LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Adeguamento ISTAT locazione: la clausola è nulla

Una controversia su uno sfratto per morosità porta la Cassazione a chiarire i limiti dell’adeguamento ISTAT locazione. La Corte dichiara inammissibile il ricorso del locatore, confermando la nullità di una clausola che prevedeva un aggiornamento automatico del canone. Viene ribadito che la richiesta di adeguamento deve essere annuale e che la risoluzione del contratto è giustificata solo in caso di inadempimento di non scarsa importanza, valutazione rimessa al giudice di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Adeguamento ISTAT locazione: la clausola è nulla se automatica

L’inserimento di una clausola per l’adeguamento ISTAT locazione nei contratti di affitto è una prassi comune per tutelare il locatore dall’inflazione. Tuttavia, la sua formulazione deve rispettare precise norme di legge per essere valida. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia, dichiarando inammissibile il ricorso di un locatore e confermando la nullità di una clausola che prevedeva un aggiornamento automatico e integrale del canone. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un’intimazione di sfratto per morosità emessa da un proprietario nei confronti della conduttrice di un immobile adibito a attività di bed & breakfast. Il locatore lamentava il mancato pagamento di somme relative all’adeguamento ISTAT del canone e a oneri condominiali.

Inizialmente, il Tribunale dava ragione al locatore, ordinando il rilascio dell’immobile e il pagamento degli arretrati. La situazione si ribaltava in secondo grado. La Corte d’Appello, riformando la prima decisione, rilevava d’ufficio la nullità della clausola contrattuale (la n. 3) che stabiliva un aggiornamento annuale automatico del canone nella misura del 100% della variazione ISTAT. Tale clausola, secondo i giudici, si poneva in contrasto con l’art. 32 della Legge n. 392/1978, che per i contratti di durata non superiore a quella legale (sei anni per uso commerciale) limita l’aumento al 75%.

Di conseguenza, la Corte ricalcolava il debito della conduttrice, riducendolo a una somma esigua (€ 528,00). Tale importo veniva ritenuto insufficiente a integrare il requisito della “non scarsa importanza dell’inadempimento” richiesto dall’art. 1455 c.c. per la risoluzione del contratto. Il locatore, insoddisfatto, proponeva quindi ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione e i limiti dell’adeguamento ISTAT locazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del locatore inammissibile, respingendo tutti i quattro motivi presentati. La decisione si fonda su principi procedurali e sostanziali di grande rilevanza.

Il primo motivo, con cui il locatore tentava di qualificare il contratto in modo da sottrarlo ai limiti dell’art. 32, è stato giudicato inammissibile per diverse ragioni. In primis, per un vizio formale, ovvero la mancata specifica localizzazione della clausola contestata negli atti processuali. Ma, soprattutto, la Corte ha sottolineato che il ricorrente non aveva colto la vera ratio decidendi della sentenza d’appello. Il punto cruciale non era tanto la percentuale dell’aumento (100% invece del 75%), quanto il meccanismo automatico previsto dalla clausola. La giurisprudenza consolidata (citando Cass. n. 27287/2021) stabilisce che il locatore deve richiedere l’aggiornamento annualmente; una clausola che prevede una richiesta preventiva con effetto su tutte le variazioni future è contraria alla norma.

Anche il secondo motivo, relativo alla presunta erronea valutazione della gravità dell’inadempimento, è stato respinto. La Cassazione ha ricordato che tale valutazione è una questione di fatto, riservata al prudente apprezzamento del giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata. E la motivazione della Corte d’Appello, che aveva rapportato l’esiguo debito residuo (€ 528,00) all’importo del canone annuo (€ 14.976,00), era stata ritenuta logica e corretta.

Gli ultimi due motivi, riguardanti la presunta nullità dell’intero contratto e la condanna alle spese, sono stati giudicati rispettivamente inammissibile per carenza di interesse e palesemente infondato, quasi “incomprensibile”.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte sono un compendio di rigore procedurale e chiarezza sostanziale. La Corte ribadisce che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre questioni di fatto. I motivi devono essere specifici, pertinenti e devono confrontarsi criticamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Sul tema specifico dell’adeguamento ISTAT, la Corte non entra nel merito della qualificazione del contratto (bed & breakfast vs. commerciale) perché l’argomento era nuovo e, comunque, irrilevante. Il vizio della clausola risiedeva nel suo automatismo, che viola il principio secondo cui il diritto all’aggiornamento sorge solo a seguito di una specifica richiesta del locatore, anno per anno. Qualsiasi patto contrario che preveda un’attivazione automatica o una richiesta unica per il futuro è nullo.

Inoltre, viene confermato il principio per cui, ai fini della risoluzione del contratto, l’inadempimento del conduttore deve essere valutato al momento della proposizione della domanda giudiziale. Se, a seguito della dichiarazione di nullità di una clausola, l’inadempimento risulta di scarsa importanza, la domanda di risoluzione deve essere respinta.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici per locatori e conduttori. Per i locatori, emerge la necessità di redigere con estrema attenzione le clausole contrattuali, in particolare quelle relative all’adeguamento del canone. È fondamentale evitare automatismi e ricordarsi di formulare una richiesta scritta di adeguamento ISTAT ogni anno. Affidarsi a clausole generiche o in contrasto con la legge espone al rischio non solo di non ottenere l’aumento, ma anche di veder respinta una eventuale azione di sfratto.

Per i conduttori, la sentenza conferma che non ogni morosità legittima la risoluzione del contratto. L’inadempimento deve essere significativo in relazione all’economia complessiva del rapporto. Infine, la pesante condanna del ricorrente anche al pagamento di somme per lite temeraria (ex art. 96 c.p.c.) funge da monito contro i ricorsi per cassazione presentati senza solide basi giuridiche, sottolineando la funzione deflattiva e sanzionatoria che la Corte intende esercitare.

Una clausola che prevede un adeguamento ISTAT automatico del canone è valida?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una clausola che prevede un adeguamento ISTAT automatico del canone, senza una richiesta specifica del locatore anno per anno, è contraria alla legge e quindi nulla. Il diritto all’aggiornamento sorge solo a seguito di una richiesta esplicita.

Un piccolo debito dell’inquilino giustifica sempre lo sfratto?
No. La risoluzione del contratto di locazione è possibile solo in caso di un inadempimento di “non scarsa importanza”. Il giudice deve valutare concretamente la gravità della morosità, rapportando l’importo non pagato al valore complessivo del contratto. Un debito esiguo, come nel caso esaminato (€ 528), può non essere ritenuto sufficiente a giustificare la risoluzione.

È possibile pattuire un adeguamento ISTAT del 100% per una locazione commerciale?
La Legge n. 392/1978 (art. 32) limita l’adeguamento al 75% della variazione ISTAT per i contratti di durata non superiore a quella legale (6 anni). La sentenza non si pronuncia direttamente sulla liceità del 100% per contratti di durata superiore, poiché ha dichiarato il motivo inammissibile basandosi sulla nullità del meccanismo automatico della richiesta, che è il vizio principale e assorbente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati