Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9384 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9384 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
OGGETTO:
petizione di eredità
RG. 1290/2021
C.C. 25-3-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 1290/2021 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, in persona della procuratrice speciale NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
nonché contro
COGNOME NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME, c.f. GVZWTR64R19A300N, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
avverso la sentenza n. 1063/2020 della Corte d’ appello di Torino, depositata il 29-10-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25-32025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1.La sentenza impugnata n. 1063/2020 della Corte d’appello di Torino pubblicata il 29-10-2020 ha, per quanto rileva in relazione al ricorso proposto , rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 840/2018 del Tribunale di Asti depositata in data 25-92018.
In particolare, in relazione ai singoli motivi di ricorso, la sentenza ha rigettato il secondo motivo di appello, con il quale NOME COGNOME in qualità di coerede del padre NOME COGNOME per la quota di un terzo unitamente agli altri figli del de cuius NOME e NOME COGNOME– aveva impugnato, nei confronti degli acquirenti NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, la statuizione di rigetto della sua domanda di rivendica di un terzo delle quote sociali di Azienda RAGIONE_SOCIALE Maria dei Servi di Aquili RAGIONE_SOCIALE, ceduta loro da NOME e NOME COGNOME. La sentenza ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME soltanto nei confronti dei venditori fratelli NOME, i quali erano stati condannati al versamento all’attrice della somma ricevuta come corrispettivo per la quota di sua spettanza pari a Euro 150.000,00; ciò sulla base del rilievo che l’acquisto delle quote da parte dei COGNOME con atto del 13-92002 era salvo in forza dell’art. 534 co.2 cod. civ., trattandosi di acquisto dall’erede apparente, in quanto all’epoca non vi erano elementi per ritenere che vi foss e altra erede nella persona di NOME COGNOME
La sentenza ha dichiarato che per la prima volta in appello NOME COGNOME invocava l’applicazione in via retroattiva degli effetti dell’abrogazione dell’art. 274 cod. civ. in forza della sentenza n. 50/2006 della Corte Costituzionale; ha evidenziato che, già al momento dell’instaurazione del giudizio, a ottobre 2014, la parte disponeva degli elementi per dolersi del pregiudizio lamentato in conseguenza dell’abrogazione della disposizione ; ha aggiunto che la
domanda di riconoscimento di paternità nei confronti di NOME COGNOME era avvenuta con citazione notificata nel marzo 2006, per cui le domande era state proposte senza subire alcuna delle limitazioni procedurali precedenti. Ha altresì rilevato che l’argomen to non era conferente rispetto al contenuto della motivazione del giudice di primo grado, che aveva applicato l’art. 534 co. 2 cod. civ. e aveva ritenuto che i terzi COGNOME avevano contratto con quelli che si palesavano come unici eredi.
La sentenza ha rigettato la tesi dell’appellante secondo la quale non si applicava alla fattispecie l’art. 534 co. 2 cod. civ. per il fatto che al fine di disporre delle quote in qualità di eredi i fratelli NOME avrebbero dovuto iscrivere presso il registro delle imprese l’accettazione dell’eredità. Ha rilevato che non erano assimilabili i registri relativi a immobili e a beni mobili registrati e il registro delle imprese, l’art. 2188 cod. civ. poneva il principio di tassatività delle iscrizioni nel registro delle imprese e la disposizione non prevedeva l’iscrizione dell’accettazione dell’eredità relativa a quote societarie, né la disciplina della trascrizione dei beni mobili registrati contemplava l’atto di cessione delle quote sociali .
La sentenza ha altresì rigettato il motivo di impugnazione con il quale l’appellante aveva censurato la sentenza di primo grado per avere ritenuto la buona fede ex art. 534 co. 2 cod. proc. civ. in capo ai terzi acquirenti COGNOME Ha rigettato il motivo di appello con il quale l’appellante aveva censurato la sentenza di primo grado per avere riconosciuto in suo favore il prezzo corrisposto dagli acquirenti COGNOME in re lazione alla quota di sua spettanza e, accogliendo l’appello incidentale sul punto, ha statuito che gli interessi sulla somma decorressero dalla data della domanda.
La sentenza ha rigettato anche il quarto motivo di appello, con il quale l’appellante COGNOME aveva censurato, sotto vari profili, la sentenza
impugnata per avere rigettato la sua domanda volta a ottenere la collazione delle donazioni eseguite dal de cuius ai fratelli NOMECOGNOME
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
2.1.Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto ‘ falsa applicazione dell’art.534, comma 2 c.c., violazione dell’art. 534, comma 3 c.c., violazione L.29.12.1993 n. 580 e D.lvo 154/2013 nonché dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360, comma 1 n.3 c.p.c.’; ha sostenuto che, proprio per la peculiare disciplina dettata in materia di petizione ereditaria dall’art. 534 cod. civ., la Corte d’appello avrebbe dovuto equiparare le quote della società in accomandita semplice oggetto di cessione dai Bruno ai Gavazza ai beni mobili iscritti nei pubblici registri, al fine di applicare l’art. 534 co. 3 cod. civ. e perciò escludere l’applicazione dell’art. 534 co.2 cod. civ. in ordine alla salvezza dell’acquisto in buona fede dall’erede apparente, in quanto l’acquisto a titolo di erede e l’acquisto dall’erede apparente non erano stati iscritti nel registro delle imprese prima della trascrizione della domanda giudiziale contro l’erede apparente. Ha dichiarato che anche le quote di società di persone sono soggette a iscrizione nel registro delle imprese e ha sostenuto che, al fine di agire come eredi, i Bruno avrebbero dovuto depositare presso il Registro delle imprese l’accettazione dell’eredità includente anche la quota sociale venduta ai COGNOME, in quanto la tutela attenua ta dell’art. 534 co. 2 cod. civ. può valere solo per i beni mobili che, per loro natura, non sono suscettibili di iscrizione in alcun registro; rilevando anche che nella fattispecie le quote sociali si riferivano a società proprietaria di numerosi immobili di pregio, lamenta che l’unico effetto della decisione sia stato quello di denegare giustizia; ciò, omettendo qualsiasi accertamento sull’opponibilità all’erede effettivo degli atti posti in essere dai fratelli NOME, i quali, all’epoca della vendita del 13 -9-2002 con i COGNOME, non
solo erano in mala fede per essere a conoscenza delle rivendicazioni di NOME COGNOME la quale il 7-4-2002 aveva depositato il ricorso ex art. 274 cod. civ. all’epoca vigente al fine del riconoscimento di paternità, ma anche non risultava avessero accettat o l’eredità, né avevano mai iscritto o trascritto l’atto di accettazione dell’eredità, né presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, né presso il Registro delle imprese.
2.2.Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto ‘ violazione art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.; violazione dell’art. 534 c.c. e violazione L. 29.12.1993 n. 580 e D.lvo 154/2013 nonché dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’; ha lamentato che la sentenza impugnata abbia dichiarato che NOME COGNOME aveva invocato per la prima volta in appello l’applicazione in via retroattiva degli effetti dell’abrogazione delle disposizioni che avevano equiparato i diritti del figlio naturale e del figlio legittimo in forza della sentenza n. 50/2006 della Corte Costituzionale; ha evidenziato che già nell’atto di citazione aveva rilevato che con la sentenza n. 50/2006 la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 274 cod. civ. in quanto grave ostacolo all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 2 4 Cost. in relazione ad azioni volte a tutelare diritti fondamentali e aveva sottolineato che, fino alla pronuncia di tale sentenza, ella era stata impossibilitata a fare valere sia i suoi diritti personali sia i suoi diritti patrimoniali; aveva sostenuto che l’annullamento di tale disposizione con efficacia ex tunc, quando il procedimento da lei instaurato ex art. 274 cod. civ. era ancora pendente, comportava l’inefficacia o inopponibilità degli atti di vendita compiuti fino alla sentenza n.50/2006; ha evidenziato altresì che le disposizioni della legge delega 219/2012 e del decreto attuativo 154/2013 in tema di assoluta parità di trattamento tra i figli ha efficacia retroattiva, per cui devono essere rimossi anche tutte conseguenze
derivanti dai precedenti ostacoli. Quindi ha dichiarato che l’attrice, prima del passaggio in giudicato della sentenza sulla filiazione, si è trovata nell’impossibilità di provvedere a qualsiasi tipo di trascrizione delle sue domande e sostiene che il tempo decorso fino a quel momento non poteva avere alcuna conseguenza negativa a suo carico; ha sostenuto perciò che l’ultimo comma dell’art. 534 cod. civ. deve essere interpretato, per i figli nati fuori dal matrimonio che hanno rivendicato i diritti successo ri nel periodo in cui era in vigore l’art. 274 cod. civ., nel senso che il periodo temporale illegittimamente dedicato alla fase ex art. 274 cod. civ. non è rilevante ai fini dell’applicazione di tale norma, con la conseguenza che le trascrizioni degli acquirenti nel periodo dedicato alla fase ex art. 274 cod. civ. è privo di effetti giuridici, in quanto il figlio non era in grado di contrastare con la trascrizione gli atti di apprensione a non domino dei suoi beni ereditari.
2.3.Con il terzo motivo la ricorrente ha dedotto ‘ violazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 183, comma 6 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 534, comma 2, c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.’; ha lamentato che la sentenza abbia ritenuto dimostrata la buona fede degli acquirenti COGNOME sulla base delle loro mere deduzioni contenute nella comparsa di risposta, ritenendo che fossero state genericamente contestate dall’attrice e aggiungendo che la stessa si er a limitata a mere petizioni di principio; ha evidenziato che, ai sensi dell’art. 534 co. 2 cod. civ., la buona fede è elemento costitutivo dell’acquisto ed erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto la non contestazione dell’attrice, in quanto ella non aveva alcun obbligo di espressa contestazione delle allegazioni in fatto dei convenuti, che erano contrastanti con i fatti già enunciati nell’atto introduttivo. Trascrivendo il contenuto del suo atto di citazione, laddove aveva eseguito specifico riferimento ai fatti sulla base dei quali contestava la buona fede dei terzi acquirenti, la ricorrente ha rilevato che la sentenza erroneamente
ha ritenuto a suo carico le preclusioni di cui all’art. 183 co. 6 n. 1 cod. proc. civ. ed erroneamente ha ritenuto tardive le richieste istruttorie successivamente formulate, che costituivano il giusto completamento di quanto dedotto sin dall’atto di citaz ione. Ha lamentato altresì la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. in quanto la non contestazione poteva riguardare esclusivamente i fatti, intesi come eventi, allegati dalla parte, non la condizione psicologica e di conoscenza in cui i COGNOME versava no al tempo della stipula; inoltre, in quanto l’onere di contestazione sussiste solo per i fatti noti alla parte e non per quelli ignoti, nel perimetro dei quali rientrava il comportamento dei NOME e COGNOME in occasione della stipula dell’accordo relativ o alle partecipazioni sociali; ha rilevato che la sentenza ha finito per violare anche l’art. 2697 cod. civ., laddove ha ritenuto che l’attrice avrebbe dovuto allegare fatti circostanziati dai quali inferire la conoscenza da parte dei convenuti della sua qualità di figlia del de cuius.
2.4.Con il quarto motivo, intitolato ‘ violazione degli artt. 726, 715 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.’, la ricorrente ha dichiarato di censurare, in via subordinata rispetto alle doglianze contenute nei precedenti motivi di ricorso, il rigetto del suo motivo di appello con il quale aveva chiesto che il valore della quota di partecipazione di sua spettanza nella società RAGIONE_SOCIALE fosse stimato con riferimento al valore di cui all’art. 726 cod. c iv. Ha evidenziato che i fratelli NOME erano consapevoli al momento della cessione delle quote che NOME COGNOME rivendicava lo status di figlia e che, anziché chiedere all’autorità giudiziaria le opportune cautele ex art. 715 cod. civ., hanno deciso di vendere il bene che era della coerede a un prezzo unilateralmente e discrezionalmente da loro stabilito; ha dichiarato che la sentenza ha errato nell’onerare la coerede COGNOME della prova sulla simulazione del
prezzo, perché il valore ai cui fare riferimento è esclusivamente quello venale di mercato stabilito dall’art. 726 cod. civ.
2.5.Con il quinto motivo, proposto in via ulteriormente subordinata, la ricorrente ha dedotto ‘ violazione degli artt. 2033, 1147 e 1148 c.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.’; ha lamentato che la sentenza impugnata abbia riconosciuto gli interessi sull’importo di Euro 150.000,00, pari all’importo del prezzo pagato dagli acquirenti COGNOME corrispondente alla sua quota, solo a decorrere della data della domanda, e perciò della notificazione dell’atto di citazione; perciò ha dedotto che la sentenza non abbia svolto l’accertamento che sarebbe stato necessario ex art. 2033 cod. civ. in ordine all’elemento soggettivo dei fratelli COGNOME
2.6.Con il sesto motivo la ricorrente ha dedotto ‘ violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.’ e ha censurato la sentenza impugnata per avere rigettato il suo quarto motivo di appello, con il quale aveva riproposto la domanda volta a ottenere la collazione delle quote sociali donate da NOME COGNOME ai figli NOME e NOME COGNOME. Ha evidenziato che erroneamente la sentenza ha interpretato la domanda come volta a ottenere la collazione degli immobili di proprietà della socie tà, in quanto l’atto di citazione, di cui trascrive i relativi passaggi in ricorso, era chiaramente indirizzato anche alla collazione delle quote sociali donate dal padre ai due figli; quindi ha lamentato la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto la domanda doveva essere esaminata, anche se la Corte d’appello aveva ritenuto che la domanda era stata proposta al fine di ottenere il conferimento degli immobili di proprietà della società.
3.NOME COGNOME e NOME COGNOME in persona della procuratrice speciale NOME COGNOME in forza di procura notarile, hanno resistito con controricorso e con distinto controricorso hanno resistito NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
4.Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
In data 21-3-2025 è stato depositato atto di rinuncia al ricorso, sottoscritto anche personalmente da NOME COGNOME con contestuale accettazione della rinuncia, sottoscritto anche personalmente da NOME COGNOME nella qualità di procuratrice speciale di NOME COGNOME e sottoscritto per i controricorrenti COGNOME dal difensore NOME COGNOME munito di procura speciale anche a tal fine.
All’esito della camera di consiglio del 25-3-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE:
1.L’atto di rinuncia è rispettoso dei requisiti di forma di cui all’art. 390 co.2 cod. proc. civ. e di conseguenza deve essere dichiarata ai sensi degli artt. 390 e 391 cod. proc. civ. l’estinzione del giudizio di cassazione, con ordinanza ex art. 391 co.1 cod. proc. civ.
Poiché i controricorrenti hanno ritualmente aderito alla rinuncia, ai sensi dell’art. 391 ult. co. cod. proc. civ. non si deve provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
2.La rinuncia non comporta l’obbligo ex art. 13 co.1 -quater d.P.R. 30-52002 n. 115 di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass. Sez. 6-1 12-11-2015 n. 23175, Rv. 637676-01, Cass. Sez. 3 5-12-2023 n. 34025 Rv.669403-01).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda