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Acquisizione sanante: termine e opposizione alla stima

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33868/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di espropriazione. In caso di ‘acquisizione sanante’ (art. 42-bis T.U. Espropri), il termine per opporsi alla stima dell’indennizzo non è quello breve di 30 giorni, ma il termine di prescrizione ordinario di dieci anni. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva dichiarato tardiva l’opposizione di un comproprietario, affermando che la normativa sui termini brevi non si applica a questa specifica procedura, garantendo così una maggiore tutela al proprietario espropriato.

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Acquisizione Sanante: la Cassazione estende a 10 anni il termine per contestare l’indennizzo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha introdotto un’importante novità in materia di espropriazione per pubblica utilità, specificamente riguardo all’istituto dell’acquisizione sanante. La Corte ha chiarito che il termine per contestare l’indennizzo proposto dalla Pubblica Amministrazione non è il termine breve di 30 giorni, ma quello ordinario di prescrizione decennale. Questa decisione rafforza significativamente la posizione del proprietario espropriato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una procedura espropriativa avviata da un Comune nei confronti di un fondo di proprietà di due fratelli. Dopo l’annullamento dei primi atti espropriativi da parte del TAR, il Comune ha utilizzato lo strumento dell’acquisizione sanante (previsto dall’art. 42-bis del Testo Unico Espropriazioni), emanando una delibera per acquisire formalmente il terreno, sul quale erano già stati realizzati immobili da una cooperativa edilizia. Il Comune ha fissato un indennizzo e ne ha disposto il versamento presso la Cassa depositi e prestiti.

L’Opposizione e la Decisione della Corte d’Appello

Entrambi i comproprietari hanno contestato la misura dell’indennizzo davanti alla Corte d’Appello. Uno dei due fratelli, tuttavia, ha ricevuto la notifica del provvedimento prima dell’altra, ma ha agito in giudizio dopo di lei. Il Comune ha eccepito la tardività del suo ricorso, sostenendo che avrebbe dovuto essere proposto entro 30 giorni dalla notifica. La Corte d’Appello ha accolto questa eccezione, dichiarando inammissibile il ricorso del primo fratello per tardività, pur riconoscendo che l’azione tempestiva della sorella estendeva i suoi effetti a tutto il bene indiviso.

Acquisizione Sanante e Termini di Impugnazione: l’Analisi della Corte di Cassazione

Contro la decisione di inammissibilità, il comproprietario ha proposto ricorso in Cassazione. La questione centrale verteva sulla corretta individuazione del termine per proporre opposizione alla stima dell’indennizzo nel caso specifico di un’acquisizione sanante. La difesa del ricorrente sosteneva che il provvedimento notificato dal Comune era poco chiaro e non specificava né il termine per ricorrere né l’autorità giudiziaria competente, inducendo in errore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, giudicando fondati i motivi del ricorso. I giudici hanno fatto riferimento a un recente e decisivo mutamento giurisprudenziale (Cass. n. 35287/2023) che ha profondamente modificato l’interpretazione delle norme in materia. La Corte ha stabilito che il termine perentorio di 30 giorni, previsto dall’art. 54 del Testo Unico Espropriazioni per l’opposizione alla stima nell’ambito di un procedimento espropriativo ordinario, non è applicabile alla contestazione dell’indennizzo derivante da un provvedimento di acquisizione sanante.

La ragione di questa distinzione risiede nella diversa natura dei due procedimenti. Mentre l’espropriazione ordinaria segue un iter predefinito, l’acquisizione sanante è un provvedimento eccezionale che regolarizza una situazione di occupazione illegittima. Secondo la Cassazione, non è possibile applicare in via analogica o estensiva norme che prevedono termini di decadenza brevi in assenza di un esplicito richiamo normativo. Pertanto, in mancanza di un termine specifico, si applica il termine ordinario di prescrizione di dieci anni.
Di conseguenza, l’opposizione alla stima del comproprietario era da considerarsi tempestiva.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Corte di Cassazione è di notevole importanza pratica e consolida un orientamento più garantista per i cittadini i cui beni sono oggetto di acquisizione sanante. Le conclusioni sono le seguenti:
1. Termine Decennale: Il proprietario che subisce un’acquisizione sanante ha dieci anni di tempo per contestare in giudizio l’ammontare dell’indennizzo offerto dalla Pubblica Amministrazione.
2. Maggiore Tutela: Viene eliminata l’incertezza legata all’applicabilità del termine breve di 30 giorni, che spesso poteva portare a decadenze e alla perdita del diritto di ottenere una giusta indennità.
3. Diritto alla Difesa Individuale: La Corte ha anche ribadito che, pur in presenza di un’azione già intrapresa da un altro comproprietario, ogni titolare del diritto ha un interesse autonomo ad agire per difendere le proprie ragioni.

La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che dovrà riesaminare il caso applicando il principio di diritto enunciato dalla Cassazione, ovvero la tempestività dell’opposizione.

Qual è il termine per contestare l’indennizzo in caso di acquisizione sanante?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine per contestare l’indennizzo in un’acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. 327/2001 non è quello breve di 30 giorni, ma il termine ordinario di prescrizione decennale.

Perché il termine di 30 giorni previsto per l’esproprio ordinario non si applica all’acquisizione sanante?
La Corte ha stabilito che il termine perentorio di 30 giorni non è applicabile perché la normativa (art. 54 d.P.R. 327/2001 e art. 29 d.lgs. 150/2011) non fa un esplicito rinvio alla procedura di acquisizione sanante, e non sono consentite interpretazioni estensive di norme che limitano il diritto di azione con termini di decadenza.

Un comproprietario ha diritto di agire in giudizio autonomamente se un altro comproprietario ha già impugnato la stima?
Sì. La Corte di Cassazione afferma che ogni comproprietario ha un proprio interesse ad agire e non si può negare il suo diritto a una difesa autonoma, anche se l’azione di un altro comproprietario estende i suoi effetti all’intero bene.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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