Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14042 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14042 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21850-2019 proposto da
NOMECOGNOME in proprio e quale erede di NOMECOGNOME NOME, in proprio e quale erede di NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME quali eredi di NOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME NOMECOGNOME in proprio e quale erede di NOME e NOMECOGNOME NOME, in proprio e quale erede di NOME, NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME quali eredi di NOMECOGNOME rappresentati e difesi, in forza di procura rilasciata a margine del ricorso, da ll’avvocat o NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio del difensore, ora in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE AZIENDA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura conferita in calce al
R.G.N. 21850/2019
COGNOME
Rep.
C.C. 12/2/2025
giurisdizione Cessione in proprietà degli alloggi riservati ai profughi libici.
contro
ricorso, da ll’ avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio degli avvocati NOMECOGNOME e NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 44 del 2019 del la CORTE D’APPELLO DI GENOVA, depositata il 15 febbraio 2019 (R.G.N. 23/2018).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 44 del 2019, depositata il 15 febbraio 2019, la Corte d’appello di Genova ha confermato la pronuncia del Tribunale di La Spezia e ha respinto il gravame di alcuni eredi di profughi italiani provenienti dalla Libia, assegnatari di immobili ‘riservati’ ai sensi dell’art. 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137, che ne avevano chiesto l’acquisto alle condizioni di miglior favore (il 50% del costo di costruzione dell’alloggio) previste dalla legge della Regione Liguria 29 novembre 2012, n. 40.
A fondamento della decisione, la Corte di merito ha argomentato che gli appellanti non hanno esercitato il diritto nel termine di decadenza sancito dalla legge regionale e debitamente pubblicizzato nell’albo pretorio e nel sito Internet.
Né rileva che alcuni degli appellanti, assegnatari di immobili ‘riservati’, abbiano presentato domanda alla stregua della legge statale, in quanto tale normativa riguarda unicamente l’acquisto degli alloggi ‘dedicati’ (art. 18 della legge n. 137 del 1952) .
-Le parti indicate in epigrafe impugnano per cassazione la pronuncia d’appello, sulla base di sette motivi, illustrati da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.
-A.R.T.E. Azienda Regionale Territoriale Edilizia della Spezia resiste con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 6 della legge reg. Liguria n. 40 del 2012 e lamentano che RAGIONE_SOCIALE non abbia adempiuto al rigoroso obbligo d’informazione ad personam imposto dalla legislazione regionale, obbligo inteso, invece, in senso riduttivo dalla sentenza d’appello.
1.1. -La censura non coglie nel segno.
1.2. -L’art. 6 , comma 1, della legge reg. Liguria n. 40 del 2012, nel disciplinare gli «Adempimenti degli enti proprietari», ha vincolato tali enti a «dare adeguata informazione ai soggetti destinatari delle disposizioni in essa contenute, anche tramite pubblicazione nell ‘ albo pretorio, nelle proprie sedi di decentramento, nonché nei propri siti informatici».
La Corte di merito ha accertato in punto di fatto che le previsioni regionali sono state pubblicate sull’albo pretorio dell’ente e sul sito telematico (pagina 9 della sentenza impugnata), in conformità agli obblighi imposti dalla legge, e che così è stata data adeguata pubblicità a un atto normativo che già si presume conoscibile erga omnes , per effetto della pubblicazione sul Bollettino regionale.
1.3. -Tale interpretazione non è contraddetta dai rilievi critici dei ricorrenti, anzitutto perché l’obbligo di comunicazione individuale non è prescritto expressis verbis dalla legge regionale.
In secondo luogo, è la legge stessa a tipizzare le modalità con cui è garantita l’adeguata informazione .
L ‘uso della congiunzione «anche» denota che tali modalità sono ulteriori e aggiuntive rispetto a quella usuale di pubblicazione sul
Bollettino Ufficiale della Regione e non consente d’inferire in via sistematica il carattere indefettibile della comunicazione individuale.
Infine, la specificazione delle modalità d’informazione sarebbe del tutto pleonastica, ove fosse già imposto l’obbligo di comunicazione individuale che i ricorrenti adombrano.
Nel caso di specie, le modalità contemplate dalla legge, secondo l’accertamento complessivo compiuto dalla Corte territoriale e non efficacemente scalfito, sono state fondamentalmente rispettate in modo da salvaguardare, in concreto, la finalità perseguita dagli obblighi in esame.
-Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), i ricorrenti si dolgono della nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 111, sesto comma, Cost. e 152 cod. proc. civ., in relazione alla violazione e alla falsa appl icazione dell’art. 3 della legge reg. Liguria n. 40 del 2012 , e addebitano ai giudici d’appello di avere ritenuto perentorio il termine sulla base di «affermazioni apodittiche, contraddittorie ed ipotetiche» (pagina 28 del ricorso per cassazione), che impedirebber o di ricostruire l’ iter logico della decisione.
3. -Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti prospettano la violazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge reg. Liguria n. 40 del 2012, in relazione all’art. 17 della legge n. 137 del 1952, all’art. 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763, all’art. 1, comma 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 560, e all’art. 45 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Avrebbe errato la Corte di merito nel considerare perentorio un termine che la legge non qualificherebbe in maniera espressa e inequivocabile come tale. Neppure la ratio legis di piena ed effettiva tutela dei profughi potrebbe suffragare l’adombrata perentorietà.
-Con la quarta critica, in via subordinata, i ricorrenti eccepiscono l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. Liguria n. 40 del 2012, per violazione dei princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza, del
diritto all’abitazione e dei princìpi fondamentali stabiliti dal legislatore statale e vincolanti per la potestà legislativa regionale concorrente.
L’interpretazione prescelta dai giudici del gravame pregiudicherebbe la posizione dei profughi, che si sarebbero incolpevolmente trovati in una situazione di svantaggio, e vanificherebbe la finalità risarcitoria e compensativa della normativa di favore applicabile al caso di specie, «per di più con riferimento ad un bene essenziale, quale l’abitazione» (pagina 37 del ricorso per cassazione) e in difetto della previsione di un termine perentorio ad opera del legislatore statale.
4.1. -Il secondo, il terzo e il quarto motivo possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto investono il medesimo tema del termine previsto dalla legge regionale per la presentazione delle istanze, e si rivelano, nel complesso, infondati.
4.2. -Giova premettere che la legge reg. Liguria n. 40 del 2012, destinata a regolare la vicenda controversa, si applica «agli alloggi di edilizia sociale assegnati ai profughi italiani ai sensi dell ‘ articolo 17 della legge 4 marzo 1952, n. 137 (Assistenza a favore dei profughi) e successive modificazioni ed integrazioni e dell ‘ articolo 34 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 (Normativa organica per i profughi) e successive modificazioni ed integrazioni» (art. 1).
Come dispone il successivo art. 2 della normativa regionale menzionata , i profughi assegnatari di tali alloggi ‘riservati’ o, in caso di decesso degli assegnatari, i familiari conviventi, legalmente residenti nell ‘ alloggio alla data di entrata in vigore della legge, hanno la facoltà di acquistarli alle condizioni di miglior favore definite dall’art. 4.
In particolare, il prezzo di cessione, da versare in unica soluzione al momento della stipulazione dell’atto di compravendita, « è quello determinato ai sensi dell ‘ articolo 1, comma 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) e successive modificazioni ed integrazioni» e
corrisponde al cinquanta per cento del costo di costruzione di ogni singolo alloggio.
Nel presente giudizio viene in rilievo la previsione dell’art. 3, che obbliga i titolari di alloggi ‘riservati’ a « presentare domanda di acquisto all ‘ ente proprietario dell ‘ alloggio entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge».
4.3. -A tale riguardo, si deve osservare, in primo luogo, che è tutt’altro che lacunosa o illogica la motivazione che sorregge la decisione impugnata (pagina 8).
Lineare e intelligibile è il percorso argomentativo che conduce i giudici d’appello a qualificare il termine come termine di decadenza . È pienamente rispettato l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali sancito, in apicibus , dall’art. 111, sesto comma, Cost. e poi concretizzato dall’art. 132 cod. proc. civ.
Non sussistono i vizi di carenza assoluta della motivazione sotto l’aspetto grafico, d’insanabile contraddittorietà, di perplessità, di apparenza, che si tramutano in violazione costituzionalmente rilevante, la sola oggi sindacabile dinanzi a questa Corte (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053).
4.4. -La motivazione non soltanto non presenta le anomalie radicali denunciate con il secondo mezzo, ma si dimostra conforme a diritto e non incorre nelle censure di violazione di legge prospettate con il terzo motivo.
La legge ligure, nel regolare i termini di presentazione delle istanze, è espressione di un apprezzamento discrezionale che contempera gl’interessi contrapposti, senza sacrificare in modo sproporzionato le aspettative degli assegnatari e senza presentare i profili di manifesta irragionevolezza stigmatizzati con il quarto motivo.
Nell’esercizio della competenza residuale (art. 117, quarto comma, Cost.) che le spetta in materia di gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica (fra le molte, Corte costituzionale, sentenza n.
121 del 2010), la Regione , anche al fine di assicurare l’efficacia dell’azione amministrativa, ha subordinato la presentazione della domanda al rispetto di un termine non irragionevole, pari a un anno dall’entrata in vigore della legge stessa, e ha scelto di tener fermo il termine originariamente disposto, senza prorogarlo in alcun modo.
La disciplina, peraltro, attiene al profilo circoscritto della facoltà di chiedere la cessione degli alloggi, senza compromettere il diritto di f ruire degli alloggi ‘riservati’.
Tale facoltà aggiuntiva, che non è strettamente connessa con la tutela dello status di profugo, si colloca in un assetto che il giudice delle leggi, in una vicenda affine, ha ritenuto d’incongruo favore (sentenza n. 161 del 2013), come si evidenzierà nella disamina del quinto e del sesto mezzo.
Non si ravvisa, in definitiva, la violazione dei princìpi costituzionali che il ricorso richiama.
Non può essere condiviso, pertanto, l’assunto dei ricorrenti, che muove dalla disciplina dell’art. 152 cod. proc. civ., dettata per la diversa fattispecie del compimento degli atti del processo, e, sulla scorta del presupposto della ordinarietà del termine, considera la previsione del termine di un anno tamquam non esset , giustificando anche un considerevole superamento del termine stesso.
Tale interpretazione non soltanto non è sorretta da ragioni costituzionali cogenti, ma vanifica, altresì, le evidenti esigenze di certezza dei rapporti giuridici che ispirano la fissazione del termine in parola e introduce elementi di disarmonia rispetto al l’evoluzione della stessa disciplina in materia di assegnazione degli alloggi, scandita da termini predeterminati e univoci e da proroghe espressamente previste.
5. -Con la quinta doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge reg. Liguria n. 40 del 2012, in relazione all’art. 17 della
legge n. 137 del 1952, all’art. 34 della legge n. 763 del 1981, all’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, all’art. 45 della legge n. 388 del 2000, e all’art. 4, comma 223, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
La Corte d’appello di Genova avrebbe violato l’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, che accorda anche agli assegnatari degli alloggi, di cui all’art. 17 della legge n. 137 del 1952, la facoltà di chiederne la cessione alle condizioni di miglior favore di un prezzo pari al 50% del costo di costruzione di ogni singolo alloggio alla data di ultimazione della costruzione o alla data dell’assegnazione, se anteriore. Una diversa interpretazione contrasterebbe con il dato letterale della disciplina vigente, che non differenzierebbe tra assegnatari di alloggi ‘riservati’ e assegnatari di alloggi ‘dedicati’, e sarebbe foriera di arbitrarie disparità di trattamento.
6. -In via gradata, con la sesta critica, i ricorrenti eccepiscono l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, come interpretato dall’art. 4, comma 223, della legge n. 350 del 2003, in riferimento agli artt. 3 e 47 Cost., e ribadiscono il carattere discriminatorio del diverso trattamento stabilito per gli assegnatari di immobili ‘riservati’ e il vulnus che tale sperequazione recherebbe al diritto di abitazione.
A diverse conclusioni non potrebbero indurre i princìpi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 161 del 2013, in quanto riguardante tutt’altra disciplina, dettata dalla legge della Regione Toscana 2 novembre 2005, n. 59. Ad ogni modo, la menzionata declaratoria d’illegittimità costituzionale sconfinerebbe nell’àmbito riservato alla discrezionalità legislativa, che ha inteso riconoscere un beneficio all’intera categoria dei profughi unitariamente considerati, e non sarebbe sorretta da considerazioni persuasive: il principio di eguaglianza imporrebbe «l’estensione dei benefici nei confronti dei soggetti e non la loro riduzione» (pagina 53 del ricorso per cassazione).
6.1. -La quinta e la sesta censura si prestano a uno scrutinio congiunto, in quanto involgono il medesimo tema dell’interpretazione della disciplina statale.
Esse si dimostrano infondate.
6.2. -Questa Corte, con la sentenza 7 aprile 2017, n. 9119, pronunciata dalla seconda sezione civile, ha affermato il seguente principio di diritto: «In tema di assistenza a favore dei profughi, ai sensi dell’art. 4, comma 223, della l egge n. 350 del 2003, interpretativo dell’art. 1, comma 24, della l egge n. 560 del 1993, l ‘ agevolazione circa la determinazione del prezzo di acquisto degli alloggi loro destinati compete esclusivamente ai profughi assegnatari di alloggi ‘ dedicati ‘ , costruiti ai sensi degli artt. 18 e ss. della legge n. 137 del 1952 e non anche di alloggi ‘ riservati ‘ , in base all’ art. 17 della medesima legge n. 137 del 1952, in quanto solo per i primi è previsto un canone di locazione maggiorato (comprensivo, cioè, sia di una quota delle spese di manutenzione, che di una quota annua del costo di costruzione), ciò che giustifica la detta facoltà di acquisto a condizioni di maggiore favore rispetto alla generalità degli assegnatari di immobili di edilizia popolare, escludendosi la violazione dell’art. 3 Cost. ».
A tali princìpi, ribaditi a più riprese da questa Corte (Cass., sez. II, 9 ottobre 2018, n. 24892, e Cass., sez. I, 7 settembre 2020, n. 18609), hanno prestato ossequio i giudici del gravame, negando la fondatezza di una domanda presentata in conformità alla disciplina statale da alcuni degli appellanti, assegnatari di alloggi ‘riservati’.
6.3. -A tali princìpi occorre dare continuità, in quanto né il ricorso né la memoria illustrativa prospettano argomenti idonei a confutarli.
Sulla specifica questione la Corte costituzionale si è già pronunciata con la sentenza n. 161 del 2013 e, proprio dai chiarimenti resi dal giudice delle leggi, trae origine l’interpretazione del diritto vigente delineata negli approdi più recenti della giurisprudenza di legittimità.
Nel vagliare la costituzionalità di una disciplina toscana, che estendeva anche ai proprietari di alloggi ‘riservati’ la facoltà di chiederne la cessione a condizioni di miglior favore, la Corte costituzionale, dopo avere ripercorso la disciplina delle provvidenze abitative in esame, ha svolto considerazioni di più ampio respiro e ha così argomentato: «La scelta del legislatore statale di riservare il trattamento di acquisto agevolato ai soli profughi assegnatari di alloggi realizzati in base agli artt. 18 e seguenti della legge n. 137 del 1952 si giustifica -come già osservato in passato dalla Corte di cassazione -in ragione del fatto che tale categoria, nel pagare una canone di locazione maggiorato, ha ‘ già corrisposto sia una quota annua (prima del 2 per cento e, poi, dello 0,5 per cento) del costo di costruzione, e dunque, una somma che -per le assegnazioni effettuate negli anni 1952-53 poteva aver raggiunto circa il 40 per cento di questo costo -sia una quota parte delle spese di manutenzione straordinaria ‘ (Cassazione civile, sentenza n. 13949 del 1999)» (punto 2.1. del Considerato in diritto ).
Si dimostra lesiva dell’art. 3 Cost. la disciplina regionale che accorda il beneficio di una cessione a condizioni più vantaggiose anche agli assegnatari di alloggi ‘riservati’, in quanto produce «l’effetto di estendere un regime di privilegio, derogatorio rispetto alle norme generali in materia di edilizia residenziale pubblica, e di alterare la posizione relativa della categoria interessata rispetto ad altre categorie -i profughi di cui all’art. 18 della legge n. 173 del 1952 e gli assegnatari ordinari di alloggi popolari -che sono titolari del medesimo diritto all’abitazione, al quale la giurisprudenza costituzionale riconosce carattere inviolabile ( ex plurimis , sentenze n. 61 del 2011, n. 404 del 1988 e n. 217 del 1988). Tale scelta è in contrasto con l’art. 3 Cost. per l’irragionevolezza sia del criterio prescelto per l’estensione del beneficio, sia della parificazione di situazioni eterogenee, nonché per la non giustificata disparità di
trattamento che risulterebbe dall’applicazione delle disposizioni censurate. Innanzitutto, occorre considerare che la tutela dei profughi rientrati in Italia al termine del secondo conflitto mondiale è stata soddisfatta assicurando -attraverso la riserva delle assegnazioni e la costruzione diretta dei fabbricati, previste, rispettivamente dagli artt. 17 e 18 della legge n. 137 del 1952 -la disponibilità di un adeguato numero di alloggi da assegnare loro in locazione. Né le leggi dell’epoca, né quelle dei decenni successivi hanno attribuito ai suddetti conduttori un trattamento pecuniario agevolato (rispetto a quello spettante agli assegnatari ordinari di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica) per il solo fatto di essere ‘ profughi ‘ . Le disposizioni regionali censurate introducono, invece, un regime di privilegio a favore dei profughi a oltre sessanta anni di distanza dagli eventi che avevano determinato la specificità del problema abitativo di tale categoria di persone. Per di più, in numerosi casi, per via del tempo intercorso, gli eventuali beneficiari non sono i profughi stessi, bensì, ‘ in caso di decesso dell’assegnatario originario’ , i familiari con esso conviventi ‘ ai quali sia stato riconosciuto il diritto al subentro nell’assegnazione dell’alloggio’ (art. 2, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 59 del 2005). Appare, perciò, irragionevole la scelta del legislatore regionale di stabilire, a distanza di tanto tempo, un trattamento di favore che, tra gli assegnatari di alloggi popolari, privilegia la categoria dei profughi e, in concreto, i loro discendenti. Inoltre, è vero che il legislatore statale, con l’art. 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, ha previsto agevolazioni nell’acquisto degli alloggi popolari a favore dei profughi assegnatari dei fabbricati realizzati in base all’art. 18 della legge n. 13 7 del 1952. Tuttavia, il beneficio è stato loro accordato non in quanto profughi, bensì in quanto conduttori gravati da un canone di locazione più oneroso di quello ordinario, perché comprensivo sia di una quota delle spese di manutenzione straordinaria, sia di una quota annua del costo di costruzione» (punto 2.2. del Considerato in diritto ).
6.4. -Tali considerazioni si rivelano dirimenti e privano di fondamento le pretese avanzate sulla base della disciplina statale, in virtù della titolarità del godimento di alloggi ‘riservati’ .
Né permangono aspetti meritevoli di ulteriore approfondimento, a fronte delle inequivocabili enunciazioni del giudice delle leggi, che si pongono in consonanza con princìpi costanti: «l ‘ operatività del principio di eguaglianza non è unidirezionalmente e necessariamente diretta ad estendere la portata di una disciplina più favorevole evocata come tertium comparationis , ma può dispiegarsi anche nel senso di rimuovere l ‘ ingiustificato privilegio di una disciplina più favorevole rispetto a quella indicata a comparazione» (sentenza n. 421 del 1995, punto 4 del Considerato in diritto ).
-Con il settimo mezzo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), i ricorrenti allegano, infine, la violazione e/o la falsa applicazione del principio del contraddittorio, in relazione all’art. 111, secondo comma, Cost. e all’art. 101 cod. proc. civ ., e si dolgono delle incongruenze che vizierebbero il ragionamento della Corte d’appello di Genova: dopo avere assegnato termine per note illustrative sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge reg. Liguria n. 40 del 2012, sul presupposto della tempestività delle domande inoltrate dagli appellanti, i giudici del gravame avrebbero poi contraddittoriamente ritenuto irrilevante la questione.
7.1. -Neppure tale critica può essere accolta.
7.2. -Nessuna contraddittorietà sussiste nel modus procedendi dei giudici d’appello, che , proprio nella prospettiva di una più efficace garanzia del contraddittorio, hanno ritenuto di acquisire ogni elemento utile di valutazione anche in ordine ai profili d’illegittimità costituzionale della legge ligure e quindi, re melius perpensa , hanno definito il giudizio in base alla ragione più liquida di decisione.
7.3. -L’art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, stabilisce che l’autorità giurisdizionale sollevi questione di legittimità
costituzionale, «qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla questione di legittimità costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata».
È dunque imprescindibile un rapporto di strumentalità e di pregiudizialità tra la risoluzione del dubbio di legittimità costituzionale e la decisione della controversia oggetto del giudizio principale (da ultimo, Corte costituzionale, sentenza n. 164 del 2024).
Il requisito della rilevanza è contraddistinto dal nesso di pregiudizialità che correla il giudizio incidentale a quello principale di merito, implicando necessariamente che la sollevata questione di legittimità costituzionale abbia nel procedimento a quo un ‘ incidenza attuale e non meramente eventuale.
Il postulato della pregiudizialità della questione richiede, difatti, che il dubbio di contrasto con la Costituzione investa una norma dalla cui applicazione, per la definizione del giudizio dinanzi a lui pendente, il giudice a quo dimostri di non poter prescindere. In particolare, il rimettente è chiamato a valutare i requisiti di attualità e rilevanza con una delibazione prognostica, allo stato degli atti e dell ‘ iter decisionale (Corte costituzionale, sentenza n. 269 del 2022).
7.4. -Acclarata l’intempestività delle domande, i giudici del gravame hanno scelto di non interpellare la Corte costituzionale sulla conformità all’art. 3 Cost. della disciplina regionale, addotta dai ricorrenti a fondamento di istanze comunque tardive.
L’accoglimento dell’eccezione preliminare dell’ Azienda regionale, in quanto assorbente, priva dei necessari requisiti della pregiudizialità e della strumentalità quelle questioni di legittimità costituzionale che prima facie , con valutazione legittimamente riesaminata nelle successive scansioni del processo, la Corte di merito aveva ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate.
8. -Dai rilievi svolti discende il complessivo rigetto del ricorso.
9. -La peculiare complessità della normativa applicabile e la novità delle questioni attinenti alla legge regionale inducono a compensare le spese del presente giudizio.
10. -Il rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo dei ricorrenti di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione