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Accordo verbale: i costi extra non sono dovuti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un fornitore che richiedeva il pagamento di costi extra per trasporto e installazione non esplicitamente inclusi in un accordo verbale. La Corte ha stabilito che i preventivi non firmati dalla controparte sono documenti unilaterali e non costituiscono prova di un’intesa su tali spese aggiuntive. La decisione si fonda sul principio che, in assenza di un contratto scritto, le pattuizioni devono essere provate da chi le rivendica, e la condotta delle parti può essere determinante per l’interpretazione del contratto.

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Accordo verbale: i costi extra non sono dovuti senza prova

In un recente caso, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale nei rapporti commerciali: la validità dei costi extra in un contratto di fornitura basato principalmente su un accordo verbale. La sentenza chiarisce che la semplice emissione di preventivi, se non accettati e firmati dal cliente, non è sufficiente per dimostrare il diritto a ricevere pagamenti per spese accessorie come trasporto, imballaggio e posa in opera. Questa decisione sottolinea l’importanza di formalizzare per iscritto tutti gli elementi economici di un contratto per evitare contestazioni future.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da una società fornitrice di infissi e serramenti contro una società cliente per il mancato pagamento di due fatture. La società cliente si opponeva al pagamento, sostenendo che una delle fatture si riferiva a costi di trasporto, messa in opera e imballaggio mai pattuiti, in quanto l’accordo prevedeva un prezzo onnicomprensivo per la fornitura. Inoltre, la cliente lamentava la mancata consegna di alcuni materiali e gravi difetti nell’installazione degli infissi, che avevano causato infiltrazioni d’acqua nel proprio capannone.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello davano ragione alla società cliente. I giudici hanno ritenuto che la fornitrice non fosse riuscita a provare l’esistenza di un accordo specifico sui costi accessori. I preventivi prodotti in giudizio, che menzionavano tali costi come aggiuntivi, sono stati considerati documenti unilaterali, non avendo la cliente mai provveduto a firmarli per accettazione. Pertanto, i giudici hanno concluso che il prezzo pattuito doveva intendersi come comprensivo di tutte le prestazioni, revocando il decreto ingiuntivo e riducendo l’importo dovuto dalla cliente.

L’Accordo Verbale e la Decisione della Cassazione

La società fornitrice ha presentato ricorso in Cassazione, basando le sue difese su una presunta errata interpretazione del contratto e sulla violazione delle norme sull’efficacia delle condizioni generali di contratto. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La Cassazione ha ribadito che, in presenza di un accordo verbale, l’onere della prova di pattuizioni aggiuntive, come i costi extra, ricade interamente sulla parte che ne chiede il pagamento. I preventivi, non essendo stati sottoscritti, non potevano essere considerati parte integrante dell’accordo contrattuale. Inoltre, la Corte ha giudicato inammissibili le censure relative ai vizi dell’opera e alla mancata fornitura di materiali, in applicazione del principio della “doppia conforme”, che impedisce un nuovo esame dei fatti quando due sentenze di merito sono giunte alla medesima conclusione.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha evidenziato che l’interpretazione di un contratto è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere messa in discussione in sede di legittimità se la motivazione è logica e plausibile. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente valorizzato la condotta delle parti, rilevando che la fornitrice aveva eseguito il trasporto e la posa in opera senza aver prima formalizzato un accordo su un compenso aggiuntivo. Questa condotta rafforzava la tesi che tali prestazioni fossero incluse nel prezzo unitario della fornitura. I documenti prodotti dalla fornitrice sono stati correttamente qualificati come unilaterali e privi di valore probatorio circa l’esistenza di un accordo. Per quanto riguarda i difetti e le mancate consegne, la Corte ha sottolineato come la valutazione delle prove testimoniali e dei risultati della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) rientri nel potere discrezionale dei giudici di merito, non sindacabile in Cassazione se non per vizi logici, qui assenti.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per tutti gli operatori economici. La formalizzazione scritta dei contratti, con una chiara e dettagliata specificazione di tutte le voci di costo, è essenziale per prevenire contenziosi. Un accordo verbale, sebbene legalmente valido, espone le parti a notevoli rischi in termini di prova. La parte che vanta un diritto derivante da una pattuizione accessoria deve essere in grado di dimostrarne l’esistenza in modo inequivocabile. Affidarsi a documenti unilaterali come preventivi non controfirmati si rivela una strategia processualmente debole e rischiosa, come ampiamente dimostrato da questa pronuncia.

Un preventivo non firmato può obbligare il cliente a pagare costi extra non discussi verbalmente?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che un preventivo non sottoscritto dalla controparte è un documento unilaterale e non costituisce una prova sufficiente dell’accordo su costi extra, specialmente se il contratto principale è un accordo verbale.

In un contratto di fornitura, chi deve provare che i costi di trasporto e posa in opera erano concordati a parte?
L’onere della prova ricade sulla parte che richiede il pagamento di tali costi. Nel caso esaminato, spettava alla società fornitrice dimostrare che le spese di trasporto e installazione erano state specificamente pattuite come un costo aggiuntivo e non erano incluse nel prezzo della fornitura.

Cosa significa “doppia conforme” e come ha influito su questo caso?
La “doppia conforme” è una regola processuale che preclude il ricorso in Cassazione per motivi legati alla ricostruzione dei fatti quando sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno emesso decisioni conformi. In questo caso, ha reso inammissibili i motivi di ricorso della fornitrice relativi alla valutazione dei difetti dell’opera e delle mancate consegne, poiché entrambe le corti di merito avevano raggiunto le stesse conclusioni fattuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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