per cui era responsabile verso i pazienti, usufruiva dei locali e delle attrezzature della Casa di cura Valle Fiorita, messe a disposizione secondo il Protocollo d ‘ Intesa del 2009, pertanto riconducibile allo schema contrattuale dell ‘ affitto di azienda, nel rispetto dell ‘ autonomia negoziale delle parti » .
Le trascritte considerazioni – pienamente condivise ed alle quali il Collegio intende dare continuità -rendono palese l’ error in iudicando commesso dal giudice territoriale, consistente nell’aver ascritto alla Casa di Cura l’espletamento di attività sanitarie con inserimento nella organizzazione dell’Azienda Ospedaliera, considerato necessario a tal
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fine l’accreditamento della RAGIONE_SOCIALE e, riscontrata la mancanza di esso, ritenuto nullo il protocollo d’intesa del 30 aprile 2009.
La sentenza va dunque cassata e, occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la controversia va rinviata, per un nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Roma, in diversa composizione.