Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23632 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 02636/2020 R.G.
proposto da
Consorzio RAGIONE_SOCIALEConsorzio per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie per il trasporto innovativo , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO in virtù della procura speciale in atti;
ricorrente
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca , in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è ex lege domiciliato;
contro
ricorrente nonché contro
Banca del Mezzogiorno -Medio Credito Centrale s.p.a. , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
intimata
avverso la sentenza n. 4182/2019 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 20/06/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/06/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il MIUR, a conclusione delle previste procedure di selezione e controllo, approvava con Decreto n. 2137/1998 il finanziamento del Programma Operativo e dei relativi progetti esecutivi del Piano ‘Realizzazione di strumenti e prodotti per l’attuazione di processi innovativi di logistica multimodale (Ship Rail Road)’, di cui era promotore ENEA.
Con il medesimo Decreto venivano stabiliti gli impegni di spesa a carico del Ministero e a carico dei fondi U.E. a valere sul Programma Operativo 1994/1999 per interventi di cui alla l. n. 488 del 1992 ricadenti nelle aree obiettivo 1 del Progetto, nonché a carico dei soggetti attuatori.
A seguito dell’approvazione del Piano, il Consorzio RAGIONE_SOCIALEConsorzio per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie per il trasporto innovativo (di seguito, Consorzio RAGIONE_SOCIALE) stipulava, in data 4 ottobre 1999, un contratto di Finanziamento in forma di contributo nella spesa per progetti di ricerca con il Mediocredito Centrale s.p.a. , che interveniva nell’accordo in nome e per conto del Ministero, avente ad oggetto la definizione delle procedure per l’attuazione degli interventi, delle modalità di erogazione dei contributi e della rendicontazione delle spese del Progetto.
La durata del Progetto veniva fissata in 24 mesi decorrenti dall’8 ottobre 1998 e il costo massimo complessivo veniva determinato nel summenzionato Decreto n. 2137/98 in £ 29.559.000.000, di cui £ 7.713.200.000 a carico del MIUR (allora MURST), £ 14.779.500.000 a carico dei fondi U.E. e £ 7.166.300.000 a carico del Consorzio RAGIONE_SOCIALE quale soggetto attuatore del Progetto.
Ai sensi del Contratto di Finanziamento, da un lato, le attività per la realizzazione del Progetto dovevano essere portate a termine dall’Impresa Finanziata (il Consorzio RAGIONE_SOCIALE) entro l’8 ottobre 2000 (ossia,
entro e non oltre i 24 mesi naturali e consecutivi di cui al Decreto n. 2137/98, così come poi corretto dal Decreto n. 440/99), dall’altro, per la rendicontazione dei costi sostenuti e per l’effettivo pagamento delle relative spese il soggetto attuatore (il RAGIONE_SOCIALE poteva usufruire di un periodo di tempo (fino al 31/12/2001).
Lo stesso articolo 6 del Contratto di Finanziamento, relativo alle certificazioni di spesa e alle relazioni tecniche, convenzionalmente stabiliva che le suddette certificazioni dovevano essere trasmesse al soggetto convenzionato entro i 60 giorni dalla sca denza dell’annualità di gestione (e cioè entro 60 giorni dal 31/12/2001).
In data 19 aprile 2000, il MIUR, in risposta ad alcuni quesiti pervenuti, adottava la Circolare n. 3882/2000, avente ad oggetto gli interventi di programmazione negoziata a valere sui fondi della l. n. 488 del 1992, concernente, quindi, anche il ‘ Progetto Ship Rail Road n. 1 ‘ in esame.
Il MIUR con la citata Circolare forniva chiarimenti in merito alle modalità operative di attuazione dei criteri contabili in riferimento agli interventi di programmazione negoziata finanziati a valere sui fondi di cui alla l. n. 488 del 1992.
In data 26 giugno 2000, con Decreto n. 426, il MIUR, su istanza del Consorzio appellante, approvava la proroga della durata delle attività del ‘ Progetto RAGIONE_SOCIALE n. 1 ‘, sino al 31 dicembre 2001 (dall’iniziale 8 ottobre 2000).
Nonostante la proroga dei termini per la realizzazione delle attività del Progetto, non venivano apportate modifiche ai criteri per la rendicontazione dei costi sostenuti, né ai termini per l’effettuazione delle spese che restavano immutati.
In data 26 giugno 2002, l’istituto di credito , in qualità di soggetto convenzionato, provvedeva ad ultimare la relazione tecnico contabile sul Progetto, osservando che la rendicontazione del RAGIONE_SOCIALE conteneva alcune fatture emesse entro il 31 dicembre 2001, ma pagate nei successivi 60 giorni.
In data 9 maggio 2003, la Commissione ministeriale, nominata dal MIUR con Decreto n. 1482/2001, concludeva la relazione di valutazione ex post e di accertamento finale di spesa sul Progetto.
La Commissione rilevata la ‘sostanziale corrispondenza con i principi contabili’ della rendicontazione e la presenza di ‘molte fatture pagate oltre il 31/12/2001, ma entro i 60 gg. consecutivi’, osservava: « … per quanto si riferisce invece ai pagamenti effettuati oltre il 31/12/2001, va purtroppo rilevato che non possono essere accettati, trattandosi di certificazioni di spesa che fruiscono di cofinanziamento comunitario, nell’ambito del Quadro comunitario di s ostegno 1994/1999 il cui termine ultimo di rendicontazione è stato improrogabilmente fissato al 31/12/2001, salvo diverso avviso del Ministero per la quota afferente il finanziamento nazionale … » .
A seguito della verifica effettuata dalla Commissione di accertamento finale di spesa, il MIUR emanava il Decreto n. 815/2004, con il quale veniva disposto il recupero a saldo della somma di € 622.502,54 (oltre interessi legali maturati) quale quota del contributo MIUR, nonché della somma di € 965.499,13 (oltre interessi legali maturati) inerente la quota del contributo UE (FESR).
Con nota prot. n. 1117/Ric. datata 128/04/2006, il MIUR confermava le motivazioni della richiesta di restituzione delle quote di contributo di cui al Decreto n. 815/2004 e invitava il Consorzio a procedere alla restituzione delle quote di contributo sopra indicate.
A seguito di ciò, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE agiva in giudizio dinanzi il Tribunale di Roma, per ottenere, previa disapplicazione del suddetto Decreto n. 815/2004 e della nota prot. 1117/Ric. del 28 giugno 2006, nonché di tutti gli atti e provvedimenti presupposti o conseguenti, l’accertamento che nessuna somma fosse dovuta in favore del MIUR neppure a titolo di restituzione delle quote del contributo erogate in relazione al ‘ Progetto Ship Rail Road n. 1 ‘ .
Nelle more del giudizio, con nota del 22 novembre 2007, prot. n. 5696, il MIUR sospendeva parzialmente le erogazioni finali altrimenti
dovute al Consorzio per un importo complessivo di Euro 1.762.787,00 per altri progetti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), operando la compensazione con il vantato credito.
Per tale ragione, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE integrava ritualmente la propria domanda in corso di causa chiedendo la restituzione e, quindi, il pagamento di quanto illegittimamente trattenuto dal MIUR, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto, rinunciando, poi, a tale ulteriore richiesta.
Con sentenza n. 10515/2014 il Tribunale di Roma rigettava le domande avanzate dal Consorzio nei confronti dei convenuti e lo condannava al pagamento delle spese processuali, oltre alle spese di CTU.
Il Consorzio impugnava la sentenza ma, costituitasi solo la banca, la Corte d ‘appello rigettava il gravame con condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali.
Per quanto in questa sede ancora d’interesse, la Corte territoriale riteneva che, con la Circolare n. 882/2000, il MIUR aveva semplicemente fornito alle banche – quali soggetti convenzionati per la gestione degli interventi di programmazione negoziata attivati ai sensi della l. n. 488 del 1992 e, quindi, anche del progetto in esame -indicazioni sulle modalità operative di attuazione dei criteri contabili di cui agli atti contrattuali, senza modificare i contratti stipulati con i soggetti attuatori degli interventi né le modalità operative e gli adempimenti a cui questi devono attenersi in ottemperanza a quanto stabilito nei contratti stessi.
In tale ottica, secondo la Corte di merito, l’appello era infondato, attesa l ‘in contestata previsione contrattuale di ritenere agevolabili solo le spese sostenute entro il 31/12/2001 e non anche quelle successive a tale data.
La Corte escludeva anche che potesse essersi determinato un affidamento non colpevole di parte appellante sulla modifica dei criteri contabili di rendicontazione, non essendo la richiamata Circolare indirizzata all’appellante né allo stesso comunicata, né potendo la stessa comunque determinare modifiche alle condizioni contrattuali nei confronti del Consorzio circa il riconoscimento dei costi dei progetti cofinanziati.
In ordine alla censura riferita alla erronea considerazione dei tempi di pagamento di alcune spese, la Corte – richiamata l ‘opinione del Consorzio, secondo il quale il CTU aveva asserito che n. 33 fatture emesse a COGNOME per l’importo complessivo di € 302.020,85 erano state emesse, pagate e rendicontate entro il 31 dicembre 2001, per il ben noto principio della cointeressenza richiamato nel decreto, e n. 11 fatture emesse a D’Appolonia per l’importo di € 85.478,76 erano state emesse, pagate e rendicontate entro il 31 dicembre 2001, sempre in virtù del medesimo principio -riteneva, invece, che il CTU avesse accertato che le fatture emesse dai consorziati nei confronti del Consorzio erano state tutte pagate con bonifici bancari in data 26 febbraio 2002 e che, tenuto conto del principio di cassa, avesse congruamente motivato l’accertamento finale di spesa, al quale la Corte di merito si riportava, ritenendolo condivisibile e esente da vizi logici.
Il Consorzio ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidato a due motivi di ricorso.
Si è difeso con controricorso solo il Ministero. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché la nullità della sentenza o del procedimento per contraddittoria e manifesta illogicità della motivazione , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver la Corte di appello di Roma posto a fondamento della propria decisione la CTU tecnico-contabile travisando le conclusioni del perito ed estrapolandole dal loro contesto in modo contraddittorio e in violazione dei principi di legge ed omettendo di riconoscere in favore del Consorzio RAGIONE_SOCIALE l’importo di € 387.499,61 vantato in virtù di fatture emesse, pagate e rendicontate entro il 31 dicembre 2001.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1175, 1176 e 1375
c.c. e dell’art. art. 97 Cost. , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per non aver la sentenza impugnata considerato illegittimo il preteso recupero a saldo delle quote di contribuito MIUR ed UE asseritamente erogate in eccedenza in favore del Consorzio, erroneamente ritenute riferite a costi ‘sostenuti successivamente’ (nei 60 giorni successivi) al 31 dicembre 2001, pur trattandosi di costi certamente antecedenti al 31 dicembre 2001 e, solo per ragioni contabili e in virtù di quanto chiarito dalla Circolare n. 3882/2000, nella quale il Consorzio aveva posto il proprio legittimo affidamento, gestiti contabilmente nei 60 giorni successivi.
Il primo motivo di ricorso è infondato nella parte in cui è dedotto il vizio di motivazione.
2.1. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012) non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).
Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far
conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).
Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).
Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).
2.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello risulta avere statuito come segue: «Parte appellante in riferimento alla CTU asserisce che con riferimento alle fatture emesse dai fornitori dei consorziati: “n.33 fatture emesse a COGNOME per l’importo complessivo di Euro 302.020,85, sono state emesse, pagate e rendicontate entro il 31.12.2001, per il ben noto principio della cointeressenza richiamato nel decreto; e n. 11 fatture emesse a D’Appolonia per l’importo di Euro 85.478,76, sono state emesse, pagate e rendicontate entro il 31.12.2001, sempre in virtù del
medesimo principio” e chiede pertanto in via subordinata il riconoscimento al Consorzio delle richiamate somme. Ora, contrariamente a quanto sostenuto, il CTU ha accertato che le fatture emesse dai consorziati nei confronti del Consorzio erano state “tutte pagate con bonifici bancari in data 26.2.2002” e, tenuto conto del principio di cassa, ha congruamente motivato l’accertamento finale di spesa, al quale la Corte si riporta ritenendolo condivisibile e esente da vizi logici.»
È evidente che la Corte territoriale ha distinto tra le spese sostenute dalle imprese consorziate (F COGNOME e D’Appolonia) per prestazioni erogate da terzi (emesse, pagate e rendicontate entro il 31 dicembre 2001) e le spese sostenute dal Consorzio per il pagamento di fatture emesse dai consorziati (pagate con bonifici bancari del 26 febbraio 2002), considerando, ai fini del finanziamento, solo queste ultime e ritenendo non computabili i pagamenti effettuati dal Consorzio alle menzionate imprese consorziate dopo il 31 dicembre 2001.
Nessun vizio di motivazione è ravvisabile, essendo chiare le ragioni della ritenuta irrilevanza dei pagamenti effettuati dalle menzionate imprese consorziate in favore di terzi e del rilievo soltanto delle spese sostenute dal Consorzio, quale parte contraente del contratto di finanziamento.
Il primo motivo di ricorso si rivela invece inammissibile nella parte in cui è dedotta l’erronea lettura da parte della Corte d’appello delle risultanze di CTU.
3.1. La questione prospettata attiene alle ipotesi di travisamento della prova, la quale implica una constatazione o un accertamento che l’ informazione probatoria, utilizzata nella sentenza impugnata, è contraddetta da uno specifico atto processuale.
Com’è noto, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024) si sono di recente pronunciate in argomento e, nel comporre diversi orientamenti, hanno affermato che il travisamento del contenuto oggettivo della prova -che ricorre in caso di svista
concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale.
Le Sezioni Unite hanno precisato che l’errore revocatorio ricorre soltanto in caso di svista del giudice nella consultazione degli atti del processo, la quale può avere ad oggetto fatti sostanziali o fatti processuali, quando il fatto supposto, esistente o inesistente, è il fatto probatorio che non abbia costituito un punto controverso, sul quale il revocando provvedimento si è pronunciato. Se, invece, l’errore percettivo sul fatto probatorio non può essere intercettato mediante la revocazione, perché controverso ed oggetto di pronuncia, nulla osta a che esso costituisca motivo di ricorso ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4 o n. 5, c.p.c., a seconda che attenga a fatti processuali o sostanziali, poiché quando il giudice ritiene l’esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, tale errore ha sempre una componente omissiva riferita all’angolo visuale del risultato che ha portato all’ esito del giudizio.
Nella stessa sentenza, le Sezioni Unite hanno aggiunto che, ove l’ errore sia commesso dal giudice di primo grado, il soccombente lo denunci con l’appello ed il giudice d’appello rigetti l’impugnazione , l’ impugnazione non trova il limite della cd. doppia conforme di cui all’art. 360, comma 4, c.p.c. (e, nella disciplina previgente, dall’art. 348 ter , comma 5, c.p.c.), il quale, per poter operare, richiede pur sempre un’effettiva cognizione in fatto.
3.2. Nel caso di specie, sebbene il ricorrente non abbia espressamente richiamato il disposto dell’art 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – avendo ricondotto la doglianza nella ritenuta violazione dell’art. 115 c.p.c., in conformità ad un orientamento interpretativo poi superato dalla sentenza delle Sezioni Unite appena illustrata -risulta, comunque, inequivoca la doglianza, così come chiaramente illustrata nella parte espositiva del ricorso, essendo denunciata l’erronea percezione da parte della Corte d’appello del contenuto informativo fornito dalla CTU in ordine alle date di pagamento da parte di due imprese consorziate delle fatture emesse nei loro confronti dai rispettivi fornitori.
Come più volte evidenziato da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, l’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina ex se l’inammissibilità di questo se la Corte può agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni dell’impugnazione che chiarisce e qualifica il contenuto della censura (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7981 del 30/03/2007; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14026 del 03/08/2012; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 12690 del 23/05/2018; v. anche Cass., Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).
3.3. Cosi riqualificata, la doglianza risulta comunque inammissibile, poiché, come sopra evidenziato, la Corte d’appello non ha ritenuto decisive le spese sostenute dalle imprese consorziate per prestazioni di terzi, ma solo quelle sostenute del Consorzio e, in ordine a tale argomentazione, il ricorrente non ha in alcun modo illustrato le ragioni in forza delle quali il Consorzio avrebbe potuto direttamente far valere le spese sostenute dalle imprese consorziate, così dimostrando di non cogliere la ratio della decisione che, pertanto, non risulta specificamente censurata , come invece richiesto dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
Il secondo motivo è infondato.
4.1. Il ricorrente ha dedotto di avere provveduto al pagamento di alcune spese dopo la scadenza del 31 dicembre 2001, perché aveva fatto affidamento incolpevole nella circolare n. 3882/2000 del MIUR, ove si leggeva quanto segue: « … non si ravvisano elementi ostativi al riconoscimento in sede di esame della certificazione di spesa di costi relativi a fatture emesse entro il termine di una annualità (o semestralità) di gestione, ma effettivamente sostenuti nel periodo intercorrente tra il termine anzidetto e la data di presentazione della certificazione di spesa …» .
Secondo il ricorrente, in forza di quella Circolare, la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere idonea al finanziamento la certificazione di spesa riferita a pagamenti effettuati ne ll’arco di tempo compreso tra lo scadere dell’annualità e il termine per la presentazione della certificazione di spesa (e cioè 60 gg. dopo il 31/12/2001), ma riferiti a fatture emesse prima del 31/12/2001.
4.2. Occorre subito precisare che le Sezioni Unite di questa Corte, nel ritenere sussistente la giurisdizione del giudice ordinario sulle domande volte ad ottenere il risarcimento del danno cagionato dall’Amministrazione al privato per lesione dell’incolpevole affidamento riposto sull’adozione di un provvedimento ampliativo della propria sfera soggettiva -sia in caso di successivo annullamento del provvedimento giudicato illegittimo, sia in ipotesi di affidamento ingenerato dal comportamento dell’amministrazione nel procedimento amministrativo, poi conclusosi senza l ‘ emanazione del provvedimento ampliativo -hanno affermato che il pregiudizio non deriva dalla violazione delle regole di diritto pubblico sull’esercizio della potestà amministrativa, bensì dalla violazione dei principi di correttezza e buona fede, che devono governare il comportamento dell ‘A mministrazione e si traducono in regole di responsabilità e non di validità dell’atto (così Cass., Sez. U, Ordinanza n. 25324 del 28/08/2023; v. anche Cass., Sez. U, Ordinanza n. 3496 del 06/02/2023; Cass., Sez. U, Ordinanza n. 2175 del 24/01/2023).
Tale principio è operante anche nel caso di specie, ove la materia del contendere attiene, non allo svolgimento di attività provvedimentale della P.A., ma alla corretta esecuzione di un contratto di finanziamento, stipulato tra l’ Amministrazione (rappresentata dalla Mediocredito Centrale s.p.a.) e il Consorzio, e dunque al corretto adempimento o meno di attività riferite alla fase esecutiva del contratto, ove l’Amministrazione e il Consorzio si trovano in un rapporto paritetico, regolato, oltre che dalla legge, dagli accordi raggiunti.
In tale quadro, non può essere attribuito rilievo, ai fini della configurazione di un affidamento incolpevole, a quanto espresso nella menzionata circolare ministeriale.
Le circolari si sostanziano, infatti, in disposizioni interne a un organo o a un ente, aventi carattere generale, destinate ad uniformare l’operato dell’organo o dell’ente stesso , che non hanno nessuna efficacia esterna, dalle quali la stessa autorità che le ha adottate può discostarsi (v. in materia tributaria Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20819 del 30/09/2020).
Ciò significa che, ove si tratti di comportamenti tenuti in contrasto con le previsioni che regolano il rapporto negoziale, non può ritenersi incolpevole l’affidamento sulla correttezza di tali comportamenti, derivante da una circolare, che non è vincolante e non ha rilevanza esterna e, dunque, non può escludere l’esigibilità d egli obblighi contrattualmente assunti, aventi forza di legge tra le parti.
4.3. Nel caso di specie, il contratto di finanziamento prevedeva chiaramente , all’art. 3, che la realizzazione del progetto finanziato avrebbe dovuto dare luogo «a spese effettivamente sostenute, e dunque pagate, entro la data del 31.12.2001».
In tale quadro, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che non potesse ritenersi tutelabile un affidamento del Consorzio sulla correttezza del proprio operato in base ad una circolare, priva di rilevanza esterna, in aperto contrasto con quanto dallo stesso Consorzio concordato.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Ai sensi del l’art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalla controricorrente che liquida in € 25.000,00 per compenso oltre spese prenotate a debito;
dà atto, ai sensi del l’art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile