Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6972 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6972 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13962/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-controricorrente-
avverso SENTENZA CORTE D ‘ APPELLO TORINO n. 2645/2017 depositata il 13/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
All’esito di una procedura espropriativa promossa dal RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) su terreni di proprietà di NOME COGNOME, essendo i relativi atti stati annullati dal giudice amministrativo con conseguente decadenza del vincolo preordinato all’esproprio e, nel frattempo, essendo stata realizzata l’opera pubblica (un impianto sportivo comunale), il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con delibera in data 29 agosto 2011, che superò il vaglio del giudice amministrativo, dispose l’acquisizione dei predetti terreni, ex art. 42 -bis dPR n. 327/2001, al proprio patrimonio indisponibile e liquidò l’indennizzo spettante agli eredi di NOME COGNOME (NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME) per il complessivo importo di € 241.262,18.
Gli eredi COGNOME contestarono la quantificazione delle voci indennitarie e il Tribunale di Ivrea le quantificò nel complessivo importo di € 546.623,00 che fu corrisposto. Il loro appello è stato rigettato dalla Corte d’appello di Torino con sentenza del 13 dicembre 2017.
COGNOME signori COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, resistiti dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza della Corte torinese per violazione degli artt. 345 e 112 c.p.c., 42 -bis dPR n. 327/2001 e 936 c.c. e omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per le seguenti ragioni: a) essi invocano l’ammissibilità del loro motivo di appello riguardante la questione, asseritamente rilevante sul piano della quantificazione dell’indennizzo, della omessa valutazione (da parte del tribunale) della già avvenuta realizzazione dell’opera pubblica al momento dell’acquisizione del bene ‘per il caso di ritenuta inammissibilità del motivo di appello degli odierni ricorrenti’ (ricorso pag. 11), qualora questa Corte di legittimità aderisca all’eccezione di novità sollevata
dal ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in appello, ex art. 345 c.p.c.; b) imputano alla Corte territoriale di avere erroneamente dichiarato inammissibile perché tardiva la loro produzione documentale in appello, a dimostrazione dei costi sostenuti dal ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per la realizzazione dell’opera pubblica; c) lamentano la mancata considerazione delle opere che, alla data dell’acquisizione ‘sanante’ (29 agosto 2011), erano state già realizzate (illegittimamente) e consegnate il 31 marzo 2011 e, in particolare, del rilevante impegno finanziario del ‘RAGIONE_SOCIALE‘, per un importo complessivo di € 3.769.496,74, che avrebbe dovuto essere valutato ai fini della stima e della quantificazione dell’indennizzo, in considerazione dell’interesse del ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a conservare l’impianto sportivo già realizzato.
Il motivo è infondato.
Il profilo sub a) non esprime una specifica censura (diversa da quella formulata sub c), precisandosi nello stesso motivo che il tema della già intervenuta edificazione dei fondi alla data del decreto di acquisizione, ex art. 42 -bis dPR n. 327/2001, ‘è stato ritenuto ammissibile e come tale esaminato nel merito’.
La Corte territoriale, infatti, esaminando la ‘questione inerisce all’oggetto della stima’, ha affermato che ‘il valore venale del bene art. 42 -bis del dPR 327 del 2001 si deve considerare al momento del completamento delle opere pubbliche realizzate, giacché è a tale momento che si consolida l’irreversibilità delle stesse’ (vd. sentenza, pag. 9, r. 6 ss., e 11, r. 26 ss.).
Tale affermazione deve essere precisata nel senso che, ai fini della determinazione del valore venale del bene acquisito ex art. 42-bis dPR n. 327/2001, si deve fare riferimento alla data di adozione del provvedimento di acquisizione (Cass. sez. I n. 9871/2023) e non a quella della irreversibile trasformazione del bene (v. Cass. sez. VI-I n. 29184/2020 nel senso che alla data dell’acquisizione deve riferirsi l’indagine sulle possibilità legali ed effettive di edificazione).
E’ una imprecisione che non vizia, tuttavia, la sentenza impugnata, la cui ratio è ancorata alla seconda affermazione ivi contenuta nella sentenza -‘Ma tale circostanza non vale, in sé, a giustificare che anche il valore delle opere pubbliche e realizzate debba entrare nel computo’che è conforme al principio di diritto secondo cui non deve computarsi nella stima, e quindi nell’indennizzo dovuto dalla RAGIONE_SOCIALE, anche il valore dell’opera pubblica che sullo stesso bene sia stata, anche solo parzialmente, realizzata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, alla luce del tenore del citato articolo, nonché del richiamo operato da quest’ultimo all’art. 37, comma 4, del predetto dPR, che fa salva la disposizione del precedente art. 32, comma 1 (Cass. n. 9871/2023 cit.). Questa conclusione non è scalfita dalla circostanza che l’opera sia stata illo tempore realizzata illegittimamente, una volta che la procedura espropriativa sia stata ricondotta nei binari della legalità con l’adozione del legittimo decreto di acquisizione del bene, ex art. 42bis dPR n. 327/2001.
Ne consegue l’infondatezza dell’argomento esposto dai ricorrenti sub c), non assumendo il costo sostenuto dal ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per l’investimento diretta incidenza sul valore dei terreni, ai fini della quantificazione dell’indennizzo ex art. 42 -bis , stante l’astrattezza dell’eventuale interesse dei privati alla restituzione (e, contraddittoriamente, alla rimessione in pristino) dei beni, comunque recessivo rispetto al provvedimento autoritativo di acquisizione legittimamente emesso.
Il profilo sub b), di conseguenza, perde rilevanza, vertendo sulla produzione in appello di documenti dimostrativi di un fatto (l’investimento del ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nella realizzazione dell’opera pubblica) che, come si è detto, non è decisivo ai fini della quantificazione dell’indennizzo.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 5 L. n. 2248/1865, all. E, 42 -bis e 37 dPR n. 327/2001, 35 d.l. n. 223/2006 e 115 c.p.c. e omesso esame di
fatto decisivo per il giudizio, per avere il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ utilizzato, al solo fine di contenere la propria responsabilità patrimoniale, un indice di edificabilità ex -post ‘fittizio e minimale’ (ricorso pag. 25) risultante dal PRGC del 2009 e inapplicabile nella fattispecie, in quanto non ancora in vigore all’epoca della occupazione dei terreni (avvenuta a novembre 2002) e della loro trasformazione per l’edificazione dell’opera pubblica (nell’anno 2003) nonché approvato (il 30 dicembre 2011) successivamente all’emissione del decreto di acquisizione del bene in data 29 agosto 2011 e per non avere la Corte territoriale considerato che era inapplicabile anche il PRGC del 1997, in quanto dichiarato decaduto dal giudice amministrativo.
Il motivo è infondato per la già riferita ragione che, ai fini della determinazione del valore venale del bene acquisito ex art. 42bis dPR n. 327/2001, si deve fare riferimento alle caratteristiche fattuali e giuridiche del bene alla data di adozione del provvedimento di acquisizione e quindi anche all’indice edificatorio allora vigente: in quel momento il PRGC del 2009 era stato già adottato ed è stato comunque approvato successivamente, con l’effetto che la doglianza qui riproposta circa la mancata disapplicazione dello stesso piano risulta priva di oggetto, non essendone stata accertata la illegittimità .
I ricorrenti non censurano specificamente le ulteriori affermazioni della Corte territoriale secondo cui ‘l’indice stabilito dal PRGC del 2009 è stato attribuito alle aree indicate dal PRGC del 1997 quando l’edificazione dell’opera pubblica non era ancora stata realizzata’ (sentenza a p. 18), con il che la Corte ha inteso affermare che l’indice stabilito dal PRGC del 2009 era, in sostanza, il medesimo attribuito alle stesse aree dal PRGC del 1997, nonché ‘sensibilmente aumentato… e di tale aumento i privati ne sono risultati beneficiari anche sotto il profilo dell’estensione – prevista dal nuovo piano – della possibilità di sfruttare la relativa volumetria in tutto il territorio comunale…’ (p. 17). Con questa ratio decidendi
i ricorrenti non si confrontano quando obiettano che il PRGC del 1997 era inutilizzabile per essere il vincolo preordinato all’esproprio ivi contenuto decaduto per effetto del giudicato amministrativo (che secondo il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non avrebbe travolto anche l’indice edificatorio previsto nel piano) e ripropongono doglianze di merito improponibili in questa sede, come la mancata ‘valorizzazione dei fondi’, tra l’altro in modo non specifico e poco comprensibile.
In conclusione, il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del dPR n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024.