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Accordo verbale: WhatsApp prova il contratto

Una società si opponeva a un decreto ingiuntivo per il pagamento di servizi di progettazione, negando l’esistenza di un incarico formale. Il Tribunale ha rigettato l’opposizione, confermando che un accordo verbale, provato tramite messaggi e note vocali su WhatsApp, è legalmente valido. La società opponente è stata inoltre condannata per lite temeraria, avendo avviato una causa pur conoscendo le prove a suo sfavore.

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Accordo Verbale e Prova Digitale: Quando un Messaggio WhatsApp Vale come un Contratto

Nell’era digitale, le comunicazioni aziendali avvengono sempre più spesso tramite canali informali come le app di messaggistica. Una recente sentenza del Tribunale di Torino chiarisce con forza la validità di un accordo verbale provato attraverso conversazioni su WhatsApp, stabilendo importanti principi sulla prova digitale e sanzionando l’abuso del processo. Questo caso dimostra come la parola data, anche se tramite uno smartphone, possa avere pieno valore legale.

I Fatti di Causa

Una società di progettazione otteneva un decreto ingiuntivo per un importo di oltre 73.000 euro nei confronti di una società committente, a saldo di un’attività di progettazione per tre complessi condominiali. La società committente si opponeva al decreto, sostenendo che non fosse mai stato conferito un incarico formale. Secondo la sua difesa, esisteva solo un “accordo quadro” per una collaborazione più ampia, che prevedeva la remunerazione solo per un “progetto pilota” già saldato. Per i successivi tre progetti, oggetto della fattura, l’incarico e il relativo compenso sarebbero stati subordinati alla sottoscrizione di futuri contratti, mai avvenuta.

Di contro, la società di progettazione sosteneva l’esistenza di un preciso incarico, frutto di un accordo verbale raggiunto tra i rispettivi rappresentanti, che fissava il compenso in 20.000 euro per ciascuno dei tre progetti. A prova di ciò, produceva in giudizio le conversazioni intercorse via WhatsApp, incluse note vocali e messaggi di testo.

La Decisione del Tribunale sull’Accordo Verbale

Il Tribunale ha rigettato completamente l’opposizione della società committente, confermando il decreto ingiuntivo. Il giudice ha ritenuto pienamente provata l’esistenza dell’obbligazione di pagamento. Non solo ha validato il credito della società di progettazione, ma ha anche condannato la committente per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., riconoscendo un abuso dello strumento processuale. La condanna ha comportato il pagamento delle spese legali, una somma a titolo di risarcimento del danno e un’ulteriore sanzione a favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni: La Prova Digitale e la Mala Fede

Il fulcro della motivazione risiede nel valore probatorio attribuito alle comunicazioni digitali. Il giudice ha considerato dirimente una conversazione WhatsApp avvenuta tra il rappresentante legale della società committente e il direttore commerciale della società di progettazione.

In tale scambio, emergeva chiaramente:
1. La Proposta e l’Accettazione: Il rappresentante della committente, in un messaggio vocale, formulava una proposta chiara per un importo di 20.000 euro a progetto. A questa seguiva l’accettazione scritta del rappresentante della società progettista.
2. L’Irrilevanza della Forma: Il Tribunale ha sottolineato che, per questo tipo di contratto, la legge non richiede una forma scritta ab substantiam. Pertanto, l’incontro tra proposta e accettazione, anche se avvenuto oralmente e tramite messaggistica, è sufficiente a perfezionare il contratto, come previsto dall’art. 1326 c.c.
3. Il Valore Confessorio: Un successivo messaggio vocale del rappresentante della committente è stato considerato dal giudice come una vera e propria confessione. In questo audio, pur lamentando ritardi nella formalizzazione scritta, egli affermava inequivocabilmente: “sarebbe comunque stato mio impegno andare a coprire la progettazione“. Questa dichiarazione ha confermato l’esistenza di un precedente accordo vincolante, indipendente dalla successiva formalizzazione.
4. La Condanna per Lite Temeraria: La decisione di condannare la committente per abuso del processo si fonda sulla manifesta infondatezza delle sue argomentazioni. La società ha avviato un’azione legale pur essendo perfettamente a conoscenza delle prove (i messaggi WhatsApp da lei stessa inviati) che dimostravano il suo torto. Questo comportamento, volto a ritardare il pagamento dovuto, è stato qualificato come pretestuoso e contrario ai doveri di lealtà processuale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza offre due importanti lezioni pratiche per imprese e professionisti:
* Le comunicazioni digitali sono prove: Accordi presi tramite e-mail, WhatsApp o altre piattaforme di messaggistica possono essere legalmente vincolanti. È fondamentale prestare la massima attenzione a ciò che si scrive o si dice, poiché tali comunicazioni possono essere utilizzate in giudizio per dimostrare l’esistenza e il contenuto di un contratto.
* Agire in giudizio richiede cautela: Iniziare una causa pur sapendo di essere in torto espone al rischio concreto di una condanna per lite temeraria. Oltre a dover pagare il debito e le spese legali della controparte, si può essere tenuti a versare un ulteriore risarcimento e una sanzione pecuniaria, aggravando notevolmente i costi del contenzioso.

Un messaggio WhatsApp può provare l’esistenza di un contratto?
Sì. Secondo la sentenza, una conversazione su WhatsApp, comprensiva di messaggi di testo e note vocali, può costituire piena prova dell’incontro tra proposta e accettazione, perfezionando un accordo verbale legalmente vincolante, soprattutto per i contratti che non richiedono una forma scritta per la loro validità.

Cosa succede se un accordo non viene mai formalizzato per iscritto come promesso?
Se l’accordo è già stato concluso oralmente o tramite mezzi di comunicazione informali (come WhatsApp) e la legge non richiede una forma specifica, esso è già valido ed efficace. La mancata successiva formalizzazione scritta è ininfluente sulla validità dell’impegno già assunto, come dimostrato nel caso di specie dove una nota vocale ha confermato l’impegno a pagare indipendentemente dalla firma del contratto.

Quando si può essere condannati per lite temeraria (abuso del processo)?
Si può essere condannati per lite temeraria quando si avvia un’azione legale pur essendo consapevoli dell’infondatezza delle proprie pretese o agendo con grave negligenza. Nel caso esaminato, la società è stata condannata perché ha intentato causa negando un accordo la cui esistenza era chiaramente provata da messaggi che il suo stesso rappresentante legale aveva inviato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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