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Acquisizione sanante: no all’indennizzo sull’opera

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6972/2024, ha stabilito un principio chiave in materia di espropriazione. Nel calcolo dell’indennizzo dovuto per una acquisizione sanante (art. 42-bis d.P.R. 327/2001), non deve essere incluso il valore dell’opera pubblica che l’ente ha già realizzato sul terreno. Il caso riguardava un Comune che, dopo l’annullamento di una procedura espropriativa, aveva acquisito i terreni su cui aveva già costruito un impianto sportivo. Gli eredi del proprietario chiedevano un indennizzo comprensivo del valore dell’impianto. La Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che l’indennizzo compensa la perdita del terreno e non può portare a un ingiustificato arricchimento del privato con il valore di un bene creato con fondi pubblici.

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Acquisizione Sanante: l’Indennizzo non Include il Valore dell’Opera Pubblica

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale in materia di espropriazione per pubblica utilità. Quando la Pubblica Amministrazione ricorre all’istituto dell’acquisizione sanante, previsto dall’art. 42-bis del Testo Unico Espropri, l’indennizzo da corrispondere al privato non può includere il valore dell’opera pubblica che l’ente stesso ha realizzato sul terreno. Questa decisione riafferma un principio volto a bilanciare il diritto di proprietà con l’interesse pubblico, evitando ingiustificati arricchimenti a danno della collettività.

I Fatti di Causa: L’Opera Pubblica su Terreno Privato

Il caso trae origine da una complessa vicenda espropriativa. Un Comune aveva occupato alcuni terreni di proprietà privata per realizzare un impianto sportivo. Tuttavia, la procedura espropriativa originaria era stata annullata dal giudice amministrativo, rendendo l’occupazione e la trasformazione del suolo illegittime. A questo punto, trovandosi con un’opera pubblica già realizzata ma su un terreno non legittimamente acquisito, l’ente locale ha utilizzato lo strumento dell’acquisizione sanante. Con una delibera, il Comune ha disposto l’acquisizione formale dei terreni al proprio patrimonio, liquidando un indennizzo agli eredi del proprietario originario.

Gli eredi, ritenendo l’importo insufficiente, hanno contestato la quantificazione, sostenendo che nella stima si dovesse tenere conto anche del valore dell’impianto sportivo, un’opera dal costo di svariati milioni di euro, già esistente al momento del decreto di acquisizione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto questa tesi, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica nell’Acquisizione Sanante

Il quesito giuridico al centro del ricorso era se, ai fini della quantificazione dell’indennizzo per un’acquisizione sanante, si debba considerare il terreno nel suo stato originario o comprensivo del plusvalore derivante dall’opera pubblica costruita (illegittimamente) dalla stessa Pubblica Amministrazione. In altre parole: il privato ha diritto a essere indennizzato anche per un valore che non ha contribuito a creare e che è frutto di un investimento pubblico?

I ricorrenti sostenevano che, al momento dell’acquisizione, il bene da valutare era il terreno con l’impianto sportivo, e che ignorare tale impianto significava non considerare il bene nella sua effettiva consistenza. Di contro, il Comune sosteneva che ciò avrebbe comportato un ingiusto arricchimento per i privati, costringendo l’ente a pagare due volte per la stessa opera: una per costruirla e una per indennizzarla.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la correttezza delle decisioni dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si basa su un’interpretazione logica e sistematica dell’art. 42-bis del d.P.R. 327/2001.

In primo luogo, la Corte ha chiarito che la ratio della norma è quella di compensare il privato per la perdita della proprietà del suo terreno. L’indennizzo deve ristorare il sacrificio imposto, ma non deve trasformarsi in una fonte di arricchimento ingiustificato. Il principio cardine, richiamato anche dalla normativa stessa, è che nella stima non si deve tener conto delle opere realizzate dalla P.A. sul bene.

La Corte ha specificato che questa conclusione non cambia anche se l’opera è stata realizzata illo tempore in modo illegittimo. L’istituto dell’acquisizione sanante serve proprio a regolarizzare una situazione di pregressa illegalità, riconducendola nei binari della legge. Una volta adottato il legittimo decreto di acquisizione, la procedura è sanata e si applicano le regole ordinarie per il calcolo dell’indennizzo, le quali escludono il valore dell’opera pubblica.

Inoltre, la Corte ha precisato che il momento di riferimento per la determinazione del valore venale del bene è la data di adozione del provvedimento di acquisizione. A quella data, si devono considerare le caratteristiche fattuali e giuridiche del bene, incluse le sue potenzialità edificatorie legali ed effettive, ma escludendo il valore aggiunto dall’opera realizzata dall’espropriante.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale: i proprietari di terreni oggetto di acquisizione sanante non possono pretendere un indennizzo che includa il valore dell’opera pubblica costruita dall’amministrazione. Farlo significherebbe obbligare la collettività a pagare per un valore che essa stessa ha creato. La decisione riafferma che l’indennizzo espropriativo è un ristoro per la perdita subita, non un’opportunità di guadagno speculativo. Questo principio garantisce l’equità e la sostenibilità finanziaria delle azioni della Pubblica Amministrazione, pur tutelando il diritto di proprietà del privato attraverso il riconoscimento di un giusto indennizzo per il bene sottratto.

Nell’indennizzo per acquisizione sanante si deve includere il valore dell’opera pubblica già costruita sul terreno?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il valore dell’opera pubblica, realizzata dalla stessa Pubblica Amministrazione, non deve essere computato nella stima dell’indennizzo dovuto al privato, in quanto ciò costituirebbe un ingiustificato arricchimento.

Qual è il momento di riferimento per determinare il valore venale del bene in una procedura di acquisizione sanante?
Il valore venale del bene deve essere determinato facendo riferimento alla data di adozione del provvedimento di acquisizione (il decreto ex art. 42-bis), considerando le caratteristiche fattuali e giuridiche del bene, come le sue possibilità legali ed effettive di edificazione in quel preciso momento.

L’illegittimità iniziale dell’occupazione del terreno da parte della P.A. influisce sul calcolo dell’indennizzo finale?
No, una volta che la procedura viene ricondotta alla legalità con l’adozione del decreto di acquisizione sanante, la circostanza che l’opera sia stata realizzata inizialmente in modo illegittimo non giustifica l’inclusione del suo valore nell’indennizzo. L’indennizzo compensa la perdita del bene, non l’illegittimità pregressa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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