Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30741 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30741 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3463/2023 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 1123/2022 depositata il 09/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
–NOME COGNOME è stato socio della società RAGIONE_SOCIALE, di cui era accomandataria la sorella NOME COGNOME.
Con scrittura privata del 13.1.2009, egli è receduto dalla società, e, con la transazione che ha fatto seguito al recesso, la sorella si è impegnata a corrispondere una somma di denaro, nonché alcuni beni immobili a titolo di liquidazione della quota.
Il trasferimento non è avvenuto spontaneamente, ed il fratello ha dunque dovuto proporre azione ex articolo 2935 c.c.; per contro, egli ha adempiuto alle sue obbligazioni.
NOME COGNOME ha dunque ritenuto di aver maturato un credito per i danni conseguenti al ritardo nell’adempimento, a tutela dei quali ha agito per la revocatoria di un atto di vendita immobiliare che la società RAGIONE_SOCIALE ha stipulato con RAGIONE_SOCIALE .
Nel relativo giudizio si è costituita la sorella, la quale ha, per contro, eccepito l’esistenza di debiti del fratello verso la società.
-Il Tribunale di Lecce ha qualificato la domanda come di simulazione assoluta e l’ha rigettata.
E’ rimasta contumace la RAGIONE_SOCIALE.
Diversamente dal giudice di primo grado il giudice dell’appello ha viceversa qualificato la domanda come revocatoria ex articolo 2901 c.c., accertando che l’adempimento dell’odierna ricorrente è stato tardivo e ha cagionato danni al fratello, ed ha dunque dichiarato l’inefficacia ex art. 2901 c.c. nei confronti del medesimo.
-Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a sei motivi di illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il NOME COGNOME, che produce altresì atto non qualificabile come memoria, in difetto dei relativi requisiti di legge.
Ragioni della decisione
1. -Tra NOME COGNOME e la sorella NOME è -come detto -intercorsa una transazione: il primo dei due è receduto dalla società, rinunciando a percepire i canoni spettantigli in qualità di socio; la NOME COGNOME si è per converso obbligata a trasferirgli un immobile.
Mentre l’obbligazione del primo (il recesso dalla società e la conseguente perdita dei canoni) è stata tempestivamente adempiuta, la NOME COGNOME ha trasferito in ritardo l’immobile, e NOME COGNOME ha domandato giudizialmente il trasferimento dell’immobile promesso.
Il NOME COGNOME ha domandato nel presente giudizio il risarcimento del lamentato danno da ritardo per inadempimento della sorella, nonché per sentir pronunziare l’inefficacia ex art. 2901 c.c. della vendita di un immobile da parte della società (in persona della sorella accomandataria) ad altra società terza.
I giudici di appello hanno accolto la domanda di risarcimento, ritenendo che in ragione dell’inadempimento da parte della NOME COGNOME dell’assunto obbligo di trasferimento dell’immobile promesso in vendita è venuto conseguentemente meno il rapporto che impegnava reciprocamente le parti; conseguentemente anche la rinuncia ai canoni da parte del NOME COGNOME, con conseguente danno dal medesimo subito per aver perso i canoni de quibus .
In altri termini, il ritardato adempimento da parte della sorella nell’adempimento della sua obbligazione ‘ riflettendosi sul sinallagma negoziale, ha fatto venir meno la causa del recesso del socio dalla compagine societaria e della sua conseguente rinuncia ai contratti di comodato e di locazione con l a società’ (p. 9).
A tale stregua, la corte di merito ha ritenuto fondata l’azione revocatoria, in quanto volta a tutelare il suindicato credito.
2.- Tale ratio è dall’odierna rico rrente censurata in particolare con il primo, il secondo e il quinto motivo di ricorso.
2.1.- Con il primo motivo si denunzia violazione degli articoli 40 cp e 1218 e 1223 c.c.
Si duole la ricorrente che il giudice di merito abbia erroneamente fatto coincidere il danno con la mera lesione dell’interesse (danno in re ipsa ), senza tener conto che risarcibile è solo il danno conseguenza.
Lamenta che la corte di merito ha ravvisato la sussistenza del danno da risarcire nel mero fatto che il fratello abbia rinunciato ai contratti di locazione nella prospettiva di avere in tempo l’immobile, senza considerare che anche in caso di tempestivo trasferimento dell’immobile i canoni non sarebbero stati dal medesimo percepiti.
2.2. -Con il secondo motivo si denunzia violazione degli articoli 2285, 2289, 1453 c.c.
Lamenta la ricorrente che la corte di appello ha ritenuto venuta meno la causa del recesso in conseguenza del suo inadempimento della controparte, senza tenere conto del fatto che il recesso è atto unilaterale ricettizio e che la revoca del recesso non c’è mai stata in quanto il ricorrente ha agito per l’adempimento della transazione, a tale stregua manifestando il proprio interesse all’esecuzione dell’accordo transattivo, concernente anche il suo recesso.
2.3. -Con il quinto motivo si denunzia nullità della sentenza per motivazione apparente, e dunque violazione dell’articolo 132 c.p.c.
Lamenta la ricorrente che la ravvisata mancanza del sinallagma, o meglio la causa del recesso, è del tutto apoditticamente formulata, non risultando altrimenti argomentata.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.
La corte di merito ha ritenuto che il tardivo adempimento da parte dall’odierna ricorrente della propria obbligazione di trasferimento
dell’immobile ha inciso sul sinallagma contrattuale, facendo venir meno la causa della obbligazione di controparte, ossia la causa del recesso. Con la conseguenza che, avendo il NOME COGNOME rinunciato ai canoni all’esito del recesso, ed essendo tale recesso successivamente venuto meno, i canoni sono andati perduti.
L’errore della Corte di Appello sta nell’aver ritenuto che il recesso sia venuto meno per difetto di causa, che la stessa corte individua nella corrispondenza delle due prestazioni: venuta meno l’una, viene meno l’altra.
Ma è di tutta evidenza che la parte adempiente ha agito per l’adempimento del contratto, non già per la relativa risoluzione, sicché non vi è ragione, né la corte di merito ha al riguardo argomentato, di concludere che il recesso è diventato privo di causa.
In accordo con la costruzione operata dalla corte di merito lo sarebbe stato ove il ricorrente avesse agito per la risoluzione del contratto, e cioè qualora, a fronte dell’inadempimento della controparte (ritardo nell’adempimento), avesse agito per ottenere la risoluzione del contratto.
In tale ipotesi, una volta risolto il contratto per inadempimento della controparte, il recesso avrebbe potuto dirsi privo di causa, legittimando la conclusione che la rinunzia ai canoni, sul presupposto e nella prospettiva di avere in cambio una determinata prestazione, non più ottenuta, ben avrebbe potuto essere posta a fondamento della domanda di risarcimento del danno consistente nella perdita dei detti canoni.
Ma nella specie il NOME COGNOME ha per converso domandato l’adempimento del contratto, ottenuto giudizialmente; con la conseguenza che ottenuta, sia pure coattivamente, la prestazione dovutagli, non può sostenersi che la sua controprestazione è priva di causa, non trovando corrispettivo nell’altra.
In altri termini, l’articolo 1453 c.c. consente a chi ha domandato l’adempimento di mutare la domanda chiedendo viceversa la risoluzione del contratto, consentendo al contraente che non ha interesse all’adempimento tardivo di mutare l’originaria domanda.
Si piega a tale stregua perché la risoluzione può essere domandata anche quando il contraente adempiente abbia ottenuto una sentenza che obbliga l’altra parte all’adempimento, sempre che l’adempimento non sia ancora intervenuto (Cass. 19826/ 2004; Cass. 15290/ 2011): se l’inadempimento permane, infatti, il debitore può, atteso il ritardo, aver perso interesse alla prestazione e dunque deve avere la possibilità di agire per la risoluzione.
Nella specie, l’adempimento, ossia il trasferimento del bene, è viceversa avvenuto con sentenza ex articolo 2932 c.c.
Ottenuta, pur se coattivamente, la prestazione dedotta in contratto, il contraente non può domandare la risoluzione di quest’ultimo.
A tale stregua, il danno da perdita dei canoni sarebbe stato ipotizzabile solo laddove la rinuncia ai medesimi (dovuta al recesso dalla società) fosse stata risolta o annullata o dichiarata nulla o altrimenti privata di efficacia per fatto attribuibile alla controparte.
Nella specie il socio adempiente ha inteso viceversa far valere l’accordo, proponendo domanda ex art. 2932 c.c.
A tale stregua, diversamente da quanto affermato dalla corte di merito nell’impugnata sentenza, il recesso non si appalesa privo di causa, bensì valido ed efficace, e conseguentemente valida la rinuncia ai canoni.
Alla fondatezza nei suindicati termini e limiti dei motivi consegue, assorbiti gli altri motivi, l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il 1°, il 2° e il 5° motivo di ricorso nei termini e limiti di cui in motivazione; dichiara assorbiti gli altri motivi. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 11/4/2025
Il Presidente NOME COGNOME