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Acquisizione sanante: come si calcola l’indennizzo

Una società proprietaria di un terreno con potenziale edificatorio per un albergo si oppone all’indennizzo ricevuto a seguito di una procedura di acquisizione sanante per la costruzione di un’opera pubblica. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito, stabilendo che la valutazione del terreno deve tenere conto della sua effettiva natura edificabile al momento del provvedimento, e non della sua destinazione a parco imposta dall’opera stessa. La sentenza chiarisce che l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale deve riflettere il valore di mercato pieno del bene.

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Acquisizione Sanante: la Cassazione stabilisce il corretto calcolo dell’indennità

Quando la Pubblica Amministrazione realizza un’opera pubblica su un terreno privato senza aver completato correttamente l’esproprio, può ricorrere a uno strumento eccezionale: l’acquisizione sanante. Ma come si calcola il giusto indennizzo per il proprietario? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, affermando che la valutazione del terreno deve basarsi sulla sua reale natura edificabile, e non sulla destinazione di fatto imposta dall’opera pubblica stessa.

I Fatti del Caso: Un Progetto Alberghiero Interrotto

Una società immobiliare era proprietaria di un’area su cui, secondo gli strumenti urbanistici, era prevista la possibilità di realizzare una struttura alberghiera con una volumetria significativa. Tuttavia, il terreno è stato interessato dalla costruzione di un raccordo autostradale, un’infrastruttura considerata strategica a livello nazionale.

Una porzione del terreno è stata occupata e successivamente acquisita dal Ministero tramite il procedimento di acquisizione sanante previsto dall’art. 42-bis del Testo Unico Espropri. L’indennizzo offerto, però, era stato calcolato considerando il terreno come non edificabile, quasi fosse agricolo, una cifra irrisoria rispetto al valore di mercato che la società riteneva congruo per un’area con potenziale edificatorio. La società ha quindi impugnato la stima davanti alla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, pur riconoscendo un indennizzo superiore a quello offerto inizialmente, aveva aderito alle conclusioni del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). Secondo il CTU, la striscia di terreno oggetto di acquisizione era ormai “priva di capacità edificatoria” in quanto destinata a parco di mitigazione per l’opera pubblica. La stima era stata quindi effettuata con un metodo analitico-ricostruttivo, che partiva dal valore dell’intera proprietà per poi calcolare l’incidenza della porzione espropriata, portando a un valore per metro quadro molto basso e non rappresentativo del suo potenziale commerciale.

L’intervento della Cassazione sull’acquisizione sanante

La società ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’errata valutazione della natura del terreno. La Suprema Corte ha accolto le ragioni della ricorrente, cassando con rinvio la sentenza d’appello.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno stabilito un principio fondamentale: la determinazione dell’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale da acquisizione sanante deve basarsi sul valore venale del bene, ovvero sul suo valore di mercato al momento dell’adozione del provvedimento. Questo valore deve tenere conto delle sue caratteristiche oggettive e delle sue possibilità di utilizzo legali.

Nel caso specifico, era indiscutibile che il terreno, prima dell’intervento pubblico, avesse una vocazione edificatoria, confermata dagli strumenti urbanistici vigenti. La Corte ha chiarito che è errato considerare il terreno non edificabile solo perché l’opera pubblica per cui è stato acquisito ne impedisce di fatto lo sfruttamento edilizio. La stima deve fotografare la situazione giuridica del bene prima che la sua destinazione venisse compromessa dall’acquisizione.

La Cassazione ha affermato che la Corte d’Appello ha sbagliato nel non considerare che i terreni fossero almeno parzialmente edificabili. L’approvazione del progetto dell’infrastruttura strategica, pur prevalendo sulla pianificazione locale, non aveva cancellato la natura edificabile del terreno ai fini della sua valutazione economica. La stima, quindi, deve essere effettuata sulla base del criterio del valore venale pieno, come anche stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 181 del 2011.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la decisione impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, che dovrà procedere a una nuova valutazione. Il nuovo giudizio dovrà partire dal presupposto che il terreno possedeva una natura quantomeno parzialmente edificabile. Questa pronuncia riafferma un principio di equità fondamentale: l’indennizzo in caso di acquisizione sanante non può essere decurtato sulla base delle conseguenze dell’acquisizione stessa, ma deve rispecchiare il valore effettivo che il bene aveva per il proprietario prima di essere sacrificato per l’interesse pubblico.

Come si calcola l’indennizzo in una procedura di acquisizione sanante per un terreno che era edificabile?
L’indennizzo deve essere calcolato sulla base del valore di mercato pieno del bene al momento del provvedimento di acquisizione, tenendo conto della sua effettiva e legale potenzialità edificatoria, a prescindere dal fatto che l’opera pubblica ne abbia poi impedito lo sfruttamento.

L’approvazione di un’opera strategica da parte del CIPE rende automaticamente un terreno non edificabile ai fini della stima?
No. Secondo la Corte, anche se le delibere CIPE prevalgono sulla pianificazione locale per consentire l’opera, ciò non cancella la natura edificabile del terreno ai fini della sua valutazione economica per l’indennizzo. La stima deve considerare il valore che il bene aveva prima dell’intervento.

È corretto utilizzare un metodo di stima analitico che considera il terreno espropriato come ‘parco’ se questa è la sua destinazione dopo l’opera pubblica?
No, la Corte ha ritenuto questo approccio errato. Il metodo di stima deve partire dalla qualifica urbanistica e dal potenziale di mercato che il terreno aveva prima dell’acquisizione, non dalla sua nuova e imposta destinazione funzionale all’opera pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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